Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

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IL CONNUBIO TRA UMANITA' E NATURA NEI RITRATTI DI LEA BRADOVICH

 

 

di Renzo Barbattini e Giovanni MianI

 

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La pittrice americana guarda al mondo della natura come una fonte di ispirazione costante.

Tra i soggetti rappresentati, i ritratti femminili rimandano sovente ai dipinti della tradizione pittorica classicista del Cinquecento italiano.

Dominante è il ruolo della figura dell’ape, la quale forma essa stessa alcuni particolari dell’opera, come i copricapi, le collane, financo lo sfondo stesso.

 

Quest’artista (http://leabradovich.com) è nata nel 1955 negli Stati Uniti, precisamente a Chisholm, Minnesota; vive e opera a Santa Fe, New Mexico.

Le sue opere rivelano uno spiccato interesse per il mondo naturale in ogni sua sfaccettatura, che l’artista sapientemente utilizza per la realizzazione di figure umane, specialmente femminili ma anche, in qualche caso, maschili.

I soggetti attingono sovente al repertorio della tradizione figurativa dell’arte sacra.

Ricorrenti sono le immagini di graziose donne e fanciulle che richiamano l’iconografia religiosa, in cui un ruolo di primo piano nell’economia della rappresentazione è svolto dalle api.

Sono, infatti, tali insetti a formare l’aureola e i simboli cristiani, oltre che i paramenti liturgici.

Analoga importanza le api assumono anche in altri lavori di Lea Bradovich, nei quali formano, con la loro minuziosa e metodica disposizione, i copricapi di uomini o donne di elevata estrazione sociale.

L’elemento naturale si coniuga perfettamente con l’elemento umano, così da formare un connubio indissolubile.

Lea Bradovich ci ha mandato belle immagini di alcune sue opere.

Il filo conduttore della sua produzione artistica deve essere visto in una sorta di affinità elettiva fra componente umana e componente naturale, quasi fossero due poli tra loro inscindibili.

Entrambi questi aspetti trovano una consonanza tale per cui si potrebbe ben parlare di antropomorfismo naturale o di naturalismo antropomorfo.

Si veda, a questo proposito, 19th Century Queen Bee (Fig. 1).opera che, come anche suggerisce il titolo stesso, è tutta giocata sulla identificazione del ritratto della nobildonna con l’ape.

L’intero spazio della rappresentazione è, del resto, pensato per tale riferimento: il copricapo, l’abito dettagliatamente descritto, financo lo sfondo che circonda la donna.

Analogo discorso si ritrova in Manorbee (Fig. 2), dipinto nel quale la figura maschile si coniuga armonicamente con le figure delle api che abbelliscono i suoi abiti, così pure lo sfondo.

Non mancano fanciulli tra i soggetti dipinti dalla Bradovich, come evidente in opere quali Honey child (Fig. 3) o Daughter of the hive (Fig. 4) o ancora Beehaloed (Fig. 5).

La realizzazione di questi ritratti risente, dal punto di vista formale, della tradizione figurativa rinascimentale, evidente soprattutto nella delicatezza con la quale sono resi i tratti fisiognomici dei volti, nell’eleganza delle vesti, nell’equilibrio della composizione per cui, come detto, il soggetto rappresentato si inserisce armonicamente all’interno dello spazio della composizione.

 

In particolare, Queen Bee (Fig. 6) sembra recuperare dal punto di vista della figurazione la grande tradizione dell’arte classicista rinascimentale (1).

Il volto femminile, il quale scruta l’osservatore con una gelida fissità e un certo distacco, può ben essere accostato ai celebri ritratti della produzione artistica quattrocentesca.

Particolarmente accentuata è la simmetria formale, per cui l’immagine è costruita attraverso forme geometriche, che delineano il volto femminile, il lungo collo, il copricapo della donna.

In questo come negli altri ritratti, accanto alla signorilità formale che esprime al meglio la nobiltà sociale, particolarmente rilevanteè la ieraticità degli effigiati, visibile soprattutto nella posa impassibile e nello sguardo raggelato in una profonda fissità.

Un interesse particolare pare avere, per l’artista, il mondo delle api: i riferimenti a questo insetto sono numerosi e costanti nell’opera: nel copricapo formato da due enormi api disposte scrupolosamente su dei fiorellini, negli orecchini, nella veste minuziosamente definita, con delle minuscole api che contribuiscono ad adornarla, nello sfondo composto unicamente da una sorta di alveare.

La figura della donna s’inserisce armonicamente nello sfondo, con il quale s’immedesima totalmente, diventando parte integrante di esso.

Per le opere di Lea Bradovich si potrebbe dunque dire, pur nell’autonomia delle differenti indagini culturali, ciò che Baruch Spinoza (1632-1677) disse per la filosofia, Deus sive natura, intendendo dire che la naturaè tutto, anzi il Tutto, la sostanza da cui tutto deriva e a cui tutto torna.

In altre parole, Natura naturans, la natura che ha in sé il proprio principio.

La natura è un tutto organico di cui l’uomo non è se non una singola parte in sé manchevole e inscindibile dalla totalità.

È la visione del mondo che da Spinoza passa al movimento culturale dello Sturm und Drang e, successivamente, alla concezione letteraria e filosofica del primo Goethe e al suo classicismo della natura.

Tale classicismo, che deriva anche dalla profonda affinità di Lea Bradovich con l’arte visiva rinascimentale (in particolare la ritrattistica), è rielaborato e filtrato dalla personale sensibilità dell’artista, la quale guarda alle esperienze figurative d’inizio XX secolo, in particolar modo al Surrealismo.

Nelle opere della pittrice le api, nella loro ordinata e metodica disposizione all’interno dei dipinti, sortiscono nell’osservatore un effetto d’iniziale spaesamento non dissimile dall’effetto prodotto da certi dipinti di esponenti del movimento artistico surrealista quali, ad esempio, Renè Magritte (1898- 1967) e Paul Delvaux (1897-1994).

Entrambi questi due grandi artisti sono dunque due delle matrici culturali più vicine alla concezione pittorica di Lea Bradovich.


Ciò che accomuna la pittrice a Delvaux è infatti la rappresentazione di donne impassibili e dallo sguardo enigmatico, di Magritte è l’interesse per l’inconsueto, l’accostamento di cose comunemente estranee (nel caso di questa pittrice si vedano le api che formano particolari iconografici rilevanti delle figure umane).

L’accostamento inconsueto è, anche in questo caso, realizzato con uno stile del tutto impersonale e attento al realismo e all’oggettività delle cose.

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Note

1) In effetti Queen Bee ricorda il Ritratto di Lucrezia Panciatichi di Agnolo Bronzino (1503-1572), databile al 1541 circa e conservato negli Uffizi di Firenze.

 

 

 

 

Il connubio tra umanità e natura nei ritratti di Lea Bradovich. Apitalia, 41 (7-8) (2015): 43-45 (in coll. con MIANI G.)

 

 

 

 

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