Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

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La propoli: metodi per produrla. Apinsieme. Rivista Nazionale di Apicoltura. 7 (5) (2022): 8-15 (in coll. con GREATTI M.) 

 

LA PROPOLI - METODI PER PRODURLA

 

La propoli trova sempre più consensi fra i consumatori. Crescono così in Italia i produttori, soprattutto fra i giovani. Perché?

 

Sono amanti delle innovazioni e prediligono la raccolta con le reti che aumenta la produzione e semplifica la raccolta.

 

Non dimentichiamo, però, che anche la propoli da raschiatura può essere una fonte di reddito e va praticata visto che l’apicoltore deve tenere comunque pulito l’alveare. Diversi metodi, dunque.

 

Gli autori dell’articolo che state per leggere ce li illustrano.

 

 

 

 

 

Figura 1

 

 

L'attività apistica non si esaurisce nella sola produzione di miele, sia perché cera, propoli, polline, pappa reale e veleno possono essere per alcuni apicoltori prodotti supplementari del loro impegno sia perché l’impollinazione ricopre un ruolo importantissimo nel favorire il perpetuarsi di numerose specie vegetali, coltivate e spontanee, consentendo la salvaguardia della biodiversità di un territorio.

 

In un’azienda apistica che conti su alcune decine di alveari, può essere prevista una produzione continuativa e discretamente remunerativa di propoli, la cui richiesta, da parte di aziende trasformatrici, erboristerie e negozi specializzati, va incrementandosi.

 

Il termine che indica questo prodotto delle api viene usato o al maschile (“il propoli”) o al femminile (“la propoli”). La voce al maschile deriva dall’unione di due parole greche: “prò” che significa “davanti” e “polis” che significa “città”.

La dizione femminile deriva da due parole latine “prò” con significato di “per” e “polis” derivato a sua volta dal vebo “polire” con significato di “verniciare, lucidare”.

La prima interpretazione indica l’uso che ne fanno le api per restringere l’apertura d’ingresso all’alveare; la seconda ne suggerisce l’impiego per dare la cosiddetta “mano di bianco” alle varie parti dell’arnia, in particolare alle pareti interne delle cellette di ovideposizione.

Entrambe le parole traggono dunque origine dalle modalità con cui le api utilizzano la resina e perciò sembra possibile usare indifferentemente l’una o l’altra definizione.

La propoli è un prodotto che le api ottengono elaborando con enzimi e secrezioni salivari le resine raccolte su gemme e su cortecce di alcuni vegetali quali pioppi, querce, ontani, betulle, abeti, pini, ippocastani, ecc. (fig.1) esse vengono prodotte con lo scopo di proteggere soprattutto gemme e germogli e hanno una composizione che varia nelle diverse stagioni e da pianta a pianta (fig. 2 ).

Figura 2

 

La raccolta viene effettuata nelle ore più calde della giornata, quando i materiali da asportare sono più malleabili, da un numero ridotto di api bottinatrici che utilizzano gli organi di senso delle antenne per localizzare le fonti più interessanti.

La resina viene asportata in piccoli frammenti con le mandibole e, con l’ausilio delle zampe del primo paio, viene accumulata nelle cestelle delle zampe posteriori fino a formare una pallottolina che solitamente è un po’ più piccola di quella di polline. L’operazione è ripetuta più volte finché tutte e due le cestelle sono cariche; a questo punto l’ape “raccoglitrice di propoli” torna all’alveare (fig. 3 e fig. 4).

 

Figure 3 - 4 - Cestelle cariche

Le operazioni sia di raccolta sia di “scarico” del materiale nell’alveare, che avviene con l’aiuto di altre api che sono addette alla sua lavorazione, richiedono molte ore di lavoro.

Infatti anche l’azione di “scarico” è compiuta più volte, finché la bottinatrice si trova compleamente ripulita. Interessante è notare che le bottinatrici cariche di propoli non possono, contrariamente a quelle cariche di polline, liberarsi del loro carico da sole ma hanno assolutamente bisogno dell’aiuto di altre api.

 

Da analisi compiute si è visto che le api, durante la lavorazione nell’alveare, aggiungono una certa quantità di cera al materiale raccolto. Tale aggiunta è variabile: la propoli più ricca di cera è quella che si trova sul fondo e vicino all’ingresso dell’arnia.

Fig. 5 - Propoli sul bordo delle cellette (foto D’Agaro)

 

Le api utilizzano la propoli in ogni parte dell’alveare, sfruttandone sia le particolari caratteristiche fisico-chimiche sia il fatto che impedisce lo sviluppo di numerosi germi (Fig. 5). Infatti, essa viene impiegata non solo per chiudere fessure e restringere la porticina, per rinforzare la struttura dei favi, per fissarli, per ricoprire le pareti irregolari interne dell’arnia ma anche per verniciare le celle vuote prima della deposizione di uova da parte dell’ape regina e per mummificare i cadaveri d’intrusi (farfalle testa di morto, topolini, lucertole, ecc.) evitando così la loro putrefazione.

 

CARATTERISTICHE DELLA PROPOLI

 

La propoli può avere un colore che varia dal giallo al bruno scuro-nero con una consistenza che si modifica in relazione alla temperatura: fino a 15 °C è dura e friabile, raggiunti i 30 °C. diventa malleabile e appiccicosa e verso i 65-70 °C fonde.

 

Se viene scaldata a bagnomaria si divide in due parti distinte: una cerosa e malleabile e un’altra viscosa che rimane sul fondo del recipiente. L’odore è fortemente aromatico e gradevole mentre il sapore è acre e leggermente irritante per le mucose. La propoli è una miscela di sostanze chimiche molto diverse tra di loro e la composizione varia anche in funzione dell’epoca di raccolta (1), della zona, delle piante, del clima, della razza di api e altro.

 

Fra i diversi componenti si ricordano gli olii essenziali (5-10%), i flavonoidi, gli idrossiacidi aromatici, gli acidi alifatici, le aldeidi aromatiche, le cumarine, le resine (circa il 50%), le cere (circa il 30%), il polline (circa 5%), i sali minerali, gli zuccheri e le vitamine.

 

TECNICHE DI PRODUZIONE

La propoli può essere raccolta dall’apicoltore con due metodi differenti, asportando ciò che le api depositano spontaneamente nell’alveare (Metodo 1) oppure su apposite strutture che ne stimolano la produzione (Metodo 2).

 

La propoli, una volta raccolta, va conservata al buio in un luogo fresco e asciutto e per comodità può essere riposta in sacchetti di plastica che vanno chiusi.

 

Metodo 1 (fig. 6) Con questa tecnica, che non richiede particolari accorgimenti né l’acquisto di attrezzature, si raschia con una spatola o con una leva da apicoltore la propoli che le api depositano nell’arnia, lungo gli spigoli, le fessure, nei punti di appoggio dei telaini, fra nido e coprifavo, ecc.

La quantità di propoli ottenuta, oltre ad essere scarsa (50-100 grammi all’anno per alveare), contiene diverse impurità (pezzi di cera, frammenti di legno, parti di api, ecc.), si presenta in scaglie di piccole dimensioni ed ha uno scarso valore commerciale.

 

Metodo 2 (fig. 7, 8) La tecnica consente una produzione specializzata e le api vengono stimolate a produrre propoli e a depositarla su reti o griglie che ne semplificano il distacco. La raccolta si esegue su colonie che hanno dimostrato di possedere una buona propensione alla propolizzazione.

Si colloca nell’arnia, al posto del coprifavo, una cornice in legno (delle medesime dimensioni del coprifavo) alta circa 3-4 cm su cui è stata tesa una rete (o una griglia) con maglie di 2-3 mm; operando in questo modo le api, con l’obiettivo di chiudere la parte superiore dell’arnia, vengono stimolate a propolizzare i fori.

Una volta che gli spazi tra le maglie sono stati riempiti di propoli, il supporto di deposito viene ritirato dall’alveare.

L’asporto si effettua rendendo la propoli fragile e per questo scopo la rete viene posta per qualche ora in frigorifero o, meglio ancora, in un congelatore; successivamente si procede con il distacco che viene effettuato per raschiatura, se si è impiegata una rete metallica, oppure, se è stata utilizzata una rete in materiale plastico, flettendo la stessa in più direzioni.

La propoli, infatti, a bassa temperatura diventa dura e friabile e si distacca in piccole scaglie. Il prodotto che si ricava con questa tecnica è puro e privo di corpi estranei e di conseguenza il suo valore commerciale è superiore rispetto a quello ottenuto per raschiatura; la quantità raccolta nei periodi favorevoli è intorno ai 100 grammi al mese per colonia.

 

Altri metodi

 

Si conoscono altre metodiche che favoriscono l’accumulo di propoli: tutte si basano sulla creazione artificiosa di spazi vuoti nell’alveare che vengono “chiusi” dalle api; tali tecniche, tuttavia, consentono produzioni nettamente inferiori rispetto a quelle ottenibili col metodo 2 sopracitato e richiedono una maggiore manodopera per l’asporto.

A questo proposito, abbastanza utilizzata è la tecnica che prevede la collocazione, al posto del coprifavo, di assicelle che non combaciano bene; una volta che le fessure sono state chiuse con la propoli, la sua asportazione viene effettuata mediante raschiatura.

Fig. 8 – Metodo 2: rete con propoli (foto D’Agaro)

 

Proprietà e principali utilizzi della propoli

 

L’uomo conosce e sfrutta le proprietà della propoli fin dall’antichità. Essa ha dimostrato di produrre effetti antibatterici, antivirali, antimicotici, immunostimolanti, antiossidanti, antinfiammatori, cicatrizzanti, riepitelizzanti, analgesici e lassativi.

Inoltre può trovare impiego nella preparazione di numerosi prodotti igienico-cosmetici che vengono utilizzati per la protezione della pelle e delle labbra (detergenti, creme solari e doposole, dopobarba, creme di bellezza e rossetti), per l’igiene del cuoio capelluto, della bocca e dei denti, ecc.

L’impiego della propoli in campo medico, cosmetico e dermatologico è vincolato all’estratto di propoli, in quanto essa viene scissa con difficoltà dagli enzimi presenti nel corpo umano e pertanto sarebbe difficilmente assimilabile.

Oltre a ciò gli estratti di propoli sono più maneggiabili e contengono principi attivi di primario interesse: caratteristiche che non si ritrovano nel prodotto grezzo.

In alcune persone tuttavia la propoli può provocare spiacevoli reazioni allergiche e questi fenomeni si evidenziano soprattutto fra gli individui che soffrono già di altri disturbi allergici come asma bronchiale, eczemi, orticaria, ecc; a questo proposito, essendo la composizione della propoli variabile, ha più senso parlare di componenti allergizzanti che di allergia al prodotto in senso stretto.

La resina è molto poco solubile in acqua (2) e parzialmente solubile in acetone, alcol, ammoniaca, cloroformio, etere, benzene, tricloroetilene. Le moderne tecniche di estrazione, messe a punto da laboratori di aziende farmaceutiche autorizzate e controllate dal Ministero della Sanità, hanno permesso di produrre diversi tipi di estratti; tra di essi si possono ricordare la soluzione idroalcolica (3), la soluzione idroglicerica, l’estratto secco, l’estratto molle e l’oleum propolis (4) .

 

La propoli non è iscritta nella farmacopea italiana, europea e americana; per la preparazione dei diversi prodotti contenenti propoli si prende come riferimento il titolo dell’estratto, calcolato in funzione del contenuto di flavonoidi totali, e che, sulla base dei numerosi lavori scientifici, corrisponderebbe ad almeno 30 mg/ml.

 

Altri utilizzi della propoli

 

L’apicoltore può impiegare la propoli nell’affumicatore per calmare le api, bruciando alcuni granuli di resina ed ottenendo un aroma gradevole. La propoli inoltre manifesta una certa azione nei confronti di alcuni “nemici delle api” quali la tarma della cera (Galleria mellonella) e la varroa (Varroa destructor).

In agricoltura (sia di pieno campo, sia in orticoltura) e nel giardinaggio si utilizzano preparati a base di propoli:  come insetticidi (soprattutto contro alcuni afidi, ad es. Eriosomalanigerum);  come acaricidi;  nella difesa da alcuni funghi dannosi ai vegetali (quali Botium spp.) si impiega un prodotto a base di propoli in soluzione idroalcolica arricchita di zolfo o di silicato di sodio;  nella difesa da varie specie di batteri (inclusa Erwinia amylovora).

 

Non va scordato il tradizionale impiego della propoli nella preparazione di vernici; infatti, sembra che la particolare sonorità dei violini costruiti dai liutai italiani del ‘700 (famosissimi sono quelli di Stradivari) fosse dovuta, almeno in parte, alla vernice preparata con la propoli.

 

A conclusione, è corretto sottolineare che l’abbondanza di indicazioni sopracitate non sempre si basa su una sperimentazione sufficientemente ampia e approfondita.

Molti dei dati riportati dalla letteratura internazionale necessiterebbero di ulteriori conferme.

Al di là di queste considerazioni, che tuttavia non vogliono sminuire il valore potenziale della propoli soprattutto come farmaco, è necessario farne un’altra. Proprio perché dotata di attività farmacologiche potenti, la propoli non deve essere utilizzata a sproposito e al di fuori del controllo medico.

Dopo aver tanto criticato l’uso e l’abuso di farmaci, si ricadrebbe nello stesso errore, semplicemente perché, in questo caso, il farmaco è di origine naturale.

 

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