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RELIQUIE E CORPI SANTI IV
BEATO MODESTINO
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Domenico Mazzarella, nacque a Frattamaggiore (Na), il 5 settembre del 1802, in una famiglia povera ma dignitosa, occupata a svolgere, lui il lavoro di funaio, lei di tessitrice, ultimo di sei figli. Fin da piccolo frequentava ogni giorno la Parrocchia di San Sossio, pregando ardentemente l’immagine della Vergine del Buon Consiglio. Questo suo atteggiamento non era sfuggito al Parroco, che lo fece presente al Vescovo di Aversa che lo fece entrare nel seminario aversano, ma, dopo la morte del vescovo, il giovane fu costretto a lasciare il seminario e, vicino ai 20 anni, cominciò a frequentare il convento francescano di Grumo Nevano, che aveva ospitato San Giovanni Giuseppe della Croce.
Nel 1822, con suo grande impegno e sostenuto dal suo direttore spirituale, Servo di Dio Padre Fortunato della Croce, realizzò il noviziato nel convento di Piedimonte d’Alife e poi, dopo tre mesi, in quello di Santa Lucia al Monte, vestendo l’abito il 3 novembre, con il nome di Modestino di Gesù e Maria, onorando così la memoria di Fra Giuseppe di Gesù e Maria che nel convento di Grumo Nevano lo aveva assistito e guidato.
Compiuti i suoi studi filosofici e quelli di teologia, nel 1827, venne confermato Diacono e, successivamente sacerdote nel 1827. La sua prima messa volle celebrarla nella chiesa alcantarina di Grumo Nevano.
Il suo zelo era rivolto particolarmente ai poveri e ai malati di: Grumo Nevano, Mirabella Eclano, Portici e Pignataro Maggiore dove ricoprì l’incarico di Superiore. Si dedicò soprattutto alla cura dei carcerati del “Granatello” di Portici, a Napoli si stabilì nel convento del popolare rione Sanità e si recava dai carcerati di Castel Capuano, annnunciando la Parola di Dio, confessando, consigliando, diffondendo il culto alla Madonna del Buon Consiglio. Infatti portava sempre con sè l’immagine della Vergine chiusa in una teca d’argento e la offriva alla venerazione di tutti, proponendo questa giaculatoria: “Lodiamo sempre insieme col Figlio, la dolce Madre del Buon Consiglio”.
I Napoletani, che lo veneravano già in vita, lo chiamavano “gesùcristiello” (piccolo Gesù Cristo) e Papa Pio IX, che gli era amico, lo chiamava ‘il pazzo della Beata Vergine’.
Nel 1854, quando a Napoli ci fu un'epidemia di colera, Padre Modestino si diede da fare nei quartieri poveri, i più colpiti, tra questi quello del rione Sanità e andava a trovare i colerosi, per confortarli, ma mangiando poco e stando a contatto con essi, si ammalò anche lui di colera, morendo il 24 luglio del 1854.
Il 29 gennaio del 1995, Papa San Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato e la sua festa ricade il 24 luglio, giorno della sua nascita al cielo. Il suo corpo, che prima si trovava nella Basilica di Santa Maria della Sanità in Napoli, nel 2015 è stato traslato nella Parrocchia di Santa Caterina in Grumo Nevano.
Il Martirologio Romano lo ricorda con queste parole: A Napoli, beato Modestino di Gesù e Maria (Domenico) Mazzarella, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che fu vicino a ogni genere di poveri e di afflitti e durante un’epidemia morì colpito lui stesso dal colera mentre assisteva i moribondi. |
PREGHIERA
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Beata Vergine del Buon Consiglio, sotto la Tua tutela materna, il Beato Modestino di Gesù e Maria, mai si ritrasse dalle vie della virtù, anzi percorse gloriosamente il cammino sino all'eroismo, sotto il Tuo sguardo ed ora riposa beato dell'aspra fatica, mentre Ti contempla in cielo nella beatitudine dei Santi.
Mi è dolce pensare, sul sepolcro del Tuo servo, o Maria, e di riandare con la mente alla prova d'amore che egli Ti diede come figlio alla Madre carissima ed al sorriso di bontà e di grazia che Tu gli corrispondesti. Te ne prego, col cuore, o Maria, più che con le labbra e Ti supplico, per i meriti di Gesù Cristo ad impetrare anche a me la grazia di cui fu ricco il Beato Modestino, poichè ripetendo l'invocazione che egli insegnò e per mezzo della quale sperò tanti prodigi, ottenga veramente di onorarTi e di meritare col Tuo aiuto le sue preghiere.
Madre del buon Consiglio prega per noi. Beato Modestino prega per noi.
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SAN PIETRO CELESTINO - PAPA CELESTINO V |
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Pietro Angelerio (o Angeleri), Pietro da Morrone, venerato come Pietro Celestino, nacque fra il 1209 e il 1215 a Isernia o aSant'Angelo Limosano. E' stato il 192º Papa della Chiesa cattolica, col nome di Celestino V, eletto il 5 luglio 1294 e all'dal 29 agosto al 13 dicembre 1294.
Penultimo di dodici figli di una famiglia di origini contadine, in giovane età passò un breve periodo nel monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, in Molise, dando spazio alla solitudine e all'ascetismo; nel 1234 si recò a Roma per essere consacrato sacerdote e, una volta presi i voti, tornò in Abruzzo, stabilendosi definitivamente sul monte Morrone, nei pressi di Sulmona, costituendo una Congregazione ecclesiastica dei "Frati di Pietro da Morrone", che successivamente verrranno chiamati "Celestini", riconosciuta da Papa Gregorio X come ramo dei benedettini.
Nel 1273 va a Lione, a piedi, perchè sta per cominciare il Concilio di Lione II, voluto dal Papa, ed egli vuole impedire che il suo ordine monastico venga soppresso. Il Papa che conosce la sua fama gli fa concelebrare una Messa e non sopprime la Congregazione.
Alla morte di Papa Niccolò IV seguì un periodo di due anni in cui i padri conciliari non riuscirono a mettersi d'accordo sulla designazione del pontefice, finchè i cardinali, stanchi delle lunghe diatribe tra la casa degli Orsini e quella dei Colonna, in lotta eer il papato, decisero di affidare l'incarico proprio a Pietro da Morrone, mite servitore, avanti negli anni, un uomo forse da poter anche manipolare...
Quindi, l'11 luglio 1294 i Cardinali lo elessero Papa senza che lui se l'aspettasse. Quella carica era troppo pesante per lui, ma, nonostante tutto, scese dal suo eremo per la sua elezione a pontefice, avvenuta a Perugia il 5 luglio 1294.
Consacrato il 29 agosto 1294 all'Aquila, dove venne incoronato nella Basilica di Collemaggio, il 5 luglio 1294, si stabilì a Napoli. Ma schiacciato da pressioni da parte di Carlo d'Angiò e di tanti altri, diede le sue dimissioni il 13 dicembre di quello stesso anno, dopo pochi mesi di papato. Dopo aver abdicato, fuggì verso l'Abruzzo, verso il monte Morrone, ma venne catturato e consegnato al nuovo Pontefice, Bonifacio VIII ed imprigionato nel castello di Fumone, Fr, dove rimase fino alla sua morte, nel 1296, quando aveva 87 anni.
In pochi giorni venne eletto Bonifacio VIII.
La celebrazione religiosa detta "Perdonanza" venne istituita da papa Celestino V attraverso una bolla, nota come Bolla del Perdono, redatta il 29 settembre 1294. Il documento, concedeva un’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che, pentiti e confessati, fossero entrati nella basilica di Collemaggio tra la sera del 28 e la sera del giorno successivo. Una specie di Giubileo annuale, creato sei anni prima di quello ufficiale istituito nel 1300 da papa Bonifacio VIII. Ancora oggi si celebra con un corteo storico che raggiunge la basilica di Collemaggio. Al suo arrivo avviene l’apertura della Porta Santa.
Si presume - anche con molti dinieghi - che Dante, nel terzo canto della Divina Commedia, collochi San Celestino nell’Antinferno tra gli Ignavi, nella famosa terzina:
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto. |
PREGHIERA
O glorioso S. Pietro Celestino
che in maniera eroica
servisti con umile dedizione il Cristo,
sia nel ministero pontificio
che nel nascondimento dell’eremo,
volgi il tuo sguardo benevolo su di noi.
Dona vigore ai giovani per testimoniare la Fede,
conforto agli anziani, agli ammalati e agli sfiduciati
per testimoniare la Speranza, dona coraggio alle nostre famiglie
per essere luogo della Carità e della Pace.
Invoca per noi la grazia di poterti imitare
nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa
e di camminare
lungo la via stretta del Vangelo di Cristo,
per realizzare pienamente
la nostra vocazione battesimale ad essere Santi. Amen.
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BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO |
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Camilla Battista da Varano nacque nel 1458 in una nobile famiglia, il cui padre aveva combattuto per vari papi e si era imparentato con varie dinastie regnanti. Ebbe tre figli dalla moglie, Giovanna Malatesta ed altri sei figli naturali da varie donne, come normalmente avveniva ed era accettato senza scandalo. Camilla era figlia naturale di una nobildonna e venne introdotta ed educata nella corte, con una buona preparazione umanistica, perché le famiglie nobiliari erano interessate di politica, cultura ecc.
La ragazza studiò latino, iesse i classici, imparò a dipingere, ad andare a cavallo, a suonare e a ballare, crescendo con un certo temperamento esuberante, nella vita di corte, schietta e volitiva, indipendente e testarda, amante del bello e del piacere.
Ella, come tutte le sue sorelle, era destinata ad un matrimonio di convenienza, con uno dei giovani del suo ceto ed, Invece, la sua vita prese una direzione imprevista, poiché venne affascinata dalla predicazione dei Frati minori dell’osservanza, da Fra Domenico da Leonessa e dal beato Pietro da Mogliano, tanto che, a circa dieci anni, si propose di ricordare, almeno con qualche lagrima, ogni venerdì, la passione del Signore, fino alla scelta definitiva, sia pur combattuta fino all'ultimo, di un sì alla chiamata alla vita religiosa, inizialmente non accettata.
Superando il deciso “No” del padre, a 23 anni entrò nel monastero delle Clarisse di Urbino, secondo la radicale Regola di Santa Chiara, che fu elemento costitutivo della sua chiamata, cambiando il nome di Camilla in quello religioso di Suor Battista.
Per poterla riavvicinare, il padre fece in modo che a Camerino venisse fondato un monastero di clarisse e quindi suor Battista tornò nel luogo natio assieme ad altre sorelle, portando sulle spalle una croce legno tuttora custodita nella cripta del monastero. Svolse più volte il ruolo di badessa.
Nel 1502 dovette fuggire da Camerino e rifugiarsi ad Atri per la rivolta provocata da Cesare Borgia su ordine di Papa Alessandro VI che portò all'uccisione del padre e di tre fratelli. A questa strage si salvò, grazie alla madre che lo condusse a Venezia, solo il piccolo Giovanni Maria, che il nuovo Papa Giulio II fece ritornare a Camerino come signore della città nel 1503.
Anche suor Battista poté tornare al suo monastero da dove nel 1505, per ordine del papa andò a Fermo per fondarvi un altro monastero di clarisse e vi rimase fino al 1507, quando ritornò a Camerino. Successivamente si recò a San Severino Marche per formare le clarisse locali che seguivano in quel periodo la Regola di santa Chiara.
Ebbe singolari esperienze mistiche, di cui si parla nei suoi numerosi scritti, che rivelano il suo ardente amore per Cristo crocifisso.
Morì a Camerino il 31 maggio 1524.
Papa Gregorio XVI ne approvò il culto, mentre Leone XII ordinò di riaprire il processo canonico. E’ stata canonizzata da Papa Benedetto XVI nel 2010. Attualmente le sue spoglie sono custodite ed esposte al culto nella cripta a lei dedicata nella chiesa del monastero di Santa Chiara.
Importante la sua opera letteraria, sia in prosa che in versi, sia in volgare che in latino. Tra le opere meritano attenzione la "Vita spirituale", ossia la sua autobiografia, "I dolori mentali di Gesù", "Istruzioni al discepolo", Del felice transito del beato Pietro da Mogliano" e il "Trattato della purità del cuore".
Il contenuto delle sue opere è la vita mistica da lei vissuta, in cui è centrale la passione di Cristo, descritta con doti da vera monaca-umanista.
Le sue opere contribuirono alla formazione spirituale e intellettuale di diverse persone, come San Filippo Neri, Maria della Passione, il beato cardinale John Newman - che ne venne a contatto mediante gli Oratoriani - Giorgio La Pira, Mons. Luigi Padovese.
In un progetto che vede la collaborazione del Monastero S. Chiara di Camerino e la Scuola Superiore di Studi Medievali della Pontificia Università Antonianum è in corso la edizione critica dell'opera omnia. |
PREGHIERA DI SANTA BATTISTA CAMILLA DA VARANO
Signore mio dolcissimo, fà che ti restituisca amore per amore, sangue per sangue, vita per vita.
O dolcissimo, o benignissimo Dio, padre delle infinite misericordie, io sono la tua centesima pecorella smarrita, che sono andata errando sperduta e vagabonda per “rovi e pianure”, pascendomi di amarissime erbe velenose e amare come il fiele.
Ora, dolce Dio e pietoso Signore, con tutto il cuore desidero tornare a Te, fonte di vera pace. Accoglimi e riportami sulle tue pietose spalle, o fedele e buon pastore, “che hai offerto la tua vita per le tue pecore”. Riconducimi, o mio buon Gesù, all’ovile della tua infinita misericordia e pietà, “e non nascondermi il tuo volto”.
O dolce Signore mio, non permettere che anneghi, dopo che ti affannasti tanto per togliermi dal mare tempestoso di questo mondo fallace. Ricordati, Gesù mio, quanto ti sono costata cara! - Ricordati, Dio pietoso, che prezzo per me peccatrice hai pagato sul banco dell’amara croce!
Ricordati, Redentore mio benigno, di quello che ho desiderato fare e non di quello che ho fatto! - Io sono quel pubblicano che, per la grande vergogna, sto lontana “e non ardisco levare al cielo i miei occhi”, ma sto con la faccia a terra “percuotendo il mio petto e dicendo: Signore, abbi pietà di me peccatrice”.
Signore mio pietoso, ricevi nelle tue braccia aperte questo figlio prodigo, “che ritorna da lontano e ha dissipato tutti i beni tuoi, non i suoi, vivendo disonestamente. E veramente non sono degna di essere chiamata tua schiava né ancella, perché ho perseguitato le anime redente dal tuo sangue prezioso”.
Vienimi incontro con la tua grazia, Padre clementissimo, e abbraccia e stringi l’afflitta anima mia con le tue dolcissime braccia; e visita questa sconsolata. - Donami, Signor mio, il bacio della tua santa desiderata pace.
Strappami, Dio mio, dalle tenebre di questo mondo!
Attirami a Te, o Dio pietoso! Attirami a Te! Ricevimi in Te, dolce Dio mio. Lo riterrò grazia e misericordia e dirò: «Lode e gloria a Te, Dio pietoso, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. Amen. Amen».
Signore mio dolcissimo, fa’ che ti restituisca amore per amore, sangue per sangue, vita per vita. |
SANTA ROMANA MARTIRE |
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Il Cardinale Schuster ha voluto donare nel marzo 1933, come già fece con altri paese della Diocesi Ambrosiana, in occasione della visita pastorale dell’anno santo, il corpo di Santa Romana.
Questa giovane uccisa per la fede in una delle feroci persecuzioni dei primi tempi della Chiesa, rimasta nelle Catacombe molti secoli (sulla lastra che copriva la tomba era scolpito il suo nome, e dentro vi era l’ampollina di sangue che si usava mettere nelle tombe dei Martiri), traslata dapprima in un convento della diocesi di Sorrento e di là è giunta a Missaglia (Lecco).
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PREGHIERA
composta dal Beato card. Schuster
O Dio che conservi i Martiri nel tesoro
della tua Provvidenza
per poi glorificarli nei trionfi
della tua cattolica fede;
ci concedi pei meriti della
Beata Vergine e Martire tua Romana:
che come Essa, quale grano eletto venne
dapprima umiliata nel martirio
e nascosta in terra nelle viscere
delle Catacombe, così ancor noi,
dapprima umiliati nel sostenere
la Croce di Cristo,
con Lei e coi Santi tutti siamo un giorno
a parte della gloria celeste
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SANTA REPARATA |
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Tanti dubbi sulla vita di questa giovane martire, così come su tante altre vite sante... un pò troppo immaginose... Anche perchè mancano documenti che ne attestino la reale esistenza. Tuttavia, il suo culto si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, in Italia (in Toscana, Abruzzo e in Sardegna), in Francia.
Chi era? Reparata fu una giovanissima martire delle persecuzioni dell'imperatore romano Decio, attorno al 250
d.C., a cui fu richiesto di sacrificare agli dei. Ma ella si oppose fieramente e quindi dopo vari tormenti e torture venne uccisa, pare decapitata. Gli agiografi dicono che al momento del taglio del capo dal suo corpo fosse uscita una bianca colomba.
Il suo culto si diffuse ampiamente durante il Medioevo, con varie ambientazioni: in Francia si diceva che i suoi uccisori dopo la morte l'avrebbero messa su di una barca che era arrivata a Nizza, dove sarebbe sepolta proprio nella chiesa di Sainte Reparate, diventando la patrona della città.
È stata poi nel tempo confusa con altre sante martiri da parte degli studiosi; ad ogni modo essa è stata rappresentata nell’arte in poche ma importantissime opere, i cui autori sono Arnolfo di Cambio, Andrea Pisano, Domenico Passignano; opere eseguite tutte a Firenze.
A Firenze, forse la traslazione, nella cripta della chiesa protocristiana di Santa Reparata, là dove venne poi costruito il Duomo di Firenze, là dove c'è Santa Maria del Fiore.
Al culto di questa santa martire vengono associate altre omonime come quella i cui sacri resti sono a Teano, a Pesco Sannita festeggiata il 19 agosto, ed eccetera.
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PREGHIERA
O Vergine e Martire, Santa Reparata, tu ancora adolescente sei stata affascinata dall’amore di Cristo e lo hai preferito ad ogni altro progetto terreno, fino ad accettare il martirio per non tradirlo, ti supplichiamo di intercedere per noi presso il Padre che sceglie le creature più miti e più deboli per confondere la potenza del mondo.
Ottienici di credere che la vita donata all’amore di Cristo non è perduta, ma guadagnata. Suscita nei giovani il coraggio e la gioia della castità.
Impetra dalla sapienza dello Spirito la chiarezza della fede per riuscire a compiere anche oggi scelte generose in risposta alle chiamate di Dio. Prega per tutti perchè possiamo sentire sempre vicino, anche nei momenti delle prove più dure, Gesù che è morto per noi e ha donato a Te la forza di morire per Lui, a lode e gloria di Dio. |
SAN GIORGIO PRECA
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San Giorgio (Ġorġ) Preca, nato a La Valletta il 12 febbraio 1880) fu un sacerdote, fondatore della Società della Dottrina Cristiana, venerato come primo santo maltese del Cattolicesimo.
Nel 1888 la sua famiglia si trasferì nel città di Ħamrun, poco distante da La Valletta. Nella sua Chiesa Parrocchiale il giovane Giorgio ricevette la Cresima e la Prima Comunione. Dopo il liceo classico andò al Seminario di Malta dove studiò Teologia, volendo diventare sacerdote, cosa che avvenne il 22 dicembre 1906.
Tra il 1905 e il 1906 egli avvicinò alcuni giovani della città e incominciò per loro una serie di incontri formativi.
A Eugenio Borg, diede alcune valide direttive e lo formò nella lettura dei Sacri Testi (Eugenio diventò poi primo Superiore Generale della Societas Doctrinae Christianae [SDC] e mori in odore di santità).
Spesso usciva di casa solo per celebrare la S. Messa, mentre durante il giorno, era preso dalla preghiera e dalla contemplazione.
A fine di gennaio 1907 riunì di nuovo il gruppo di giovani e il 2 febbraio e il 7 marzo si incontrarono per una lezione di formazione religiosa dei laici nella vita ascetica e nei principi della religione cattolica Queste due date segnano l'inizio della Societas Doctrinae Christianae, detta anche MUSEUM, acronimo di Magister, utinam sequatur evangelium universus mundus, diffusa oggi, oltre che in Europa, in Africa ed Australia. Nel 1910 si inaugurò la sezione femminile della SDC con l’aiuto di Giannina Cutajar.
Questi erano dei laici lavoratori celibi totalmente dediti all'apostolato della catechesi sia dei piccoli che degli adulti e conducevano una vita di grande disciplina, modestia nel vestire, una serie di piccole preghiere da recitare a memoria ogni quarto d'ora ("L'Orologio Museumino"), un'ora di catechesi ogni giorno in centri aperti in quasi tutte le parrocchie.
La fondazione ebbe anche momenti difficili e nel 1909 Don Giorgio ricevette l'ordine di chiudere tutti i centri. Il Servo di Dio obbedì senza lamentarsi. Erano i parroci a protestare con il Vescovo che però poi revocò l'ordine.
Negli anni 1914-915 apparvero su alcuni giornali di Malta degli articoli infamanti che disprezzavano la società del MUSEUM ma Don Giorgio impose ai membri di accettare quanto accadeva, insegnando loro a subire il disprezzo del mondo con serenità.
Nel 1916 il Vescovo di Malta ordinò un'inchiesta, dai risultati positivi, sull'operato della società, vennero apportati alcuni cambiamenti, ma la via per il riconoscimento e lo sviluppo della istituzione era ormai aperta e il 12 aprile 1932 venne approvata.
Giorgio Preca si prodigò come apostolo del vangelo nelle isole di Malta e scrisse nella lingua locale numerosissimi libretti di dottrina dogmatica e morale nonché ascetica, mentre divulgava il Vangelo, con frasi facili a memorizzare nella lingua locale.
Era prudente e saggio e molti andavano da lui per una parola di conforto e di incoraggiamento. Era anche divulgatore a del mistero dell'Incarnazione. Dal 1917 propagò la devozione alle parole "Verbum Dei caro factum est" (Gv. 1, 14) e volle che i soci le portassero come emblema; dal 1921 la società organizzò, in ogni villaggo, la vigilia di Natale, una dimostrazione in onore di Gesù Bambino.
Nel momento difficile della prova Don Giorgio si affidò completamente alla protezione della Vergine ed il 21 luglio 1918 si iscrisse al Terzo Ordine Carmelitano, scegliendo con la professione del settembre 1919, il nome di Frà Franco, consigliando ai suoi devoti, soci e i fanciulli che frequentavano le sezioni del MUSEUM, di portare lo scapolare del Carmelo.
Aveva una devozione particolare alla Madonna del Buon Consiglio e propagava con insistenza la medaglia miracolosa. Nel 1957 suggerì cinque nuovi misteri per il Santo Rosario che chiamò “Misteri della Luce”.
Qualche anno prima aveva iniziato il progetto della "Scuola Media San Michele". Nel 1952 cinque membri vennero mandati ad aprire centri del MUSEUM in Australia. (Oggi la Società si trova anche in Inghilterra, Albania, Kenia, nel Sudan e in Perù).
Nel 1954 inaugurò il progetto della Casa Generale della SDC e della Chiesa dedicata alla BMV della Medaglia Miracolosa. Nel 1955 benedisse la prima pietra dell'Istituto “Sacra Famiglia" a Żabbar, Malta che divenne Casa per i Soci Interni ed ospita ancora oggi la tipografia della SDC, la "Veritas Press".
Nell'ottobre 1952 Don Giorgio venne nominato "Cameriere Secreto di Sua Santità", ma questa carica mortificò non poco il nostro Beato.
Morì, in odore di santità, il 26 luglio 1962 nella sua casa a Santa Venera. Dopo i funerali, svvenuti a Ħamrun, la salma venne tumulata nella cripta della Casa Generale SDC a Blata l-Bajda, divenendo subito meta di pellegrinaggi.
Don Giorgio Preca venne beatificato da Papa Giovanni Paolo II a Malta il 9 maggio 2001, giorno scelto anche per la memoria liturgica di questo beato maltese, antesignano dell’apostolato dei laici e Papa Benedetto lo nominò santo il 3 giugno 2007.
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PREGHIERA
Questa è la preghiera che il Santo amava ripetere:
“Signore Dio, quanto ti sono obbligato! Grazie, Signore Dio, e perdonami, Signore Dio!”. |
SAN DIODORO
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Quasi nessuna notizia è giunta fino a noi. Si può solo accertare, secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subì il martirio, probabilmente tra il primo e il quarto secolo.
Mani pietose raccolsero le sacre spoglie e religiosamente le tumularono nelle catacombe. I sacri resti estratti, sono custoditi a S. Marco dei Cavoti, dove sono venerati.
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PREGHIERA
O Signore, che ti compiaci della venerazione tributata ai Tuoi martiri, concedi che per il merito e l'intercessone di San Diodoro, di cui Ti furono care la vita e la morte gloriosa, possiamo meritare le grazie temporali e spirituali necessarie a conseguire l'eterna beatitudine. amen. |
SAN DOMIZIO LEOPARDO
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Tranne il nome: Domizio Leopardo, che bene definisce la sua identità, nessuna altra notizia è giunta fino a noi.
Si può solo accertare, secondo i criteri archeologici dell’epoca, che, tra il primo ed il quarto secolo, subì il martirio
Le sue sacre spoglie vennero poi raccolte e religiosamente tumulate nelle catacombe.
I sacri resti sono custoditi a Naro (AG), nella chiesa di S. Francesco, dove sono venerati.
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PREGHIERA
O Dio, che hai unito alla Passione di Tuo Figlio la vita di tanti martiri, fà che per i loro meriti e per l'intercessione di San Domizio, noi, umili e fragili creature, riusciamo meglio a comprendere l'importanza di una vita cristiana coerente e conforme al Vangelo e raggiungere l'eterna beatitudine
Amen.
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SANTA ROSALIA |
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Santa Rosalia, detta in dialetto "la Santuzza" fu una vergine eremita del XII secolo, divenuta patrona di Palermo nel 1666 con culto ufficiale esteso a tutta la Sicilia.
Era nata nella illustre famiglia Sinibaldi da Palermo, figlia di nobili, nel periodo appena successivo alla cacciata degli arabi, da parte dei re normanni, dopo 3 secoli di dominazione.
Seguì quindi un rinnovato fervore religioso ed il diffondersi di vari monasteri.
La giovanetta si sentì presa da quest'anelito di fede e di fervore e lasciata la vita di corte, si ritirò a vita eremitica in una grotta sul monte Pellegrino, dove poi, secondo la tradizione, morì il 4 settembre 1160.
Il nome di Santa Rosalia fu incluso nel Martirologio Romano nel 1630 da Papa Urbano VII.
Santa Rosalia è Patrona di Palermo e della Sicilia, è Patrona anche di Pegli dove nel 1656 alcune reliquie della Santa vennero trasferite dalla Siciliaper contrastare l'epidemia di peste che incombeva anche su questa città. Il morbo si fermò e da allora la Santa è venerata come patrona della cittadina.
Viene invocata contro la peste e contro i terremoti.
Durante la fastosa processione annuale, la Santa viene portata su un carro a vascello, molto suggestivo descritto in un libro di Pitrè: "Il carro stesso che cosa è se non l'apoteosi della Santa, la cui figura dal braccio disteso e della mano aperta in atteggiamento solenne di benevolenza accenna a difesa, a sostegno, a protezione della città?".
In quella data, nel Duomo della città è un via vai di fedeli, Confraternite, Corporazioni religios, ecc.. Altri santi e sante precedono nella solenne processione Santa Rosalia.
E' venerata, comunque, non solo in Italia, ma in tutta Europa, specialmente in Spagna, nella regione andalusa; questa venerazione venne importata da Palermo da un arcivescovo che aveva vissuto in quella città italiana.
Un bassorilievo di Santa Rosalia si trova anche nella Repubblica Ceca, a Praga, dove, i coniugi Wesser, colpiti dalla peste, vollero così esprimere la loro gratitudine alla Santa di Palermo, la cui fama era arrivata sin laggiù, per averne favorito la guarigione.
Le immagini di santa Rosalia sono innumerevoli in tutto il mondo: busti, reliquiari, dipinti a soggetto unico o con altri santi e, presso il Museo Diocesano di Palermo sono state raccolte molte pitture dal XIII al XIX secolo, tra cui spicca la prima presunta immagine che la ritrae in una tavola del XIII secolo ed il primo ritratto ufficiale, voluto dal Senato di Palermo nel 1624, dopo l'intervento della Santa contro la peste che decimava il popolo.
Ella apparve in sogno ad una malata, e poi ad un cacciatore. A lui Rosalia indicò la strada per ritrovare le sue reliquie, chiedendogli di portarle in processione per la città.
Così fu fatto e dove le reliquie passavano, i malati guarivano e la città venne purificata in pochi giorni. Da allora si diffuse il culto a Palermo.
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PREGHIERA
O GLORIOSA SANTA ROSALIA
a te con fiducia volgiamo la nostra preghiera
e con confidenza di tuoi concittadini ti invochiamo
o "Santuzza" a custodia della nostra vita.
Vergine della nostra Chiesa,
insegnaci a vivere in attesa del compimento del Regno di Dio,
fa' che alla luce del nostro Battesimo
e fortificati al banchetto dell'Eucarestia
siamo capaci di stare nella storia
come famiglia dei discepoli di Gesù.
Eremita coraggio del Montepellegrino,
aiutaci a far crescere il nostro "uomo interiore",
fa' che siamo custodi gelosi
della presenza dello Spirito Santo in noi,
perché ci liberi dalla superficialità e dall'indifferenza
peste impietosa per l'odierna famiglia umana.
Patrona amata dalla nostra città di Palermo,
guidaci nell'avventura della comunione,
la nostra appartenenza a Cristo
ci renda sempre più autenticamente fratelli e sorelle,
perché la città degli uomini diventi fraterna e accogliente,
e corrisponda alla città di Dio a cui noi aspiriamo.
Donna meravigliosa e saggia
che hai tenuto alto il tenore della tua vita
con la lampada preziosa della fede
e che hai vissuto la potenza della libertà
ponendo salde radici nella parola del Vangelo
unisci la nostra preghiera alla tua.
Ogni cuore tuo devoto lo ripeta:
Di Te ha sete Signore l'anima mia (Sal 62).
+ Mons. Corrado Lorefice
Arcivescovo Metropolita di Palermo
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Preghiera a Santa Rosalia
scritta dal Cardinal Giovanni Rossi, Vicario di Milano (27 giugno 1917)
O Ammirabile Santa Rosalia, tu ti applicasti
a tutti i rigori della più aspra penitenza
nella solitudine di una spelonca,
per amore di Gesù, tuo sposo,
impetra a noi tutti la grazia
di saper abbracciare con fortezza le ribelli passioni
e perdonare sempre a quanti ci offendono.
Ottienici dal Signore Gesù di riempirci del suo Amore,
per essere pronti a soccorrere
quanti soffrono nel corpo e nello spirito
e raggiungere così il santo Paradiso. Amen.
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Pater, Ave e Gloria
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SAN FELICIANO MARTIRE |
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Del Martire romano, Miles Christi, Feliciano nessuna notizia è giunta fino a noi. Si può solo accertare, secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subì il martirio, probabilmente tra il primo e il quarto secolo.
Le sue sacre spoglie vennero raccolte e religiosamente tumulate nelle catacombe.
I sacri resti, estratti dalle catacombe, sono custoditi a Cava dei Tirreni, presso la Chiesa del Purgatorio, dove sono venerati.
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PREGHIERA
O Dio, nostro creatore e redentore, che nella tua ineffabile bontà ricompensi con abbondanza la gloriosa passione dei tuoi martiri, concedi alla tua Chiesa, che oggi si allieta per il trionfo del santo martire Feliciano, di essere liberata da ogni macchia di peccato e di ottenere quel premio che egli ha meritato con la suprema testimonianza della fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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SAN FIORENZO |
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Numerosi i martiri che portano questo nome, derivante dall'aggettivo latino "florens", che augura una vita florida e di grande spiritualità. Ne fà fede il nome della città che gli ex legionari romani avevano fondato in riva all'Arno, a guardia di un guado sul fiume.
Il nome augurale di Florentia si rivelò di buon auspicio, divenne città di storia e di arte.
I Santi di nome Fiorenzo, sono, tra gennaio e dicembre, una quindicina. Tra i martiri di questo nome, uno è festeggiato ad Osimo, nelle Marche, l' 11 maggio; un altro a Norcia il 23 maggio; un terzo, nato a Siponto e caduto ad Aquileia, il 25 luglio; un quarto è ricordato a Perugia il 5 giugno in un gruppo di Martiri della persecuzione di Decio.
Finalmente, Fiorenzo è ricordato a Firenze, cioè nella città di cui condivide il nome augurale. Forse poco conosciuto, era probabilmente un giovane fanciullo romano e il suo ricordo è rimasto vivo nel corso dei secoli, proprio per il nome che lo legava alla città.
Fu molto venerato, ed è ancora molto venerato presso la chiesa degli Scolopi, che avevo eletto il giovane Fiorenzo patrono e protettore degli studenti.
Del Martire romano Fiorenzo nessuna notizia è giunta fino a noi. Si può solo accertare, anche dalla presenza del vaso sangunis, e secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subì il martirio, probabilmente tra il primo e il quarto secolo. Le sacre spoglie vennero religiosamente raccolte e tumulate nelle catacombe, poi custodie a Firenze, presso la Chiesa degli Scolopi.
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PREGHIERA
O Fiorenzo, tu che per amore non hai avuto paura del carnefice, ottienimi da Gesù e da Maria Sua Madre, la forza di vivere la fede e soprattutto la carità verso gli uomini. Concedi ai giovani la grazia di crescere obbedienti al Vangelo ed alle famiglie di vivere come si conviene ad ogni cristiano. Amen.
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SAN FLORIANO |
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Il nome Floriano, riporta alla mente il miles christi di Lorch, patrono contro gli incendi.
I due martiri venerati con lo stesso suo nome a Cuneo e a Cormons, nulla hanno a che vedere con il martire di Lorch, tranne la stessa fermezza e forza nel martirio.
Dei due martiri di nome Floriano nulla è giunto fino a noi di certo. Si può solo accertare, anche dalla presenza del vaso sangunis, e secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subirono il martirio, probabilmente tra il primo e il quarto secolo.
I sacri resti vennero sotterrati nelle catacombe, poi estratti ed ora sono custoditi nelle cittadine suddette.
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PREGHIERA A SAN FLORIANO DI LORCH
O Dio che illumini i cieli e colmi gli abissi, fa che nei nostri cuori arda la fiamma del dovere e della generosità, e quando la sirena urla per le nostre contrade, ascolta il palpito dei nostri cuori, o Signore.
Di fronte ai roghi ad al furore delle acque, fa che il nostro intervento sia di conforto e di aiuto ai fratelli colpiti.
Fa che il nostro agire sia un continuo dono cordiale ed umile, capace di rafforzare in noi e in tutti gli uomini sentimenti ed azioni di sincera fratellanza.
Consci dei rischi che corriamo noi ci rivolgiamo a Te, o Signore, implorando che la Tua mano generosa ci sorregga ovunque.
E Voi, gloriosi martiri San Floriano e Santa Barbara intercedete presso Dio onnipotente protezione e salvezza per tutti gli uomini in servizio.
Iddio accolga nel suo regno quanti sono caduti nell'adempimento del loro dovere.
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SAN PELLEGRINO LAZIOSI |
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Figlio di Berengario Laziosi e Flora Aspini, ghibellino di famiglia avversaria della Chiesa, partecipò alle lotte politiche contro i guelfi locali. Nel 1284 il pontefice Martino IV inviò nelle terre di Romagna il Superiore generale dell'Ordine dei Servi di Maria, Filippo Benizi, che predicava nelle piazze per convincere i cittadini all'obbedienza al Papa, ma venne espulso da Forlì, preso in giro anche da Pellegrino, tra i capi delle fazioni in lotta, che poi si pentì e, raggiuntolo fuori città si gettò ai suoi piedi per chiedergli umilmente perdono.
Si convertì e a circa trentanni, pregando sempre più la beata Vergine perché gli mostrasse la via della salvezza, entrò in quello stesso ordine. Dopo il noviziato e la professione a Siena, fu inviato nel convento di Forlì.
A circa sessant'anni, si ammalò di vene varicose che gli procurarono una cancrena alla gamba destra. Il medico del convento, Paolo Salaghi, e i suoi confratelli decisero per l'amputazione. Ma la notte prima dell'operazione, trascinandosi verso il crocifisso, il monaco guarì miracolosamente. Sparsasi la voce in città, il religioso ebbe fama di santità e, già in vita, venne venerato come protettore dalle malattie croniche e dai tumori.
Morì ottantenne il 1º maggio 1345 consunto dalla febbre ed oggi il suo corpo è custodito in una teca di cristallo posta nella basilica di San Pellegrino Laziosi, nel centro di Forlì.
Pellegrino Laziosi fu dichiarato beato da Papa Paolo V il 15 aprile 1609; il 27 dicembre 1726 fu canonizzato da Papa Benedetto XIII. La memoria liturgica è fissata al 1º maggio.
È venerato come "protettore degli ammalati di cancro". È inoltre il patrono degli ammalati di AIDS e di ogni altra malattia di particolare gravità.
Pellegrino Laziosi è anche co-patrono della città di Forlì, dove ancora oggi, il 1º maggio di ogni anno, si svolge una fiera in suo onore, caratterizzata dalla vendita di cedri.
L'Ordine dei Servi di Maria ne celebra la festa il 4 maggio.
La casa natale corrisponde all'attuale numero 15 di Via Giovita Lazzarini a Forlì e sotto la casa è ancora presente una grotta, protetta da un cancelletto con lo stemma della famiglia Laziosi, nella quale Pellegrino si ritirava in preghiera. |
PREGHIERA PER CHIEDERE UNA GRAZIA
Signore Gesù, che nel mistero dell’Incarnazione
hai assunto la nostra condizione umana,
soggetta alla malattia e alla corruzione;
con la Tua Passione e Risurrezione hai vinto la morte,
e hai redento l’uomo dal peccato, donandogli la salvezza.
Fiduciosi ti preghiamo, per l’intercessione di San Pellegrino,
servo fedele della Vergine, che sostò orante presso la tua croce,
di concedere al nostro fratello (alla nostra sorella) …………
la grazia della guarigione, perché, recuperata la salute,
sia testimone del Tuo amore misericordioso.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
come era nel principio, ora e sempre nei secoli, nei secoli. Amen.
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SAN PAOLO DELLA CROCE |
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Paolo della Croce, al secolo Paolo Francesco Danei, nacque ad
Ovada, da una famiglia molto religiosa il 3 gennaio 1694, sacerdote e fondatore della Congregazione della Passione di Gesù Cristo e delle monache di clausura Passioniste.
Nel 1701 famiglia si trasferì a Castellazzo Bormida e fu seguito negli studi da un sacerdote che gestiva una scuola per ragazzi a Cremolino (Al); fin da piccolo si mostrò molto interessato alla religione: pregava molto, leggeva e passava molto tempo in chiesa in adorazione dell’Eucaristia, fino a raggiungere vette molto alte nella spiritualità. A 15 anni lasciò la scuola, tornò a casa, rinunciando ad un matrimonio di sola convenienza e all’eredità lasciatagli da uno zio sacerdote, tenendo per sè solo il libro del Breviario
Nel 1720 fondò la Congregazione detta dei Poveri di Gesù.
Egli stesso disse di essersi visto col vestito nero, una croce bianca sul petto e sotto la croce il nome di Gesù, a lettere bianche.
Quello stesso anno, rivestito di una tunica nera si ritirò, col permesso del Vescovo di Alessandria, suo padre spirituale, in una cella di una chiesa a Castellazzo Bormida dove trascorse un intero anno.
In questo luogo, ispirato spiritualmente, stese la Regola della sua Congregazione e, ottenuta l’approvazione dal Vescovo, andò da Papa Innocenzo III ma fu respinto dalle guardie.
Deluso, si ritirò sul Monte Argentario, nell’eremo della S.sa Annunziata, dove venne raggiunto dal fratello Giambattista che si era già fatto religioso. Su invito del vescovo di Gaeta, essi si trasferirono presso il Santuario della Madonna della Catena, dove rimasero un anno, per poi andare in provincia di Foggia dove, Paolo, aiutato dal Vescovo, apportò correzioni alla sua Regola, venendo poi ricevuto da papa Benedetto XIII che autorizzò la nuova Congregazione ed ordinò sacerdoti i due fratelli.
La regola venne approvata nel 1741, divenendo egli, nonostante le resistenze, primo superiore generale della Congregazione che come ente di culto ebbe vita nel 1769.
Il 3 maggio 1771 Paolo, con Madre Crocifissa Costantini diede vita alle Claustrali Passioniste.
Non si fermò mai, spendendo la sua vita con austerità e mistica e morì a Roma il 18 ottobre 1775.
Di lui si ricordano la devozione alla Croce, la passione e lo zelo nelle virtù cristiane, meditare ed insegnare, le sue preghiere per 50 anni per la conversione dell’Inghilterra e i numerosi miracoli attribuitigli, che lo fecero dichiarare beato nel 1853 da papa Pio IX che poi lo canonizzò nel 1867, facendo realizzare per S. Pietro una sua grande statua.
Viene ricordato il 19 ottobre ma il calendario della chiesa lo commemora il 28 aprile. Il corpo del Santo si trova a Roma nella Basilica di S. Giovanni e Paolo e nel 1988 ad Ovada è stato inaugurato un Santuario a lui dedicato.
Nel suo cammino gli furono accanto vari compagni, prima di tutto suo fratello Giovanni Battista, venerabile, che aveva condiviso con lui gioie, amarezze e la pratica delle virtù cristiane; Tommaso Struzzieri diventato vescovo di Amelia e di Todi, San Vincenzo Maria Strambi, suo agiografo e Vescovo di Macerata-Tolentino, Agnese Grazi che fu sua prima collaboratrice e figlia spirituale prediletta, figlia del capitano delle Milizie di Orbetello, educanda nel Monastero di S. Domenico a Viterbo, conosciuta nel 1730 ad un ritiro di preghiera a Talamone. Le sue parole penetrarono nell’animo della ragazza che visse e morì in concetto di santità, assistita da lui stesso; la giovane venne sepolta nella chiesa del primo convento dei Passionisti all’Argentario. E’ considerata l’ispiratrice del ramo femminile delle Passioniste.
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PREGHIERA
O glorioso S. Paolo della Croce, che meditando la passione di Gesù Cristo, salisti a sì alto grado di santità in terra e di felicità in cielo, e predicandola offristi al mondo il rimedio più efficace per tutti i suoi mali, ottienici la grazia di tenerla sempre scolpita nel nostro cuore, perché possiamo raccogliere i medesimi frutti nel tempo e nell'eternità.
Amen
O Padre, che hai ispirato a San Paolo della Croce un grande amore per la passione del Tuo Figlio, fa' che sorretti dal suo esempio e dalla sua intercessione non esitiamo ad abbracciare la nostra croce (dal Messale Romano).
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SAN PROSPERO VESCOVO |
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Prospero d'Aquitania, o Prospero Tirone o Prosper Tyro, nato a Limoges, verso il 390 circa, fu scrittore, teologo, monaco cristiano, difensore delle opere di S. Agostino sulla grazia e sulla predestinazione, cancelliere di papa Leone I.
Le Chiese cristiane lo venerano come santo e «maestro di fede».
Fece studi classici e dal suo poema in 122 versi, il Poema coniugis ad uxoris, si pensa che fosse sposato.
D'accordo con Ilario, un laico, informò Agostino di ciò che stava succedendo e questi rispose con due scritti: il De praedestinatione sanctorum e il De dono perseverantiae, le sue ultime opere prima della morte (28 agosto 430). Ma questi non convinsero i monaci provenzali, così Prospero decise di iniziare una battaglia dottrinale ed una difesa del vescovo d'Ippona.
Nel 43, i due decisero di recarsi a Roma per chiedere l'intervento di papa Celestino I che inviò una lettera ai vescovi di Gallia perché frenassero le polemiche nei confronti di Agostino, stimato sia da lui che dai suoi predecessori.
Tornato a Marsiglia, Prospero scrisse molti testi teologici in favore di Agostino, coinvolgendo anche i Papi che si succedettero fino al 440, anno in cui accompagnò a Roma l'arcidiacono Leone.
Questi, essendo morto papa Sisto III, divenne Papa e volle che Prospero si trattenesse con lui per occuparsi della cancelleria pontificia
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Prospero ritrovò la tranquillità dello spirito, poiché, grazie anche alla morte del suo maggior rivale, Cassiano, la disputa lentamente si acquietò. Allora si dedicò alla diffusione del pensiero agostiniano, trasformandosi da polemista a teologoed esegeta.
Fu autore molto prolifico, scrisse anche opere storiche, come una cronaca universale dalle origini alla presa di Roma da parte di Genserico.
Il suo pensiero restò comunque imperniato su due argomenti legati a Sant'Agostino: l'universalità della volontà salvifica di Dio e la predestinazione, secondo cui Dio concede a tutti gli uomini la grazia sufficiente per salvarsi; nega nel modo più assoluto la predestinazione al peccato e alla perdizione, Dio non ha colpa della dannazione: coloro che si perdono, lo fanno di loro volontà.
Prospero morì intorno all'anno 463.
L'unica testimonianza del suo culto nel passato, è un affresco nella basilica di San Clemente a Roma.
Fu confuso spesso con san Prospero vescovo di Reggio Emilia, che si festeggia il 24 novembre, inserito nel Martirologio Romano, nella stessa data.
Sarebbero sue le spoglie di un San Prospero martire, venerate a Novi Ligure (AL), di cui è compatrono, nella Basilica della Maddalena, portate da Roma nel 1750, prelevate dalle catacombe di Priscilla..
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PREGHIERA
O glorioso S. Prospero che sacrificaste il sangue e la vita per confessare la fede, otteneteci dal Signore la grazia di essere con voi disposti a soffrire per amor Suo qualunque affronto e qualunque tormento anzichè perdere una sola delle cristiane virtù; fate che in mancanza di carnefici, sappiamo da noi stessi mortificare la nostra carne cogli esercizi della penitenza, affinché morendo volontariamente al mondo e a noi medesimi, meritiamo di vivere a Dio in questa vita, per essere poi con Dio in tutti i secoli de’ secoli. Così sia.
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SANTA BENERIA |
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Della Martire romana Beneria nessuna notizia è giunta fino a noi. Tranne il nome proprio ed è possibile solo accertare, secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subì il martirio, e probabilmente tra il primo e il quarto secolo.
Le sue sacre spoglie vennero raccolte e religiosamente interrate nelle catacombe. I suoi resti poi, vennero custoditi e venerati a Farnese (VT).
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PREGHIERA
O Dio, nostro Padre, che nella testimonianza gloriosa dei santi, doni alla Tua chiesa segni sempre nuovi del Tuo amore misericordioso, fà che sentiamo accanto a noi la presenza confortatrice di questi nostri fratelli, per essere stimolati all'imitazione di Cristo, Tuo Figlio. Egli è Dio e vive e regna accanto a Te, nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. amen. |
SANTA FILOCIA |
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Il corpo di Santa Filocia, proveniente dalle Catacombe di San Callisto, martire cristiana di cui non si sa altro, si trova ai piedi dell'altare nella Chiesa Madre Santa Fara di Cinisi, costruita in un'unica navata.
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PREGHIERA
O Dio, fonte di ogni bene, donaci la forza del tuo Spirito, che animò la vergine e martire filocia, perchè anche la nostra fragile umanità sia sostenuta dal Tuo amore. amen.
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SANTA FORTUNULA
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Non abbiamo molte fonti storiche o grandi narrazioni a suo riguardo, si sa solo che i suoi resti si trovano in un' urna deposta sotto l'altare della mensa eucaristica nella chiesa parrocchiale di San Macario in Piano, piccolo paese alla periferia di Lucca e di Ponte San Pietro.
Della sua storia non conosciamo elementi precisi, se non che dalla lapide sepolcrale il nome – Fortunola- e lo stato sociale – vedova.
Dopo il martirio tra il I-IV secolo d.C. il corpo, estratto dalle Catacombe venne fatto giungere a Lucca dalla Duchessa Maria Luisa di Borbone nella prima metà dell'Ottocento e sistemato poi in una cappella privata del Palazzo ducale.
Dopo l'unità d'Italia, per interessamento di alcuni parrocchiani di San Macario in Piano, fu chiesta la traslazione del corpo presso la nuova chiesa di San Jacopo.
Da allora si celebra la festa della Santa, la seconda domenica dopo Pasqua, con riti e la solenne processione sul far della sera.
Numerose grazie sono state ottenute per sua intercessione, a cominciare dalla guarigione dalla cecità di una bambina proprio lo stesso giorno in cui avvenne la traslazione, nel lontano 1865.
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PREGHIERA
O Signore, che Ti compiaci della venerazione tributata ai Tuoi martiri, concedi che per i meriti e l'intercessione di S. Fortunola, di cui Ti furono care la vita e la morte gloriosa, possiamo meritare le grazie temporali e spirituali necessarie a conseguire l'eterna beatitudine. amen.
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SANTA LEONZIA
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Corpo proveniente dalle catacombe romane, di cui non si hanno notizie certe, tranne accertare, secondo i criteri archeologici dell’epoca, che subì il martirio, probabilmente tra il primo e il quarto secolo.
I sacri resti, prelevati all'epoca e sepolti nelle catacombe, sono ora custoditi e venerati a S. Francesco a Ripa Grande, in Roma, nella Cappella di San Giuseppe o della Santa Famiglia.
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PREGHIERA
O Dio, che hai dato alla Vergina S. Leonzia la gloria del martirio, per i suoi meriti e la sua intercessione, concedi anche a noi la vittoria sul peccato e la grazia di essere sempre forti nella fede, per camminare con entusiasmo incontro a te, che sei la nostra vita. Amen.
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SANTA TELEUCANIA
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La chiesa in Moro d''Alba, dove si trovano le reliquie di Santa Teleucania, ha un’unica navata con copertura a due falde ed un portale in pietra serena, un interno semplice, con la volta a botte dell’aula e l’abside semi esagonale.
L’edificio venne fatto edificare nel 1661 da Pietro Antonio Ludovici che aveva lasciato una sostanziosa eredità con le cui rendite si sarebbe dovuta edificare una chiesa da dedicare all’Annunciazione, mantendo un rettore appartenente alla sua famiglia più sei cappellani, che il rettore stesso avrebbe dovuto scegliere tra i sacerdoti di Morro. Tutti e sette avevano l'obbligo di celebrare cinque messe a settimana, l’ufficio della Madonna il sabato e nelle feste a lei dedicate e di cantare una messa il lunedì.
Esecutrice testamentaria fu la vedova Giovanna Paolucci, la quale nel 1666 inizierà i lavori, terminati nel 1668 e nel maggio 1670 verrà celebrata la prima messa da don Lorenzo Novelli, discendente del Ludovici. La Paolucci morirà nel 1680 e vorrà essere sepolta nella chiesa assieme al marito, il cui corpo vi era stato già traslato. Poi avvenne la nomina dei sei cappellani.
Nel 1819, don Angelo e don Francesco Remedi, due dei sei cappellani in carica, ottennero da Roma il corpo della martire Santa Teleucania, che verrà esposto al pubblico dal 1835, nell’unico altare esistente nell’edificio, un altare ligneo, alla romana, pitturato a marmo, costruito appositamente per contenere il sarcofago e con il paliotto amovibile per celare l’urna per gran parte dell’anno e mostrarla ai fedeli solo in rare occasioni.
Da allora la chiesa è nota sia con l’intitolazione originaria sia con quella della Santa, alla quale vennero dedicati molti ex-voto per le grazie ricevute, in parte purtroppo dispersi.
Dopo il 1815, quando l’ultimo discendente diretto del Ludovici muore, inizia una controversia giudiziaria tra i vari eredi e il Comune, che alla fine, nel 1879, riesce a conservare la propria parte e il possesso della chiesa.
Dopo l’accordo con la Diocesi di Senigallia del 1985 e dopo un lungo lavoro di restauro l’aula liturgica viene convertita nel 1997 in auditorium per manifestazioni culturali, mentre le cantine sottostanti, dove un tempo erano conservati i prodotti ottenuti dal ricco patrimonio terriero, sono utilizzate come spazio espositivo dove si allineano molti quadri di eventi religiosi che riguardano soprattutto Maria, San Giuseppe, s. Antonio, Angeli ecc. |
PREGHIERA
Dio onnipotente ed eterno, che alla tua Santa Martire Teleucania hai dato forza di sostenere fino all'ultimo la pacifica battaglia della fede, concedi anche a noi di affrontare, per Tuo amore, ogni avversità e di camminare con entusiasmo incontro a Te, che sei la vera vita.
Benedici, per sua intercessione, il nostro Paese, ogni famiglia e tutti e devoti che a lei ricorrono con devozione.
Te lo chiediamo, per Cristo, nostro Signore. Amen.
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SANTA VERECONDA
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Di Santa Vereconda si sa poco o niente, tranne che le sue spoglie, provenienti dalle catacombe romane, sono presenti sotto la mensa dell'altare della Parrocchia Prepositurale di S. Maria Nascente, nella Chiesetta–Oratorio S. Vereconda (Casa Chiesa Molinari), di Erba dove si segnala anche la presenza del settecentesco simulacro ligneo di San Carlo.
Le reliquie sono inserite in una scultura in cera che riproduce le sembianze della Santa, molto venerata dagli erbesi e invocata contro la siccità. |
PREGHIERA
Concedi, o Signore, che nel venerare la memoria della Tua martire S. Vereconda, siamo incitati dal suo esempio a seguire le virtù che conducono alla salvezza. Amen.
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SANTA VITTORIA DI TIVOLI
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Iniziamo con una nota tecnica: quel titolo “di Tivoli” è un errore, perché la vergine e martire da Baceno, ivi vi è il corpo, questo vuol dire il “da” (come quando scriviamo: Antonio da Padova!), è romana di nascita e di martirio.
Nell’anno 1700, l’attivissimo gruppo di Premia residente a Roma, ma parrocchiani di Baceno, guidato da Giuseppe Sartori di Albogno, chiese ed ottenne da papa Clemente XI alcune reliquie del corpo di S. Vittoria vergine e martire estratto il 5 gennaio 1702 dalle catacombe romane dette di Ciriaca o di S. Lorenzo, sulla via Tiburtina, per destinarle alla chiesa parrocchiale di Baceno. Le reliquie della santa, furono traslate a Baceno il 10 agosto dello stesso anno.
Nel 1709 le reliquie della santa furono composte in una artistica urna decorata con lamine d’argento. Nel 1715, dopo aver abbattuto il muro perimetrale della quinta crociera, fu eretta la cappella in suo onore e nel 1718 fu posta in opera l'artistica grata in ferro battuto a protezione dell'urna.
Nel 1794 fu concessa da papa Pio VI l'autorizzazione a celebrare la messa in onore di S. Vittoria nella quarta domenica del mese di luglio.
Nel 1902 l'urna fu aperta per una verifica delle reliquie contenute e nell'occasione si procedette ad una sistemazione delle stesse, ricostruendo con cera il volto, le mani ed i piedi. |
PREGHIERA
O gloriosa Santa Vittoria, giovane forte e generosa, che vivificata dallo Spirito Santo, hai offerto la tua vita, ti supplichiamo con intensa preghiera, di rivolgere a noi il tuo sguardo propizio.
Accoglici sotto la tua protezione, aiutaci a distruggere nel nostro cuore, il germe dell’odio e a liberarci dal peccato e da ogni male, perché riconciliati con il Padre e tra noi, viviamo come fratelli nell’amore di Cristo.
Proteggi questo tuo popolo e tutta la terra sabina, sostieni la fede dei nostri giovani, assisti la trepida esistenza degli anziani e dei malati, conserva nell’unità e nella pace le nostre famiglie e ricompensa tutti coloro che coltivano con zelo la tua devozione.
La tua intercessione ci conceda di essere esauditi, e di poterti un giorno ringraziare in cielo, e con te lodare Dio nei secoli in eterno. Amen. |
SANTA VITTORIA |
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Santa Vittoria, nata a Roma nel 230 ca, viene ricordata il giorno del 253 in cui venne uccisa, il 18 dicembre.
E' rammentata assieme a Santa Anatoli, poiché entrambe rifiutarono gli sposi che erano stati loro designati, due giovani patrizi, che però le tennero in prigionia nelle loro tenute in Sabina, dove Vittoria trovò la morte e venne sepolta in una caverna.
Venne battezzata e verso i 20 anni venne chiesta in sposa da Eugenio, uno dei due designati. La cugina Anatolia la convinse a dedicare la sua verginità a Cristo, così lei, decisa a non maritarsi, vendette i suoi gioielli regalandone il ricavato.
Poiché, dichiarandosi cristiana, avrebbe dovuto rinunciare al patrimonio, Eugenio decise di non denunciarla ed assieme all'altro presunto sposo di Anatoli, decisero di rinchiuderle entrambe nei loro possedimenti in Sabina.
Secondo le cronache viveva in quelle terre un drago che col suo respiro ammorbava a morte uomini ed animali. Persino Domiziano, si recò dalla ragazza per pregarla di salvare la città dal drago e dopo averlo scacciato, Vittoria entrò nella grotta in cui esso viveva, radunando tutta la popolazione e chiedendo in cambio che in quel luogo venisse costruito un oratorio.
In esso raccolse circa una cinquantina di ragazze a cui insegnò salmi, cantici e dove condusse per tre anni una vita di isolamento.
Però Eugenio, cercando di convincerla ad adorare la dea Diana, ma ricevendo sempre un deciso rifiuto, la denunciò ed essa venne uccisa con un colpo di spada.
La popolazione si raccolse in un lutto di tre giorni, dopodichè la ragazza venne sepolta in un sarcofago posto nella caverna dove viveva il drago.
Il luogo del martirio era Monteleone Sabino, dove venne realizzata una piccola tomba, presso cui sostavano molti devoti e dove accaddero alcuni miracoli. Più tardi, poi, là venne costruita una chiesa, più volte restaurata.
Santa Vittoria è patrona di diverse località italiane e si ricorda che a Spongano (Le), avvennero per sua intercessione vari fatti prodigiosi. In questa città era invocata contro il terremoto, la grandine, il maltempo e i fulmini.
Si parla molto del trasferimento delle reliquie di s. Vittoria in Bagnoregio.
I cristiani, morta la santa, ne seppellirono il corpo in una caverna. Là sopra fu costruita una chiesa, che apparteneva già dall’anno 817 all’ordine benedettino. Dalla chiusa della « Passio » redatta verso la metà del sec. VII, risulta che al tempo in cui essa fu scritta, il santo corpo si trovava ancora sul luogo ove primieramente era stato deposto…
Come si sa una parte notevole delle ossa della santa si conservano a Bagnoregio, altra parte a Matenano in Fermo.
Quando furono traslate dalla chiesa di Trebula e portate in questi due luoghi? Si crede che quando al principio del sec. X i Saraceni minacciavano Trebula, i Benedettini trasferirono le reliquie della santa a Farfa, poi, quando per la nuova chiesa di Matenano occorsero le reliquie dei martiri, il 20 giugno 934 inviarono là quelle di s. Vittoria.
Le reliquie della santa che si trovano a Bagnoregio sembra che non vi furono portate contemporaneamente a quelle di Matenano, perché il Cronicon Farfense non avrebbe omesso di riferire la notizia, visto che non si poteva pensare che tutto il corpo della santa venisse trasferito a Matenano, sapendo che un braccio di lei si conservava a Farfa mentre la testa si trovava a Subiaco. Questi luoghi si trovano, anche, ad una certya distanza...
Quindi, si può supporre che quando nell’846 i Saraceni invasero l’Italia centrale, devastando e saccheggiando in Roma sin nelle più importanti Basiliche, i Benedettini di Trebula abbiano messo in salvo parte delle reliquie di s. Vittoria, inviandole a Bagnoregio, dove da poco tempo si erano stabiliti altri monaci del loro Ordine, parte recandole con sé a Farfa, che poi furono inviate a Matenano.
Le ricognizioni delle reliquie di s. Vittoria eseguite in Bagnoregio e in Matenano - secondo la dotta relazione del prof. L. Quintarelli libero docente nell’Università di Padova - dimostrano che i resti della santa esistenti nei due luoghi concorrono a ricostruire uno scheletro umano, intero o quasi.
Antichissimo è il culto tributato a s. Vittoria in Bagnoregio, di cui, era stata protettrice prima di s. Ildebrando.
Le sue reliquie si custodivano in due casse sotto l’altare maggiore dell’antica cattedrale in Civita del 1159. Le due casse non furono aperte che nella visita del 1599, e poi di nuovo sigillate e rimesse sotto lo stesso altare,dove rimasero sino al 1728, anno in cui furono messe in una piccola urna di legno. Da essa vennero tolte nel 1887 quando le reliquie stesse, dopo una solenne ricognizione, vennero chiuse in una ricca urna collocata poi sotto l’altare di s. Giacomo.
Lo statuto del comune del 1373 sottolinea la particolare venerazione in cui era tenuta la santa; la sua immagine era dipinta nel palazzo comunale insieme a quella della Madonna e di s. Ildebrando; davanti ad esse ogni sera veniva accesa una lampada; il suo giorno era dichiarato festivo,tanto che non si poteva amministrare la giustizia e il potestà era tenuto ad offrire un cero di sei libbre, pari a quelli che venivano offerti a s. Ildebrando, a Maria V. Assunta in Cielo, a s. Nicola, a s. Francesco. Nell’intestazione dei libri del comune coi nomi di Maria Vergine, di s. Pietro e Paolo e dei santi protettori, troviamo anche quello di s. Vittoria.
A Civita, esisteva una chiesa, non troppo antica, dedicata a S. Vittoria, sparita per scoscendimento del terreno, ma ancora presente nei ricordi dei cittadini.
Santa Vittoria è molto venerata in numerose chiese della Sardegna e la festa della santa è il 15 maggio.
A Sassari viene ricordata assieme a santa Anatolia ed una leggenda del luogo annota che Santa Anastasia fosse sorella di Anatolia e Vittoria. Nel convento di S.Pietro in Silki a Sassari è conservato e molto venerato il presunto corpo della santa.
Temendo le incursioni arabe, il corpo di santa Vittoria venne portato dapprima nell’abbazia di Farfa poi nelle Marche. a Santa Vitoria in Matenano, nella chiesa a lei dedicata che venne poi abbandonata, demolita a seguito di terremoti e ricostruita nel piano sottostante dove ancora oggi è presente.
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- Santi e Beati
- Wikipedia
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