Strapazzato, spiegazzato, cincischiato: il segnalibro è un oggetto cui prestiamo, di solito, scarsissima attenzione; eppure, anche queste umili strisce di cartoncino o di stoffa hanno una loro storia, che Massimo Gatta, bibliotecario all'Università degli Studi del Molise e studioso di editoria del Novecento, ricostruisce nella deliziosa Breve storia del segnalibro (Graphe.it., 62 p., 7 euro). L'uso di segnare la pagina, marcandola (marque-page è infatti il nome francese dell'oggetto, detto bookmark in inglese e Lesezeichen in tedesco) è consustanziale all'atto della lettura. Eppure, poche sono le notizie storiche, soprattutto italiane, sulla nascita del segnalibro: tuttavia, Gatta, con il furor dell'appassionato, ci fornisce una bibliografia ampia e completa, segnalando per esempio Parliamo di …. Segnalibri, in “Cartantica.it” – http://bit.ly/segnalibro01. Anche in assenza di prove dirette, è difficile pensare che nell'antichità nessuno abbia mai inserito, nei codici o nei manoscritti, strisce di pergamena per segnare un passo da ricordare: una precocissima testimonianza di un manufatto con funzione di segnacolo librario è relativa al ritrovamento, nel 1924, nelle rovine del monastero egizio di Apa Geremia, vicino a Saqqara, di un segnalibro in cuoio, ornato con pergamena, risalente al VI sec. d. C., ancora attaccato alla copertina di un codice copto; al XVI secolo risale invece un segnalibro indiano in avorio, decorato con motivi geometrici, usato per tenere il segno nei Corani miniati e conservato nel Museo Reale del Brunei. Per l'Europa, invece, fra gli antecedenti simbolici del moderno segnalibro vanno citate quelle piccole mani, le manicule, disegnate sui margini dei manoscritti, pratica diffusa fra XII e XVIII secolo soprattutto in Spagna. Ovviamente, un lettore d'eccezione come Petrarca poteva disegnare a margine delle belle manine, con dita lunghe e affusolate che indicano con eleganza i punti conquistati. Ma non tutti hanno la perizia tecnica di Petrarca: ecco dunque nascere il moderno segnalibro. Secondo Arthur W. Coysh, autore nel 1974 di un volume ancora oggi di riferimento sul tema, la prima testimonianza dell'uso di segnalibri risalirebbe a Cristopher Barker Esq., insignito nel 1577 da Elisabetta I del titolo di “stampatore della regina”: egli nel 1584 avrebbe inserito, in una miscellanea rilegata per la sovrana, in cui si trovavano la Bibbia, il Libro delle preghiere, e gli statuti del regno, un nastro di seta, cucito sulla parte alta della rilegatura, per aiutare l'augusta lettrice a ritrovare subito la pagina che la interessava. Tuttavia, la data indicata da Coysh contrasta leggermente con una iconografia precisa, legata alla ritrattistica italiana di inizio Cinquecento: infatti, in una serie di “figure con libro” di celebri pittori risultano ben visibili nastrini o segnacoli fra le pagine: per esempio, nel Ritratto con un libro verde (1502) di Giorgione un lungo segnalibro di stoffa scende fra le pagine di un piccolo libro rilegato in marocchino verde; e nell'Uomo che sospende la lettura (1529) il Parmigianino dipinge un segnacolo, di pergamena o di carta, che appena si intravede fra le pagine. Addirittura, nella Madonna del cancelliere Rolin di Jan Van Eyck, una specie di bottone, forse un rudimentale segnalibro, sporge dal libro posto davanti al Duca di Borgogna Filippo il Buono: il dipinto, datato 1433, sposterebbe pertanto la presenza del segnalibro ancora più indietro; ma anche nel San Gerolamo con un devoto di Piero della Francesca (1450) il santo tiene sulle ginocchia un libro sacro, fra le cui pagine si intravedono sottili strisce di stoffa a mo'di segnalibri, visibili anche nel San Girolamo nello studio di Antonello da Messina (1475). Un ruolo emblematico è rivestito dai segnalibri nel Bibliotecario dell'Arcimboldi (1566, conservato nel Castello di Skloloster di Håbo in Svezia): in questo ritratto fantastico, volto e corpo sono costituiti non da frutta e fiori, come nelle più celebri opere del pittore, ma da libri: i radi segnalibri-capelli scivolano dalle pagine aperte del libro-cranio, mentre tremolanti e aerei segnalibri-dita cercano di trattenere nel corpo-biblioteca un grosso volume. Gaetano Volpi, sacerdote ed editore padovano, nel 1576 bacchettava invece l'abitudine di usare come segnalibro fiori e foglie, che deformano i volumi e ne macchiano le pagine: soprattutto deprecava Antonio Magliabechi, bibliotecario toscano, uomo coltissimo, ma assai trasandato, che, leggendo a volte anche a tavola, e non avendo altro modo di segnare un passo, infilava fra le pagina una sardina! Al suo confronto, persino la nostra pessima abitudine di fare le orecchie alle pagine, o di sottolinearle con l'evidenziatore si riscatta! di Silvia Stucchi |