La venerazione dei Santi è comune sia alla Chiesa Occidentale che alle Chiese Orientali (Ortodosse, perché ci sono anche le chiese orientali cattoliche!).
"Dovremmo crescere nella conoscenza dei nostri fratelli delle Chiese Ortodosse dell'est-europeo per i quali i Santi sono stati e sono un punto di riferimento importante", si augurava il Card. Martini, trovandosi in Russia, nel 1988, per le feste del Millennio delle Rus.
E aggiungeva: " Sarebbe una sorpresa edificante per le nostre comunità occidentali, scoprire non solo la liturgia, il canto, la devozione alla Madonna, ma soprattutto la ricchezza della spiritualità ortodossa."
"Il linguaggio della santità ed il linguaggio dell'universalità perché è quello della verità", nota un illustre esponente ortodossso.
Nella lettera apostolica "Novo Mllennio Ineunte" scrive Giovanni Paolo II: Il grande ecumenismo della santità, con l'aiuto di Dio non potrà nel futuro non produrre i suoi frutti. Intanto proseguiamo con fiducia nel cammino, sospirando il momento in cui tutti i discepoli di Cristo, senza eccezione, potremo cantare insieme, a voci spiegate: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme" (Sal 133 (132). 1)
Ma entriamo ora nel nocciolo della questione.
Nell'Oriente bizantino non c'è distinzione di grado tra beati e santi; i due termini sono intercambiabili, però talvolta c'è il passaggio dalla venerazione locale a quella universale.
Tutto è molto simile nella prassi odierna nella Chiesa Cattolica. Infatti la differenza tra beati e santi e tra culto locale e universale è solo in teoria poi in pratica non esiste. Ci sono santi venerati localmente rispetto a beati che hanno un culto molto più esteso.
Ma torniamo alla santità bizantina.
Le ricerche preliminari alle canonizzazioni e ai riti per proclamare i nuovi santi tra "i due polmoni" della cristianità si assomigliano, però nell'Oriente bizantino deve essere preparata anche un'icona della persona da esaltare ed essa viene rivelata e per la prima volta incensata e pregata durante la canonizzazione.
Tutto questo ricorda, anche se siamo molto lontano nella teoria, gli arazzi usati in piazza San Pietro o in altre località, in occasione di beatificazione e canonizzazione, dico in teoria, perché l'icona ha un valore differente rispetto all'icnografia sacra occidentale.
La tradizione ortodossa esige che la Chiesa, per giudicare l'opportunità di una canonizzazione, faccia riferimento a segni oggettivi, che però non sono infallibili. solo la Santità della Chiesa, il dono della grazia dello Spirito Santo, di cui ha ricevuto la promessa, garantiscono la "verità finale" del suo giudizio.
Tuttavia, alcuni segni oggettivi sono gli indici che guidano l'intuizione della chiesa, annunciano la presenza di una grazia soprannaturale e manifestano il dono dello Spirito Santo, dicono l'armonia profonda della sua natura spirituale e corporale con la Luce increata.
Questi segni sono - per colui che li porta - l'indicazione che è "una lampada posta sopra il candelabro, che illumina tutti coloro che stanno nella casa".
Tre ordini di fatti, la cui importanza non è sullo stesso piano, sono richiesti per giustificare la canonizzazione ufficiale:
Il successo spirituale di un santo, il carattere eroico delle sue virtù.
Il criterio di canonizzazione corrisponde all'eroicità delle virtù richiesta nei processi di canonizzazione cattolica romana.
Il termine russo usato per designare il successo ascetico del santo è quello di "podvig". Esso è un atto di eroismo morale e spirituale.
Ogni cristiano è, quindi, chiamato a compiere i podvig.
Però l'Ortodossia non conosce la distinzione fra due morali, una secolare e l'altra monastica. Ognuno deve essere - nel suo cuore - monaco e asceta. Il podvig, indice della santità, è il risultato del sinergismo tra grazia e libera volontà.
I MIRACOLI
Questo motivo ha un ruolo importante fra i criteri di canonizzazione della Chiesa ortodossa. Alcuni agiografi tendono ad attribuire loro un carattere decisivo. Questo criterio significativo, che esprime il libero accesso del santo presso Dio per parlargli ed implorarlo, è applicata per molte canonizzazioni, ma alcune sono avvenute anche senza prove di miracoli in vita o dopo la morte del Santo.
Un esempio per tutti è la canonizzazione del santo principe Vladimiro. Attribuendo al santo il dono dei miracoli, la Chiesa non pensa minimamente di toglier qualcosa all'Onnipotenza di Dio. Solo Dio è Onnipotente.
SAN VLADIMIRO - http://www.santuarimariani.org/sm-europa/ua-ucraina/eu-ua-ucraina1.htm
Ma come un amico umano dispone delle ricchezze del suo amico perché può chiedergli ogni cosa, sapendo che tutto sarà accordato alla sua preghiera, così il Santo, amico di Dio, dispone in un certo modo dell'onnipotenza divina.
Avendo rinunciato alla sua volontà per unirsi a Dio, può chiedergli con fede tutto quanto desidera per la gloria di Dio e il bene del prossimo.
LO STATO DEL CORPO DEL SANTO DOPO LA MORTE.
Secondo la tradizione ortodossa, i santi sono glorificati non solo nella loro anima ma anche nel corpo. Questa glorificazione ha inizio nella vita terrestre e, dopo la morte; le loro spoglie mortali rimangono come penetrate dallo spirito che le ha abitate. Non sono dei cadaveri, ma corpi che hanno cominciato ad essere glorificati e la cui glorificazione giungerà a compimento alla resurrezione.
Il prolungamento popolare di questa idea teologica fu il credere che un certo stato fisico dopo la morte è segno di santità.
Anche nella chiesa cattolica Romana la conservazione del corpo è un segno singolare di santità, ma non necessario, ricordiamo come esempio: Caterina Vegri, madre Eletta di Terni, Giovanni XIII, Alfredo Ildelfonso Schuster e Andrea Carlo Ferrari- Tuttavia, la Chiesa ortodossa, pur ammettendo che uno stato del corpo piuttosto che un altro dopo la morte può essere dono di Dio, non ha mai fatto, né nella sua teologia, né nella sua disciplina ecclesiastica, delle conditio sine qua non della canonizzazione.
Oltre i criteri di canonizzazione suddetti, nella Chiesa ortodossa come in tutto il mondo cristiano, la venerazione popolare è sempre stata "ufficializzata" nell'atto di canonizzazione dei santi. Infatti la canonizzazione ufficiale fu la ratifica della canonizzazione popolare del culto spontaneamente reso al defunto, morto in concetto di santità, dal popolo cristiano.
Per quanto riguarda la canonizzazione, una grande libertà regnava nell'antica Russia e nel mondo ortodosso: ogni convento, ogni eparchia aveva le sue liste di santi, i suoi dittici particolari.
Più tardi, verso il XII e XIV sec., i metropoliti di Kiev e di Mosca acquisirono il diritto di canonizzare senza chiedere l'autorizzazione di Costantinopoli.
Il Santo Sinodo, a partire dal tempo di Pietro il Grande, accentuò ancor più questa tendenza canonizzatrice.
Infine, dopo la rivoluzione del 1917 e l'abolizione del S. Sinodo, il patriarca di Mosca e il Sinodo nazionale della Chiesa russa sono considerati le istanze supreme della canonizzazione in Russia, e ciò, in ugual modo vale per le altre Chiese ortodosse nazionali.
Bisogna però distinguere nella chiesa ortodossa:
I - canonizzazioni ecumeniche - per le quali è necessaria la decisione di un Concilio ecumenico
II - nazionali - per le quali è sufficiente la decisione di un patriarca o di un Sinodo
III - locali - per le quali basta la decisione di un vescovo.
I Santi locali o nazionali non sono oggetto di culto ufficiale da parte degli altri luoghi o delle altre nazioni. Per questo tutti i santi russi non sono ugualmente venerati in Grecia, né tutti i santi serbi in Russia.
La Chiesa Ortodossa ammette per ogni popolo i suoi santi, con la loro fisionomia propria.
In quest'ottica vale la pena accennare in questo breve discorso sulla santità della Chiesa ortodossa, dei tre tipi essenziali di santità nella Chiesa ortodossa russa. Essi sono:
1 - il sofferente
2 - il pazzo per Cristo
3 - lo starec.
La storia dell'agiografia ci insegna che per quanto riguarda i "sofferenti", ci troviamo di fronte ad una categoria agiografica specificatamente russa, sconosciuta altrove, e che non è da confondersi con l'idea greco-cristiana del martire.
Il "pazzo per Cristo" invece è presente nell'agiografia greca e latina. Ma in nessun luogo questa forma di santità ha avuto tanti rappresentanti quanti ve ne sono stati nella chiesa russa.
Nella persona poi dello "Starec" s'incarna l'ideale russo del "monaco santo" che ha un posto centrale, come esempio ed ispiratore, nella vita religiosa dell'Ortodossia.
Ecco una piccola analisi dei tre tipi essenziali:
1 - "STRASTOTERPEC" cioè "il sofferente"
Fra il "sofferente" o "quelli che soffrono la passione" i principi della Russia costituiscono un gruppo numeroso e sono periti a causa di una morte violenta senza resistere agli avversari o uccisi da rivali politici oppure dall'orda tartara.
Di questo gruppo fanno parte anche coloro che sono morti per morte accidentale o per catastrofi naturali.
Tutti costoro, benché le motivazioni delle loro morti siano diverse, il popolo russo li ha chiamati "strastoterpcy", cioè letteralmente "uomini che hanno sofferto una passione" analoga a quella di Cristo.
Questo elemento fin ora tipico nella tradizione delle Chiese Ortodosse, trova un suo riscontro nella Chiesa Cattolica nel il motu proprio di papa Francesco, “Maiorem hac dilectionem, sull’offerta della vita”, anche se prima di questa Lettera Apostolica già avevamo casi di "strastoterpcy" tra i santi della Chiesa Cattolica.
Certamente questa categoria di santità russa è assimilabile a quella dei martiri, anche se non si possono considerare "martiri per la fede".
Nei " sofferenti" russi è sottolineata l'angoscia e la lotta per superare la debolezza della carne. Questa lotta interiore assume talvolta il carattere di una vera agonia, che evoca quella di Cristo al Getsemani.
Un esempio di strastoterpcy sono i santi principi Boris e Gleb conosciuti anche dal martirologio romano e ricordati il 24 luglio: in Russia, sanctorum Boris et Gleb martyrum, qui, fili sancti Vladimiri, morte excipere valuerunt quam vi fratri Sevastopol resistere..."
SANTI BORIS E GLEB
https://it.wikipedia.org/wiki/Boris_e_Gleb
Mentre un altro esempio molto particolare è la beata Panacea di Quarona venerata a Ghemme che ben entra in questa definizione di santità. Infatti, morì uccisa dalla matrigna (non in odium fidem) ma per la malvagità di quest'ultima che la trafisse con un fuso.
La beata Panacea è venerata come vergine e martire in Valsesia il 2 maggio.
Altri casi eclatanti sono: Massimiliano Maria Kolbe (14 agosto) e Teresa Benedetta della Croce (9 agosto).
http://blog.messainlatino.it/2016/08/san-massimiliano-maria-kolbe-sacerdote.html
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2 - JURODIVJ" - Il "Pazzo per Cristo"
La caratteristica essenziale della "pazzia per Cristo" è l'abbassamento quasi sempre volontario, talvolta morboso della ragione naturale, la morte radicale alla sapienza umana.
Lo scopo è l'umiliazione, in caso di follia sublimata, o semplicemente la conseguenza quando si tratta di veri "semplici di spirito".
Il risultato: la "manifestazione" di una nuova sapienza, la sapienza del cuore, che si incontra con la pace dell'anima, l'amore dei nemici, il dono della preghiera fervente e anche una conoscenza profetica del futuro o dei pensieri segreti dell'uomo.
I "santi pazzi" sono nell'antica Russia quelli più tesi all'escatologia. In nome della vita che segue la nuova Sapienza del Regno dei cieli, la loro intelligenza terrena è crocifissa, e il disprezzo del mondo spinto fino alle sue ultime conseguenze.
Un esempio di "folle per Cristo" è san Basilio (Vlasilj), a cui è dedicata la chiesa sulla piazza Rossa a Mosca.
Nella tradizione cattolica un caso è Benedetto Giuseppe Labre (16 aprile).
SAN BASILIO, IL BENEDETTO
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3 - "STAREC" – il saggio
Il termine "starec" significa anziano o vegliardo o saggio. Più precisamente nel linguaggio ecclesiastico russo indica un monaco che ha raggiunto la maturità spirituale, esperto nell'arte ascetica e nella preghiera, capace di guidare altri nella via della perfezione cristiana e particolarmente della perfezione monastica.
In questo senso, la funzione dell'anziano è sempre esistita nel monachesimo orienta.
Il ruolo dello starec è la paternità spirituale, che è presente nell'agiografia russa non come un carattere accessorio, ma come elemento essenziale dell'immagine del santo monaco.
Nello starec della tradizione russa si evidenzia una caratteristica essenziale: l'unione, in una sola persona, di una carità attiva al servizio del popolo cristiano e di una intensa vita interiore, la cui mistica profonda rimane quasi sempre nascosta agli occhi degli uomini.
Sottolineiamo poi il fatto che l'arte ascetica degli starcy si distingue per l'equilibrio e la prudenza, per la diffidenza nei confronti di ogni esagerazione sempre indicativa ai loro occhi di una mentalità morbosa.
Sono rifiutate le eccessive mortificazioni. Rimane solo, come mezzo ascetico, il digiuno, la veglia e il silenzio. L'accento è messo sulla lotta negativa contro la carne, e sull'esercizio delle virtù evangeliche in seno alla comunità monastica.
Lo starec incarna l'idea russa del servizio che il monaco è chiamato a dare alla Chiesa e al mondo- Egli non è un grande organizzatore e non crea istituzioni sociali, non fonda congregazioni, come spesso fa il santo monaco occidentale. E ancor meno è un riformatore religioso e sociale.
Un esempio è Sergio di Radonez, ricordato nel martirologio romano il 25 settembre.
SAN SERGIO DI RADONEZ
http://luceortodossamarcomannino.blogspot.com/2019/10/canone-san-sergio-di-radonez.html
Concludendo: il santo è un uomo la cui santità, intuitivamente avvertita dal popolo cristiano, si manifesta con l'eroismo delle virtù e con i miracoli.
Segno del dono della grazia, lo separano dalla condizione comune dell'umanità decaduta e fanno di lui il testimone sulla terra del Regno di Dio, l'annunciatore della sua presenza misteriosa nella Chiesa.
Ricordiamoci quanto dice il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium al V capitolo: "Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita di cui egli stesso è autore e perfezionatore: "Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste". Mt 5,48).
Mandò, infatti, a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr. Mc 12,30) e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv. 13,34; 15,12).
I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina e perciò realmente santi.
Essi devono quindi, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuta. Li ammonisce l'Apostolo che vivano "come si conviene a Santi" (Ef. 5,3), si rivestano "come si conviene agli eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza".
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