Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

CHE COSA E’ L’A.I.C.I.S.?

L’AICIS è l’Associazione, apolitica e senza fini di lucro, che raccoglie appassionati cultori, studiosi, collezionisti e quanti si interessano di immaginette sotto ogni profilo: storico, folkloristico, culturale, artistico, religioso

PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’AICIS?

Perché l’unione fa la forza. Per essere informati, attraverso la Notiziario bimestrale, di quanto interessa il settore e poter effettuare lo scambio del materiale fra i soci. Per partecipare alle mostre o anche conoscere ove si svolgono mostre di immaginette. Per partecipare a conferenze. Per avere notizie su pubblicazioni specialistiche, per avere le nuove immaginette, per conoscere i nuovi Venerabili, Beati e Santi, per avere altri ragguagli su santi e santuari.

COME ISCRIVERSI ALL’A.I.C.I.S.

Telefonando alla Segreteria (tel.06-7049.1619) e richiedendo l'apposito modulo da compilare. L’importo da versare sul conto corrente postale nr. 39389069 dell'’A.I.C.I.S è di euro 3,00 per la sola iscrizione all’Associazione, mentre la quota annuale 2008 è di euro 25,00 per le persone fisiche e di euro 34,00 per le Associazioni e gli Enti.

L’anno sociale decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre

DIRITTI DEI SOCI:

- ricevere le Circolari Informative, con immaginette omaggio;

- partecipare alle mostre ed alle iniziative sociali;

- partecipare alle riunioni di scambio fra soci;

- effettuare scambi fra soci per corrispondenza;

- fare inserzioni gratuite di offerta o di richiesta di immaginette nelle Circolari Informative.

Gli incontri si tengono nella Sede dell'Ass.ne, in P.za Campitelli 9, in una sala interna al cortile adiacente la
Chiesa di S.ta Maria in Portico, ogni primo martedì del mese, eccetto agosto, e salvo variazioni che di volta in volta verranno rese note.

Informazioni: Contattare Renzo Manfè - Vice Presidente
Tel 388-6938.777.
e-mail: aicis_rm@yahoo.it

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AGGIORNAMENTI

 

ROMA, 12 Aprile - 4 Maggio 2010 -
Mostra “Passione, Morte e Risurrezione di N.S.Gesù Cristo nei Santini”

L’AICIS con la collaborazione dell’Arciconfraternita di S. Maria dell'Orazione e Morte, dell’Associazione AFNIR “Io Collezionista” e dell’ Accademia Culturale Europea, il 12 aprile inaugura una mostra di immaginette sacre dalla collezione privata del socio GIANCARLO GUALTIERI di Roma sul tema:

“Passione, Morte, Risurrezione di N.S.Gesù Cristo nei Santini”

L’esposizione, che è allestita in Roma nella Chiesa “S. Maria dell'Orazione e Morte” in Via Giulia 262, rimarrà esposta al pubblico fino al 4 maggio 2010.

Per le visite l’ingresso è libero e la Chiesa rimarrà aperta al pubblico nel seguente orario: mattina dalle ore 8.00 alle ore 11.00; pomeriggio dalle ore 16.00 alle ore 19.00.


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NOTIZIARIO DI NOVEMBRE - DICEMBRE 2009

 

 

 

VITA ASSOCIATIVA

 

AUGURI DI UN SANTO NATALE 2009 E DI UN SERENO 2010


Il Santo Natale ci richiama che Gesù si fa uno di noi, per donarci la speranza e la pace nel cuore.
Dio è la nostra speranza che non viene mai meno e che non delude, se a lui apriamo il nostro cuore. Questo è l’ augurio dei membri del Consiglio Direttivo, del Collegio dei Revisori e di quello dei Probiviri: un Natale di pace e di speranza, e un più sereno anno nuovo.

 

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SANTINI E SANTITA’: CON IL NUMERO 297 LA RIVISTA HA UNA NUOVA IMPOSTAZIONE  INTERNA


Molti complimenti sono giunti in redazione per la nuova impostazione della nostra rivista a cura della “Latino ADV” di Nardò, che ci ha fatto anche una bella sorpresa-regalo: la rivista tutta a colori, anziché 8 pagine a colori e le restanti in bianco e nero!
Il notiziario è sempre maggiormente apprezzato sia per il contenuto dei suoi articoli che per i suggerimenti utili a studiosi e collezionisti di immaginette devozionali.

Il Consiglio Direttivo ringrazia coloro che hanno fatto pervenire il proprio plauso.

 

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RETTIFICHE AL NUMERO 297


Pag.23: Il titolo è “Un Patrono per i Filiconici”
Pag.27:In “Alla ricerca dello stabilimento grafico perduto” L’immagine delle “Edizioni Artistiche Vela” è quella dell’Ultima Cena del Ghirlandaio. Mentre Santa Mesia fa parte dell’articolo sottostante di M.G.Alessandroni.
Pag.27: Il titolo in basso è: “Santa Mesia, Patrona del Castello di Alvito (FR)”
Pag.28-Il secondo titolo è “Sarra Minichello: “Storia di Capizzi e dei suoi Santi”.
Pag.29-Il socio che ha trasmesso il santino del Servo di Dio Don Quintino Sicuro è Ippazio Mastria di Tricase e non P.Michele Giuliano come erroneamente indicato.

 

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QUOTA SOCIALE ANNUALE DA VERSARE DAL 2 GENNAIO 2010: EURO 25,00


Al precedente notiziario (n.297) è stato allegato il bollettino postale per effettuare il versamento della quota sociale relativa al 2010.
I soci che avessero smarrito tale modulo possono ritirarlo presso un qualsiasi Ufficio Postale e compilarlo apponendo il numero di conto corrente postale (39389069), la ragione sociale (AICIS – Ass.Italiana Coll.Immaginette Sacre, senza l’indirizzo), la causale (quota sociale 2010), il mittente, l’importo (25.00 euro come negli ultimi 5 anni, e per chi lo desidera l’aggiunta di una offerta che senza dubbio aiuterà a fornire un servizio migliore).

Ricordiamo che, per statuto, gli iscritti all’AICIS, solo con il versamento della quota confermano lo “status” di appartenenza all’Associazione.

 

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8 OTTOBRE 2009: IL SOCIO VITTORIO PECCI DI ALATRI CI HA LASCIATO


Lo scorso 8 ottobre è venuto improvvisamente a mancare all’affetto dei propri cari il socio VITTORIO PECCI di Alatri.

Trasmettiamo la foto del suo “luttino” che lo coglie durante la processione del patrono San Sisto. Vittorio infatti era un devoto appartenente della Venerabile Confraternita di S.Sisto I Papa e Martire, sorta nel 1429 e aggregata alla Venerabile Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini di Roma dal marzo del 1578.
Sul retro del Luttino troviamo la frase: “Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta”.

L’AICIS ha offerto una Santa Messa per l’anima di Vittorio. Essa verrà celebrata il giorno 9 aprile 2010 alle ore 18.30 in Roma, all’altare maggiore della Basilica di Sant’Antonio di Via Merulana 124. Invitiamo gli associati a partecipare, quanto meno con la preghiera, a questa divina celebrazione eucaristica nel ricordo del socio defunto.

 

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6 NOVEMBRE 2009: SI SPEGNE A MURO LUCANO (PZ) MONS.ANTONIO ROSARIO MENNONNA


Il 6 novembre 2009 è venuto a mancare a Muro Lucano (PZ), S.E. Mons. Antonio Rosario Mennonna, vescovo emerito di Nardò e zio di Antonio Mennonna, membro del Consiglio Direttivo AICIS.
Mons. Mennonna, che aveva compiuto 103 anni il 27 maggio scorso, è stato dal 1962 al 1983 alla guida della diocesi di Nardò, dove ha lasciato un profondo segno nel rinnovamento della pastorale secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II e nel cuore di molti sacerdoti e fedeli.

I funerali si sono svolti il 7 novembre a Muro Lucano, presieduti da S.E. Mons. Agostino Superbo, arcivescovo metropolita di Potenza - Muro Lucano - Marsiconuovo e Presidente della Conferenza Episcopale della Basilicata. In tutte le parrocchie si è ricordato nella preghiera il vescovo defunto, che ha servito con grande zelo apostolico la Chiesa di Cristo. Il nostro Presidente Gian Lodovico Masetti Zannini ha trasmesso una lettera di condoglianze al Dr.Antonio Mennonna ed alla famiglia con l’assicurazione della preghiera di tutta l’AICIS.

 

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ICONOGRAFIA, FIGURE E SEGNI DI PROTEZIONE CELESTE - 15 -

 

IL PANE E LE ROSE DI SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA

di Elisabetta Gulli Grigioni

Nella precedente rubrica si è parlato di san Martino de Porres. La sua storia si può approfondire con la lettura di Martino de Porres, i fioretti, di Giuliana Cavallini, pubblicato dalla editrice Città Nuova (Roma 2007). 
Il libro riproduce il testo  di una precedente edizione (Edizioni Cateriniane Roma 1955) e reca riprodotta sulla copertina l’opera della pittrice  Fiore Brustolin Zaccarian, da me proposta, in versione ‘santino’ nella precedente rubrica. 
Nel capitolo XIII, L’amore di tutte le creature,  cui l’autrice pone un’epigrafe evangelica,  «Anche i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figlioli» (Mc 7, 28), vediamo la biografia del domenicano Martino colorarsi  di francescanesimo spontaneo e disarmante come del resto era  implicito nel sottotitolo scelto per il libro, I fioretti.
Sulla suggestione del motivo francescano introduco l’iconografia di  Elisabetta d’Ungheria o di Turingia (1207-1231), santa a me particolarmente cara anche perché patrona onomastica, della quale cade la festa calendariale nell’ormai prossimo 17 novembre.
È opportuno rileggere l’articolo apparso nel precedente numero di  «RisVeglio 2000 (pagina 5), Da otto secoli una via alla santità laicale", a cura dei Francescani secolari di Ravenna, per cogliere l’importanza europea  di  questa santa regina patrona dei Terziari Francescani,  alla quale, ricorrendo l’ottavo centenario della nascita ricordato con solennità dal Santo Padre Benedetto XVI, è stato dedicato l’anno internazionale elisabettiano 2007.

Di famiglia nobile e di educazione principesca, immune anche dopo il matrimonio regale dalle mondanità della vita di corte, Elisabetta si dedicò con grandissima abnegazione all’esercizio della carità. La sua bella persona (morì ancora giovanissima)  che appare nell’opera di molti importanti pittori (Simone Martini, Lucas Cranach il Vecchio, Ambrogio Lorenzetti  tra gli altri) è stata resa popolare attraverso le immaginette devozionali che  la presentano  nella raffigurazione di uno dei suoi più noti miracoli, la trasformazione del  pane in rose e  come patrona del Terz’ordine francescano. L’episodio miracoloso al quale è legato il patronato sui panettieri, narra che un giorno, mentre portava ai poveri alcuni pani avvolti nel suo manto,  incontrò il marito, talvolta contrariato dalla sua assidua attività caritativa, che le chiese cosa tenesse nel mantello: apertolo, ne  uscirono, in luogo del pane, meravigliose rose fresche. L’iconografia  tradizionale, dei santini, che le riconosce gli attributi regali della corona e dell’ermellino, la rappresenta, appunto  con il pane semicoperto dal mantello, talvolta raccolto in un cestello, oppure  nel momento dell’avvenuto miracolo  con una cascata di rose che esce dal manto. Un altro tipo di raffigurazione la presenta nell’omaggio a san Francesco affiancata da san Luigi di Francia anche lui re e protettore dei Terziari Francescani.

 

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ICONOGRAFIA. FIGURE E SEGNI DI PROTEZIONE CELESTE- 16

LUCI E COLORI DI NATALIZIE ATMOSFERE

di Elisabetta Gulli Grigioni

Ci si è soffermati, nella precedente rubrica, su santa Elisabetta d’Ungheria. Ma già  splendono luci e colori prenatalizi: opportuno è ripassare i segni più importanti di una simbologia che, malgrado gli attacchi ‘mondani’ e consumistici, riesce ancora a  ben difendere i suoi significati  profondi.
Certo nel periodo in cui fu presentato per la prima volta il celeberrimo canto natalizio Stille Nacht (Notte silenziosa, da noi noto come Astro del Ciel, inaugurato, sembra, nel 1818 in terra salisburghese) il silenzio notturno doveva essere ancora una realt à tangibile e capace di evocare, nell’animo dei fedeli, velluti di santità in cui collocare, come in un planetario spirituale, ciascuno in un punto preciso della volta ricurva, i simboli della propria cultura e della propria età. Al centro ci sarebbe sempre stato il Bimbo dai riccioli d’oro, ma attorno si potevano profondere,  tra angeli e stelle, le immagini fatte proprie attraverso libri illustrati e stampe colorate: per i piccoli ancora quotidiana evasione trasformabile da educatori e parenti in supporti di pia riflessione, per gli adulti, eredità preziosa dell’infanzia, capace ancora di risvegliare profonde emozioni, solo al risuonare di un accordo o al luccicare di un ornamento dorato.
Un incrociarsi di idee, di sincretismi, di nuove immagini che sembrano talvolta venire da lontano ma che poi stranamente, fermatesi in una cultura che le ha ospitate, vi si sono stabilite producendo altre nuove immagini.

L’importante, anche oggi, è riuscire sempre a creare, piccoli o adulti, quel silenzio interiore, della durata di un attimo eterno, nel quale il Bambino Gesù possa rinascere portatore di pace per ogni cuore. Un silenzio che è meno facile raggiungere, nel gran brusio di voci, spesso querule e inutili, portatore di festose e forse pie concorrenzialità tra le quali, ogni anno, riappare la presunta rivalità tra presepio e albero di Natale, che celerebbe, secondo alcuni, una diversità tra il Nord e il Sud dell’Europa mentre, al contrario, dimostra la grande flessibilità dell’immaginario europeo. L’annullamento di tale immaginaria concorrenzialità è illustrato in due immaginette di devozione e di meditazione che, anzi, dimostrano la complementarietà dell’albero e della mangiatoia, in un simbolismo mediato dal Bambino Gesù, obiettivo unico dal quale non distogliere mai l’occhio spirituale.

La prima immaginetta, prodotta dai Fratelli Benziger di Einsiedeln (Svizzera) nella seconda met à dell’Ottocento, è una vivace cromolitografia stampata su supporto in cartoncino bianco, laccato e decorato a punzone in rilievo, lungo tutto il bordo, da un motivo perimetrale  di stelle a sei punte e rose.

L’albero di Natale, che Gesù Bambino sembra difendere con il gesto delle braccia aperte  indice contemporaneamente di benedizione e accoglienza, è ancora immune da mercificate decorazioni che pure tanto amiamo.

Solo stelle e frutti naturali appaiono tra i rami del piccolo abete dalla  punta  modesta, non ingabbiata in fastoso puntale, ma  con anomalo carico di frutti rossi e tondi  che ne svela un’antica nostalgia mediterranea.

La seconda immaginetta, prodotta a Parigi dall’Editore Bouasse-Lebel, ugualmente nella seconda metà dell’Ottocento, è invece una siderografia (incisione su metallo) con coloritura manuale fissata mediante chiara d’uovo.

Intitolata L’albero di Natale richiede un maggiore impegno di interpretazione per la strana disposizione della chioma verde ricca di frutti, alberello (o insieme di rami) tenuto in mano dal Bambino, che sembra evocare la palma, nuovamente con audace mediazione fra paesaggio nordico e mediterraneo.

Alla mangiatoia sono appoggiati molti oggetti: giocattoli per i più piccoli, adatti alla gioia dell’età innocente, spiega la didascalia,  e doni adatti ai grandi, libri, rosari,  statuette devozionali. (continua).

 

Didascalie
- Jesus bonitas infinita. Immaginetta devozionale a stampa cromolitografica su supporto con bordo decorato meccanicamente in rilievo. Produzione Fratelli Benziger, Einsiedeln. Secolo XIX, seconda metà. Cm 6,5 x 10,5.
- L’arbre de Noël. Immaginetta devozionale a stampa siderografica con coloritura manuale su supporto con bordo traforato meccanicamente. Produzione Bouasse-Lebel, Parigi. Secolo XIX, seconda metà. Cm  8 x 12.

 

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I SANTI PATRONI

Il Catechismo della Chiesa Cattolica indica con assoluta chiarezza che il dogma della Comunione dei Santi è un aspetto essenziale della nostra fede cattolica. Nel riferirsi a questo, credo, dichiara:


“I testimoni che ci hanno preceduto nel Regno, specialmente coloro che la Chiesa riconosce come ‘santi’, partecipano alla tradizione vivente della preghiera, mediante l’esempio della loro vita, la trasmissione dei loro scritti e la loro preghiera oggi. Essi contemplano Dio, lo lodano e non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. Entrando nella ‘gioia’ del loro Signore, essi sono stati stabiliti ‘su molto’. La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al Disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli d’intercedere per noi e per il mondo intero.
Tra “il molto” che questo paragrafo menziona viene detto che ciò che ai santi viene chiesto di fare è “contemplare Dio, lodarlo e prendersi cura costantemente di coloro che hanno lasciato sulla terra.” Il Catechismo indica anche che sono esempi di fede, intercessori dinanzi a Dio e protettori dei fedeli. Per questo vengono considerati e chiamati giustamente “santi patroni”. Dopo tutto “la loro intercessione è il più alto servizio che rendono al Disegno di Dio.”
Il concetto di santo patrono si fonda nel dogma della Comunione dei Santi e nella dottrina paolina del Corpo Mistico di Cristo. Il santo patrono è colui che “per l’antica tradizione o per legittima elezione viene venerato con particolare culto dal clero e dal popolo di un luogo, quale speciale protettore ed avvocato presso Dio.” Bungini afferma che la prima menzione di santi patroni risale ad un testo del II secolo in cui ci si riferisce a san Pietro ed a san Paolo come a “grandi patroni… ed amici di nostro Signore Gesù Cristo.” L’autore indica inoltre che il Papa Leone I (440-461) invocava la loro intercessione e quella di san Lorenzo, un altro martire famoso, mentre cercava di salvare Roma dall’attacco di Attilla, l’unno, nel 452 e che verso la fine del VI secolo i due santi erano venerati come santi patroni e speciali protettori della città. Fu proprio in quel tempo che cominciò a diffondersi la collezione di reliquie di molti santi e l’usanza di dedicare giornate particolari per ricordare il loro esempio e chiedere il loro aiuto e la loro intercessione. Nel corso degli anni diversi santi sono stati venerati per avere un legame speciale o un’importanza speciale per alcune chiese, città o luoghi
specifici, o anche solo per qualche interesse umano.
Tra i santi patroni francescani più conosciuti spiccano san Francesco, che tra l’altro, è universalmente venerato come santo patrono dell’ambiente; santa Chiara che ha l’equivoco onore di essere la santa patrona della televisione; sant’Antonio costantemente invocato come santo patrono di coloro che vanno in cerca delle cose perdute. E perfino san Francesco riconobbe l’importanza di santi patroni e pose l’Ordine sotto la protezione della Beata Vergine Maria. Tommaso da Celano dice che il Santo: “circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà. A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere. Ma ciò che maggiormente riempie di gioia, la costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le sue ali i figli, che egli stava per lasciare, perché vi trovassero calore e protezione fino alla fine”. (2Cel 198, FF 786)

Michael J. Higgins, TOR

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SANTINI, PER SAPERNE DI PIU'...

fonte: http://www.collezionaresantini.com/

Jacques Callot

Jacques Callot nacque a Nancy nel 1593. All'et à di dodici anni, fuggì dalla casa paterna per andare in Italia, unendosi a degli zingari diretti verso Firenze. Da qui, mentre viaggiava per Roma fu riconosciuto da alcuni mercanti di Nancy e riportato in Francia dal Padre. Presto fuggì nuovamente ed ancora una volta riportato a casa dal fratello maggiore che lo ritrovò a Torino, fino a quando non ottenne il consenso paterno di recarsi in Italia. Studiò l'arte dell'incisione a Roma, poi a Firenze dove soggiornò fino al 1624, allorché partì alla volta di Parigi, dove visse dal 1628 al 1631. Morì a Nancy il 27 marzo 1635 all'età di quarantadue anni.
La produzione di questo genio dell'acquaforte e del bulino fu molto vasta, si parla di oltre mille rami,considerata anche la sua breve esistenza, ma per quanto riguarda il nostro ambito collezionistico egli va ricordato soprattutto per "Le immagini di tutti i santi e di tutte le sante del Martirologio romano", serie composta da 466 soggetti incisi su 119 tavole, stampata dal suo  stampatore Israel Henriette (1590-1661).
Penso che ogni collezionista di immaginette religiose conosca la suddetta produzione. Peraltro, oggi si può trovare una di queste acqueforti a prezzi che vanno dai 30,00 ai 300,00 Euro. Si tratta di originali, di copie o di falsi?
Va detto che il Callot fu copiato da subito e molte delle sue opere sono delle contraffazioni. Inoltre, molti esemplari furono stampati anche dopo la morte dello stesso, da Israel e probabilmente dagli eredi di questo che ebbero il possesso delle matrici. Si tratta delle cc.dd. tirature postume, realizzate cioè con la medesima matrice originale, ma ovviamente differenti per la carta utilizzata, per lo stato e chiaramente con evidenti tracce risultanti da una lastra più o meno usurata.

Nella foto, una delle acqueforti del Martirologio, tiratura postuma della terza edizione

Imagerie d'Epinal

Con Imagerie d'Epinal si intende quella produzione di stampe popolari realizzate appunto in Francia a partire dalla fine del XVIII secolo fino intorno alla metà del XIX secolo. I santini - per quanto riguarda il nostro ambito collezionistico - erano realizzati su foglio (planche) che ne poteva contenere diversi, di misura cm. 5 x 7, o poco più grandi, su carta molto leggera, in xilografia, colorati a mano, ad acquerello o tempera.
La definizione Imagerie d'Epinal si deve al nome della tipografia fondata nel 1796 a Epinal da Jean-Charles Pellerin, nato proprio a Epinal nel 1756 e morto nel 1836, ma già nel 1822 aveva ceduto l'attività al figlio Charles Nicolas Pellerin.
I Pellerin non furono i soli a realizzare quel tipo di immagini, ma senza dubbio furono essi a creare un vero e proprio stile conosciuto poi in tutto il mondo.
Estremamente delicati, in quanto, come accennato, stampate su carta molto leggera, sottilissima in alcuni casi, e perciò facilmente deperibile, sono oggi molto ricercati dai collezionisti.

Nella foto, una xilografia d'Epinal raffigurante il Sacro Cuore di Maria, databile intorno agli inizi del XIX secolo, cm. 6,6 x 9,8.

Wenzel Hoffmann
La splendida incisione che possiamo ammirare nella foto qui a fianco è stata realizzata dall'incisore, nonché editore, praghese Wenzel Hoffmann, nato a Kukus (Repubblica Ceca) nel 1788 e morto a Praga nel 1850.
Molto varia la sua produzione di immaginette, per lo più incisioni su rame colorate a mano, ma anche incisioni con applicazioni di foglia dorata, tipiche della produzione praghese della prima metà del XIX secolo.
Nonostante la sua fama non raggiunse lo stesso livello di altri incisori suoi conterranei (Rudl, Koppe, Maulini) tuttavia fu uno dei più grossi editori e mercanti di immaginette nella Praga della prima metà dell'800.

L'incisione della foto, a tratto e acquatinta, colorata a mano a tempera, raffigurante Santa Veronica, con cornice goffrata, è davvero uno splendido esemplare di questo incisore.

BIAGIO GAMBA

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NAZARETH: 22 NOVEMBRE 2009 - BEATIFICAZIONE DI

MARIE-ALPHONSINE DANIL GHATTAS

 

Un motivo di "conforto e speranza per tutta la comunità cattolica in Terra Santa".
Così l'arcivescovo Angelo Amato ha sottolineato il significato della beatificazione di suor Marie-Alphonsine Danil Ghattas, avvenuta domenica 22 novembre, nella basilica dell'Annunciazione di Nazareth.
Il rito è stato presieduto dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi alla presenza del patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal, che ha presieduto l'Eucaristia, dell'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e in Cipro, delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, di numerosi vescovi, religiosi e religiose, tra i quali il postulatore padre Francesco Ricci e la superiora della congregazione del rosario Iness Al-Yacoub. Nel messaggio pronunciato durante la celebrazione monsignor Amato ha sottolineato in particolare l'opera svolta dalla religiosa - nata nel 1843 a Gerusalemme e morta ad Ain Karem il 25 marzo 1927 - per far "risplendere maggiormente la dignità e la nobiltà della donna". Da qui - ha notato - deriva "l'universalità della figura di suor Marie-Alphonsine, che considerava Maria come la vocazione e la misura della femminilità e il modello etico-spirituale della donna in genere e della consacrata in particolare". "La santità di madre Marie-Alphonsine mostra - ha aggiunto il presule - il radicamento esistenziale del Vangelo nella terra di Gesù e di Maria. La beata aveva un amore speciale per questa terra, la sua terra, la terra benedetta da Gesù. La sacra Famiglia di Nazareth costituiva per lei la sua famiglia, e Maria era la sua mamma celeste". Le beatitudini proclamate da Gesù in questa Terra "furono da lei vissute in modo nobilmente eroico". Per questo ella resta non solo "un testimone credibile del Vangelo" ma anche "una gloria della Chiesa cattolica e una perla preziosissima di questa nobile Terra di Gesù".
La sua beatificazione - è stato l'auspicio di monsignor Amato - dia nuovo slancio alla Chiesa locale perché "continui ad aver fiducia nella divina Provvidenza e nella efficace protezione di Maria, la madre che non lascia mai soli i suoi figli". Nell'omelia il patriarca ha detto che "Madre Marie-Alphonsine è una immagine preziosa, araba e gerosolimitana ad un tempo, una illustrazione splendida del Vangelo di Cristo".
"Sultaneh Ghattas - ha aggiunto il presule tratteggiando le tappe principali della sua vita - nacque in una famiglia pia e laboriosa di Gerusalemme, una famiglia in cui insieme si lavorava e insieme si pregava.
Già dalla sua prima giovinezza Sultaneh comprese che Dio la chiamava a donarsi totalmente e ad abbracciare la vita religiosa. Non appena avvertì il desiderio di questa vocazione, ella si confidò con i genitori, che però si dimostrarono contrari. La giovane ebbe molto a soffrire, soprattutto da parte del padre, che vietò il suo ingresso nella vita religiosa. Egli, infatti, non voleva che la sua figlia tanto amata lo abbandonasse e andasse a studiare in Occidente - unico modo allora previsto per diventare religiosa".
Entrata tra le suore di san Giuseppe dell'Apparizione, ebbe ripetute visioni della Vergine, che le chiese di fondare "per le figlie del suo paese una congregazione locale di suore, che avrebbero dovuto prendere il nome di suore del rosario". "Dopo l'incontro spirituale tra padre Joseph Tannous e madre Marie-Alphonsine - ha evidenziato Twal - la congregazione del rosario fu strettamente legata al patriarcato latino".
Il patriarca ha poi proposto alcune riflessioni sulle virtù eroiche praticate dalla beata, "virtù che aveva inizialmente ereditato dai suoi genitori". "È soprattutto la famiglia - ha sottolineato il presule - a seminare le virtù umane e cristiane nel cuore dei bambini. I membri della famiglia Ghattas si riunivano ogni sera attorno alla statua della Vergine, pregando il rosario. Seguiva poi l'ascolto di una meditazione, preparata dal padre, sulla vita di Cristo o della Vergine. È a questa limpida sorgente che Marie-Alphonsine si abbeverava giorno per giorno. Ne ricavò una pietà profonda, un'immensa fede nella Provvidenza ed un'incondizionata e filiale fiducia nella Vergine Maria. Si distinse però soprattutto in due particolari virtù: per l'amore al silenzio e alla vita nascosta da una parte e per l'amore alla croce e al sacrificio dall'altra".
A questo proposito, il patriarca ha fatto notare che il silenzio "fu l'espressione della sua profonda santità e della sua incredibile umiltà". "Una vita senza croce e senza sofferenza è un'utopia - ha concluso -. Madre Marie-Alphonsine non solo accettò, ma amò la croce e la sofferenza. Così scrisse nel suo diario: "Mi sono abituata a sopportare le prove. Tutto quello che era amaro e doloroso, l'ho trovato delizioso. La solitudine è il paradiso del mio cuore e l'obbedienza è il cielo della mia anima. Ho sempre trovato gli ordini dei superiori facili da seguire". Praticò l'ascetismo e la rinuncia. Trascorse lunghe ore al Calvario, imparando dal suo maestro come amare il sacrificio e come partecipare alla sua passione. "Sono convinta che la sofferenza e la stessa morte per amore sono state per il buon Dio la migliore prova d'amore".  

(Fonte: www.fraticappuccini.it)

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UN COMPUTER PORTATILE ALLA RIUNIONE AICIS

 

di Maria Gabriella Alessandroni

 

Quarta parte: Pagine illustrate tratte da

“Delle antichità giudaiche”
Edizione del 1558

 


Proseguiamo nell’esame di alcune diapositive tratte dalla Presentazione in Power Point della collezione di immaginette sacre del 1500 del socio Ennio Belotti, realizzata ed illustrata dalla scrivente nella riunione dell’AICIS del 5 maggio 2009 su computer portatile.
Appaiono riprodotte e sinteticamente descritte in questa relazione incisioni tratte dalle pagine di un importante testo, fonte di notizie su personaggi ed episodi della Bibbia, Antico Testamento: Antiquitates Judaicae.
 L’opera fu redatta in greco, nel 93-94 d.C., dallo storico giudeo Flavio Giuseppe per narrare la storia degli Ebrei a partire dalla creazione.
L’edizione, della quale alcune pagine fanno parte della collezione Belotti, fu stampata con tecnica xilografica nel 1558. Il testo, tradotto dal greco, è arricchito da numerose illustrazioni, ritratti a tutta pagina di patriarchi e profeti, con le loro tradizionali connotazioni iconografiche, e scenografie didascaliche ispirate ad episodi biblici famosi inserite nella narrazione.
Come è noto i patriarchi sono uomini importanti nella Bibbia, origine della discendenza del popolo ebraico e caratterizzati da una eccezionale simbolica  longevità, essendo ad essi attribuite   età superiori ai 900 anni: tra gli altri, antidiluviani, ricordiamo  Adamo, Set, Matusalemme, Noè.
I profeti, figure rappresentative della religione ebraica, di profonda fede ed integrità morale, con la
funzione di comunicazione ed esortazione, con autorevolezza utilizzano il dono dell’eloquenza per ricondurre il popolo ed i sovrani sulla retta via, anche grazie alla capacità di predire accadimenti futuri traendo ispirazione da illuminazioni divine, visioni, premonizioni.
 I quattro "profeti maggiori" (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) e i dodici "profeti minori" (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia) sono protagonisti dei  “Libri dei Profeti”. Il numero dodici è ricorrente nell’arabesco numerologico dei testi sacri. La connotazione di profeta è dalla tradizione anche attribuita a patriarchi, quale per esempio Samuele (1070 a.C. – 950 a. C. ca.), vissuti  in un periodo più remoto. Samuele fu anche l’ultimo dei “Giudici”, anch’essi in numero di dodici, condottieri investiti dell’autorità militare ed anche civile e religiosa. Successivamente ebbe inizio il periodo dei “Re” , di padre in figlio: Saul, poi David, poi Salomone (dal 1030 a. C. ca. al 930 a. C. ca.), alla cui morte subentrò la divisione tra Regno di Israele e Regno di Giuda.
Nella prima diapositiva riprodotta in figura, accanto a Giacobbe, patriarca indicato qui come profeta, a sinistra appare la pagina del Libro Primo che racconta la morte e sepoltura di Adamo, evidenziata nell’impatto con la forte immagine del personaggio già inserito nel sarcofago, con il triplice ramo nella sua bocca ed un paesaggio roccioso e desolato sullo sfondo. Il racconto si collega alla storia della Vera Croce, narrata anche nella Leggenda Aurea.
Adamo, sentendosi vicino alla fine, chiese al figlio Set di recarsi dall’Arcangelo Gabriele per ottenere l’olio simbolico per la sua morte serena. Il figlio riuscì solo ad ottenere un ramo di albero della vita, da collocare nella bocca del padre nella imminente sepoltura (altre fonti parlano di tre semi di essenze arboree). Dal ramo si generò nel tempo un enorme albero. Dopo moltissimo tempo Salomone, quando, durante il suo regno stimato tra il 970 e il 930 a.C., iniziò la costruzione del tempio di Gerusalemme, cercò invano di far utilizzare il legno di quell’albero secolare, incontrando strani ostacoli prodigiosi. Lo destinò allora ad una passerella  sul fiume. La regina di Saba, in visita al tempio, attraversando la passerella, fu sconvolta da una idea folgorante: quel legno sarebbe stato usato per la Crocifissione. Nonostante Salomone lo avesse a suo tempo eliminato, nascondendolo nella piscina detta “probatica”, destinata cioè al lavaggio degli animali  sacrificali, al momento della condanna di Gesù il legno riemerse e fu usato secondo quella infausta premonizione, chiudendo il ciclo dal peccato di Adamo alla redenzione. La  leggenda della Vera Croce continua all’epoca di Costantino, che, nella battaglia di Ponte Milvio, ebbe il sogno famoso: avrebbe vinto usando come emblema dell’esercito la Croce, e così fu. In seguito egli inviò la madre, s. Elena, a Gerusalemme per la ricerca del legno originale della Crocifissione di Gesù. Dopo varie peripezie ella riuscì ad ottenere i resti delle tre croci del Calvario, infine riconoscendo il legno della Vera Croce grazie ad un miracoloso risveglio di un defunto ottenuto  per mezzo di esso.
E’ interessante ricordare che negli affreschi trecenteschi, venuti alla luce recentemente nel restauro delle pareti del campanile della chiesa di s. Nicola a Lanciano (CH), è mirabilmente  illustrata la storia della Croce con gli episodi che  ho brevemente descritto (vedi figura piccola con la sepoltura di Adamo e il triplice ramo).
Appare ora la seguente diapositiva, con, a sinistra, la pagina iniziale del XII capitolo dal titolo “Aronne fatto sacerdote. Moisé purifica il tabernacolo, & delle solennità” (avvenimenti attribuiti al XIII - XII secolo a. C.). Vediamo nella figura la consegna delle monete richieste al popolo per la realizzazione della cortina di protezione e dell’illuminazione con le lucerne, per preservare gli oggetti sacri contenuti nell’Arca: le tavole dei dieci comandamenti, la verga di Aronne fiorita e la manna. A destra l’incisione rappresenta il profeta Isaia (n. 770 a. C. ca.).
 Nella terza diapositiva, accanto al ritratto del profeta Giona (823 a. C. -782 a. C. ca.), è riportata la pagina dell’XI capitolo con la storia biblica “Di Geroboamo Re, di Giona Profeta, e come Ozia sacrificando fu punito”.
E’ noto l’episodio. Giona fu incaricato da Dio di recarsi a Ninive per porre fine con la sua predicazione alle nefandezze ivi compiute dal popolo degli Assiri. La mancanza di coraggio lo spinse a fuggire su una nave diretta a Tarsis. La violenza degli elementi, con la tempesta, scatenata per punizione da Dio, mise in serio pericolo la nave. Giona confessò ai marinai  la sua viltà e volle essere gettato in mare, per ottenere il perdono e salvare le loro vite: la figura si riferisce a questo momento, con la balena (“un grande pesce”, nel testo biblico) dal volto quasi umano pronta ad inghiottirlo. Successivamente Giona  portò a compimento il suo incarico. La città di  Ninive ottenne così il perdono da Dio, ma Giona non fu soddisfatto e  pregò il Signore di non risparmiare la città. Una pianta di ricino cresciuta per ripararlo dal sole e poi seccata conclude l’episodio, con le famose parole di Dio rivolte a Giona: « Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita; ed io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone e una grande quantità di animali? ».
La figura di Giona è legata anche alle sue premonizioni riferite alla storia dei due regni, quello di Israele e quello di Giuda.
Il primo prosperò sotto la guida di Geroboamo II (783 a. C. – 743 a. C.), figlio di Gioas, con il consolidamento dei confini seguito da un periodo di pace e di migliori condizioni di vita per il popolo. Tuttavia ben presto la corruzione diffusa provocò la vendetta di Dio, con conseguente decadenza per il regno.
In quel tempo il regno di Giuda fu retto dal re Ozia (781 a. C. -740 a. C.), forte e coraggioso, che, dopo la vittoria sui Filistei e gli Ammoniti, fortificò le mura di Gerusalemme. Il successo e la fama indussero alla superbia Ozia, che pretese, nonostante le ammonizioni del Sommo Sacerdote, di sacrificare all’altare dei profumi. Così il re di Giuda, punito con la terribile lebbra, fu costretto all’isolamento, mentre il figlio Jotam lo sostituì nel governo.
Le alterne, eterne vicende legate alla forza e al successo dell’intelligenza, unita alla umana debolezza nei confronti del peccato, a dispetto degli acuti avvertimenti dei Profeti, conducono sempre nella Bibbia al castigo di Dio, spesso al pentimento, mentre trionfa la Sua profonda, grandiosa “Misericordia” che apre alla speranza ed al perdono.
Le rimanenti due figure illustrano preziose incisioni con gli imponenti ritratti di profeti, accomodati su importanti seggi ed avvolti da manti riccamente drappeggiati, secondo lo stile figurativo dell’epoca rinascimentale, ma con i volti e le mani quasi sfigurati e deformati nello sforzo rappresentativo della loro simbolica eccezionale vetustà: Samuele, Noè con l’arca, Mosè con le tavole della legge e il fratello Aronne, con il bastone trasformato in mostro serpentiforme.                                     

Maria Gabriella Alessandroni

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13 DICEMBRE: CATANIA E SANTA LUCIA



di ANTONINO BLANDINI


Negli ultimi anni si è notato a Catania un notevole incremento del culto liturgico e devozionale verso santa Lucia vergine e martire siracusana, la cui figura è legata fin dalle origini a quella della protomartire catanese sant’Agata. Gli Atti del martirio di Lucia a tale riguardo sono molto eloquenti: basti pensare al pellegrinaggio al venerato sepolcro di Agata di s. Lucia con la madre, la beata Eutichia.
 Queste solide radici agiografiche si sono rinvigorite da quando nel celebre tempio primaziale di Sant’Agata la Vetere, che fu la seconda cattedrale della città dopo la ricostituzione della diocesi latina da parte del beato papa Urbano II per volontà del gran Conte Ruggero il Normanno: in tale chiesa, annessa alla prima abbazia benedettina retta dal vescovo bretone Ansgerio, si conserva il presunto sarcofago della martire Agata: in tempi recenti è nata la tradizione, nella seconda metà di gennaio, di un commovente pellegrinaggio di devoti luciani al sepolcro agatino. Parecchi pellegrini in preghiera partecipano ad una solenne liturgia eucaristica in rappresentanza delle comunità parrocchiali provenienti da Siracusa, Belpasso, Acicatena, e da Catania dai quartieri periferici del Fortino e di Ognina. Nell’occasione i fedeli venerano il bel simulacro di s. Lucia del palermitano Giuseppe Orlando (sec.XVIII) esposto solennemente sotto un tosello rosso, lo stesso usato per la festa liturgica del 13 dicembre. Nella ricorrenza del dies natalis di Lucia la chiesa S. Agata la Vetere diventa meta di pellegrinaggio di quattro giorni in cui con appositi panegirici viene ricordato il martirio della santa <sorella> da parte delle comunità catanesi che ne zelano il culto.
C’è da precisare che la sera del 4 febbraio, all’arrivo del fercolo delle reliquie alla Vetere, vengono cantati i primi vespri della solennità di s. Agata, che fino a metà del Novecento venivano officiati significativamente dall’arcivescovo metropolita di Siracusa con la partecipazione del capitolo dei canonici della cattedrale di Catania, per sottolineare il legame indissolubile tra le due martiri e le due città da loro protette. Il Duomo etneo, chiamato all’atto dell’inaugurazione, nel 1094, S. Agata la Nova, quando ancora non erano rientrate da Costantinopoli le reliquie di Agata rapite nel 1040 assieme a quelle di s. Lucia, è anche sede del culto luciano. Nell’abside della cappella del sacello delle reliquie di s. Agata s’ammira l’affresco, probabile opera di Giacinto Platania della seconda metà del Seicento, che raffigura s. Lucia e la b. Eutichia al sepolcro di s. Agata la notte tra il 4 e il 5 febbraio dell’anno 300 (?). Il coperchio dello scrigno reliquiario di s. Agata (XV-XVI sec.) presenta un ornato a sbalzo con raffigurazione di 15 Sante, tra cui Lucia. Nella decorazione della parete sinistra della cameretta di S. Agata sono raffigurate s. Lucia e la b. Eutichia, opera tardo quattrocentesca d’epoca postantonelliana. Nella balaustra della villetta del duomo, lato nord, è posta una grande statua di s. Lucia di Carlo Nicoli del sec. XIX. Nel rione della Pescheria è molto radicato il culto verso s. Lucia: una bella statua processionale settecentesca, sistemata fino all’inizio del Novecento nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo (dove fu battezzato Giovanni Verga) poi demolita, in via Auteri, si venera nella chiesa ex monastica “S. Chiara” nell’attuale via Garibaldi, dove il 13 dicembre si celebra la s. Messa solenne con la partecipazione di tanti devoti. La martire siracusana è molto venerata nell’area dell’altro grande mercato cittadino, la Fiera del Lunedì, nella basilica imperiale parrocchiale della SS. Annunziata (santuario del Carmine), ricostruita due volte sull’area della chiesa bizantina di S. Lucia, voluta dal vescovo s. Leone II il Taumaturgo (sec.VIII) sul sito di costruzioni romane a ricordo del presunto primo sepolcro di s. Agata. All’interno del tempio carmelitano, sulla navata di settentrione, si trova l’altare delle SS. Agata e Lucia e della b. Eutichia. La pala di Antonio Pennisi raffigura s. Lucia orante presso il sepolcro di s. Agata, olio su tela del 1791, che permette d’individuare la frequentazione romana del pittore dell’Accademia di San Luca e il riferimento all’episodio della Legenda aurea  del beato domenicano Jacopo da Varagine. Si tratta di una tema assai presente nell’iconografia luciana a Catania e in modo spettacolare nella mostra internazionale “Agata santa” del 2008.
Nella sagrestia della chiesa dell’ex Collegio gesuitico “San Francesco Borgia” si trova dipinto sulla volta lo stesso soggetto, segno della devozione dei collegiali verso i martiri Agata, Euplio e Lucia, dal momento che ivi si venerava la patrona principale e il compatrono della città, di cui si custodiva un’insigne reliquia proveniente da Trevico (Av), dove vengono similmente onorati insieme i nostri tre martiri delle persecuzioni romane. La parrocchiale S. Agata al Borgo è anch’essa sede del culto luciano legato a quello agatino. Si trova custodito l’olio su tela di Gaspare Serenario, nipote del grande architetto della ricostruzione, il can. Giambattista Vaccarini, raffigurante s. Lucia al sepolcro di s. Agata. Nella chiesa della confraternita del SS. Sacramento al Borgo s. Lucia è particolarmente venerata: nell’altare dedicatorio spicca la pala di Alessandro Abate, uno dei più grandi pittori catanesi del Novecento. La festa del 13 dicembre è preceduta da un triduo molto partecipato dai devoti. Nella vicina cappella neogotica dell’Istituto T. Ardizzone Gioieni, fin dal 1911, anno dell’inaugurazione dell’allora Ospizio dei ciechi, si zela il culto della protettrice della vista.
La popolarità della devozione verso s. Lucia si può apprezzare considerando il fatto, davvero singolare, che alla megalomartire siracusana son intitolate due parrocchie popolose, negli antichi quartieri della periferia nord-est e sud-ovest della città: Ognina e Fortino. Sono state tali comunità parrocchiali che venerano come patrona e titolare s. Lucia a contribuire in modo rilevante alla riuscita del numeroso pellegrinaggio diocesano a Siracusa in occasione della presenza delle reliquie della martire provenienti da Venezia e del XVII centenario del suo martirio. La città di Agata si è sentita particolarmente vicina alla città di Lucia nel 2004 anche per la significativa coincidenza con il 17° centenario del martirio di sant’Euplio, martirizzato nel capoluogo etneo il 12 agosto del 304. Euplio e Lucia furono ricordati insieme a Catania e Siracusa con un convegno scientifico internazionale di cui sono stati pubblicati gli atti.
La parrocchia di Ognina conta undicimila residenti e fu aperta al culto nel 1912, mentre il riconoscimento canonico arrivò nel 1944 a causa del fatto che dal Concilio di Trento al Novecento il vescovo di Catania fu il solo parroco della città e della diocesi: l’ultimo fu il cardinale Giuseppe Francica Nava, molto devoto dei nostri martiri. La festa di s. Lucia viene solennemente celebrata nella ricorrenza liturgica nella chiesa, ricca di iconografia luciana, e con una breve processione esterna e nella prima settimana di agosto con manifestazioni religiose e folkloristiche che si concludono con una lunga processione del venerato simulacro della patrona e della reliquia per le vie del quartiere.
La parrocchia del Fortino onora la propria titolare con tanta affluenza di devoti: a dicembre si tiene la festa liturgica con un fitto programma di celebrazioni: Eucaristia, confessione sacramentale dei fedeli, visita agli ammalati, manifestazioni sportive nell’oratorio, coinvolgimento dei giovani. La chiesa fu costruita su terreno donato dal devoto Luigi Sacchero nel 1890 e completata nell’anno del XVII centenario del martirio di s. Agata per opera del Circolo “S. Lucia al Fortino”. Il triduo viene inaugurato da una <processione della luce> con determinate tappe di preghiera per venerare pubblicamente la reliquia della martire. La processione serale del 13 tocca tutto il vasto quartiere con la presenza orante e festosa dei residenti, con delle pause di riflessioni presso le chiese parrocchiali limitrofe.

(Il santino di S.Lucia, “EGIM Srl– nr.12, è offerto da Don ANIELLO VERDICCHIO per la Campagna “Un santino per ogni socio” e inviato a tutti con il plico del Fondo Sociale Gennaio 2010).
 

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MOSTRE DI SANTINI



                                                                                                       
VERBANIA, 17 Ottobre-2 Novembre 2009 – Mostra: “I SANTINI DI S.FRANCESCO”


Il 17 ottobre u.s. a Verbania-Pallanza è stata inaugurata la Mostra de “I santini di san Francesco” a cura della nostra associata la Prof.ssa MARIA GRAZIA REAMI OTTOLINI, presso il Museo del Paesaggio, Palazzo Biumi-Innocenti.
L’allestimento ha coinciso con la giornata del FAI (Fondo Ambiente Italiano) quando in tutta Italia, allo scoccare delle ore sedici, si è letto il Cantico delle creature, al fine di raccogliere fondi per il restauro del Bosco di San Francesco ad Assisi. Una particolarità: ogni sezione dell’esposizione è stata corredata da un breve scritto per sottolineare gli aspetti più significativi di quei santini in quel contesto. La mostra chiuderà il 2 novembre p.v.
Dopo tale periodo, i soci AICIS che avessero desiderio di visitare questa esposizione o che avessero occasione di trovarsi nelle vicinanze di Verbania, potranno telefonare, con qualche giorno di anticipo, alla Dr.ssa Reami Ottolini (tel.0323-503215).


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ROMA, 7-30  Novembre 2009 – Mostra “VICTORIA ET PAX, ovvero la devozione dei soldati nella piccola iconografia popolare ”


L'A.I.C.I.S. con la collaborazione dell’Arciconfraternita di S. Maria dell'Orazione e Morte e dell’Accademia Culturale Europea presenta, in occasione della commemorazione dei caduti di Nassiriya, la Mostra di Santini devozionali sul tema: “Victoria et Pax !” ovvero "La devozione dei soldati nella piccola iconografia popolare".
L'esposizione è stata allestita nella Chiesa Arciconfraternale di Santa Maria dell’Orazione e Morte, in Via Giulia 262 (dietro Palazzo Farnese) ed è visitabile dal 7 al 30 novembre 2009. Ingresso libero a tutti.
Orario di apertura: Mattino (escluso sabato e domenica): dalle ore 7,30 alle ore 11.00; Pomeriggio: dalle ore 16.00 alle ore 18,30. I materiali esposti sono stati gentilmente offerti dai soci Giovanni COSTANZO e Giancarlo GUALTIERI di Roma.



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BAGNACAVALLO (RA), 28 Novembre-8 Dicembre 2009 – Mostra “PICCOLI CAPOLAVORI DEVOZIONALI”


Una mostra di santini devozionali è in programma a Bagnacavallo (Ravenna) per sabato 28 novembre prossimo presso la Chiesa del Pio Suffragio, in Via Trento e Trieste 1. L’inaugurazione è prevista per le ore 16.30. L’esposizione sarà dedicata alle immaginette religiose d'epoca  della collezione privata di BRUNO RAMBELLI ed avrà come tema ”Piccoli Capolavori Devozionali”. Tale collezione viene esposta al pubblico per la prima volta.
La mostra resterà aperta fino all’Immacolata,  8 dicembre 2009, dal lunedì al venerdì, ore 15.00 - 18.00 e sabato e festivi, ore 10.00 - 13.00 e 15.00 - 19.

 

SOMMACAMPAGNA  (VR), 8-25 DICEMBRE ‘09 –
Mostra: “LA FAMIGLIA. L’IMMAGINE RELIGIOSA DAL XVII AL XX SECOLO…VERSO IL MUSEO DEL SANTINO”.

 Il Museo del Santino di STEFANO FASOLI allestirà una mostra di immaginette devozionali per domenica 13 dicembre, giorno della inaugurazione, fino al 10 gennaio 2010, a Sommacampagna. L’esposizione, con il patrocinio del Comune, Assessorato alla Cultura, sul tema “La Famiglia. L'immagine religiosa dal XVII al XX secolo...verso il Museo del Santino”, sarà aperta al pubblico presso Palazzo Terzi, nella Sala Consiliare, in Piazza Carlo Alberto, dal Martedì al Giovedì, dalle ore 16.00 alle 20.00 e dal Venerdì alla Domenica dalle  10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 22.30. Il giorno di Natale sarà possibile visitarla dalle 10.00 alle 13.00. Resterà invece chiusa il lunedì.L'esposizione comprenderà non solo immaginette religiose (oltre 500), ma anche alcuni oggetti devozionali, piccole statue, oleografie e alcuni libri.
Nella foto, la locandina della mostra.


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FANO  (PU), 8 Dicembre ’09 - 6 Gennaio 2010 – Mostra: “LA MADONNA VENERATA NEI MOLTEPLICI SANTUARI MARIANI D’ITALIA”


Il prossimo 8 dicembre, verrà inaugurata a Fano una mostra di immaginette devozionali mariane, in cromolitografia del periodo “fine ‘800-primi ‘900”,  sul tema "La Madonna venerata nei molteplici Santuari Mariani d' Italia.
L’allestimento ed il materiale sarà a cura del socio GIANCARLO DE LEO di Fano.
L’esposizione cadrà nell’ambito delle celebrazioni del 5° centenario della delibera del Consiglio Generale della Città di Fano del 21 gennaio 1509, con cui si è elevata a festa cittadina la solennità dell' Immacolata, che i Frati Minori celebravano nella chiesa di Santa Maria Nuova "acciocchè Dio ci abbia a preservare da grave infortunio al presente e in futurum". L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino all’Epifania nella “Sala Mostre” attigua alla chiesa di S.Maria Nuova. L'invito alla mostra è un invito, nel contempo, per una visita di S.Maria Nuova, costruita ai primi del '500, e che ha all'interno preziose tele del Perugino, di Giovanni Santi, una predella attribuita al giovane Raffaello ed uno splendido Coro intarsiato opera dei fratelli Barili (1484).

L’immaginetta qui unita è stata trasmessa a tutti i soci (con l’invio del “Fondo sociale Gennaio 2010” da GIANCARLO DE LEO per l’iniziativa “Un santino per ogni socio

 

 

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FOLLINA  (TV), 19-27 Dicembre 09– Mostra: “IL NATALE NEI SANTINI”


Nell'ambito di "Colori d'Inverno", mercatino di Natale a Follina (Treviso) sarà allestita l'esposizione "I santini della Collezione Mario Tasca", abituale appuntamento del piccolo centro delle Prealpi Trevigiane, nel periodo prenatalizio. La mostra, sunto delle precedenti esposizioni del ns. socio, presenterà come  novità dei preziosi santini semimanufatti  del periodo metà 800 primi 900, tra cui una ventina di immaginette apribili ad altarino, per la maggior parte ricordi di Prima Comunione. L'appuntamento è per sabato 6 e domenica 7 dicembre 2009, l'orario è continuato. Per informazioni 338 1467630.                    

       MARIO TASCA

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TOSCANELLA DI DOZZA (BO), 19-27 Dicembre 09 – Mostra: “IL NATALE NEI SANTINI”

L’associazione “Presenza Attiva” ha ideato e sta organizzando una mostra di immaginette devozionali sul tema “II Natale nei santini” a Toscanella di Dozza (Bologna). i tratta di vari pezzi messi a disposizione da collezionisti privati che saranno  esposti al pubblico nei giorni 19 e 20 dicembre 2009 nella Sala Parrocchiale, mentre dal 21 al 27 dicembre la stessa esposizione sarà ospitata nel Circolo Culturale Ricreativo  Sportivo MCL “Sabbioso”. La domenica verranno organizzate delle visite guidate  alle ore 10 dopo la Messa festiva.
Qui a fianco: la locandina della mostra.


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LUCCA 19-30 Dicembre 2009 -
Mostra “IMAGO SANCTITATIS – FIGURE STELLARI E SEGNI DELL’UNIVERSO”


L’Associazione PONTE di Capannori (LU), associata all’AICIS, ha allestito a Lucca, nella chiesa di San Cristoforo la Mostra di Immaginette devozionali: “IMAGO SANCTITATIS - FIGURE STELLARI E SEGNI DELL’UNIVERSO” che verrà inaugurata sabato 19 dicembre 2009 alle ore 16.00.
La mostra rimarrà aperta al pubblico, tutti i giorni, dal 19 al 30 dicembre 2009 (possibile una proroga fino al 6 gennaio 2010, ma ancora non confermata) con orario 15,00-19,00 ad eccezione del 25, festa solenne del Santo Natale, giorno in cui la mostra rimarrà chiusa. Le immaginette sono quelle già esposte nella biennale di Piombino (LI) nello scorso agosto.
Per chi volesse essere presente alla solenne inaugurazione della mostra, riportiamo interventi ed orari: Lucca, Chiesa di San Cristoforo: MANRICO TESTI - Presidente Centro Tradizioni Popolari;  LETIZIA BANDONI - Assessore alla Cultura del Comune di Lucca; ALBERTO BRUGIONI - Vicario Episcopale per il Dialogo Arcidiocesi di Lucca; SEBASTIANO MICHELI - Associazione Culturale Ponte; CLAUDIO FORNAI - Comune di Piombino; STEFANIA COLAFRANCESCHI - Esperta di iconografia religiosa; Stella Splendens: Segni celesti e luce prodigiosa per la nascita del Bambino Gesù. SERGIO MURA - Presidente CESVOT Lucca.
Ore 16.00 Saluti; ore 16.30 Presentazione della mostra; ore 17.00 Intervento; Moderazione e conclusioni. ore 18.00 visita guidata della mostra, con la presentazione e il commento degli esemplari esposti, da parte di Stefania Colafranceschi, Claudio Fornai, Sebastiano Micheli.


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CORCIANO (PG), 23 Dicembre 2009 – 10 Gennaio 2010 -
Mostra “Il Natale di Carta – tra spiritualità e fantasia”


Il Comune di Corciano (PG) per le prossime festività natalizie ha messo in campo moltissime iniziative alla luce del tema: “IL PRESEPE, I SAPORI, L’ARTE”. Nell’ambito del tema “ARTE”, il 23 dicembre 2009, (Palazzo Comunale, ore 15,30) sarà inaugurata una mostra con il titolo “Il Natale di Carta tra spiritualità e fantasia”.
La cerimonia verrà allietata dal suono natalizio delle zampogne. L’esposizione sarà allestita nella Chiesa-Museo di San Francesco, Sala Antico Mulino, Complesso monumentale di Sant’Antonio Abate. Oltre alle immaginette devozionali dei soci ORIETTA PALMUCCI di Roma e GIANCARLO GUALTIERI di Roma, ci saranno cartoline, letterine di Natale e rari presepi di carta antichi e moderni. Collaboreranno per il successo di questa iniziativa, tra gli altri, la nostra socia S. COLAFRANCESCHI, P. BOMBELLI e C.BASTA. L’orario dell’esposizione, che chiuderà il 10 gennaio 2010, sarà nei giorni festivi e prefestivi: 10/13 – 15/19.30; il 25 dicembre e 1° gennaio: 16.30/19.30. Anche i musei cittadini rimarranno aperti con gli stessi orari. Per scolaresche e piccoli gruppi è possibile prenotare visite guidate, anche negli orari di chiusura, su richiesta: tel.075-5188.255/260.


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BOLOGNA 23 Dicembre 2009- 6 Gennaio 2010 – Mostra “SAN FRANCESCO E IL PRESEPE”


L’Opera Pia “Il Pane di S. Antonio”di Bologna, come ormai tradizione nel periodo natalizio, organizza per il prossimo 23 dicembre una mostra di santini dal titolo “San Francesco e il presepe”.
La mostra, nell’ottavo centenario dell’approvazione della Regola di S. Francesco, vuole riproporre immagini di S. Francesco, fondatore e ideatore del presepio, immagini della Natività e una ventina di piccoli presepi provenienti da varie parti del mondo. Interessanti le immaginette devozionali che abbracceranno un periodo piuttosto ampio: dal ‘700 ad oggi. L’esposizione, a cura di Mara Andreotti e con la collaborazione dei collezionisti del C.E.I.S., ALBERTO BIZZOCCHI, CESARE  BURESTA, ALFREDO RICCO’ e LUCIANO SALMI verrà inaugurata il 23 dicembre 2009 alle ore 16,30 nella Chiesa del SS. Salvatore di Bologna in Via Cesare Battisti e rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2010 con orario 9-12 e 15-18.

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COLLINAS (MC),  25 Dicembre 2009- 31 Gennaio 2010 – Mostra “I SANTI VENERATI IN SARDEGNA”


MURA GISELLA, Presidente della A.T. Pro Loco Collinas comunica che con il socio AICIS LUCIANO TUVERI, come ormai da tradizione, riproporranno nel periodo natalizio l’esposizione di immaginette devozionali sul tema “I Santi venerati in Sardegna”. La mostra sarà allestita nei locali storici dell’ex-Monte granatico, ora Centro Studi ‘G.B.Tuveri’, sala conferenze, spazio espositivo della locale Pro Loco. Collaboreranno appassionati e collezionisti che già operano all’interno della locale comunità: oltre la socia AICIS CHIARA PAU, ci saranno ALVERIO MURTAS, GIANLUIGI SANNA, TERESINA PINTUS ed anche il giovanissimo MATTIA CAU. L’esposizione è l’occasione per una visita di Collinas, denominata in Sardegna “il Paese dei Presepi”. Nello stesso periodo, infatti, si potranno visitare una decina di presepi rionali. Da sottolineare il presepe parrocchiale meccanizzato, già vincitore di due premi in tre concorsi indetti in passato dal Consorzio turistico “Sa corona Arrubia”. Inoltre, nei primi giorni di gennaio p.v. si terrà la 2^ edizione del “Presepe vivente”. Per qualsiasi informazione, scambi di immaginette: rivolgersi a Luciano Tuveri,  tel.349-0733.429 e 347-9200.754.
I visitatori saranno omaggiati con un santino di Collinas (stampe in numero limitato).  

     M.G.

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TARQUINIA  (VT), 14-18 Gennaio 2010 – Mostra: “SANT’ANTONIO ABATE NELLA TRADIZIONE POPOLARE”


   Il socio EDMONDO BARCAROLI per il prossimo 14 gennaio 2010, in concomitanza con i festeggiamenti per  Sant'Antonio Abate, allestirà una mostra di immaginette devozionali sul tema “Sant’Antonio Abate nella tradizione popolare”. Come in tanti luoghi italiani, anche a Tarquinia il 17 gennaio si rinnova la tradizione popolare di portare gli animali sui sagrati e sulle piazze antistanti molte chiese per la benedizione di Sant'Antonio. Una ricorrenza questa che a Tarquinia, centro agricolo per eccellenza, ha ripreso vigore grazie anche alla riscoperta della natura ed all'amore per gli animali ed è accompagnata da manifestazioni di origine antichissime attraverso le quali la gente dei campi esprime la propria devozione al Santo e rappresenta le ansie e le gioie della vita agricola insidiata da mille difficoltà.  Oggi, in una società fortemente dominata dalla tecnologia, la paterna figura  del Santo si ripropone come simbolo d'amore e di rispetto per il mondo animale anche se in forme e modalità diverse dal passato. Nel  2010 la festa di Sant'Antonio, che sarà organizzata a Tarquinia da apposito comitato, oltre alla programmazione degli eventi liturgici e civili si  arricchirà, appunto, della mostra di santini "Sant'Antonio Abate, nella devozione popolare".L’esposizione verrà inaugurata il 14 gennaio e rimarrà aperta al pubblico fino al 18 gennaio nella chiesa di San Giovanni Battista.


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CALENDARIO DEI SANTI




di MARIA GABRIELLA ALESSANDRONI

E’ stato pubblicato, a cura della Pia Unione del Transito di San Giuseppe, nelle pagine interne del numero di novembre 2009  del mensile di informazione religiosa e culturale “La Santa Crociata in onore di San Giuseppe” (vedi figura),

IL CALENDARIO DEI SANTI 2010.
Si presenta interessante per noi dell’AICIS, poiché riporta, in ognuna delle 12 tavole dedicate ai mesi (realizzate in carta lucida su due pagine in formato A4, di aspetto simile a quelle del nostro Notiziario), in corrispondenza a ciascun giorno del mese, una immaginetta a colori del Santo del giorno, riprodotta da quadri o da incisioni d’epoca. Nella figura riconosciamo lo stile delle incisioni di Callot nel giorno dedicato a san Mario (19 gennaio).
La pagina doppia contiene, nella facciata inferiore, oltre all’ultima settimana del calendario mensile, un elenco di ulteriori santi patroni e protettori, con l’indicazione del patronato e del giorno del mese della ricorrenza (cfr. figura).
E’ gradevole e significativa, in basso a sinistra in ogni tavola, la riproduzione di un’opera d’arte moderna, del ‘900, differente per ogni mese, ispirata a scene della vita quotidiana e lavorativa di san Giuseppe.
La socia prof. Stefania Colafranceschi, grazie alla sua profonda cultura sulla iconografia sacra, in particolare sulla tematica giuseppina, ha partecipato al reperimento ed alla selezione di queste opere, “per far sprigionare dall’attività quotidiana l’immagine di una gioiosa collaborazione alla costruzione del regno di Dio tra noi” (citazione tratta dalla premessa al calendario).
Nella figura in apertura è riportata la foto di copertina con il dipinto “San Giuseppe patrono dei lavoratori” di G.Verri.
Completa la pagina uno spazio libero per eventuali annotazioni da scrivere sulle righe.  In basso nella cornice, accanto al logo della Pia Unione, leggiamo, mese per mese, una stimolante riflessione di Giovanni Paolo II sul tema del lavoro.
La Pia Unione, secondo le intenzioni del beato don Luigi Guanella, si dedica ad attività di preghiera, sociali ed umanitarie, con riferimento alla figuradi san Giuseppe. Ha sede in Roma, via B. Telesio 4/B – 00195 ROMA– TEL 0639740055 – CCP 413005.
Il calendario è stampato dalla Tipolitografia TRULLO, via delle Idrovore della Magliana, 173,   00148, Roma, tel. 06 6535677, fax 06 6535976.
Trovo nel mio archivio le figure dei santi del giorno in questa stessa disposizione, ma con differente editing ed elementi accessori, già riprodotte nel  calendario del 2000, pubblicato a cura della Opera don Guanella, ed in quello del 2005, offerto dalla stessa tipolitografia come omaggio  pubblicitario (cfr. nota informativa della scrivente nel Notiziario n. 264 di aprile  2005).

 

ALLA RICERCA DELLO STABILIMENTO GRAFICO PERDUTO - 2



Continuiamo la nostra ricerca sugli stabilimenti grafici che hanno prodotto immaginette sacre, invitando tutti i nostri soci Aicis a contribuire con le proprie informazioni. In questo numero vorremmo insieme raccogliere informazioni che riguardino le ditte: “Editrice ave”, “Grafico Cesare Capello”, “Grafiche A. Fattorini” e una quarta azienda che dal suo marchio privo di sigla chiamerei “ChiRo-ss”.
Visto che nel precedente articolo sono risultati gradite le scarne informazioni sui marchi: “Ala”, “Cigno”, “Sea” e “Vela”, la Redazione di “Santini e Santità” continuerà a pubblicarne altre, insieme alle vostre proposte risolutive. Anche questo è vivere nell’Associazione Aicis, anche questo è Filiconia.

L’Ordine dei Certosini e “Anonima Veritas Editrice” AVE
Se analizziamo il simbolismo del logo, usato nell’Ordine dei Certosini, scopriamo che la croce è il polo e il motore immobile di un mondo in movimento. La croce sta in piedi da sola, non perché imposta per legge, ma grazie alla forza intrinseca del suo messaggio religioso e civile e alla testimonianza di quanti ispirano a essa la propria vita e l’impegno per costruire insieme una umanità più fraterna. Stat crux dum volvitur orbis, è l’antico motto dei certosini: «La croce sta fissa mentre il mondo ruota». Questi stessi elementi li ritroviamo anche nelle immaginette prodotte dall’Editrice ave. Con l’acronimo di “Anonima Veritas Editrice” facciamo la conoscenza di un marchio storico, presente nel panorama editoriale italiano fin dal 1935, nato con l’obiettivo di fornire sussidi per la formazione religioso-morale di adulti, giovani e ragazzi. Una pagina important del suo percorso è stata scritta da “Il Vittorioso”, lo storico settimanale per ragazzi pubblicato dall’ave a partire dal 1938, ma anche dal “Diario Vitt”, la mitica agenda che ha accompagnato generazioni di giovani per tre decenni.

Stampatore: Stabilimento Grafico Cesare Capello - Milano
A Milano, negli anno 1930-’40, lo stabilimento grafico Cesare Capello fu pioniere nella produzione di cartoline e di immaginette. Ha portato per primo la cartolina in bianco e nero e quella a colori in rotocalco, proseguendo anche nei decenni 1950-’60. Qualora gli iconografi rintraccino immaginette sacre siglate Capello, possono chiedere di pubblicarle qui.

Arti Grafiche A. Fattorini - Milano
Trattasi della prestigiosa ditta milanese che negli anni 1950-70 produce  numerose opere illustrate ed immaginette (anche sacre?), tra le quali le celeberrime figurine della Compagnia Italiana Liebig Spa Milano, dove si riporta la cifra: Graf. A. Fattorini. Le figurine Liebig non sono immaginette sacre, bensì, in parte, “figurine a soggetto religioso”. Anche le dimensioni, (110x70mm), decisamente superiori a quelle del santino, chiariscono la peculiarità di questi articoli. Certo il filiconico verrà rapidamente affascinato dalle sette vecchie Serie Liebig dedicate alla Storia sacra (fine ‘800) e alla vita dei Santi. Quindi proseguirà con quelle dedicate a Gesù Cristo: Natale, infanzia, vita e risurrezione; alla vita di alcuni Pontefici alle vicende degli Anni Santi; ai Santuari, alle Abbazie, alla raffigurazione della Divina Commedia… tutte figurine Liebig.

Produzione ChiRo-ss (nome attribuito)
Nel complesso e ben congegnato logo di questa Casa di produzione è raffigurata una variante latina del ChiRo, simbolo costruito con le iniziali della parola greca Χριστός, Cristo (l’Unto di Dio), “al quale i venti e il mare obbediscono” (Mt 8,27). Forse per significare questa signoria di Gesù sono raffigurate anche le onde che soggiacciono la croce.
In aggiunta viene incastonato il classico simbolo mariano che soprintende due esse, le quali fanno pensare alle iniziali di Santissimo.
Pr.ChiRo”Sede: n.d., Riproduzione fotomeccanica a colori, R: Due angeli oranti stanno alla presenza di Gesù Eucaristia, simbolizzato da Jesus Hominum Salvator (JHS), mentre la didascalia esplicita ulteriormente che trattasi del Pane degli angeli (Sal 78,25), V: Testo commemorativo di evento religioso; Serie: “n. E3”; cartoncino avorio tipo Bristol leggero, bordo chiaro con margine liscio; Periodo: 1960-’70; 65x120 mm.

di ATTILIO GARDINI

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I SANTINI DI SAN FRANCESCO

IN ESPOSIZIONE AL MUSEO DEL PAESAGGIO DI VERBANIA


Nei centomila santini, uno più uno meno, della collezione del Museo del Paesaggio di Verbania, mille, uno più uno meno, sono santini di san Francesco. Essi datano dal 1500 al 2009, il che vuol dire che la presenza del Poverello di Assisi in questo particolare settore della religiosità popolare è attestata dalle sue origini a oggi senza soluzione di continuità, santo amatissimo e carissimo ai fedeli di ogni parte del mondo. Tuttavia la lettura dei santini non è così facile come potrebbe apparire a chi non ne abbia dimestichezza; l’occhiata superficiale che ci fa dire quanto l’uno sia carino così contornato da quei bei pizzi di carta e quanto l’altro sia grazioso con quei colori vivaci; l’altro ancora commovente perché suscita ricordi dell’infanzia, ma anche quanto sia di cattivo gusto quello così approssimativo e mal disegnato, oggi non è più attendibile e non perché non siano effettivamente carini, graziosi, commoventi e anche, se vogliamo proprio dirla tutta, assai spesso leziosi, stucchevoli e ripetitivi visti così tutti in fila, ma perché lo studio sistematico dei santini, che è cosa piuttosto recente, sta disvelando una realtà assai diversa che sottolinea una loro valenza teologica, storica, agiografica di grande spessore. Tuttavia la ricerca degli studiosi non si limita al solo orientamento catechistico, ma copre ormai ogni aspetto del fenomeno: dalle capacità artistiche degli illustratori, alle tecniche di realizzazione; dalla riscoperta delle antiche case editrici, agli aspetti economici mossi nei secoli, fino al valore estetico di molte realizzazioni di pregio, frutto di grande abilità manuale nei santini manufatti e di sapiente tecnica editoriale nei santini seriali.
Nell’album di san Francesco sono presenti tutte queste caratteristiche, ma la contestazione più frequente rivolta a chi quell’album ha organizzato è: “ perché tenete tutti questi santini uguali?” Invece i santini conservati non sono mai uguali; ora è una casa editrice che imita il disegno dell’altra, ora sono la preghiera o l’utilizzo di quel santino ad essere differenti, ora è un dettaglio editoriale diverso. Ognuno di essi è l’espressione particolare di un fenomeno di religiosità popolare che ebbe una produzione sterminata, coinvolgendo tutti i ceti sociali dei credenti, per cui ogni variante costituisce una storia a sé e va testimoniata in una collezione che ha lo scopo di conservare alle generazioni future tutti i documenti che, salvati dalla distruzione e dalla dispersione, siano pervenuti al museo. Nella mostra sono esposti solo i santini più indicativi per permetterne una visione chiara, senza la sovrapposizione di presenze interessanti per lo studioso, ma inutili in un contesto non specialistico e che renderebbero meno agile la visita.
Il percorso proposto accompagna il visitatore a conoscere la figura di san Francesco così come gli ispiratori di questa particolare iconografia l’hanno presentata ai fedeli nell’arco di cinque secoli, cioè da quando i devoti hanno potuto portare entro le mura domestiche l’icona venerata senza dover per forza recarsi al tempio per pregare sulle immagini dipinte, grande rivoluzione dovuta all’invenzione della stampa. Inoltre, sebbene mescolate nel contesto agiografico, osservando le diverse immagini si incontreranno quasi tutte le caratteristiche dei santini di cui si diceva e molto altro ancora che ognuno saprà ravvisare a seconda della propria sensibilità.

L’aspetto esteriore dei santini
            Gli aspetti tipici dei santini messi in evidenza dall’esposizione sono sostanzialmente due che potremmo chiamare, semplificando, di forma e di contenuto. La prima riguarda la realizzazione grafica ed editoriale, quella che potremmo dire di facciata, indifferente all’immagine rappresentata, tanto che le stesse caratteristiche di stampa valgono spesso per intere serie di santini. L’altra riguarda invece il contenuto religioso che il santino doveva veicolare ai fedeli attraverso l’immagine proposta.
I due aspetti andrebbero completati da altri tipi di commento critico: l’analisi dell’abilità grafica o pittorica degli artisti, e lo studio delle scritte stampate sul verso dell’immagine o vergate a mano dai fedeli. L’una va fatta recensendo i santini a uno a uno, impossibile in un breve saggio, l’altra richiede l’intervento del teologo e del sociologo a commento di panegirici, preghiere, suppliche di questo peculiare catechismo in pillole.
Una breve carrellata sulle principali tecniche di realizzazione tuttavia aiuterà il visitatore a orientarsi nella lettura più consapevole dell’aspetto estetico dei santini.
I più antichi sono xilografie, una tecnica di stampa da incisioni su legno che compaiono intorno al 1500. Il disegno non era molto accurato, eseguito al tratto secondo linee essenziali, prive di sfumature. Sono santini assai rari, e il nostro san Francesco che riceve le stigmate ne è un bellissimo esempio. Nella collezione ce ne sono diversi, come pure altri risalenti al Seicento, (quando si usava ancora editare santini stampati su pergamena) e al Settecento, secoli nei quali si affinano le tecniche di incisione a bulino su lastra di rame. Ma il secolo nel quale i santini vedono la loro massima diffusione è l’Ottocento: ormai vi sono case editrici sparse in tutta Europa che fanno a gara nell’offrire la merce più varia rendendola sempre più appetibile ai consumatori, per lo più sacerdoti e religiosi diversi, che li distribuivano capillarmente ai loro fedeli.
Fino alla metà del secolo i santini sono ancora in bianco e nero perché il colore, se non era steso a mano, interviene solo con l’invenzione della cromolitografia. Ma spesso è un bianco e nero raffinatissimo con immagini di grande suggestione. Contemporaneamente l’editoria sfrutta nuove possibilità offerte da matrici molto complesse che realizzano cornici imitanti pizzi e trine; si preme sotto il torchio la carta per traforarla o farle assumere rilievo; s’inserisce direttamente l’oro nelle matrici per sottolineare cornici e particolari grafici. Anche l’invenzione della fotografia viene sfruttata: fotografando dipinti, si realizzano infatti piccolissime icone ovali o rettangolari che vengono incollate su elaborati fondini predisposti ad accoglierle. Per calmierare i prezzi vengono stampati anche santini meno seducenti di quelli traforati, ma esteticamente assai gradevoli, con cornici delineate direttamente sul santino stesso e sono litografie dal disegno elaborato: elementi architettonici, girali d’oro, bellissimi serti di fiori ecc. A volte i personaggi vengono vestiti, con una tecnica nuova che permette l’inserimento di fili di seta per la realizzazione di manti, abiti, fiori del decoro. Anche la carta-riso ripiegata e pressata può servire al medesimo scopo.
Intorno alla seconda metà dell’Ottocento, con l’avvento della cromolitografia, il colore esplode nella produzione delle immagini sacre. Dopo qualche anno dalla sua introduzione esso contribuirà al trionfo dello stile liberty, che porterà nuovi elementi decorativi fatti di linee sinuose, contorni morbidamente fustellati, disegni floreali bellissimi.
La decadenza dell’estetica nei santini avviene quando non verrà più usato il torchio da stampa soppiantato, perché molto più convenienti, da nuove tecniche, come la rotocalcografia, le edizioni in bianco e nero dette al bromuro, l’offset. A questo punto sono solo l’abilità del disegnatore e la sua vena artistica a fare la differenza. E infatti ci sono santini molto belli anche nel panorama in apparenza deprimente della produzione moderna.
Un discorso a parte meriterebbero i santini manufatti, per lo più di produzione conventuale, che nella collezione del museo costituiscono un segmento importante e prezioso, ma tra quelli di san Francesco sono poco rappresentati, per cui non ci soffermeremo a parlarne.

- I santini di san Francesco sono a questa data 986, quindi un santino su cento riguarda il Poverello di Assisi,  proporzione costante e straordinaria se pensiamo che la maggior parte dei santi presenti nella raccolta raramente supera il numero di dieci, e solo i più noti perché gli altri, e sono una valanga, vi compaiono solo in una o, se va bene, in due o tre immaginette. San Francesco è il terzo in questa speciale graduatoria, dopo sant’Antonio e san Giuseppe.
Ciò dipende dal lungo arco di tempo coperto dalle immagini francescane che ne fanno una piccola summa dell’editoria religiosa europea.

MARIA GRAZIA REAMI OTTOLINI


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CURIOSANDO TRA I LIBRI

Il socio LORENZO CIMENTI di Tarcento (UD) ha ci ha inviato per la biblioteca dell’AICIS il seguente volume stampato nel 2009 che poniamo all’attenzione degli associati.
“GUZIRANJE – dalla Schiavonia veneta all’Ongheria con le stampe dei Remondini”
381 pagine – 24 cm x 18 cm. Illustrazioni a colori e B/N. Autori: Alba Zanini, Alessandro Giacomello e Alberto Milano, Aleksej Kalc.
Le ricerche confluite in questo volume nascono nell’ambito del progetto “Finestra sul mondo slavo”, promosso nel 2001 dalla Comunità Montana delle Valli del Natisone (UD). Il progetto, ideato e diretto da Donatella Ruttar, prevedeva tra l’altro la realizzazione di una banca-dati contenente le citazioni di fonti archivistiche e bibliografiche relative alle Valli del Natisone.
Tutti gli interventi pubblicati nel volume nascono dalla curiosità di sviluppare uno dei tanti percorsi tematici possibili, forse il meno noto, certamente il più rischioso e promettente: le origini del “Guziranje” (migrazione stagionale dei venditori ambulanti di immaginette sacre).
Oggi sulla base delle ricerche di ALBA ZANINI possiamo dire di conoscere molti documenti inediti che testimoniano l’emigrazione stagionale degli abitanti delle Valli del Natisone (beneciani) fra il XVIII e il XIX secolo e l’importanza economica del loro commercio ambulante, riuscendo ad ipotizzare una geografia dei loro percorsi e quali immagini, della stamperia Remondini di Bassano del Grappa essi vendessero dai Balcani all’Ucraina.
Obiettivo di questo volume è la divulgazione dei risultati fra gli abitanti delle valli, che di quella storia sono gli eredi e forse possono integrarla e agli studiosi interessati, in particolare i ricercatori residenti nei paesi ove è documentata la presenza degli ambulanti, con l’invito a continuare la ricerca delle tracce lasciate dai “guziravci” (venditori ambulanti).
I testi sono tradotti anche in sloveno e in inglese. Il volume contiene numerose tavole a colori e in bianco e nero, che illustrano le immagini sacre, tutte prodotte dai Remondi di Bassano, che i beneciani vendevano nei più sperduti paesi del bacino del Danubio.
Chi fosse interessato al volume può contattare il nostro socio LORENZO CIMENTI direttamente all’indirizzo di posta elettronica enzi51@libero.it oppure telefonando al nr.0432-798218 (ore ufficio).
 

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SANTINI OFFERTI DAI SOCI

25 Novembre - Santa Caterina d'Alessandria V. e M.

 

 

Il socio MICHELANGELO BUTERA di Lamezia Terme (CZ) ha trasmesso un’immaginetta (Ediz.CA – 619) per l’iniziativa “Un santino per ogni socio” e l’unito articolo.
Santa Caterina d’Alessandria è patrona dei filosofi, dei teologi, degli universitari. E’ anche patrona degli studi negli Ordini Monastici e negli Ordini Mendicanti e , pertanto, anche dell’Ordine Agostiniano.
E’ una singolare figura di donna della prima era cristiana, passata alla storia come una giovane nobile bella, colta, cristiana. La sua zelante testimonianza di santità, vissuta ad Alessandria di Egitto, centro di antiche culture della grande tradizione sapienziale cristiana, celebra la “sapienza” che promana dalle Sacre Scritture e che si fonda sull’autorità di Cristo Salvatore.
Caterina è una santa molto nota nel culto cristiano, con molto influsso nella devozione popolare a partire soprattutto dall’anno mille. La sua conoscenza deriva da due testi agiografici: la Conversio e la Passio. Sono testi tardivi che non aiutano, come vorremmo, la nostra moderna indagine storica. Gli elementi che ci vengono dalla tradizione e l’estesa testimonianza del culto ci orientano verso una base di punti essenziali.
Ma è proprio dal testo della “Conversio” che riceviamo informazioni sulle sue origini regali ed il suo “matrimonio mistico” che tanto risalto ha nella iconografia, avvenuto alla presenza della Madonna in una visione collocata nella prima notte dopo il battesimo; fatto e circostanza che evocano al lettore consapevole ed attento, attraverso le categorie simboliche di specifici generi letterari, evidenti messaggi di autentici valori cristiani. Il suo martirio sarebbe avvenuto il 25 novembre del 305. La sua memoria è fissata al 25 novembre nel Menologio di Basilio II (976-1024) e nei Sinassari. A Montecassino si hanno testimonianze del suo culto fin dal sec.X. In Francia, il principale luogo di culto alla martire è il monastero benedettino di La-Trinité-au-Mont, vicino a Rouen. Qui, nella prima metà del sec.XI furono portate le sue reliquie che riscossero presto molta devozione a motivo dei prodigi che i devoti ottenevano in risposta alla loro fiduciosa venerazione.
I libri liturgici testimoniano il culto che, soprattutto nel sec.XII, è diffusissimo in tutta Europa. Tra le più antiche testimonianze del culto a Santa Caterina si cita un dipinto, rinvenuto nel 1948, in una cappella presso la Basilica di San Lorenzo all’Agro Romano, dove la santa è ritratta presso il trono della Vergine; è una testimonianza databile all’VIII secolo. Questo fa pensare all’influenza, allora rilevante, dei monaci orientali a Roma. Altra considerevole testimonianza è a Napoli, nella catacomba di San Gennaro, risalente parimenti all’VIII secolo.
La vita della santa si colloca tra il 287 e il 305. Nel 305 era giunto da Roma come Governatore dell’Egitto Gaio Galerio Valerio Massimino Daia (270-313) che divenne poi imperatore romano con Costantino I dal 308 al 311. Massimino, giunto ad Alessandria, organizzò una dura persecuzione contro i cristiani. Molte delle notizie di tali avvenimenti provengono dalla narrazione del martirio di Caterina, cioè dalla “Passio”, che conosciamo da una redazione greca dei secc.VI-VIII. Il governatore Massimino, che aveva organizzato una grande celebrazione sacrificale agli dei, trovò energica la resistenza della giovane e nobile Caterina che, come documenta la “Passio” stessa così avrebbe affrontato il tiranno: “Perché vuoi perdere questa folla con il culto degli dei? Impara a conoscere Dio, creatore del mondo e il suo figlio Gesù Cristo che con la croce ha liberato l’umanità dall’inferno”.
Massimino, colpito da tanta fermezza e determinazione, la volle a palazzo per cercare di convincerla attraverso i ragionamenti dei suoi retori e filosofi che però rimasero piegati dalla sapienza della giovane cristiana. Invano le furono proposti onorevoli matrimoni e le vennero offerte ricchezze. Il governatore credette di poterla piegare con il supplizio delle due ruote unghiate che invece si spezzarono colpendo gli esecutori e lasciando Caterina libera. Il tiranno ricorse, infine, alla decapitazione.
La “Passio” si diffonde sviluppando simbolismi ricchi di messaggi. Narra, ad esempio, che dal collo della martire  sgorgò del latte e che gli angeli trasportarono il suo corpo sul Monte Sinai ove, in seguito, sorse un monastero, tuttora esistente e meta, da sempre, di pellegrinaggi, il quale si affermò nel tempo come luogo di prodigi realizzati attraverso il latte e l’olio sgorgati dal sepolcro della martire.
Da questi ed altri particolari, Santa Caterina è vista e presentata come la personificazione della vittoria del Cristianesimo sui culti e sulla cultura dei pagani.
La sua festa, il 25 novembre, assume anche una interessante e diffusa connotazione meteorologica in quanto coincide con l’inizio dei rigori invernali ed è a un mese esatto di tempo dalla grande festa del Santo Natale.
A Lamezia Terme (CZ) la Confraternita di Maria SS.ma Immacolata, alla quale è affidata canonicamente da secoli la cura del culto divino della Chiesa di Santa Caterina V. e M., in preparazione alla festa liturgica celebra un triduo in onore della Santa, qui molto venerata. Il bellissimo simulacro della santa è collocato nella cappella di sinistra, che è dedicata appunto alla martire alessandrina.
Santa Caterina d'Alessandria viene rappresentata con la corona in testa e vestita di abiti regali per sottolineare la sua origine principesca. La palma che tiene in mano indica il martirio. Il libro ricorda la sua sapienza e la sua funzione di protettrice degli studi e di alcune categorie sociali dedite all'insegnamento. Infine viene rappresentata con una spada, l'arma che le tolse la vita, e la ruota spezzata, lo strumento del martirio, elemento che lega la santa a numerose categorie di arti e mestieri che hanno a che fare con la ruota. Forse è questo l'elemento che unisce santa Caterina ai ceramisti, di cui è protettrice, oltre che dei filosofi, dei notai, dei sarti e delle nutrici.

 

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25 NOVEMBRE - ANNIVERSARIO DEL SdD ELIA DELLACOSTA

Il socio LUCIO BIGI di Firenze ha inviato un santino per la campagna “Un santino per ogni socio”.
Nato il 14.5.1872 a Villaverla, Elia Dalla Costa venne ordinato sacerdote il 25.7.1895. Visse le sue prime esperienze pastorali nel quadro di una Chiesa vicentina, segnata dalla dura intransigenza cattolica. Dal 1911 al 1923 fu arciprete di Schio, centro operaio veneto, dove si distinse per l’organizzazione del locale movimento cattolico e per l’impegno a tutela della popolazione civile. Nominato vescovo di Padova nel 1923 da Pio XI, affrontò nella città di Sant’Antonio questioni delicate, come la difficile gestione di un clero diocesano diviso e il problematico distacco dai popolari nel momento in cui il fascismo si affermava.
Nel 1932 fu trasferito a Firenze e il 13 marzo 1933 venne elevato alla porpora cardinalizia. Anche a Firenze si occupò dei seminari, creò il Seminario Minore. Compì ben quattro visite pastorali e celebrò due sinodi (1935 e 1946), che testimoniano della sua infaticabile opera. Improntato a una certa austerità assieme a una calda paternalità fu molto amato dai fedeli.
Nel Conclave 1939 Eugenio Pacelli veniva eletto papa, che assumeva il nome di Pio XII. Nonostante il diffondersi dell’idea sull’unanimità che c’era stata tra i cardinali di Santa Romana Chiesa nello scegliere il segretario di Stato di Pio XI, sembra che una valida alternativa alla sua nomina fosse rappresentata da Elia Dalla Costa, figura di spicco nella Chiesa cattolica italiana dei decenni centrali del Novecento.
In Toscana si contraddistinse per il suo ruolo di riferimento nell’episcopato regionale. Senza aver timore di andare anche contro alla dittatura in onore alla difesa dei diritti sacri dell'uomo, protesse fuggiaschi e i deboli in generale. Di particolare rilevanza fu la sua azione a favore degli ebrei fiorentini o profughi a Firenze attraverso la creazione di un comitato clandestino la cui responsabilità egli affidò al sacerdote don Leto Casini.
Per il suo impegno nel periodo bellico Firenze proclamò Dalla Costa cittadino onorario. Nonostante qualche iniziativa fuori tempo, viene soprattutto ricordato per l'amicizia con Giorgio la Pira, per la posizione favorevole verso il voto alle donne (omelia del 1945), mentre nel 1959 aprì le porte dell'Arcivescovado agli operai della Galileo caricati dalla polizia.
Partecipò come elettore al conclave dell’ottobre 1958 (quello da cui uscì eletto papa Giovanni XXIII) e il suo nome venne indicato tra quelli dei "papabili", malgrado avesse già 86 anni. Morì a Firenze il 22.XII.1961. La diocesi fiorentina, il 26.1.1981, ha avviato la causa per la sua beatificazione.

 

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SAN BENIGNO MARTIRE E NS. SIGNORA DEI DOLORI E DI LORETO

Padre MICHELE GIULIANO ofm, di Marigliano ha inviato le immaginette di N.S. dei Dolori e  di Loreto  e di San Benigno martire, per la campagna “Un santino per ogni socio”.
San Benigno martire si venera in Sicilia nel Real Duomo di Erice nel Trapanese. Il santino riporta il numero di serie “MG26”.
La seconda immaginetta rappresenta l’immagine di Nostra Signora dei Dolori e di Loreto. Il simulacro  della Vergine si venera in Spagna nella città di Ceuta.
Un grazie a Padre Giuliano che ha fatto stampare entrambi i santini.


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19 OTTOBRE - AD UN ANNO DALLA BEATIFICAZIONE DEI CONIUGI LUIGI E ZELIA MARTIN

Il socio Don DAMIANO MARCO GRENCI ha trasmesso un pieghevole con cenni biografici di Luigi Martin e Zelia Guérin e la novena ai Beati per ottenere grazie e per la loro canonizzazione, nell’ambito della campagna “Un santino per ogni socio”
Proprio 1 anno fa, Benedetto XVI, giungeva a Pompei in visita pastorale: era la domenica 19 ottobre. In tale occasione il Santo Padre ha celebrato la giornata mondiale delle missioni ribadendo che «il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera».
 «Vi è poi in questo giorno un’altra felice ricorrenza - ha aggiunto, poco prima di recitare l’Angelus - Proprio oggi a Lisieux vengono proclamati beati Louis Martin e Zelia Guerin, genitori di S. Teresa del Bambino Gesù, dichiarata da Pio XI patrona delle Missioni. Questi nuovi beati hanno accompagnato e condiviso con la loro preghiera e testimonianza evangelica il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui, senza riserve, tra le mura del Carmelo. Fu lì, nel nascondimento della clausura che santa Teresina realizzò la sua vocazione: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore». «Pensando alla beatificazione dei coniugi Martin – ha sottolineato il Papa - mi è caro richiamare un’altra intenzione che mi sta tanto a cuore: la famiglia il cui ruolo è fondamentale nell’educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi come pure nelle formazione delle vocazioni alla vita missionaria». Da due vite originariamente orientate verso la vita consacrata (sia Luigi che Zelia Martin non avevano mai pensato al matrimonio) nacque, infatti, un nucleo familiare solido, cristocentrico, in cui la perfezione poteva essere raggiunta proprio grazie al sacramento del matrimonio.

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Il socio CARLUCCIO FRISON di Massa Finalese (MO) ha trasmesso un' immaginetta di “Santa Rosa da Viterbo” edita da “Il Pane di S.Antonio” di Bologna per l’iniziativa “Un santino per ogni socio”.
Rosa nasce a Viterbo da famiglia di modeste condizioni. Desidera entrare nelle Clarisse, ma queste la respingono a causa della sua salute precaria. Entra a 17 anni nell’ordine delle terziarie dopo aver avuto una visione. In questo periodo compie diversi pellegrinaggi e nel contempo sottopone il suo corpo a dura penitenza. Predica con calore contro i catari, aizzati dall’imperatore Federico II contro il Papa. Prende una netta posizione a favore del pontefice nella lotta fra Guelfi e Ghibellini. Per tale motivo viene mandata in esilio con la sua famiglia per ordine del podestà di Viterbo e si rifugia prima a Soriano nel Cimino, poi a Vitorchiano. In un'occasione rimane miracolosamente incolume tra le fiamme. Predice la morte di Federico II e, quando questa avviene, rientra a Viterbo. Muore a Viterbo il 6 marzo. Secondo una incerta tradizione è stata sepolta in una fossa scavata nel pavimento della Chiesa di S.Maria del Poggio. Il 4 settembre 1258, Papa Alessandro IV lo fa traslare nella chiesa del convento delle Damianite. La festa liturgica della Beata Rosa (il suo processo di canonizzazione non è stato mai concluso e, quindi, non è mai stata iscritta nel libro dei Santi) è fissata dall’attuale Martirologio Romano al 6 marzo. Viterbo festeggia la traslazione del corpo il 4 settembre, con cerimonie solenni e di forte richiamo turistico. Nel 1922, Rosa è stata proclamata patrona della Gioventù femminile di Azione Cattolica Italiana e qualche tempo dopo anche del Terz’Ordine Femminile di San Francesco. Nel 1983 Papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata patrona dei fiorai.

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TRICASE - 13 DICEMBRE SANTA LUCIA V. M.

Il socio IPPAZIO MASTRIA di Tricase ha trasmesso l’ immaginetta della “Confraternita di S.Rocco e S.Lucia” di Tricase per “Un santino per ogni socio”.
La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana. Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Nata a Siracusa sul finire del III secolo,  sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all'anno 304). Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando. Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un'epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia.
Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant'Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un'altra a Roma.
S. Gregorio Magno compose l’Ufficio e la Messa di S.Lucia, inserì il suo nome nel Canone Romano e le consacrò una cappella nella basilica di S.Pietro. Compare nel Martirologio Gerominiano, nel Sacramentario Gelasiano di S.Gallo, nel Breviario Gallo-Siculo, nel Canone di Milano e Ravenna. Oggi in tutto il modo si trovano reliquie di Lucia e opere d'arte a lei ispirate.


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8 DICEMBRE "QUE SOY ERA IMMACULADA CONCEPCIOU"

TEMA PASTORALE 2010 - FARE IL SEGNO DELLACROCE CON BERNADETTA

“Que soy era Immaculada Concepciou”, “Io sono l’Immacolata Concezione”. E’ il 25 marzo 1858. A Lourdes, Bernadette Soubirous, 14 anni, conosce finalmente l’identità  della misteriosa “Signora” che le appare nella Grotta di Massabielle. Quattro anni prima era stato proclamato da Pio IX il dogma della Immacolata Concezione . Bernadette non conosce il significato di quella espressione: “Non avevo mai sentito nemmeno nominare questa parola ” confesserà candidamente Bernadette divenuta, nel frattempo, suora. Eppure quella rivelazione fatta ad una adolescente ignorante, diventerà una pietra miliare nella storia delle apparizioni mariane.
 A Lourdes è approdato, per l’ultimo dei sui viaggi apostolici (il centoquattresimo) il 14-15 agosto 2004, Giovani Paolo II e nel 2008 Papa Benedetto XVI.
Nel 2010 comincerà un ciclo di tre anni dedicati alla preghiera con Bernardetta. Con lei e prima di « pregare il Padre Nostro » (2011) e « il rosario » (2012), cominceremo col « fare il segno della croce » (2010). Dal proprio battesimo fino alla morte, la vita di ogni battezzato è sotto il segno della croce. Infatti oltre ad affermare il nostro rapporto con Dio, questo segno marca al tempo stesso l’ingresso nella vita cristiana, il percorso di tutta l’esistenza insieme al Cristo e la conclusione della vita terrena. Nell’esperienza di Bernardetta, il segno della croce ha un’importanza speciale. Difatti, fin dall’inizio delle 18 apparizioni di cui ha beneficiato, la Vergine Maria le ha insegnato a fare bene questo gesto fondamentale. Da allora, il suo amore profondo a Cristo si è fatto illuminato, alimentato, orientato. Così, da quel primo incontro con la Madonna, la vita di Bernardetta è diventata un cammino pasquale, perché ha vissuto con Gesù nel mistero della croce, sotto lo sguardo di Dio. Un invito anche per tutti noi che ci giunge da Lourdes per il nuovo 2010.

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SETTIMANA MISSIONARIA

Il socio ROBERTO DE SANTIS di Alessandria ha inviato un congruo numero di immaginette edite dalle “Oeuvres Pontificales Missionaires” per la campagna “Un santino per ogni socio”.
Bella e significativa l’immaginetta che Roberto De Santis ha trasmesso e che è stata stampata quest’anno in Francia in occasione della Settimana Missionaria Mondiale e altrettanto bello e significativo il canto dei cristiani del Madagascar riportato sul retro.
Ricordiamo che il 29 giugno u.s. Benedetto XVI aveva letto per questa occasione un messaggio: “In questa domenica, dedicata alle missioni, mi rivolgo innanzitutto a voi, Fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale, e poi anche a voi, fratelli e sorelle dell'intero Popolo di Dio, per esortare ciascuno a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo di fare “discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sulle orme di san Paolo, l'Apostolo delle Genti. 


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17 NOVEMBRE - SANTA ELISABETTA

Il socio MICHELE SANCILIO di Molfetta ha qui rimesso l’unita immaginetta di s. Elisabetta d’Ungheria per l’iniziativa “Un santino per ogni socio”.
Figlia di Andrea, re d'Ungheria e di Gertrude, nobildonna di Merano, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quattordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertrude, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al terz'ordine francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.
 

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CICCIANO (NA), PARROCCHIA S. PIETRO APOSTOLO - SANTO NATALE 2009


Il socio Don ANIELLO VERDICCHIO ha trasmesso un'immaginetta per l’invio a tutti gli associati nell’ambito della campagna “Un santino per ogni socio”.
Concludiamo questo gruppo di immaginette, già spedite agli associati con il Fondo Sociale 2010, con l’augurio che Don Aniello rivolge ai suoi parrocchiani per il prossimo Santo Natale e per il nuovo anno, ma che desidera estendere a tutti i soci, attraverso l’invito della beata Madre Teresa di Calcutta stampato sul retro del santino stesso:

E’ Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tieni la mano. E’ Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro. E’ Natale ogni volta che speri con quelli che disperano. E’ Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e le tue debolezze. E’ Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere in te e poi lo doni agli altri”.

 

BUON NATALE

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UN SECOLO AL SERVIZIO DI CRISTO E DELLA CHIESA

MONS. ANTONIO ROSARIO MENNONNA

Il 6 novembre 2009 Mons.Antonio Rosario Mennonna ci ha lasciati per raggiungere la casa del Padre Celeste. Nato a Muro Lucano il 27 maggio 1906, viene ordinato sacerdote il 12 agosto 1928, eletto alla sede vescovile di Muro Lucano il 5 gennaio 1955 da Papa Pio XII.
Il 22 febbraio 1962 viene trasferito alla sede vescovile di Nardò.
Il 2 giugno 1965 è insignito della Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte.
Il 2 giugno 1979 su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri diviene Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Il 30 settembre 1983 papa Giovanni Paolo II accetta la sua rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nardò per raggiunti limiti d'età.
Il 3 aprile 2006 su iniziativa del Presidente della Repubblica riceve l’onorificenza di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Con i suoi 81 anni di sacerdozio, risulta essere il vescovo con maggiore anzianità di presbiterato al mondo. Nella sua esistenza incrocia la vita di ben nove papi: Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, molti dei quali conosciuti di persona. Ordina più di 70 sacerdoti e scrive 15 libri (l’ultimo, “Dialoghi con i personaggi dell’antica Roma”, è stato presentato il 27 maggio 2009 a Roma, in Campidoglio, alla presenza dell'ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e dell’ex-ministro Emilio Colombo) e 11 lettere pastorali[4].
Ricordiamo che proprio quel 27 maggio u.s. alcuni membri del Consiglio Direttivo e degli associati dell’AICIS hanno partecipato in Campidoglio nella Sala “Giulio Cesare” alla presentazione del libro: “Dialoghi con i personaggi dell’antica Roma”. La nostra presenza voleva sottolineare l’omaggio della nostra Associazione a questo vescovo, zio del nostro Consigliere Antonio Mennonna, che in quest’ultimo tempo ci seguiva con affetto e simpatia.


Riportiamo  la lettera di condoglianze del Presidente AICIS, Dr.Gian Lodovico Masetti Zannini, inviata al nostro consigliere Antonio Rosario Mennonna ed alla sua famiglia:


Roma, 6 novembre 2009
    con profonda e sincera commozione, ho appreso la triste notizia della scomparsa di monsignor Antonio Rosario Mennonna, che ha chiuso la sua vita terrena questa mattina alle ore 6.00, per entrare nella Pasqua eterna, nella comunione perfetta e intramontabile con Cristo Signore. Oggi stesso invitiamo tutti i soci ad affidare Mons. Mennonna al cuore paterno di Dio e per lui innalzare una preghiera di suffragio e di intercessione, affinché il Signore conceda il premio promesso al servo fedele che per lunghi anni, fin dalla prima ora, ha lavorato con generosa e infaticabile dedizione nella sua vigna.
   Giungano a Lei ed alla famiglia le mie sentite condoglianze, quelle del Consiglio Direttivo AICIS e di tutti gli associati.                                                       

 Il Presidente AICIS
                                                Gian Lodovico Masetti Zannini “.

 Ci uniamo a quanto detto da Radio Vaticana il 6 novembre 2009:

"Mons. Antonio Rosario Mennonna è in cielo e fa festa in cielo. Ha saputo dialogare serenamente, con quella dolcezza che lo distingueva, con quella semplicità di spirito ma anche con quella saggezza di vita. Lui è stato insegnante, scrittore, vescovo di Muro Lucano, vescovo di Nardò. Poi, come vescovo emerito, è stato in parrocchia, ha continuato a celebrare, a predicare fino a quando è stato possibile: ha continuato a fare il sacerdote. L’aspetto principale della sua vita è la mitezza, la dolcezza e la serenità di spirito. Ha saputo cogliere intelligentemente i segni dei tempi".  (Radio Vaticana, 6 novembre 2009, 14.42).

Concludiamo invitando tutti alla preghiera e riportando un significativo scritto olografo di Mons. Mennonna:

“Noi siamo creati per il cielo”.                                         

    R.M.

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NOTIZIE DAL MONDO

 

MILANO: 25 OTTOBRE 2009 - BEATIFICAZIONE DI DON CARLO GNOCCHI


"Concediamo che il Venerabile Servo di Dio, Carlo Gnocchi, d'ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa, nei luoghi e secondo le regole stabilite dal Diritto, ogni anno il 25 ottobre".

Le parole della formula di beatificazione, pronunciate alle 10,11 in piazza Duomo a nome del Papa, da Mons.Angelo Amato, Prefetto della Congregazione dei Santi e delegato di Benedetto XVI, hanno emozionato gli oltre 50mila fedeli presenti. Silvio Colagrande e Amabile Battistello - che recuperarono la vista grazie alle cornee donate da don Gnocchi - hanno tolto il drappo dall'urna del "papà dei mutilatini" deposta sul sagrato, mentre sulla facciata della Cattedrale è stato scoperto lo stendardo con l'immagine del nuovo Beato. La celebrazione, presieduta dall'Arcivescovo di Milano, il Card.Dionigi Tettamanzi, è stata concelebrata da 211 sacerdoti, 18 vescovi e dal Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della congregazione per i Vescovi. Significativa la presenza - spiegano dalla Curia milanese - di 216 carrozzine, mille chierichetti, diverse centinaia di scout, oltre 15mila alpini, tra cui 20 combattenti reduci della Campagna di Russia, gli stessi che condivisero con don Gnocchi l'esperienza drammatica della Prima guerra mondiale. I fedeli sono intervenuti a Milano da tutta Italia: tra i gruppi provenienti più da lontano, quelli di Acerenza e Tricarico (Basilicata), Salerno e Sant'Angelo dei Lombardi (Campania), Falconara Marittima (Marche), sette pullman dalla Toscana (Firenze e Marina di Massa). Singolare l'impresa di otto operatori dei centri "Don Gnocchi" di Roma, partiti sabato scorso in bicicletta dalla Capitale e presenti regolarmente in piazza. Significativa la presenza dei gruppi provenienti dalla Sierra Leone, dall'Ecuador, dal Rwanda e dalla Bosnia. A tutti, l'Arcivescovo, nell'omelia, ha ricordato: "Don Carlo ha saputo coinvolgersi con dedizione entusiasta e disinteressata non solo nella vita della Chiesa, ma anche in quella della società. E lo ha fatto coltivando con grande intelligenza e vigore l'intimo legame tra la carità e la giustizia: una carità che "tende le mani alla giustizia", egli diceva.


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GIOVANNI PAOLO II SEMPRE PIU' VICINO ALLA BEATIFICAZIONE


 Passo avanti nel processo di beatificazione di Giovanni Paolo II. Dopo il parere positivo dei teologi e dei consultori della Congregazione per la Causa dei santi, nelle scorse ore si è svolta una riunione dei Vescovi e Cardinali. Nessuna comunicazione ufficiale è uscita dal dicastero vaticano - i partecipanti all'incontro sono tenuti al segreto pontificio -, anche se filtrano notizie di un parere positivo. Il prefetto della congregazione, Mons.Angelo Amato, dovrà comunicare ora l'esito dell'incontro a Benedetto XVI, il quale apporrà la sua firma sul decreto delle eroiche virtù. Wojtyla diverrà, allora, 'venerabile' e, a quel punto, dovrà aver luogo l'istruttoria tesa ad accertare un un miracolo, prima che il Papa polacco ascenda agli onori degli altari, probabilmente in autunno.


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RICONOSCIUTO IL MIRACOLO ATTRIBUITO AL BEATO LUIGI GUANELLA, SI AVVICINA LA CANONIZZAZIONE PER IL SACERDOTE ITALIANO


 Il Congresso dei medici che opera presso la Congregazione per la causa dei Santi ha espresso parere favorevole in merito al miracolo attribuito al Beato Luigi Guanella, che riguarda il giovane americano William Glisson. "I miracoli - sottolinea don Mario Carrera, postulatore generale dell'Opera - sono si' un segno di un dono gratuito di Dio a una persona singola, ma assumono un carattere comunitario, poiche' sono la manifestazione della sua bonta' che segue con amore paterno le vicende nella nostra vita". La guarigione miracolosa: il giovane William, caduto la sera del 15 marzo 2002 mentre pattinava a forte velocita', aveva riportato un fortissimo trauma cranico occipitale. Due gli interventi subiti al cranio e una tracheotomia. Poche le speranze di vita. Alcune reliquie di don Guanella vennero consegnate alla mamma del giovane da un'amica e inizio' una incessante preghiera da parte di amici, parenti e non solo. Venne quindi la completa guarigione. Il percorso verso la canonizzazione ora attende l'esame dei teologi che dovranno studiare le testimonianze rese nel processo chiuso nella diocesi di Philadelphia, in America. Don Luigi Guanella (Fraciscio di Campodolcino, 19 dicembre 1842 - Como, 24 ottobre 1915) è stato un presbitero italiano, fondatore delle congregazioni dei Servi della Carità e delle Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza: nel 1964 è stato proclamato Beato da Papa Paolo VI.


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PADRE MATTEO RICCI: RIPRENDE IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE


Riprende il processo di beatificazione di padre Matteo Ricci, gesuita maceratese, primo missionario in Cina (1552-1610). E quanto alla fine dello scorso ottobre è emerso nel corso di una conferenza stampa di presentazione di una mostra a lui dedicata in Vaticano, con un occhio ai rapporti odierni - e non sempre facili - tra la Santa Sede e il governo cinese. "Possa procedere in modo spedito e positivo anche il riconoscimento del suo cammino di santità", ha detto il vescovo di Macerata, Monsignor Claudio Giuliodori. Era stato il suo predecessore ad introdurre la causa di beatificazione di Ricci, che, nella sua fase diocesana, si concluse nel 1985. Gli atti poi sono stati trasmessi alla congregazione delle Cause dei Santi, che ora dovrebbe riprendere il lavoro. "Questo ci incoraggia ad andare avanti", ha chiosato Giuliodori. "Dopo essere andato in Cina passò lì il resto della sua vita con grandi opere religiose e culturali", ha osservato da parte sua il portavoce vaticano, Federico Lombardi, "una testimonianza spirituale straordinaria".


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 RAVENNA 2 NOVEMBRE: NEL 2° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON ORESTE BENZI


"La ribellione necessaria, la rivoluzione possibile: la somma dei fattori di miseria, arroganza dell'oppressione, i segni di una nuova società: don Oreste Benzi”.
Il giorno prima della sua morte aveva detto durante un omelia: “La morte non esiste, perchè appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio”.
Don Oreste Benzi (1925-2007), il prete fondatore dell’Associazione Comunità Giovanni XXIII che ha speso la sua vita per aiutare poveri, abbandonati, bambini senza famiglia e disadattati, prostitute schiavizzate, non poteva immaginare, mentre vergava quelle parole, che il momento di chiudere per sempre gli occhi in questo mondo sarebbe arrivato così presto. Grazie alla sua associazione ragazze salvate dalla prostituzione, bambini senza famiglia ,sono tornati a sorridere. E’ un prete tutto d’un pezzo, che non si toglie mai la tonaca e il colletto romano di plastica. In tonaca don Oreste va per le strade di notte, accompagnato dai suoi volontari, per cercare di convincere le prostitute a cambiare vita, offrendo loro un rifugio e una possibilità concreta di riscatto. Un’altra delle sue battaglie è quella contro l’aborto. Anche la sera prima di morire aveva organizzato veglie di preghiera davanti ai cimiteri per i bambini mai nati, richiamando l’attenzione su questo fenomeno e sulla necessità di permettere la presenza di operatori volontari nei consultori per cercare di convincere le donne a non abortire.


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BUENOS AIRES: RUBANO LE RELIQUIE DEL BEATO ZEFIRINO NAMUNCURA’ (1886-1905)


 Il Parroco della Chiesa di San Giacomo Apostolo e San Carlo, nella diocesi di Moròn, P. Ariel Carlos Consoli, ha denunciato nei giorni scorsi il furto di reliquie del beato Ceferino Namuncurá. Il sacerdote ha invitato i fedeli ad una Santa Messa di riparazione per il 26 di novembre alle 7:00, ora locale. 
Il Parroco ha qualificato questo deplorevole fatto come una "barbarie e un sacrilegio”.
Zeffirino Namuncurá Burgos (nome originale Ceferino; Chimpay, 26 agosto 1886Roma, 11 maggio 1905) fu un salesiano laico argentino. Venne beatificato l'11 novembre 2007 a Chimpay dal Cardinal Tarcisio Bertone; la cerimonia fu la prima del genere ad avvenire fuori dal Vaticano e Namuncurá è stato pure il primo beato indio della America del Sud.


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1 NOVEMBRE 2009: MUORE NATUZZA EVOLO, LA VEGGENTE CON LE STIMMATE


Natuzza (all’anagrafe: Fortunata) Evolo il 1° novembre 2009 ci ha lasciato per raggiungere la casa del padre. Era nata a Paravati, frazione di Mileto (VV), il 23 agosto del 1924. La sua vita è stata semplice, umile, povera e nascosta, ma nel contempo straordinaria fin dalla fanciullezza per il nascere e crescere di alcuni fenomeni di cui lei è ignara spettatrice e docile strumento.
Sin dal 1939 manifesta sudorazioni di sangue, con comparsa di piaghe, soprattutto il mercoledì santo, il giovedì santo ed il venerdì santo.
Tali fenomeni, tenuti nascosti fino al 1965, vengono poi a conoscenza di molte migliaia di persone. Si attribuiscono a Natuzza varie potenzialità: dalla bilocazione alla morte apparente, dalla trance al dialogo con i defunti, dall’esorcismo al canto angelico. Nel 1944, Natuzza sposa Pasquale Nicolace, giovane falegname di Paravati. La famiglia è allietata da cinque figli.
Durante il 1944 la Madonna, che si presenta con il titolo "Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime", assicura Natuzza che in futuro si realizzerà un’opera dal contenuto spirituale e sociale in Paravati.
Vede Gesù, la Madonna, San Francesco di Paola, Padre Pio e altri santi. Vede i defunti e conversa con loro, ha sudorazioni ematiche più evidenti durante la Quaresima con l'aggiunta delle stimmate che si trasformano, a contatto con bende o fazzoletti, in emografie: testi di preghiera in varie lingue, calici, ostie, Madonne, cuori, corone di spine.

"Fin da ragazza Natuzza capì che la sua missione è di dare una parola di conforto alla gente. Così - si legge sempre sul sito della Fondazione a lei dedicata - la sua casa in tutti questi anni ha visto migliaia di persone passare da lei affidandole sofferenze, angustie, invocando conforto e luce.
E lei, facendosi carico delle loro sofferenze, da a tutti una parola di conforto, di speranza e di pace, una risposta certa, il sorriso e la gioia".

«Oggi è un giorno di festa e non di lutto - ha detto il parroco Don Pasquale Barone per spiegare la sua decisione di far suonare le campane a festa il 1° novembre 2009 - perché Natuzza è tornata al Padre».                        

  R.M.

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I 14 SANTI AUSILIATORI - SANT'ACACIO

di GIANCARLO GUALTIERI
Sant'Acacio o Agazio di Cappadocia-Armenia ( Achatius – Akakios )
Il primo, in ordine alfabetico, dei “Quattordici Santi Ausiliatori”, è appunto: Sant'Agazio di Armenia, centurione romano.
Ausilio: è invocato contro l'emicrania, il mal di testa appunto ed i tormenti dell'agonia.
Attributo: il suo attributo principale è la palma, di solito è raffigurato con vesti di soldato romano e con un ramo di acacia in mano.
Patronato: è considerato il protettore delle truppe militari ed è invocato da tutti coloro che soffrono d’emicrania o mal di denti e da quanti chiedono conforto e consolazione durante lunghe agonìe. E’ invocato inoltre contro la siccità.
La leggenda: originario della Cappadocia, durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (297-310) fu accusato dal tribuno Firmo di essere cristiano. Per questo, nella città di Perinto subì gravissimi tormenti inflittigli dal giudice Bibbiano; infine, condotto a Bisanzio fu dal Proconsole Flacciano condannato a morte per decapitazione, eseguita il 7 maggio del 303.
Con l’avvento del cristianesimo il suo culto si diffuse soprattutto in Costantinopoli, di cui divenne patrono, e dove si hanno notizie di due chiese, la prima, edificata sul luogo del martirio dallo stesso imperatore Costantino. La seconda, costruita da Giustiniano, dopo che la prima era rimasta distrutta da un crollo avvenuto in maniera misteriosa dopo la visita dell'imperatore Arcadio, in un’altra parte della città, dove vi fu trasferito il corpo del santo recuperato sotto le macerie della prima. In questa Chiesa le spoglie del Santo Martire riposarono fino a quando furono traslate in occidente, molto probabilmente tra l’VIII ed il IX sec, quando gli iconoclàsti cominciarono a distruggere le icone sacre e a profanare le reliquie dei santi. Il suo culto giunse in Calabria assieme alle reliquie, secondo la leggenda con l'urna trasportata dalle onde del mare e raccolte miracolosamente sul lido di Squillace; secondo la storia per opera dei monaci basiliani che appunto, per sfuggire alle persecuzioni della lotta iconoclasta di Leone III Isaurico, lasciarono l'Oriente per approdare sulle coste calabresi e siciliane.
Le reliquie di S. Agazio sono custodite e venerate nella Cattedrale di Squillace,  che lo ha eletto Patrono e Protettore dell’intera Diocesi. Squillace è una ridente cittadina calabrese della costa jonica, in provincia di Catanzaro, situata su una collina che si affaccia sul golfo che da essa prende il nome. Di origini molto antiche fu prima la greca Skilletion e poi la romana Scolacium; durante l’Alto Medioevo si spostò, a causa delle frequenti incursioni saracene e longobarde, sulle vicine colline. Nella Diocesi di Squillace, una tra le più antiche della Calabria risalente al V sec. d. C., ebbero i natali uomini illustri, come il famoso letterato Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (485-583), primo ministro e consigliere personale di Teodorico, Re dei Goti che vi fondò due Monasteri, il Vivariense, munito di una biblioteca ricca di codici rari e preziosi, ed il Castellense. I fratelli Florestano Pepe (1778-1851), militare italiano, fu tra i difensori della Repubblica Partenopea del 1799, e Guglielmo Pepe (1783-1855), patriota e generale italiano nell'esercito del Regno delle Due Sicilie, definito "il padre della rivoluzione italiana".
L'attuale Cattedrale, edificata invece dopo il terremoto del 1783 dal Vescovo Mons. Nicola Notaris, è di stile barocco ad una sola navata con un altare centrale con la Madonna del Rosario; la vita ed il martirio di S. Agazio sono affrescati sul soffitto, nella cappella di destra si trovano la statua lignea ed il reliquiario di Sant’Agazio, un’urna d’argento, realizzata nel 1735 dal Vescovo Michele Abbate, che ne contiene il corpo meno del cranio, incluso nella Statua argentea, e di un braccio, portato nel 1584 dal Vescovo Marcello Sirleto a Guardavalle, suo paese natale, dove il Santo venne pure eletto Protettore.
Guardavalle, anch’esso piccolo paese del versante jonico delle Serre, nel XVI secolo era munito di ben dodici torri di avvistamento per difendersi dai continui attacchi dai Saraceni. La cittadina fu resa illustre appunto dal Cardinale Guglielmo Sirleto, prima nominato vescovo di S. Marco Argentano e poi richiamato a Roma dove partecipò alla preparazione del "Catechismo Romano", alla riforma del "Breviario" e del "Messale".
I solenni festeggiamenti in onore del Santo Patrono  sono due:
il 16 gennaio, a ricordo della Traslazione delle Ossa. Con un rito presieduto dal Vescovo vengono portate in processione le reliquie del Santo contenute nell’urna, poi in Cattedrale si celebra la Messa.
il 7 maggio, a ricordo del Martirio. Si svolge la festa solenne, preceduta da un triduo di preparazione. Concelebrazione della Messa da parte di tutti i sacerdoti della diocesi, presieduta dal Vescovo. Poi, nel pomeriggio, si svolge la processione con il busto argenteo del santo per le vie della città.
Nel passato a Guardavalle, ogni sette anni, oppure ogni qual volta che i "massari" volevano chiedere al Signore la pioggia per i loro campi, per intercessione del loro santo Patrono, la statua del Santo veniva portata in processione alla marina.
Così veniva descritta questa processione:
”...l’osso del braccio di Sant’Agazio è portato in processione alla marina dove tutti si fermano sulla spiaggia, mentre l’arciprete sale su una barca con una statua del santo. Mentre il popolo, genuflesso sul lido, piange, singhiozza e si batte il petto, il sacerdote afferra il braccio reliquiario d’argento e lo tiene sospeso, prima di tuffarlo nell’acqua, recitando la seguente invocazione:


Sant’Agaziu meu,
o mi vagni tu o ti vagnu eu!
Si no mi vagni tu, ti vagnu eu.


Mio Sant’Agazio,
o mi bagni tu o ti bagno io!
Se non mi bagni tu, ti bagno io.

 

 

 

 

 

 

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