|
COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, il presente articolo è stato realizzato
dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università
di Udine che ha fornito anche le immagini.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati
da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
su quanto fornito dai collaboratori.
"N.B.: L'Autore prescrive
che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa
o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi
(sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà
avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando
esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
*****
API E ARTE
OMAGGIO AGLI ARTISTI
GIUSEPPE LEGA
di Renzo Barbattini e Giovanni Miani
Tra i numerosi hobby ai quali le persone possono dedicarsi, vogliamo presentare quello
coltivato da Giuseppe Lega, contitolare col fratello Roberto dell’omonima Azienda produttrice
di attrezzature e materiali apistici di Faenza.
Giuseppe Lega, infatti, si diletta a dipingere
quadri prendendo spunto da famosi dipinti e rielaborandoli in senso “apistico”: vale a dire
aggiungendo elementi tipici dell’apicoltura.
Queste tele, di pregevole fattura, sono utilizzate
per realizzare calendari che vengono spediti a tutti i loro rivenditori.
Anni fa, Apitalia pubblicò una prima rassegna di questi dipinti “apistici”: oggi desideriamo
continuare la carrellata! Al fine di una più facile “lettura” dei dipinti citati, alla descrizione
degli originali “famosi” seguirà quella dei quadri di Giuseppe Lega.
|
Anno 2009
Il dipinto Pasechnik (Fig. 1) fa
parte di una serie di ritratti
dei contadini e raffigura un vecchio
apicoltore, accovacciato in un momento
di riposo. In mano la falce e,
dietro, l’apiario con gli alveari; nonostante
la vecchiaia, il lavoro in apiarioè il senso della sua vita; si nota un
atteggiamento ottimistico del vecchio
apicoltore, sottolineato dai colori
brillanti del paesaggio estivo.
Questo
dipinto fu realizzato dell’artista russo
Ivan Kramskoj (1837-1887) nel 1872;
per questo dipinto sono stati utilizzati
anche altri nomi: Il vecchio apicoltore
nell’apiario, l’apicoltore e In apiario.è conservato presso la Galleria Statale
Tretyakov di Mosca.
In tutta la sua
produzione artistica Kramskoj rimane
fedele al principio della cosiddetta “democraticità”
dell’arte, ovvero l’ideale
di un’arte accessibile alle masse sia nella
scelta dei soggetti ritratti (per lo più
famosi personaggi pubblici) sia nello
stile attraverso il quale tali soggetti
sono rappresentati.
E' utile menzionare che Kramskoj è
stato il fondatore dei Peredvizniki (itineranti,
ambulanti), gruppo di pittori contrari all’accademismo e ai canoni
stilistici ufficiali per privilegiare l’aderenza
al dato reale.
|
|
Si può dunque
parlare di dipinti “veristi”, come fossero
dei frammenti di realtà catturati
nella loro immediatezza fotografica e
trasposti sulla tela. Ciò è evidente in
quest’opera nella figura dell’anziano
apicoltore, il cui volto è segnato dalle
rughe che gli solcano la fronte e le
guance.
L’ambiente naturale circostante è descritto
minuziosamente, illuminato
dalla calda luce del sole estivo che risalta
i fiori, gli alveari in secondo piano,
i folti capelli bianchi e la barba del
protagonista del ritratto. Tutto è rappresentato
oggettivamente, fedele al
dato di fatto, nulla è lasciato alla libera
interpretazione dell’artista o ad un suo
intervento individuale.
L’opera presenta all’osservatore uno
spaccato della quotidianità dell’apicoltore
e del suo lavoro, come una testimonianza
utile ed imprescindibile.
Attraverso di essa si comprende la realtà
storica e sociale nel quale è stata
prodotta, l’ethos di quella determinata
comunità.
Non è un caso che il gruppo dei Peredvizniki
sia sorto attorno alla metà
del XIX secolo, periodo culturale dominato
dal Positivismo (1) filosofico e dal
Realismo (2)in arte.
Per il suo dipinto “apistico” (Fig. 2),
Giuseppe Lega ha aggiunto un alveare
sulla destra, come se il vecchio stesse
osservando l’andirivieni delle sue api. |
|
ANNO 2009
In questo caso, Giuseppe Lega ha preso
spunto da un papiro, souvenir di un
viaggio in Egitto, con Iside e il Faraone
(Fig. 3)
L’arte egizia si contraddistingue
per l’immutabilità delle immagini
che rappresenta, ciò vale sia per le
opere su papiri o pergamene, come in
questo caso, sia per le sculture a tutto
tondo o rilievi.
Come si legge dalla
testimonianza di Platone, fervente
ammiratore dello stile artistico degli
egizi, nel celebre dialogo Le Leggi, II,
656 d-e (3), in cui in un discorso tra Clinia
e l’Ateniese si legge appunto che
in Egitto:
“…vietano ai pittori e a tutti
coloro che riproducono movenze e altre
figure del genere di inventarne di nuove
o di concepirne di diverse rispetto a quelle
tradizionali…”. E ancora in 657 a (4)
viene affermato: “…là esistono dipinti
e sculture risalenti a diecimila anni fa
- diecimila nel vero senso della parola -
che non sono né più brutti né più belli di quelli realizzati oggi dal momento
che furono prodotti dalla medesima tecnica…”.
|
In effetti si osservino le figure nel papiro
in questione: appaiono ieratiche,
immobili, imperturbabili, ciò accentuato
dall’estrema stilizzazione formale.
Ogni legame con il dato naturalistico
viene meno in favore di una
estrema stilizzazione delle forme. Sono
evidenti i simboli della regalità, i quali
contribuiscono a rendere l’opera solenne
e austera.
La dea Iside è rappresentata nella tipica
iconografia egizia assisa in trono
con l’ankh (la chiave della vita) stretta
in mano e il simbolo del sole sul capo
racchiuso tra le corna bovine.
Il Faraone porge con notevole eleganza
e reverenza l’offerta alla dea.
Analogamente,
anche il cromatismo esula dal
dato reale e, quindi, dalla gradazione
tonale e dal chiaroscuro, privilegiando
toni eterei, come si vede dall’incarnato
della pelle, dalle vesti preziose e riccamente
adornate, dal trono sul quale è
seduta la dea Iside.
Riportiamo le parole di Giuseppe Lega:
"Ho allargato l’immagine distanziando
le due figure, ho messo in mano al
faraone le offerte a Iside (una ciotola di
miele e un canestro di favi naturali; ho
aggiunto in alto a destra il simbolo del
giunco e dell’ape (che significava “Re
del basso e dell’alto Egitto”) (Fig. 4).
|
|
ANNO 2011
E' stato scelto un dipinto del “grande”
Antonio Ligabue.
Il quadro (Fig. 5),
intitolato Autoritratto con moto, cavalletto
e paesaggio, è stato realizzato
nel 1953 e fa parte di una collezione
privata. L’artista presenta se stesso a figura
intera, in atto di dipingere all’aria
aperta sullo sfondo del fiume Po e di
una lussureggiante vegetazione.
Alla
sua destra, poggiato sul cavalletto, viè un quadro raffigurante un cane, che
rimanda a uno dei soggetti più amati
dall’artista, protagonista di numerosissimi
dipinti, mentre, parcheggiata
alla sua sinistra compare la moto
Guzzi rossa, una delle tante che l’artista
possedeva e curava con premurosa
attenzione.
Tanto la presenza della
moto quanto la rappresentazione di se
stesso come pittore al lavoro sono segni
inequivocabili della raggiunta consapevolezza
del suo valore e della sua importanza,
come artista e come persona.
|
|
Rispetto ad altri dipinti questa tavola
si caratterizza per una pennellata più
larga, veloce, materica e sommaria.
Gli oggetti (la moto) e gli animali (il
cane), che rappresentano per Ligabue
le cose a lui forse più preziose, sono segnali che gli servivano per interfacciarsi
con la gente e il mondo esterno.
Tutti questi simboli che confermano
che più che avere, egli amava essere…
essere qualcuno… essere cercato, essere
importante.
Il quadro racchiude
tutta l’essenza del mondo di Ligabue:
c’è il paesaggio svizzero dell’infanzia,
quello fluviale che lo ha visto crescere,
c’è la vegetazione della giungla,
la motocicletta, la presenza immancabile
di un animale ma soprattutto c’è
la sua figura
Antonio si è rappresentato
vestito elegantemente, come sempre
quando si dipingeva, cercando ancora
una volta un punto di incontro, un
mezzo per sfondare la barriera invisibile
che si frapponeva fra lui e il resto
del mondo.
Ligabue è sempre stato affascinato dalle
moto, rosse, e ne possedeva più di una,
almeno tre; le due cose che lo affascinavano
erano la velocità e il rombo che
l’Astore produceva fra le vie di Gualtieri.
In diversi quadri dipinse la sua
motocicletta rossa ma in nessuna delle
raffigurazioni è indicato che si tratta
di una Guzzi (mod. Astore). La marca
viene desunta dalla memoria di coloro
che furono testimoni della vita di Ligabue,
o dal racconto di un meccanico
di Reggio Emilia, di nome Bertacchini,
che accettò di barattare la moto di
grossa cilindrata con alcuni quadri del
pittore...
Può certamente trattarsi di
un quadro eseguito nel periodo in cui
l’autore riuscì a raggiungere un certo
consenso oltre che di vendita. L’abbigliamento
e la motocicletta sono ovvi
indizi di possibilità economica, assente
nel periodo in cui visse come un vagabondo
in una capanna in riva al Po.
Giustamente Antonio Ligabue è stato
considerato dalla critica come un artista
profondamente influenzato dall’arte
cosiddetta naif (5), tendenza pittorica
che si suole identificare con le opere
del Doganiere Rousseau e sdoganata
nei primi anni del XX secolo da Guillaume
Apollinaire.
L’impostazione compositiva del quadro
prescinde dalla proporzionalità
e dalle norme rappresentative canonizzate
dall’arte ufficiale, privilegiando
una sorta di “spontaneismo
pittorico”: si vedano, a questo proposito,
l’autoritratto a figura intera,
il paesaggio circostante, la moto rossa,
il cavalletto del pittore con la tela
dipinta; sono, questi, tutti elementi
che rivelano un certo infantilismo nel
disegno come nella stesura cromatica
a campiture uniformi e larghe.
La disarmonia, la dissonanza quasi
esagerata tra le varie componenti del
quadro contribuiscono alla formazione
dell’immagine fortemente introspettiva.
Quella naif è un’arte rudimentale, primitiva,
estranea agli ambienti culturalmente
avanzati del proprio tempo,
proprio per questo ammirata e studiata
assiduamente da molti dei più importanti
artisti figurativi del XX secolo, in
particolar modo Picasso, il quale seppe
cogliere in questo particolare stile un
elemento utile di repulsione verso la
società moderna e industrializzata.
|
|
Nel quadro dipinto da Giuseppe Lega
(Fig. 6), ridotto in larghezza per portarlo
alla misura quadrata, sulla destra
si notano due arnie razionali in legno
(probabilmente del modello Italica-Carlini).
La figura umana (Ligabue
stesso) non tiene più nella mano destra
il pennello e nella sinistra la tavolozza
dei colori ma l’affumicatore e
la maschera (due attrezzi molto usati
dagli apicoltori). Il moscone che lui
metteva in molti suoi autoritratti è
stato sostituito dall’ape.
Il lavoro di
Giuseppe Lega è apprezzabile, non
tanto per il pregevole tratto pittorico:
l’artista, infatti, dimostra indubbiamente
di possedere un certo talento,
ma sopratutto per il fatto che egli introduce
nell’opera originale la sua visione
apistica.
Ciò che è apprezzabile è quindi, l’immedesimarsi nell’opera
di Ligabue per rielaborarla solo parzialmente,
ma in modo sufficiente per
darne un altro significato, pur rimanendo
nell’opera di base. Il tratto pittorico è molto più morbido rispetto a
quello di Ligabue, che si caratterizza
per una pennellata energica e prepotente,
ma la bellezza di questo dipinto
sta nel fatto che la trasformazione di
Lega risulta assolutamente bilanciata
con tutto il contesto (interessante è
l’introduzione della gallina con i pulcini,
presa forse da un altro dipinto di
Ligabue).
|
|
2a PARTE
|
Anno 2012
Giuseppe Lega ha preso
spunto dal famoso dipinto
La lattaia (Fig. 7) del pittore olandese
Jan Vermeer (Delft, 31 ottobre 1632 -
Delft, 15 dicembre 1675).
Quest’opera
(Milchmaid: da alcuni critici d’arteè stato definito “il più bel quadro mai
dipinto”) è stata realizzata nel 1659 edè presente nel Rijksmuseum di Amsterdam:
la donna rappresentata versa
del latte in una ciotola di terracotta e
dietro di lei, l’oggetto ch’è in terra, probabilmenteè uno scaldino per le braci.
L’interesse di Vermeer è rivolto principalmente
alla rappresentazione di scene
tratte dalla realtà quotidiana, in questo
caso il gesto di una cuoca intenta a versare
del latte in una ciotola.
L’ambiente
in cui la donna compie l’azione è domestico,
piuttosto scarno e disadorno con
pochi oggetti, l’atmosfera è famigliare.
Sul tavolo, accanto al recipiente del
latte, sono raffigurati un canestro, del
pane, una brocca e un telo bluastro adagiato
dolcemente.
La donna protagonista
del dipinto è illuminata nel volto e
nel vestito dalla luce che proviene dalla
finestra sul lato sinistro: la luce contribuisce
ad evidenziare l’espressività della
lattaia, assorta e quasi religiosamente
intenta a versare il latte.
Si è giustamente visto in quest’opera,
come nell’intera produzione artistica
di Vermeer, una sorta di allegoria della
sacralità del lavoro, della produttività
e della dedizione compita tipica
dell’Olanda del Seicento e del suo popolo:
protagonista qui non è tanto la
lattaia in sé quanto piuttosto il lavoro
nel senso pieno del termine.
Alla luce di tale concezione anche il
mestiere della lattaia assume una importanza
che nella cultura figurativa
precedente non aveva, divenendo in
tal modo un soggetto degno di essere
rappresentato alla pari dei grandi
affreschi a carattere religioso o le pale d’altare, le scene di carattere storico o
mitologico.
Il grande contributo dato da Vermeer
per la formazione dell’arte moderna si
deve rintracciare proprio in questa rinnovata
concezione del lavoro artistico.
La modifica “apistica” (Fig. 8) è consistita
nell’aver allargato il formato fino
al quadrato con lo spostamento della
tavola e l’allargamento della finestra,
col posizionamento dell’arnia di paglia
(questo tipo d’arnia è stato usato, in
Olanda, da quei tempi fino a pochi decenni
fa) in terra e soprattutto col versamento
del miele in un vaso di vetro
al posto della ciotola di terracotta.
|
Figura 7 - La Lattaia - Veermer
|
Figura 8 - Modifica di Giuseppe Lega
|
|
Anno 2013
Figura 9 - Claude Monet - Woman in the garden
Il titolo dato da Claude Monet (Parigi,
14 novembre 1840 - Giverny, 5
dicembre 1926) a questo dipinto del
1867 è Woman in the garden (Fig. 9),
ora presso l’Hermitage di S. Pietroburgo,
in Russia.
La signora ritrattaè Marguerite Lecadre, una parente di
Monet, nel giardino a Saint-Adresse
presso Le Havre. Vi sono espressi, in
quest’opera, i principi della pittura “en
plein air” (6) che rese famosa la corrente
artistica degli impressionisti (7) nella
seconda metà del XIX secolo e di cui
Monet può definirsi uno degli esponenti
più significativi.
Secondo la poetica impressionista l’artista
non deve più lavorare nel chiuso
del suo studio come avveniva nell’arte
accademica ufficiale, bensì all’aperto a
diretto contatto con la natura, oggetto
del suo lavoro. Un ruolo determinante
assume il cromatismo che, da
elemento secondario e subordinato al
disegno, ora contribuisce a formare
l’immagine: il colore diviene per l’Impressionismo
determinante in quanto
costruttore di forme.
Nel dipinto di Monet i fiori nel giardino,
le foglie, il tessuto del vestito candido
della donna sono tutti elementi
costituiti a partire dall’effetto cromatico. La donna che si protegge dai raggi
del sole con il suo ombrello forma un“continuum” con il giardino nel quale
si trova, è un tutt’uno con l’ambiente
naturale che la circonda, allo stesso
modo dei fiori, dell’albero, financo il
cielo stesso.
Per ottenere il formato quadrato,
Giuseppe Lega ha aggiunto cielo
in alto e prato in basso; ha ingrandito
un poco la dama bianca per riempire
meglio lo spazio così creatosi. A destra,
al posto di alcuni alberi da frutto, è stato
rappresentato un apicoltore nell’atto
di sollevare un melario (Fig. 10).
Figura 10 - Giuseppe Lega
|
|
Anno 2014
Figura 11 - Diego Rivera - L'organizzazione del movimento agrario
Il dipinto ispiratore è stato un affresco
realizzato, nel 1926, dal famoso artista
messicano Diego Rivera (1886-
1957) nella cappella della Università
Autonoma di Chapingo. Il suo titolo è L’organizzazione del movimento agrario (Fig. 11).
Anche in Messico, soprattutto
con l’attività artistica di Diego Rivera
nella prima metà del XX secolo,
si assiste ad un ripudio della cultura
istituzionalizzata nel nome di una rivoluzione
volta a rinnovare la struttura
stessa dell’organizzazione sociale.
Per tale motivo le tematiche predilette
da Rivera sono di carattere strettamente
politico e di attualità sociale;
esse vengono rappresentate attraverso
affreschi o murales, certamente più
consoni dei classici dipinti su tela o
su tavola per istruire il popolo e illustrare
argomenti impegnati, collocati
sui muri di ambienti pubblici.
L’arte
svolge così una funzione didattica, si
potrebbe dire pedagogica e utile alla
comunità per la quale viene prodotta.
Nella cappella dell’Università di Chapingo
le figure rivelano un certo monumentalismo
stilistico, paiono cioè
delle sculture realizzate attraverso il
disegno.
L’intero spazio della composizioneè determinato dalla posa e dai
gesti controllati dei personaggi, i quali
riprendono idealmente le narrazioni
scorrevoli riprodotte nei rilievi dell’antichità
o le scene di carattere storico
o mitologico degli affreschi della tradizione
artistica europea. I volti sono
austeri, lo sguardo fisso e gelido.
Si potrebbe essere portati a pensare che
Rivera abbia meditato sull’arte del Quattrocento
italiano, in particolar modo la
tradizione mantegnesca.
La grande forza
iconica di quest’immagine è dovuta anche
all’essenzialità del tratto figurativo,
volutamente semplificato e scarno, di
modo che si imprima con immediatezza
nella coscienza dell’osservatore.
Il titolo che Giuseppe Lega ha dato
al suo dipinto è Lezione di apicoltura
(Fig. 12).
Figura 12 - Giuseppe Lega - Lezione di apicoltura
|
|
Anno 2015
Figura 13 - Monsieur Boileau au café del 1893 - Henri de Toulouse-Lautrec
Il calendario riporta un quadro che
Giuseppe Lega ha dipinto rifacendosi
a un’opera di Henri de Toulouse-Lautrec
(Albi, 24 novembre 1864 - Saint
André du Bois, 9 settembre 1901)
Monsieur Boileau au café del 1893 (Fig.13) e conservato al Cliveland Museum
of art (Ohio, USA).
Questo è un esempio
della capacità di Lautrec di catturare
l’atmosfera di vita di caffè a Parigi.
Tolouse Lautrec è considerato l’artista
che meglio di qualsiasi altro ha saputo
cogliere e trasporre nell’arte la vita dei
caffè parigini, il cabaret, il circo. Lo
stile che egli utilizza è descrittivo, una
sorta di resoconto puntuale ed attento
della realtà di quegli ambienti.
Monsieau Boileau è rappresentato in
primo piano seduto ad un tavolo di un
caratteristico caffè parigino: dietro di
lui, nello sfondo, la frenesia e la concitazione
di quanti affollano il locale.
Si percepisce la realtà pulsante dell’ambiente, caratteristica resa sapientemente
dall’artista attraverso tratti pittorici fluidi,
veloci: tutto qui è movimento, nulla
staticità o riposo. Boileau stesso, pur
essendo seduto, pare muoversi all’unisono
con le altre persone, anche grazie
alla rapidità del tratto con la quale è resa
la sua figura.
Quella di Lautrec è senza
dubbio un’arte utile per la comprensione
di un determinato ambiente sociale,
quello dei locali parigini, e di una determinata
epoca storica, quella a ridosso
del Novecento. Giustamente la critica
ha colto in quest’arte gli albori dei “reportages”
fotografici e pubblicitari.
La modifica apistica è consistita nell’aver
tolto dal tavolo il bicchiere pieno (di
assenzio, probabilmente), la bottiglia e
un gioco del domino e nella loro sostituzione
con una tazza di the dolcificato
con miele preso dal vicino vaso di vetro;è stato modificato il braccio sinistro di
monsieur Boileau per mettergli in mano
il dosatore del miele (Fig.14).
Figura 14 - Giuseppe Lega - Una tazza di the al miele
|
|
Anno 2016
Figura 15 - Monet - Coquelicots
rouges à Argenteuil
Monet è riconosciuto come uno dei
creatori dell’impressionismo: l’olio Coquelicots
rouges à Argenteuil del 1873
e conservato presso il Musée d’Orsay
(Parigi, Francia) (Fig. 15).
Quest’opera è stata giustamente considerata dalla
critica una delle realizzazioni maggiormente
significative della poetica impressionista:
pittura “en plein air”, il
totale rifiuto delle regole accademiche
professate dall’arte ufficiale, l’interesse
per tematiche paesaggistiche o quotidiane,
la predilezione per il realismo
nella rappresentazione dell’immagine.
Come infatti si può notare anche qui
il soggetto del dipinto non sono le figure
umane considerate singolarmente
e nemmeno lo spazio circostante, bensì
l’indissolubile legame che unisce le due
componenti, quella umana e quella naturale.
Analogamente, il cromatismo
con il gioco dei colori complementari
nella loro modulazione crea in un certo
senso l’immagine visiva. Monet divide
idealmente il dipinto in due parti
pressoché di medesima importanza
nell’economia della rappresentazione:
una parte inferiore costituita dal campo
con i papaveri rossi e dalle due figure
umane e una parte soprastante dominata
dal cielo profondo.
Che l’ambientazione
sia quotidiana e famigliare lo
testimonia anche il fatto che una delle
figure femminili rappresentate è identificata
con Camille, moglie dello stesso
Monet.
Non essendo nelle proporzioni
desiderate, Giuseppe Lega è intervenuto
aggiungendo una collinetta verso il basso
e riempiendola di papaveri.
Nell’originale
in alto a sinistra, c’è una signora
con una bambina che ha sostituito con
l’apicoltore, disseminando alcuni alveari
a diversi livelli (Fig. 16).
Giuseppe Lega si dimostra un profondo
conoscitore della storia dell’arte,
che egli analizza e rielabora sulla base
del suo interesse per il mondo dell’apicoltura.
Il suo lavoro è assai particolare:
riprende nella sostanza le opere
d’arte dei grandi artisti del passato e
vi inserisce dei particolari tratti dallostudio attento delle api.
Figura 16 - Giuseppe Lega - |
Queste due attività, quella strettamente
pittorica e quella relativa all’apicoltura,
sono da Lega considerate come
due facce di una medesima medaglia,
ovvero due realtà indissolubili non solamente
nelle realizzazioni, ma nella
mentalità stessa dell’artista.
Così come
il mondo delle api è, in queste opere, la
tematica di fondo, l’arte sembra essere
uno strumento di conoscenza.
In queste opere lo schema di partenza è il dipinto storico da cui l’artista
trae ispirazione, il quale subisce delle
modifiche funzionali ad accogliere il
particolare, per così dire “apistico”.
Se ne deduce una rappresentazione
armonicamente concepita, in cui
l’originaria fonte artistica e l’apporto
successivo di Lega si fondono organicamente.
|
|
Un doveroso ringraziamento a Giuliano
Zoppi (Parma) (http://www.zetanaif.it) e
a Giuseppe Lega (Faenza) per la collaborazione
prestata
NOTE
1 - Il Positivismo è un movimento filosofico sorto nella prima metà del XIX secolo in Francia, volto ad esaltare il progresso e la scienza. Tra gli
esponenti maggiormente significativi ci sono in Francia Comte, in Inghilterra Spencer e Mill, in Italia Ardigò. In letteratura il Positivismo ha
portato alla diffusione del Naturalismo in Francia e del Verismo in Italia.
2 - Il Realismo è una corrente artistica sorta in Francia attorno alla metà del XIX secolo, i cui maggiori rappresentanti sono Courbet, Daumier
e Millet. Lo scopo di questi artisti è quello di rappresentare la realtà sociale dell’epoca in modo oggettivo.
3 - Platone, Le Leggi, II, 656 d-e.
4 - Platone, Le Leggi, II, 657 a.
5 - Con il termine naif si intende un particolare modo di concepire l’arte estraneo alla cultura accademica ufficiale. Molto spesso l’artista naifè privo di una solida cultura artistica, di solito è autodidatta e di estrazione sociale popolare. Il capostipite degli artisti naif è generalmente
visto nel Doganiere Rousseau, le cui opere furono esposte nel Salon des Indèpendants nel 1886.
6 - Con il termine “en plein air” s’intende un modo di concepire l’arte per il quale l’artista dipinge all’aperto in odo da cogliere le sottili
sfumature che la luce genera negli oggetti. Questa tecnica pittorica venne resa elebre dalla corrente artistica degli Impressionisti nella
seconda metà dell’Ottocento.
7 - L’Impressionismo è una corrente artistica sorta in Francia nella seconda metà dell’Ottocento e sdoganato nel 1874 con una mostra nello
studio del fotografo Nadar.
Il termine Impressionismo fu coniato dai critici proprio in occasione di questa mostra commentando un uadro
di Monet intitolato Impression: solei levant del 1872. Tra i maggiori esponenti di questo movimento si devono citare lo stesso Monet, Renoir,
Degas, Sisley.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
- Argan G. C., 1970 - L’arte moderna, Firenze.
Barbattini R., Fugazza S., 2008a - Omaggio
agli artisti (I parte). - Apitalia, 34 (10):
35-40 • Barbattini R., Fugazza S., 2008b
- Omaggio agli artisti (II parte). Apitalia,
34 (11): 33-36
- Panofsky E., 2006 - Idea. Contributo alla storia dell’estetica, Torino.
- Platone, 2007 - Le
Leggi, cura di F. Ferrari e S. Poli, Milano,
2007
- Venturi L., 2007 - Storia della critica
d’arte, Torino.
Dello stesso Autore:
Api nell'Arte
|
|
|
Api e Religione -
|
|
|
|
Api nel collezionismo e nella pubblicità
|
Il mondo delle Api
|
Api nel mondo infantile
|
Api e loro prodotti
|
|
|
|
|
Di altri Autori:
- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura |
|
|
|