"CAPRICCI" ROMANI
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IL BALDACCHINO DI SAN PIETRO E IL BERNINI
Tra le tante meraviglie che si possono ammirare
in san Pietro, una è veramente particolare e quasi
sconosciuta ai più. Si tratta del famoso baldacchino
in bronzo posizionato al centro della basilica, poco prima
dell'abside da cui spicca, poderoso e splendido quando illuminata
dal sole, la vetrata dedicata allo Spirito Santo. Tornando
al baldacchino - per costruire il quale fu necessaria una
grande quantità di bronzo, parte del quale fu reperito
spogliando le travi del portico del Pantheon - sulle sue colonne
tortili vennero apposti otto stemmi di marmo bianco di Carrara,
apposti in otto specchiature di alabastro, poste a due a due
sui quattro basamenti che sostengono le colonne. Al di fuori
dello scudo araldico è scolpita la tiara sulle chiavi
incrociatye simboli papali e sotto si vede una piccola testa;
sullo scudo ci sono le tre famose "api" proprie
dello stemma del Sommo Pontefice Urbano VIII della famiglia
dei Barberini e sotto lo scudo un mascherone. Delle otto testine
scolpite sotto le chiavi, 7 sono di donna ed una di un bambino
ridente. Il mistero celato in queste immagini del Bernini
è questo: lo scultore raffigurò in queste figure
le varie fasi della gravidanza: il mistero del concepimento
ed in progressione le varie fasi della gravidanza, fino a
giungere al parto stesso ed al felice esito finale, con la
rappresentazione della testina del neonato. Anche gli stemmi
delle api sono sempre più voluminosi ad indicare l'ingrossamento
del grembo della gestante.
Le ipotesi attorno a questa curiosità
sono varie, partendo da un voto fatto da una nipote del Papa
che aveva promesso di donare i piedistalli in occasione del
suo parto, avvenuto poi felicemente. Seconda e forse più
fantasiosa ipotesi quella che il Bernini avesse avuto una
relazione con una nipote del Pontefice, relazione osteggiata
dal Papa e da lei avesse avuto un figlio e che volesse in
quel modo ricordare quell'avvenimento. Terza e forse non ultima
ipotesi che il Pontefice stesso, preoccupato per la gravidanza
di una delle sue nipoti, avesse fatto voto di erigere proprio
in san Pietro un grande e sontuoso altare. Tutto andò
a buon fine e quindi l'altare in questione venne realizzato
dal famoso scultore che allegoricamente ricordò il
fatto attraverso le immagini scolpite.
Ma a parte queste fantasiose congetture,
forse il Pontefice aveva voluto solo far realizzare in concreto
il concetto medievale della Mater Ecclesiae - la Chiesa come
madre feconda e premurosa verso i suoi fedeli, generatrice
di grazie, che affermava la propria presenza con la succesione
di un pontefice all'altrolo stesso concetto che si era cercato
di concretizzare in Laterano con delle sedie da parto utilizzate
durante l'elezione del Papa e che aveva dato adito ad altre
fantasticherie, concretizzatesi poi nella leggenda della Papessa
Giovanna.
Se comunque non si conoscessero queste ipotesi,
probabilmente, nell'imponente lavoro del Bernini, difficilmente
si potrebbe scorgere quanto sopra detto.
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LA LEGGENDA DELLA PAPESSA GIOVANNA
Questa leggenda era nata all'inizio dell'anno
1000 quando, nell'elencazione dei Papi, dopo Leone IV veniva
citata una certa giovanna che avrebbe regnato per due anni
e si era tramandata per anni, ripresa poi dal Boccaccio che
ne fece addirittura un ritratto vero e proprio, narrandone
la vita fatta di mirabolanti avventure e disavventire che
la portarono a travestirsi da uomo, a studiare le scienze
sacre e profane che poi insegnò ad illustri uomini
da cui, come uomo, era ammirato e alla morte del Papa in carica,
venne eletto, col nome di Giovanni. Per i primi tempi regnò
con onestà e castità, ma successivamente tentata
dal diavolo ebbe vari amanti e rimasta incinta, colta dalle
doglie del parto mentre si recava a celebrare, diede alla
luce un figlio. Poi, ovviamente, venne cacciata e per ricordare
questa infausta parentesi, si approntò una sedia da
partoriente su cui il papa appena eletto doveva sedere e dimostrare
la sua identità maschile.
Ma la sedia gestatoria non fu altro che la
causa della leggenda della Papessa Giovanna, mai esistita,
per fortuna. Questa usanza, forse ereditata dall'Oriente simboleggia
nel Pontefice là seduto appunto quella Mater Ecclesiae,
madre fertile per tutta la cristianità.
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SAN FRANCESCO A RIPA
Questa chiesa che all'epoca di san Francesco
- che vi soggiornò più volte durante i suoi
viaggi a Roma - era un ospizio (Ospitale di san Biagio) per
i pellegrini e che successivamente venne trasformato in un
Convento francescano, con lavori di abbellimento ed ingrandimento.
Attraverso delle scale, dalla sagrestia si può accedere
al piano superiore dove c'è la cella di san Francesco
ed una splendida sorpresa: un enorme armadio di legno, in
cui vengono conservate molte reliquie, che si apre ruotando
le ante su se stesse, rivelando cassetti, sportelli ecc in
cui si possono ammirare 50 teche d'argento con altrettante
reliquie, un angelo e la Madonna dipinti sugli sportelli e
con al centro un ritratto, probabilmente il vero volto di
san Francesco.
Dietro una lapide ci sono il cuore, la lingua e gli occhi
del Card. Pallavicini, il cui corpo è sepolto nella
medesima chiesa.
Beata Ludovica Albertoni, scultura
del Bernini che si trova in San Francesco a Ripa
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LE STATUE PARLANTI
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PASQUINO E LE "PASQUINATE"
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Per rimanere sul tema
di Papa Urbano VIII Barberini (1623-1644) e le sue opere,
come quella di demolire parte del Pantheon per realizzare
le colonne del baldacchino di San Pietro prima citato,
famosa è la "pasquinata" che a lui
si riferisce:
"Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini,
cioè "Quello che non hanno fatto i barbari,
hanno fatto i Barberini".
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Ma chi è Pasquino? Pasquino è una
delle varie statue "parlanti"di Roma, che
si trova nelle vicinanze di Piazza Navona, per meglio
dire è un frammento di antica statua, probabilmente
facente parte di un gruppo di più elementi del
III secolo a. C.
C'è chi dice che il nome Pasquino derivi dal
fatto che la statua era stata rinvenuta presso una bottega
di barbiere (o secondo un'altra versione, presso un'osteria)
il cui proprietario si chiamava Pasquino; oppure che
era quello di un bottegaio che spesso si lamentava apertamente
del malgoverno. C'è, ancora, chi dice che era
il nome di un professore...
Sta di fatto che Pasquino cominciò a "parlare
nel XVI secolo.
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Le "pasquinate" erano composizioni
o scritti satirici che venivano appesi sulla statua. Dapprima
furono solo gli epigrammi di alcuni studenti, ma più
tardi vi presero posto scritti anticlericali o addiritrura
antipapali (come a dire il governo di allora) ed il primo
ad essere preso di mira da vari messaggi furono Alessandro
VI Borgia e la sua famiglia, accusati di violenza, lussuria
e crudeltà. Il più tagliente forse fu quello
che si riferisce alla sua morte avvenuta nel 1503: "Qui
giace Alessandro sesto. È sepolto con lui / quanto
venerò: il lusso, la discordia, l’inganno, /
la violenza, il delitto."
Poi fu la volta di Leone X de Medici, accusato
di vendere indulgenze per reperire denaro utile alla costruzione
di grandi edifici a Roma e a Firenze; alla sua morte, Pasquino
declamò: "Gli ultimi istanti per Leon venuti,
/ egli non poté avere i sacramenti. / Perdio, li avea
venduti!"
Per la morte di Clemente VII de Medici, avvenuta
nel 1534, forse a causa della poca bravura del suo medico,
sulla statua venne messo il ritratto del medico con la scritta:
"Ecce qui tollit peccata mundi (Ecco quello che toglie
i peccati del mondo)".
Per la morte di Paolo III Farnese (1534-1549),
papa integerrimo, accusato però di avere concesso ricchezze
e favori ai parenti, Pasquino dice: "In questa tomba
giace / un avvoltoio cupido e rapace. / Ei fu Paolo Farnese,
/ che mai nulla donò, che tutto prese. / Fate per lui
orazione: / poveretto, morì d'indigestione."
... e via via per gli altri Pontefici, fino
al 1870 circa quando, esauritosi il potere papale, anche Pasquino
si ammutolì.
Talvolta vi era un "botta e risposta"
tra Pasquino e Marforio, un'altra statua parlante di Roma,
di cui un esempio è questo dialogo contro Napoleone
che depredava delle loro opere d'arte i paesi che conquistava:
Marforio: "È vero che i francesi sono tutti ladri?"
Pasquino: "Tutti no, ma BonaParte!"
Una delle ultime fu quella ispiratagli dalla
visita di Hitler in Italia in cui Roma venne ridipinta in
fretta e furia per mostrarsi più bella e ricoperta
anche di strutture di cartone e gesso per nascondere le magagne.
Pasquino commentò: "Povera Roma mia de travertino!
/ T'hanno vestita tutta de cartone / pè fatte rimirar
da 'n'imbianchino".
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MARFORIO
"Marforio" è una splendida scultura che rappresenta
forse il dio Nettuno (o il fiume Tevere), con una fluente
barba, disteso su un fianco, collocata ora in un cortile di
fronte al Museo Capitolino, mentre precedentemente era posta
davanti al Carcere Mamertino.
Era considerato l'"alter ego" di Pasquino e come
accennato i due si divertivano in schermaglie dialettiche
a criticare i governanti, a sottolineare i problemi sociali,
ecc,
Marforio poneva le domande e Pasquino dava una delle sue argute
e penetranti risposte.
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MADAMA LUCREZIA
"Madama Lucrezia", si trova in un angolo di Piazza
Venezia, è un alta scultura di circa 3 metri di altezza,
proveniente da un antico tempio egizio dedicato a Iside. Si
tratta di una donna, forse la stessa dea oppure una sua sacerdotessa,
mentre il nome deriva da una nobile, appunto Lucrezia, vissuta
nel XV secolo.
Invaghitasi del Re di Napoli, che però era sposato,
Lucrezia si era diretta a Roma per chiedere al Papa il divorzio
per il Re, ma la richiesta non venne esaudita. L'anno seguente,
morto il Re, la dama venne costretta dal suo successore a
rimanere nella Città Eterna dove abitò per lungo
tempo nel palazzetto davanti al quale è posta la statua.
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IL FACCHINO
Si tratta di una statua parlante minore ed è una piccola
fontana che rappresenta un uomo dal viso ormai deturpato dal
tempo che versa l'acqua da una botte. Si trattava in origine
di una bella opera d'arte di ignoto ma si vociferava che Michelangelo
stesso ne fosse l'autore.
L'abito che è raffigurato è quello della Corporazione
dei facchini e da qui la definizione del personaggio, ispirato
forse alla figura di un acquaiolo, che raccoglieva acqua alle
fontane per rivenderla poi di casa in casa. Dapprima posta
sulla facciata del palazzo De Carolis in Via del corso, nel
1874 venne rimossa e trasferita in Lata.
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L'ABATE LUIGI
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La statua dell'Abate Luigi - che
si trova nelle vicinanze di Piazza Navona - rappresenta
un uomo togato e risale all'epoca romana.
Il nome di Abate Luigi sembra derivare dalla rassomiglianza
della scultura con un sacrestano della vicina Chiesa
del Sudario. Sul suo basamento si leggono questi versi:
FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA
CONQUISTAI CON MARFORIO E CON PASQUINO
NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA
EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA
MA QUI VITA NOVELLA E ALFIN SICURA
La statua cambiò collocazione varie volte, finchè
nel 1924 non fu riportata alla sua sede originale.
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IL BABUINO
L'appellativo di "Babuino" (Babbuino), è
stato dato alla statua del satiro - una divinità della
mitologia greca disteso sopra una semplice fontana, un tempo
usata per dissetare i cavalli, posta dinanzi alla chiesa di
S.Attanasio dei Greci, nella via chiamata, appunto, del Babuino.
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CURIOSITA' SU MICHELANGELO
MICHELANGELO BARBIERE
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Camminando lungo le Mura Aureliane si
arriva a Porta Pia, realizzata da Michelangelo sul perimetro
della Porta Nomentana. Qui si possono ammirare 3 curiosi
bassorilievi che rappresentano dei catini con l'acqua,
un pezzo di sapone e un asciugamano con le frange.
Sembrerebbe una presa in giro!
Papa Pio IV aveva incaricato Michelangelo di realizzare
qualcosa con questi soggetti che si riferivano all'Arte
dei barbieri e dei chirurghi; questa simbologia era,
infatti, propria della famiglia di Pio IV, originaria
della Lombardia - quindi che nulla aveva a che vedere
con l'omonima famiglia fiorentina - che faceva parte
di questa Corporazione.
Nell'immaginario collettivo, dimenticata poi l'omonimia,
questi simboli vennero ritenuti uno scherzo di Michelangelo,
grande amico del casato mediceo.
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L'UNICA FIRMA DI MICHELANGELO
La celebre statua della "Pietà", che Michelangelo
realizzò su invito del cardinale Giovanni Bilhères
de Lagraulas, ambasciatore di Francia a Roma, che si trova
nella basilica di S. Pietro, è una delle più
importanti opere del grande scultore e l’unica che porta
la sua firma.
Si narra che Michelangelo, allora ventiquattrenne e non molto
conosciuto, ascoltando delle critiche positive da parte di
alcuni critici specializzati in questo campo sulla sua opera
che, però, attribuivano a Cristoforo Solari, si arrabbiò
molto e volle quindi firmare la sua realizzazione per evitare
ulteriori confusioni e incise il suo nome sulla cintura che
attraversa il seno della Vergine.
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LA LAPIDE DOPPIA
All'inizio della guerra di Libia, presso
l'oasi di Sciara Sciat, l'XI Reggimento Bersaglieri ebbe la
peggio in uno scontro con l'esercito regolare turco ed i ribelli
arabi; 400 soldati italiani morirono. Ne seguì una
sanguinosa rappresaglia italiana anche contro la popolazione
civile dell'oasi, episodio che suscitò l'indignazione
della stampa internazionale.
Sui muri dell'ex caserma Lamarmora, a ricordo
dei 300 bersaglieri trasteverini caduti nel 1911 a Sciara
Sciat c'è una lapida con la seguente scritta
TRECENTO BERSAGLIERI
USCIRONO DA QUESTA CASERMA
IL VI OTTOBRE MCMXI
ACCORRENTI ALLA GUERRA DI LIBIA
E IL XXIII A SCIARA-SCIAT
AVVOLTI DA ORDE BARBARICHE
COMBATTERONO FORTEMENTE
GLORIOSAMENTE CADDERO
______
IL POPOLO DI TRASTEVERE
CHE LI ACCLAMÓ PARTENTI
NE BENEDICE E CONSACRA LA MEMORIA
NEL NOME SANTO D'ITALIA
______
XXI APRILE MCMXII
Se si potesse, però rovesciare la
lapide, si troverebbe incisa, solo a metà, un'altra
frase, attrbuita a D'Annunzio.
Commissionata al grande poeta dal sindaco Nathan, che voleva
rammentare la negativa guerra africana, la frase del poeta
venne però scartata forse perchè redatta in
tono troppo ampolloso, poichè così recitava:
" All'immortalità degli eroi che il dì
23 d'ottobre 1911 in Sciara Sciat, primi con vasto sacrificio
confermarono la conquista necessaria, tutto il popolo di Trastevere,
ottimo sangue romano, consacra il suo voto da questa sede...".
La frase quasi incomprensibile venne così scartata
e sostituita da quella più diretta e sentita di Domenico
Gnoli. Il Vate che si trovava in Francia, appena avvertito
di tale rifiuto, scrisse: "Tutte le ostriche di Arcachon
ridono rumorosamente..."
Insomma gli rispose "per le rime"!
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Cosa dire di nuovo della Basilica di San
Pietro? Certo poca cosa, perchè ormai è stato
detto tutto: sulla sua superficie, sui suoi architetti, sul
Bernini in particolare e sulle sue opere d'arte, sui colonnati
formati da colonne di travertino, ecc. Ma ancora qualcosa,
non di nuovo, ma un pò meno noto forse, si può
dire riguardo alle 140 statue - che come riportate nelle cronache
del tempo furono "fatte la maggior parte colla direzione
del detto Cav. Bernino" - mentre alcune vennero aggiunte
successivamente.
La basilica di San Pietro si affaccia in un grandissimo spazio
chiuso in un abbraccio dal gigantesco colonnato, costituito
da un doppio porticato che forma due perfetti semicerchi,
con quattro ordini di colonne (per un totale di 284 colonne
ed 88 pilastri). Esso venne attuato da Gianlorenzo Bernini,
su commissione di Papa Alessandro VII, nel 1667 dopo circa
10 anni dalla sua progettazione. A rendere più vigorosa
ed originale la sua opera, il Bernini realizzò alcuni
effetti ottici per cui guardando il colonnato da un punto
centrale della piazza, esso sembra essere formato da un solo
ordine di colonne.
La Balaustra che sovrasta le colonne è arricchita da
140 statue in travertino di cui quelle che sono dalla parte
del Santo Uffizio sembrano essere state realizzate, su disegno
del Bernini, dai suoi allievi, mentre le altre sono state
scolpite posteriormente e da altri scultori, in quanto non
rispecchiano l'abilità e la grazia del predetto artista.
Le 140 statue rappresentano Santi e Fondatori di ordine religiosi,
oltre a numerosi stemmi dei Chigi.
"I nomi delli scultori di esse 44 (successive) sono i
seguenti":
1. Francesco Marchionne
2. Sillano Sillani
3. Paolo Morelli
4. Giuseppe Raffaelli
5. Antonio Fantasia
6. Francesco Brunetti
7. Simone Giorgini
8. Agostino Zena
9. Andrea Fucina
10. Girolamo Gramignoli
11. Pietro Mantinovese
12. Giuseppe Ferrantini
13. Michele Maglia
14. Francesco Galesini
15. Vincenzio Felici
16. Francesco Pincellotti
17. Francesco Giuseppe Napoleoni
18. Domenico Amici
19. Giuseppe Riccardi
20. Francesco Cristallnio
21. Michele Mauri
22. Gio. Pietro Mauri
23. Vincenzio Mariotti
24. Paolo Campi
25. Gio. Batista Antonini
26. Giuseppe Micheletti
27. Niccolò Artusi
28. Alessandro Palma
29. Giulio Coscia
30. Girolamo Protopapa
31. Alessandro Rondoni
32 Marco Tommasini
33. Antonio Alignini
34. Annibale Casella
35. Lorenzo Lirone
36. Antonio Galbani
37. Paolo Reggiani
38. Antonio Frediani
39. 40. 41. Monsù Teodone
42. 43. 44. Lorenzo Ottone.
Santi del colonnato di destra
San Gallicano - San Leonardo - Santa Petronilla
vergine - San Vitale martire - Santa Tecla, Vergine e Martire,
Sant'Alberto Carmelitano - Santa Elisabetta del Portogallo
- Sant'Agata Vergine e Martire - sant'Orsola - Santa Chiara
Vergine - sant'Olimpia - Santa Lucia Vergine e Martire - Santa
Balbina, Vergine e Martire - Sant'Apollonia - San Remigio
Vescovo - Sant'Ignazio di Loyola - San Benedetto - San Bernardo
- San Francesco d'Assisi - San Domenico -Santa Macrina - Santa
Teodosia - Sant'Efrem - Santa Maria Egiziaca - San Marco Evangelista
- Santa Febronia Vergine e Martire - Santa Fabiola vedova
- San Nilamone - San Marciano - Sant'Eusigno Martire - San
Marino - San Didimo - Sant'Apollonio - Santa Candida - Santa
Fausta - Santa Barbara - San Benigno - San Malco Martire -
San Mamante - Santa Colomba - San Ponziano - San Genesio -
Sant'Agnese - Santa Caterina Vergine e Martire - San Giusto
Santi del braccio dritto di destra
Santa Cecilia - Santa Francesca Romana -
San Giorgio - Santa Maria Maddalena de' Pazzi - Santa Susanna
- Santa Martina - San Nicola di Bari - San Nicola da Tolentino
- San Francesco Borgia - San Francesco di Sales - Santa Teresa
- Santa Giuliana - San Giuliano - San Celso - Sant'Anastasio
- San Francesco Martire - San Paolo - San Giovanni - San Damiano
- San Cosma - San Zosimo - San Rufo Martire - San Protasio
- San Gervasio Martire - San Tommaso d'Aquino
Santi del braccio dritto di sinistra
San Bonaventura Vescovo - San Marco - San
Marcellino Martire - San Vito - San Modesto - Santa Prassede
- Santa Pudenziana - San Fabiano - San Sebastiano - San Timoteo
- San Fausto Martire - San Primo - San Feliciano - Sant'Ippolito
- Santa Basilissa - San Paolo - Santa Giuliana - San Nereo
- sant'Achilleo - San Felice - Santa Costanza - Sant'Andrea
Corsini -San Crescentino -Santa Pelagia Martire - San Pancrazio
Martire -
Santi del colonnato di sinistra
San Dionisio - San Lorenzo - Santo Stefano
- San Romano - Sant'Eusebio - San Spiridione Vescovo - Sant'Ignazio
Vescovo e Martire - Sant'Alessandro Vescovo - San Leone Magno
- Sant'Atanasio Vescovo - San Giovanni Crisostomo - Sant'Ubaldo
Vescovo - San Gregorio Nazianzeno - San Leone IV Papa - San
Clemente - San Celestino V Papa - San Marcello Papa e Martire
- San Martino Papa e ;artire - San Silvestro Papa - San Marcellino
Papa e Martire - Santa Galla matrona romana - Santa Caterina
da Siena - Santa Beatrice vergine e Martire - Santa Teodora
- San Giacinto - San Francesco Saverio - San Gaetano Thiene
- San Filippo Benizi - San Filippo Neri - San Carlo Borromeo
- Sant'Antonio da Padova - San Francesco da Paola - Sant'Antonio
Abate - San Paolo Eremita - San Pietro Nolasco - San Giuseppe
- San Romualdo - San Giovanni de Matha - San Ludovico Beltrando
- San Brunone -- Sant'Ilarione - San Girolamo - San Teodoro
- San Teobaldo - San Norberto
Qualche curiosità numeriche su San Pietro
ed il Vaticano
L'area della piazza è 56.000 metri
quadrati
San Pietro è la Basilica più grande del mondo
con i suoi 186,36 metri di lunghezza della navata maggiore)
La cupola realizzata da Michelangelo ha 42 metri di diametro
Gli scalini che conducono in cima alla cupola sono 302
Il baldacchino in bronzo scolpito dal Bernini - di cui si
faceva cenno prima - pesa 300 quintali
La Cappella Sistina misura 40,93 x 13,41 metri
Il Giudizio Universale si sviluppa su 226 i metri quadrati
di parete e la volta della Cappella, realizzata da Michelangelo,
è di più di 1000 metri quadrati
L'imponente lavoro di Michelangelo venne realizzato in 450
giorni ed il numero dei personaggi raffigurati è di
314
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L'ELEFANTINO DELLA MINERVA
Il "Pulcino", con questo appellativo familiare,
i romani chiamano la statua dell'elefantino che si trova dinanzi
alla chiesa di S.Maria sopra Minerva, così chiamata
perchè in epoca romana là vi era edificato un
tempio dedicato a questa dea.
Nel 1665, nel giardino del convento annesso, venne ritrovato
un piccolo obelisco che si voleva porre dinanzi alla chiesa.
Il progetto presentato da uno dei frati prevedeva la realizzazione
di 6 piccoli basamenti ed alcuni cagnolini, simbolo dei domenicani
(Domini canes, vale a dire "cani del Signore", con
riferimento ad una assoluta fedeltà dell'Ordine a Dio).
Ma al Papa Alessandro VII Chigi il progetto non piacque, cosicchè
chiamò ad eseguire l'opera nientemeno che Gianlorenzo
Bernini, il quale propose appunto un piccolo elefante, simbolo
di forza e di saggezza, che sorreggeva il piccolo obelisco.
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LA PORTA MAGICA O ALCHEMICA DI PIAZZA VITTORIO
Nel popoloso ed antico quartiere dell'Esquilino, tra i grandi
palazzi arricchiti da portici ed arcate che risalgono alla
fine del 1800, quando la capitale venne spostata da Torino
a Roma ed una gran parte dei burocrati torinesi si trasferi
nella città eterna in questo nuovo quartiere ideato
apposta per loro, su un lato del giardino situato al centro
della Piazza Vittorio Emanuele - detta semplicemente Piazza
Vittorio - esiste ancora qualche vestigia della famosa Porta
Magica o Porta Alchemica, un'altra delle singolari e celebri
leggende della città.
La Porta faceva parte di villa Palombara, proprietà
del Marchese di Pietraforte, eretta su un'area decisamente
più vasta, appartenuta a Papa Sisto V, pontefice dal
1585 al 1590, che vi fece costruire una splendida villa adornata
di statue e fontane, su vestigia di età romana già
preesistenti, alcune risalenti addirittura al VII secolo A.C.,
e sui resti del Ninfeo di Alessandro Severo (III secolo),
conosciuto come i Trofei di Mario, che raccoglieva le acque
degli acquedotti per confluirle al centro della città
attraverso canali di distribuzione. Il Ninfeo era un luogo
di culto delle ninfe, una grotta naturale o artificiale con
acqua sorgiva, con giochi d'acqua, abbellita da volte, colonnati,
portici, statue e mosaici.
Ritornando alla Porta Magica e al Marchese, è necessario
delineare la figura di questo nobile, innamorato della meditazione,
della natura e dello studio dei testi antichi, per lui così
affascinanti. Sotto il terreno di una delle sue vigne aveva
ritrovato i resti di un'antica riproduzione di epoca romana
del discobolo di Alcamene e l'aveva posto al centro dei ruderi
del ninfeo. In gran segreto, essendo attirato dall'esoterismo
e dalla perfezione, ritenendo il mondo in cui viveva fatuo
ed imperfetto, praticava l'alchimia cercando di riuscire nella
difficile
arte di trasmutazione degli elementi. Sembra fosse membro
dei Rosacroce, una famosa setta esoterica, in cui solo gli
iniziati potevano accedere ai misteri dell'occulto, che agli
inizi del XVII secolo era tornata in auge dopo un periodo
di declino e nel suo personale laboratorio teneva incontri
con altri alchimisti, che sovvenzionava e faceva esperimenti
lui stesso.
Conobbe la regina Cristina di Svezia, che si era definitivamente
stabilita a Roma dove proteggeva artisti e scienziati e che
aveva fondato un'importante Accademia da cui nacque l'Arcadia.
Anch'essa era un'appassionata ricercatrice in questo campo
e quindi i due legarono subito e spesso si videro nel laboratorio
del Marchese per penetrare tutti i segreti dell'alchimia.
Si sa di certo che un giorno il Marchese venne a contatto
con un alchimista medico, Giuseppe Borri, anch'egli esperto
di queste arti che, alla ricerca della pietra filosofale,
fece molti esperimenti, ma che sparì improvvisamente
dalla vita del Marchese, lasciando le sue formule che nessuno
però fu in grado di decifrare. E quindi Palombara pensò
di riprodurle sulla porta del suo laboratorio, a perenne memoria.
Secondo una seconda versione, fu invece Borri stesso ad inciderle
sulla porta prima di partire.
Secondo un'altra leggenda, invece, il Marchese avrebbe conosciuto
casualmente uno sconosciuto, seguace delle stesse arti, che
gli consigliò di scrivere sul marmo le verità
apprese ariguardo della pietra filosofale di cui era alla
ricerca e che sembrava interessare anche il nobile romano.
Lo sconosciuto si fece rinchiudere nel laboratorio del Marchese
e quando egli cercò di entare dopo molte ore trovò
che se ne era andato lasciando dietro di sè tracce
di oro... forse l'aveva scoperto ed aveva portato via con
sè il supremo segreto...
Nonostante l'infelice risultato, questo incontro fu illuminante
per il Marchese: secondo il suo sentire e sapere tutte le
ricerche relative all'Arte dell'Alchimia non erano riferite
ai metalli ma alle realtà interiori e la pietra filosofale
non era altro che la Ragione, l'elemento interiore che poteva
trasformare tutte le potenze vitali in verità e luce...
Sta
di fatto che la Porta Magica, o per meglio dire Porta Alchemica,
comprende dieci iscrizioni: una sulla soglia che recita: "Si
sedes non is (se vai non siedi)" che poteva essdere interpretata
al contrario come: "Se non siedi, vai", ad intendere
che bisognava perseverare nel proprio percorso, a prescindere
dalla direzione. Sopra la porta c'è un grosso disco
con una stella a sei punte con il motto Tri sunt mirabilia
Deus et Homo , Mater et Virgo, Trinus et unus", vale
a dire:"Tre sono le cose mirabili: Dio e Uomo, la Madre
e la Vergine, l'Uno e il Trino". Sopra la stella c'è
un cerchio con una croce cin la scritta: "Centrum in
trigono centri" ("Il centro è nel triangolo
del centro"). In alto sullo stipite, una scritta in ebraico
che significa "Spirito Divino" e sotto una frase
che richiama a Giasone e al Vello d'oro che i seguaci dell'alchimia
interpretavano come la pietra filosofale.
Sullo stipiti sono riportati i simboli dei pianeti e la relativa
corrispondenza ad un metallo ed ad un dio:
(Saturno e il piombo - Giove e lo stagno - Marte e il ferro
- Venere e il rame - Mercurio ed il mercurio - Apollo, cioè
il Sole e l'oro - e frasi alternate che riferite sempre allegoricamente
all'alchimia.
Sulla parte inferiore dello stipite è impressa una
monade - termine greco che indica l'unità da cui si
originano i numeri e le cose, talora usato perdefinire il
principio divino come unità suprema e successivamente
l'unità minima e indivisibile della sostanza spirituale
di cui tutte le cose sono composte - ed un'altra frase: "
L'opera del vero saggio è aprire la terra, affinché
germogli per la salvezza dell'uomo"
Tutto queste incisioni forse potrebbero riferirsi, oltre
che a un semplice accesso fisico oltre la porta, soprattutto
ad un acesso ad un livello interiore ad un superiore stato
di perfezione dello spirito, requisito indispensabile per
i seguaci della setta dei Rosacroce condizione che, secondo
i principi rosacrociani, era una condizione irrinunciabile
per accedere ai segreti alchemici.
Le due statue poste ai lati della porta, esseri indefinibili,
erano divinità egiziane chiamate Bes, tutori della
casa, della nascita, dell'infanzia, conosciuti anche in Roma
nell'età imperiale, non erano inglobate in villa Palombara
ma vennero ritrovate presso il Quirinale dove sorgeva il tempo
dedicato ad Iside. A conclusione dei lavori ottocenteschi
per rinnovare Piazza Vittorio, quando Villa Palombara venne
completamente demolita, furono poste ai lati della Porta Magica,
quasi a tutelarne il segreto.
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LA BOCCA DELLA VERITA'
La Bocca della Verità è un'altra curiosità
della città Eterna. Si tratta di un disco di pietra
di circa 2 metri di diametro che probabilmente rappresenta
un dio degli oceani, oppure una maschera tragica, con la bocca
spalancata. Sta di fatto che sembra essere stato utilizzato,
nel IV secolo a. C. come chiusura di una fogna del tempio
dedicato ad Ercole. Essa venne murata su una parete del portico
dell'antica chiesa di S. Maria in Cosmedin nella prima metà
del 1600.
La leggenda metropolitana vuole che infilando
la mano nella bocca del mascherone, se si dice una bugia,
la mano verrà "inghiottita" dal mascherone,
altrimenti, se si è detta la verità, rimarrà
indenne. Questa storia risale probabilmente ad epoca medievale,
quando la bocca era ancora sulle mura esterne della chiesa,
alcuni dicono per mettere alla prova le moglie sospettate
d'adulterio, altri per mettere alla prova inquisiti di vari
reati.
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UN'INSOLITA VISIONE
Nell'ampio piazzale antistante la chiesa
di Santa Sabina, ci si trova davanti ad una grande costruzione
che appartiene al Priorato di Malta. Un'antica leggenda narra
che tutto l' Aventino, il colle su cui sorgono varie chiese
ed anche questa villa. è come una grande nave alla
fonda, in attesa di dirigersi verso Gerusalemme. Il grande
architetto, incisore e pittore Piranesi venne incaricato,
nel 1765, dal Priore di Cavalieri di Malta, nipote del Papa
in carica Giovanni XIII, di realizzare su quel colle una zona
adatta allla preghiera e alla riflessione. Cultore dei Templari,
egli diede inizio alla sua opera con architetture e simbologie
proprie degli iniziati a questa Confraternita, adornando la
zona con simboli massonici Ma, al di là delle raffigurazioni
e del simbolismo, l'occhio del turista o del pellegrino stupisce
rapito dinanzi all'immagine che scopre accostando l'occhio
alla serratura del portone: in una cornice di verdi cipressi,
lontana ma chiara e quasi a portata di mano, spicca l'inconfondibile
sagoma della cupola di San Pietro.
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I FANTASMI DI ROMA
A Roma si parla anche di apparizioni ripetute di fantasmi,
per lo più di donna, legate ad antiche storie o leggende
BEATRICE CENCI
1577-1599
Quella più ricorrente è del
"fantasma" di Beatrice Cenci, appartenuta ad una
nobile famiglia, che nel 1500 viveva nel rione della Regola
assieme alla sua famiglia. Il padre Francesco era un uomo
violento e litigioso e maltrattava tutti anche in casa, tanto
che Beatrice lo denunciò alle autorità. Questo
lo mandò su tutte le furie e lo indusse a scacciare
di casa la ragazza e sua sorella, mandandole nel castello
che possedeva in provincia di Rieti. Tuttavia le sue soperchierie
continuarono e tutti i fratelli si allearono contro il padre,
pensando che l'unica soluzione era quella di eliminarlo definitivamente.
Mentre Francesco si trovava al castello essi
lo drogarono dapprima eppoi lo lasciarono uccidere da un servo,
nascondendone poi il cadavere. Le guardie papaline cercarono
di chiarire la scomparsa dell'uomo e tra alterne vicende i
quattro Cenci vennero scoperti, arrestati e condannati a morte.
In loro favore, però, s'alzò la voce del popolino
che conosceva i soprusi di Francesco e quest'azione portò
un pò di respiro ai condannati, perchè la sentenza
venne sospesa. Tuttavia papa Clemente VIII ratificò
la sua decisione ed i condannati vennero giustiziati a Ponte
Sant'Angelo. Beatrice venne decapitata e poi sepolta in San
Pietro in Montorio ma, durante l'occupazione di Roma da parte
dei francesi, la sua tomba venne distrutta ed i suoi resti
dispersi.
Sembra dunque che in alcune notti il fantasma
di Beatrice, portando la sua testa recisa tra le mani, compaia
proprio sopra al ponte che conduce a Castel Sant'Angelo.
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DONNA OLIMPIA
(1592-1657)
Un altro fantasma che ricorrentemente compare è quello
di Donna Olimpia Maidalchini, che di tanto in tanto viene
avvistata tra Palazzo Pamphilj e piazza Navona dove abitava
quand'era in vita, seduta su una carrozza trainata da cavalli
neri.
Essa era nata da una modesta famiglia di Viterbo, ma riuscì
a conquistare un uomo ricco che da lì a poco la lasciò
vedova ma già molto introdotta nelle alte sfere, dove
con abilità riuscì a salire altri gradini di
nobiltà, imparentandosi niente meno con quello che
allora era solo Cardinale ma che, di lì a poco, sarebbe
diventato Papa
Innocenzo X, di cui aveva sposato il fratello, Pamphilio Pamphilj.
Anch'egli però morì presto ma Olimpia rimase
al fianco del Papa di cui diventò consigliera, invisa
a molti, soprattutto al popolo di Roma che la soprannominò
"Pimpa" o "Pimpaccia".
Anche Pasquino, la statua parlante, disse la sua: "Per
chi vuol qualche grazia dal sovrano / aspra e lunga è
la via del Vaticano. / Ma se è persona accorta / corre
da Donna Olimpia a mani piene / e ciò che vuole ottiene.
/ È la strada più larga e la più corta."
Ma lei non se ne dava pensiero, tuttavia poche ore prima
della morte del Papa, temendo per la sua vita e per le sue
ricchezze, fuggì su di una carrozza con tutti i suoi
averi, per non tornare mai più a Roma.
Il successore di Innocenzo X, Papa Alessandro VII, la condannò
all'esilio perpetuo nel piccolo paese di San Martino al Cimino
dove ella morì quattro anni dopo di peste.
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COSTANZA CONTI DE CUPIS
Ancora un'altra donna tra le leggende di Roma, questa volta
si tratta di Costanza Conti - maritata con un nipote di un
cardinale, De Cupis - che andò a vivere nella casa
del marito situata sempre attorno a Piazza Navona, in via
dell'Anima.
Era una donna di bell'aspetto, particolarmente ammirata per
la bellezza delle sue mani, tanto che uno scultore la pregò
di lasciargliene prendere l'impronta, mettendo poi il calco
esposto nelle vetrine del suo negozio. Purtroppo, però,
un giorno qualcuno predisse che le mani di Costanza avrebbero
ben presto perso la loro bellezza.
Questa previsione, scosse profondamente Costanza e purtroppo
poi si avverò: un giorno mentre cuciva si produsse
con un ago una piccola lesione che successivamente si infettò
e, degenerando, si propagò a tutta la mano rendendola
informe e come morta, tanto che più tardi gliela amputarono.
Ma ormai l'infezione si era estesa a tutto il corpo e Costanza
morì, disperata.
Si dice che nelle sere di luna, quando la sua luce si riflette
sui vetri della sua antica casa, dietro di essi s'intravveda
l'ombra della sua mano
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I FANTASMI DEL MURO TORTO
Ai margini del Muro Torto venivano sepolti
personaggi poco raccomandabili, prostitute e ladri i cui spiriti
sono ancora presenti nella zona per vendicarsi di chi aveva
tolto loro la vita e spesso là si verificano fatti
strani ed aspiranti suicidi vi si recano per trovare la morte
gettandosi dall'alto delle mura.
Ma non è questa la cosa più
interessante: sotto le mura, infatti, si trovano sepolti i
corpi dei due carbonari Targhini e Montanari - immortalati
in un celebre film "Nell'anno del Signore" - ribelli
e Carbonari che avevano radunato attorno a loro un gran numero
di affiliati che però si erano poi defilati. Ad alcuni
di questi il Targhini non perdonò: ne uccise due e
ne ferì un altro che però non morì ma
lo denunciò. Targhini e Montanari vennero dunque condannati
a morte per decapitazione.
Si dice che talvolta nella notte i corpi dei due Carbonari
vaghino nella zona reggendo tra le mani le loro teste mozzate.
Il Muro Torto sembra essere anche l'ultima
dimora di Nerone ed anche il suo fantasma si aggira, di tanto
in tanto, nella zona.
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Ancora altri "fantasmi" o comunque visioni strane
sono stati segnalati nell'arco dei secoli, come ad esempio:
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- Nella zona del Colle Oppio, si è visto talvolta vagare il fantasma
di Messalina, moglie dell'imperatore Claudio
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- Nel 1800 vennero rilevate apparizioni di monache in una
antica casa non lontana da San Giovanni in Laterano (vi erano
e vi sono parecchi comunità di suore nella zona), che
si potevano anche udir salmodiare e che passando davanti ai
vetri delle finestre di quello che era stato il loro convento
vi lasciavano impronte o disegni;
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- In alcune zone della Città Eterna si è
visto girovagare anche il fantasma di Berenice, amante
di Tito, condannata e uccisa perchè seguiva le
arti magiche.
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IL PANTHEON E UMBERTO I
Il Pantheon sembra essere sorto sul luogo
da cui Romolo, fondatore di Roma, aveva lasciato questa terra
per raggiungere gli altri dei in cielo; costruito da Marco
Agrippa nel 27 a. C. su richiesta dell'Imperatore Augusto,
venne più volte Incendiato e ricostruito e realizzato
nella sua forma odierna da Adriano.
Fu trasformato in chiesa da papa Bonifacio IV che lo dedicò
alla Madonna e a tutti i Martiri e destinato a custodire le
tombe di alcuni grandi personaggi della storia, tra cui Raffaello
Sanzio e i reali di Casa Savoia, tra cui Vittorio Emanuele
II, Umberto I e la Regina Margherita.
A proposito dell'argomento "fantasmi"
sembrerebbe che il Re Umberto I, assassinato nel 1900, sia
apparso più volte a varie persone; nel 1930 sarebbe
comparso ad un carabiniere di guardia alla sua tomba e gli
avrebbe addirittura chiesto di di portare un messaggio - di
cui non si è mai saputo il contenuto - ad un noto politico
dell'epoca.
Bibliografia: Storie e luoghi segreti di Roma - Cecilia
Gatto Trocchi - Newton Compton Editori
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