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COLLABORAZIONI
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dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università
di Udine, che ha fornito anche le immagini.
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MA QUANTE API SONO?
Il monumento equestre al granduca Ferdinando I dei Medici
a Firenze
di Renzo Barbattini* e Stefano Fugazza**
*Dipartimento di Biologia applicata alla Difesa delle Piante
– Università di Udine
** Galleria d’Arte Moderna “Ricci Oddi”
– Piacenza
Fig. 1
Monumento equestre del granduca Ferdinando I dei Medici,
Giambologna (1529-1608), piazza Santissima Annunziata
(Firenze)
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Nel nostro “navigare” alla
ricerca nella pittura e nella scultura d’immagini
di reperti artistici raffiguranti l’ape che andassero
oltre a quelli più noti e riportati in quasi
tutti i manuali di apicoltura, ci siamo imbattuti nel
monumento equestre in bronzo del granduca Ferdinando
I dei Medici (Firenze 1549 – 1609), opera del
Giambologna (1529-1608), che si erge quasi al centro
della bellissima piazza della Santissima Annunziata
a Firenze (fig. 1).
Questa rettangolare piazza rinascimentale, definita
“la più armoniosa e perfetta del mondo”,
si sviluppò ad iniziare dal 1252, a seguito della
costruzione della chiesa dedicata all’Annunciazione,
sorta dove prima c’era l’antichissimo oratorio
di Santa Maria in Cafaggio. Il suo nome è legata
alla presenza nella chiesa di un affresco, intitolato
“Annunciazione” (opera eseguita da Bartolino
nel 1252), che presto ebbe fama di miracoloso. Si narra
che il volto della Vergine fosse dovuto ad un Angelo,
sostituitosi nell’opera al pittore addormentato.
La devozione per quella immagine portò al nuovo
nome della chiesa, che venne chiamata della Santissima
Annunziata, diventando il santuario mariano di Firenze.
Sulla piazza quasi ogni giorno sostano brevemente i
cortei nuziali, perché le giovani spose fiorentine
offrono il loro mazzo di fiori bianchi alla Vergine,
ancella del Signore, la cui maternità venne annunziata
dall’Arcangelo Gabriele.
Il particolare che denota questa piazza, è l’estensione
degli eleganti loggiati, disposti su tre lati; anche
l’arredo urbano presenta caratteri di rilevante
interesse. Fino ad allora, a Firenze, si erano viste
le logge affiancate solo ai palazzi e non alle chiese:
queste avevano sempre avuto la facciata liscia, senza
nessun porticato. I loggiati della Santissima Annunziata
furono dunque una novità, soprattutto funzionale;
avevano il compito d’accogliere i pellegrini che,
specialmente nella notte dell’8 settembre, giungevano
dalla campagna e s’accampavano all’addiaccio,
in attesa che all’alba venissero dischiuse le
porte del santuario. |
L’opera equestre fu
realizzata dal Giambologna, negli ultimi anni della
sua vita, utilizzando il bronzo proveniente dai cannoni
delle galere turche, catturate dai Cavalieri dell’Ordine
Militare di Santo Stefano . A tale memoria, nella cinghia
sottopancia del cavallo fu inciso il motto: De’
metalli rapiti al fero Trace.
La statua poggia su un basamento rettangolare di marmo
bianco: i lati più lunghi sono paralleli ai lati
Est ed Ovest della piazza, mentre i lati minori rivolti
a Nord e Sud sono rivestiti con un cartiglio in bronzo.
Anche il basamento è rialzato dal suolo di tre
gradini, il primo dei quali più in alto della
pavimentazione della piazza di appena mezzo centimetro. |
CHI ERA GIANBOLOGNA
Il monumento equestre al granduca Ferdinando
I dei Medici è l’ultima opera del Giambologna
(pseudonimo di Jan de Boulogne, nato a Donai nel 1529
e morto a Firenze nel 1608), uno scultore di origine
fiamminga attivo soprattutto a Firenze. Dopo essersi
formato in patria, nel 1550 si recò a Roma principalmente
per studiare le opere di Michelangelo, da cui trasse
la propensione a una forte tensione dinamica delle forme.
Durante il viaggio di ritorno dal soggiorno romano,
Giambologna si fermò a Firenze dove fu ospitato
dal mecenate Bernardo Vecchietti che lo introdusse alla
corte dei Medici, anch’essi, come noto, appassionati
protettori di artisti. Fu un incontro decisivo, perché
lo scultore cominciò a lavorare per i signori
di Firenze, rimanendo al loro servizio per circa quarantaquattro
anni, più di metà della sua vita. Anzi,
i Medici erano anche gelosi di questo artista, creatore
di un linguaggio assai apprezzato ovunque. Molti regnanti
e principi chiedevano ai Medici di concedere i servizi
del Giambologna, ma questi lo consideravano troppo importante
per la loro “politica delle immagini” per
cui tolleravano solo qualche viaggio, come a Bologna
per la fontana del Nettuno richiesta da papa Pio IV
e dal cardinal legato Carlo Borromeo. |
Tra le opere dello scultore, il monumento equestre
a Cosimo I de’ Medici in piazza della Signoria
a Firenze. Committente fu nel 1587 il duca Ferdinando
I che in questo modo intendeva celebrare il padre, il
primo granduca di Toscana, scomparso una quindicina
di anni prima. L’artista s’impegnò
allo spasimo per quest’importante occasione ed
ebbe bisogno di un’apposita fonderia stante le
dimensioni della scultura, che fu completata nel 1594
con la figura del granduca e il piedistallo marmoreo
su cui vennero applicati tre bassorilievi dedicati ad
altrettanti episodi salienti della vita del personaggio
(il conferimento del titolo nobiliare, le insegne affidategli
da Papa Pio V e l’entrata trionfale a Siena).
La statua ebbe grande fama e il Giambologna ricevette
analoghe commissioni, tra cui quella per il monumento
a Ferdinando I de’ Medici, che l’artista
non aveva ancora completato al momento della morte,
nel 1608. L’opera allora fu affidata a un suo
allievo, Pietro Tacca (1577-1640), che già aveva
rifinito i rilievi bronzei per la base del monumento
a Cosimo I de’ Medici. Tacca divenne l’erede
ufficiale del maestro, rilevandone anche la bottega.
Particolare curioso di questo monumento, è dato
dall’originale impresa araldica di Ferdinando
I (fig. 2), ideata dal famoso inventore senese d’emblemi
del Cinquecento, Scipione Bargagli (nato nel 1540 e
morto il 27 ottobre 1612), disposta sul lato del basamento
che guarda la Chiesa della Santissima Annunziata. |
Fig. 2
Impresa araldica di Ferdinando I
(Scipione Bargagli, 1540-1612) |
L'IMPRESA
In araldica essa indica un disegno simbolico
consistente in una figura e un breve motto che, dalla
fine del XIV secolo, si è diffusa come emblema
allegorico personale, spesso suggerita da poeti e letterati.
Diversi casati e anche alcune città ne avevano
una propria: a titolo di esempio si riportano i motti
della famiglia Savoia (Fert: è una sigla, costituita
dalle iniziali di un motto, che nel corso degli anni
ha avuto molte interpretazioni tra le quali Fides Est
Regni Tutela, legata alla convinzione di regnare per
diritto divino e Foedere Et Religione Tenemur, che fa
pensare alla politica ufficiale della Casa tesa a presentare
se stessa come affidabile e legata a valori condivisi),
della famiglia fiorentina Ridolfi (Le bel et le bon),
della famiglia bavarese Rothschild (Concordia, Integrità,
Industria), del casato di Schwarzemberg, principi austriaci
del “sacro romano impero” (Nil nisi rectum),
del monarca del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord (Dieu et mon Droit, in francese), della Repubblica
di Malta (Virtute et Constantia), dello stato spagnolo
(Una Grande Libre, presente nella bandiera fino al 1981),
del Regno di Württemberg, oggi Land del Baden-Württemberg,
nell’ambito della Repubblica Federale Tedesca
(Furchtlos und Treue, Senza paura e fdeltà) e
quella del Regno dei Paesi Bassi (Je Maintiendrai).
In particolare, per quanto riguarda le imprese medicee,
occorre citare quella di Cosimo I che prevede la figura
della tartaruga sormontata da una vela e il motto Festina
lente . |
Fig 3
Impresa araldica di Ferdinando I
(particolare).
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Al centro (Fig. 3) di una gran targa di bronzo, dove
campeggia il motto Maiestate Tantum, si trova l’ape
regina contornata, a cerchi concentrici e sfalsati,
da altre api. Fu proprio Ferdinando I a far mettere
questa aggiunta per dar risalto al suo operato: l’ape
regina circondata da uno sciame con il motto "
maiestate tantum" sta a significare che nel Granducato
egli rappresentava il centro, il fulcro, l’ape
regina appunto, mentre il popolo fiorentino, laborioso
e pacifico, costruiva e lavorava intorno a lui.
L’ape regina si trova circondata da una miriade
d’api, tutte rivolte verso di lei, tanto che diviene
estremamente difficile contarne il numero senza confondersi.
Nacque così la leggenda secondo la quale non
si potevano contare le api in un’unica soluzione
senza contrassegnarne almeno qualcuna. Per questo motivo,
quando a Firenze i bimbi bizzosi chiedevano troppo insistentemente
qualcosa ai genitori, questi erano soliti portarli davanti
alle insegne di Ferdinando promettendo che avrebbero
soddisfatto ogni loro desiderio a patto che i piccoli
fossero riusciti a contare il numero esatto di api.
Ma quanti sono questi insetti? Chi dice 91 oppure 99,
100, o 101; per i curiosi non resta che provare a contarli,
ma senza ricorrere al trucco di contrassegnarli! Un
detto popolare assicura buona fortuna solo a coloro
che, senza toccarle, riusciranno a contare tutte le
api. |
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NOTE
1 - In particolare, l’edificio
più nobile della piazza (imitato negli archi degli
altri lati) è l’Ospedale degli Innocenti, costruito
tra il 1419 e il 1445 su progetto di Filippo Brunelleschi
(1377-1446) con i famosissimi tondi di Andrea della Robbia
(1435 – 1525).
2 - L’Ordine Militare di Santo Stefano fu istituito
da Cosimo I dei Medici, detto “il grande” (Firenze,
1519 - Villa di Castello, Firenze, 1574) per combattere i
pirati che infestavano il Mediterraneo e fu affidato al capo
di casa Medici.
3 - La frase festina lente (affrettati adagio)
è attribuita allo scrittore latino dell’età
imperiale Svetonio (latino: Gaius Suetonius Tranquillus; nato
nel 70 d.C. e morto nel 126 d.C.); Aldo Manuzio (tipografo,
nato a Velletri nel 1449 e morto a Venezia nel 1515), umanista
e uomo di cultura, nonché studioso attento della letteratura
classica, l’adottò assieme con un simbolo (il
delfino e l’ancora) come marchio della sua azienda;
questa frase e questo simbolo comparivano sulle monete romane
del I secolo.
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FONTE
BARBATTINI R., FUGAZZA S - , Ma quante
api sono ? - Mondo Agricolo - Apimondia Italia (www.federapi.biz)
- (1) (2008): 28-31.
Bibiografia consultata
BARGELINI P., GUARNIERI E., 1977 - Le strade
di Firenze. Vol. I, Casa Editrice Bonechi (Firenze): 65-69.
CIARLEGLIO F., 2003 - Lo struscio fiorentino. Ed.
Tip. Bertelli (Firenze): 160 pp.
PIPER D., 1991 – Dizionario illustrato dell’arte
e degli artisti. Gremese Editore, Firenze: 177-178.
RICCIARDI L., 2001 - Simboli medicei: “palle”
e imprese nel Quattrocento. In CARDINI F.
- I re Magi di Benozzo a Palazzo Medici, Casa editrice Mandragora,
Firenze, 96 pp.
Ringraziamenti
Si volevano ringraziare il dott. R. Nannelli (Firenze), il prof A. Savorelli (Firenze)
e il prof. M. Ghirardi (Sala Baganza –
Parma) per la collaborazione prestata.
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Dello stesso Autore:
Api nell'Arte
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Api e Religione -
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Api nel collezionismo e nella pubblicità
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Il mondo delle Api
- Giorgio Celli, amico dell'ambiente e delle Api |
Api nel mondo infantile
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Di altri Autori:
- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura" |
Clikkare qui sotto per altro articolo sugli Animali nella Bibbia, sotto la voce "Antico Testamento"
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