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COLLABORAZIONI
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LE ARNIE ORIZZONTALI " A FAVO FISSO" ANTICAMENTE DIFFUSE IN VAL RESIA (FRIULI VENEZIA GIULIA) E IN SLOVENIA
di Renzo Barbattini* - Mauro D’Agaro*
e Franc S ivic **
*Dipartimento di Biologia e
Protezione delle Piante –
Università di Udine.
** Associazione apicoltori della
Slovenia – Ljubljana
Articolo apparso su Mondo Agricolo – Apimondia Italia – n.11/2008
Fig. 1
Collocazione
geografica della Val Resia
(www.parcoprealpigiulie.org
http://www.parcoprealpigiulie.org). |
L'allevamento di api (Apis mellifera L.) in arnie non
razionali “a favo fisso” (dette anche “arnie villiche” o “bugni”) è perdurato in Friuli e in Slovenia fino ai
primi anni ’80 del secolo scorso. In quel periodo, in provincia di
Udine esistevano ancora, oltre alle arnie a “favo mobile” Dadant-
Blatt, bugni stimati intorno al 2% del totale delle arnie; in
Slovenia, invece, erano presenti, oltre alle arnie a “favo mobile”
Zˇ
nidersˇicˇ (dette anche Alberti-Zˇ nidersˇicˇ, AZˇ o Arnie nazionali) e
Langstroth, arnie non razionali in percentuale di circa l’0,5%.
Successivamente tali arnie, soprattutto in seguito all’arrivo della
varroa (Varroa destructor Anderson e Trueman), il noto e pericoloso
acaro parassita dell’ape che fino a poco tempo fa era erroneamente
classificato come Varroa jacobsoni Oudemans, sono
definitivamente scomparse dallo scenario dell’apicoltura. Infatti,
per poter mettere in atto le migliori tecniche apistiche, comprese
le attività di controllo delle popolazioni dell’acaro, è di fondamentale
importanza utilizzare colonie di api allevate in arnie
razionali, nelle quali le api costruiscono i favi su telaini mobili
(arnie “a favo mobile”) e quindi facilmente amovibili.
In Val Resia (1) (Fig. 1) le arnie “a favo fisso”, ancora utilizzate fino
all’avvento della varroa, erano le “arnie villiche” in legno a sviluppo
orizzontale (Figg. 2-3) molto simili alle arnie orizzontali,
modello “Kranjicˇ” (Fig. 4), un tempo diffuse in Slovenia. |
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Figura 2:
Arnia orizzontale
“resiana”
vista frontalmente. |
Figura 3:
Arnia orizzontale “resiana” rovesciata
e aperta (a sinistra)
a confronto con un’arnia
razionale tipo Dadant-
Blatt scoperchiata
(a destra)
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Figura 4:
Tavola che rappresenta un’arnia orizzontale slovena
modello “Kranjicˇ”. Con a e con b sono indicati i due fori presenti
nella parete superiore (il “tetto”). |
La tipologia costruttiva delle arnie orizzontali (sia friulane, sia
slovene), peraltro, era analoga a quella di arnie villiche orizzontali
un tempo utilizzate in altre regioni italiane, qualiTrentino, Puglia (ricavate da blocchi di tufo), Sicilia (costruite con
fusti dell’ombrellifera Ferula communis L.).
Al fine di una miglior comprensione del testo si parlerà sempre
di “arnia” ben sapendo che con questo termine s’indica la costruzione,
in genere di legno, impiegata per ospitare la colonia d’api;
quindi è più corretto chiamare “alveare” l’insieme dell’abitazione
(l’arnia) e delle api che la popolano.
L’arnia orizzontale “resiana”
L’arnia orizzontale “a favo fisso” utilizzata in Val Resia era un
parallelepipedo costruito con tavole di legno d’abete; osservando
un esemplare originale, conservato presso il Dipartimento di
Biologia e Protezione delle Piante dell’Università di Udine, si
rilevano le seguenti misure interne: 83 cm di lunghezza, 30 cm
di larghezza, 23 cm di altezza; lo spessore delle tavole con cui è
costruita è di 2 cm.
Il predellino è largo circa 28,5 cm e sporge,
rispetto alla parete anteriore dell’arnia, di 10 cm. La parete
superiore (il “tetto”) sporge di 6 cm; la porticina d’ingresso, posta
sul lato corto, è larga 10 cm. Sulla superficie interna del “tetto”
si notano ancora i segni lasciati dai favi posti parallelamente al
lato lungo (disposizione “a favo freddo”). Non erano previsti né
un’ulteriore copertura delle arnie per evitare infiltrazioni di
acqua piovana – anche perché esse venivano collocate sotto tettoie
appositamente costruite – né un eventuale melario.
In particolare, l’arnia orizzontale presentava la parete inferiore
(il “fondo”) apribile (Fig. 5); era, infatti, munita di due cerniere
lungo un bordo e di una chiusura tramite ganci su quello opposto,
a formare una sorta di porta. Gli apicoltori della Val Resia
avevano adottato tale stratagemma, perché avevano osservato
che le api non “incollano” mai i favi sul “fondo” dell’arnia, in
quanto lo stesso viene mantenuto costantemente libero per eliminare
con più facilità dalla colonia i residui di varia natura che
cadono dai sovrastanti favi.
In tali arnie il recupero del miele dal nido si poteva, quindi, effettuare
senza ricorrere all’apicidio (2) e con un minimo disturbo delle
api. Dalle preziose informazioni fornite dal signor Luigi Paletti di
Prato di Resia (3), si è appreso che la raccolta del miele avveniva
una volta all’anno, più precisamente durante i primi quindici
giorni di maggio.
Essa era eseguita (dopo aver allontanato le api
con l’aiuto del fumo) mediante l’asportazione di quattro porzioni
di favo con miele, rispettivamente due dalla parte posteriore dell’arnia e due dalla parte anteriore. Così facendo, il
settore mediano dei favi, in cui era presente la covata, era lasciato
intatto.
Poi, le porzioni prelevate erano collocate in un sacco di tela a rete
o di juta e si procedeva alla loro pressatura. A pressatura avvenuta,
questi contenitori erano posti vicino a una fonte di calore,
quale lo “spolert” (la catteristica stufa a legna) per favorire lo
sgocciolamento e quindi il recupero del miele rimasto.
Da ogni singola colonia di api si raccoglieva, pertanto, una quantità
piuttosto modesta di miele; invece, più interessante era il
fatto che, con questo tipo di arnie, si poteva incrementare
annualmente il numero delle colonie dell’apiario. In ogni alveare,
infatti, la sciamatura si verificava fino a tre volte l’anno4.
Inoltre, quando si notava un comportamento anomalo delle api
sui predellini di volo, si poteva procedere alla “visita parziale”
delle colonie.Tale visita consisteva nello spostare leggermente i
favi (unica parte non “saldata” all’arnia orizzontale) dopo aver
rovesciato l’arnia e aver sollevato il suo “fondo. Ciò permetteva
di rilevare la presenza della covata e della regina, nonché di controllare
il loro stato di “salute”. Tali visite, però, si effettuavano
molto raramente.
Al termine della visita o del prelievo delle porzioni di favo colme
di miele, gli apicoltori richiudevano il “fondo”, lo riagganciavano
e ricollocavano l’arnia nella posizione originale senza creare particolari
scompensi alla colonia di api.
L’arnia orizzontale slovena
In Slovenia le arnie orizzontali “Kranjicˇ” erano molto diffuse.
Portano il nome “Kranjic” perché il loro utilizzo prese piede originariamente
nell’Alta Carniola, la cui capitale è Kranj.
In seguito questo tipo di arnia si è diffuso in tutta la Slovenia, e
da un secolo esso è stato sostituito gradualmente, in prevalenza,
dall’arnia moderna di tipo Zˇ nidersˇicˇ 5 (Fig. 6). Le arnie “Kranjicˇ”
erano costruite in legno di abete o di tiglio e avevano una forma
di “parallelepipedo” con una lunghezza media di 70 cm, una larghezza
tra i 25 e i 30 cm e un’altezza tra i 18 e i 22 cm. La parete
inferiore (il “fondo”) era fissata alle pareti laterali con quattro
chiodi “di piccole dimensioni” che permettevano di rimuoverla
con una certa facilità.
La parete superiore (il “tetto”) era dotata di uno o due fori
(10 x 10 cm) che, durante la primavera, in autunno e in inverno,
erano coperti con una “tavoletta”; i due fori, una volta
aperti, permettevano alle api di passare dal nido al sovrastante
melario.
Il melario era costituito da un’arnia “Kranjicˇ” senza favi o con favi
già costruiti che, dopo avere asportato il “fondo” (Fig. 7), era collocata
dall’apicoltore, prima del raccolto, sopra un’altra arnia orizzontale“Kranjicˇ” contenente una famiglia numerosa.
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Figura 5:
Arnia orizzontale “resiana” capovolta con fondo mobile aperto.
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Figura 6:
Apiario: costituito da arnie modello “Zˇnidersˇicˇ” a Sempas
(Slovenia) (Foto Sˇ ivic).
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La parete anteriore (il “frontale”) di queste arnie era decorata: su di
essa erano ritratte scene di arte popolare (6). Artistici esempi si possono
osservare nelle Figg. 8-9; la prima è in realtà una tavola di
quattro “frontalini”, risalenti alla seconda metà del 1800 dipinti con
motivi religiosi (sopra sono rappresentati, a sinistra, “La visita dei
Magi” e, a destra, “Gesù colpito dai soldati romani”; sotto sono
riportati, a sinistra,“Sant’Ursula e Santa Barbara” – rispettivamente
sulla parte destra e sinistra del “frontalino” – e, a destra, “San
Michele arcangelo”). La seconda, invece, è più recente (risale al
1992) e riporta “La caduta da cavallo di S. Paolo apostolo”. |
Figura 7:
Tavola indicante la possibilità
di sovrapposizione di un’arnia “Kranjicˇ”
ad un’altra; quella superiore fungeva da
melario, quella inferiore da nido.
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Figura 8:
“Frontalini” di arnie orizzontali modello “Kranjicˇ”
con decorazioni risalenti alla seconda metà del 1800.
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Figura 9:
“Frontalino” di
un’arnia
orizzontale
modello“Kranjicˇ” con
decorazione
abbastanza
recente.
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Gli apicoltori sloveni utilizzavano le arnie orizzontali “Kranjicˇ”
anche come “pigliasciami” e, dopo avervi inserito uno sciame
(Fig. 10), sfruttavano la colonia per la raccolta del miele e della
cera.
Il miele veniva prelevato in due modi: o dal nido (ciò accadeva meno
frequentemente) o dal melario (operazione più frequente). Nel primo
caso l’apicoltore poteva far ricorso o meno all’apicidio. La
soppressione della colonia era indicata specialmente per quegli
alveari che presentavano favi di colore scuro e possedevano una
regina piuttosto vecchia. Per correttezza storica occorre segnalare che
l’insegnante apicoltore Anton Jansˇa (7), colonna dell’apicoltura slovena,
era contrario all’apicidio. Egli, infatti, proponeva di fare uscire le api
dall’arnia con l’aiuto del fumo e di convogliarle in un alveare debole,
ma con regina giovane; in tal modo si otteneva l’obiettivo di
rinforzarlo.
Su quest’ultimo alveare doveva essere sovrapposta l’arnia
che era stata privata delle api, ma che era ancora ricca di covata; una
volta che quest’ultima aveva completato il suo sviluppo, l’arnia
sovrapposta poteva essere rimossa. A questo punto, senza api e senza
covata, da questa si potevano recuperare tutti i favi (compresi quelli
con miele).
Per prelevare il miele dal nido senza sopprimere la colonia d’api, l’apicoltore
agiva nel seguente modo: dopo aver rimosso la parete
posteriore dell’arnia, faceva avanzare, con l’aiuto del fumo prodotto
da un affumicatore, le api verso la parte anteriore del nido. Dopodiché
tagliava le porzioni terminali dei favi, ricche di miele, attaccati al“tetto” e alle pareti.
Questa operazione era eseguita due volte all’anno: la prima in maggio-giugno e la seconda in luglio (alla fine della fioritura del tiglio e del
castagno). Invece, in settembre (dopo la fioritura del grano saraceno),
dalle famiglie di api destinate a svernare non si prelevava il miele.
Nel secondo caso, l’apicoltore procedeva a fine stagione all’asportazione
dei melari e al prelievo dei favi che contenevano miele. Questa
operazione era effettuata in ottobre o in novembre: in tale periodo, il
melario era sicuramente senza api.
Con questo tipo di arnie, cioè con “fondo”staccabile, anche gli apicoltori
sloveni potevano procedere alle “visite parziali” a primavera inoltrata,
in estate e in autunno; ciò avveniva solo quando essi notavano anomalie davanti all’entrata dell’arnia quali, ad esempio, un viavai di
poche api che uscivano ed entravano nella colonia o l’assenza, tra le
api bottinatrici, di api portatrici di polline. Una volta rimosso il “fondo”
dell’arnia (Fig. 11), l’apicoltore controllava, per quanto possibile, la
colonia (generalmente disposta su 7-8 favi, paralleli rispetto alle
pareti laterali dell’arnia); con particolare attenzione venivano considerate
la presenza e lo stato di “salute” della covata e della regina, nonché
la quantità di miele presente.
Se la visita estiva rivelava che la colonia era senza regina e senza
covata, le api ancora presenti venivano utilizzate per rinforzare le
famiglie deboli, ma con regina giovane; in questo caso l’arnia veniva
collocata (come se fosse un melario) sopra un’altra arnia orizzontale
dopo aver aperto i due fori nella faccia superiore della ricevente.
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Figura 10:
Disegno
che illustra come l'arnia
orizzontale "Kranjic" poteva
essere utilizzata come "pigliasciami"
(disegno di Radko Oketi_, 2007,
Dane, Slovenia).
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Figura 11:
Raffigurazione
che illustra l'operazione di distacco,
da parte dell'apicoltore, del fondo
dell'arnia orizzontale "Kranjic";
l'apicoltore rappresentato, come
quello di fig. 10 è Anton Jansˇa
(disegno di Radko Oketi_, 2007, Dane
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Considerazioni
Da quanto esposto, si può capire come gli scambi culturali tra gli
abitanti della Val Resia e quelli della vicina Slovenia abbiano interessato anche il mondo apistico (è risaputo che le popolazioni
della Val Resia si spingevano oltre le montagne e oltrepassando
il fiume Isonzo si mettevano in contatto con gli slavi cragnolini “sloveni-carinziani” (8). Ciò si nota, infatti, non solo dalla somiglianza
del tipo di arnie, ma anche dalla similitudine (a detta
degli apicoltori delle due aree) delle tecniche apistiche adottate,
fin dai tempi più remoti, per l’allevamento delle api.
L’unica differenza di rilievo tra i due modelli di arnia (differenza
che si riflette nella tecnica apistica) è l’assenza nell’arnia “resiana”
di un melario. Si può ipotizzare che ciò sia avvenuto in quanto
le produzioni apistiche in Val Resia (territorio prevalentemente
montuoso) erano molto più contenute rispetto alle produzioni
di miele delle vicine vallate slovene. Infatti, mentre in Val Resia
le principali fioriture erano quelle dell’erica, dei prati stabili e del
tiglio, in Slovenia, oltre a quelle citate, si annoveravano anche
quelle del castagno e del grano saraceno.
Da un censimento apistico effettuato nei primi anni ’80 del secolo
scorso, era emerso che in passato, in tutta la montagna friulana,
gli apicoltori allevavano le api in arnie villiche di “tavole a
casse verticali” o in “arnie-tronco” (sezioni di tronco cavo d’albero);
ciò, invece, non avvenne in Val Resia dove gli apicoltori
hanno, anticamente, utilizzato l’arnia orizzontale. Questa caratteristica è certamente, indice di un’apicoltura più moderna.
Si può, pertanto, affermare che gli scambi transfrontalieri di
conoscenze tra gli apicoltori della Val Resia e gli apicoltori sloveni
hanno inciso positivamente sul miglioramento delle tecniche
apistiche utilizzate per la produzione di miele, di cera e di nuove
colonie. Essi hanno, inoltre, favorito l’incremento e la diversificazione
dei prodotti “agricoli” commestibili; quest’utimi, infatti, a
quel tempo erano molto importanti sia per eventuali baratti con
altri generi alimentari sia per il consumo diretto.
Ultima, ma non meno importante, annotazione: per il “progresso”
e il miglioramento delle tecniche apistiche, è importante che
gli apicoltori conoscano anche l’apicoltura del passato.
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Ringraziamenti
Un ringraziamento va al sig. Antonio Micelli di Prato di Resia (UD) che ha gentilmente
donato l’arnia “resiana” al Consorzio degli Apicoltori della Provincia di Udine che a sua
volta l’ha donata al Dipartimento di Biologia e Protezione delle Piante dell’Università
di Udine, ove attualmente è conservata. Un ringraziamento particolare è rivolto al prof.
Franco Frilli e al prof. Pietro Zandigiacomo dell’Università di Udine per la revisione
critica del testo, al sig. Sergio Chinese (www.valresia.it), Sergio Chinese Hugja,
sig. Alberto Zanetti (www.resianet.org) e al dott. Stefano Santi dell’Ente Parco Prealpi
Giulie (www.parcoprealpigiulie.org) per la collaborazione prestata.
Note
(1) La Val Resia è una piccola valle alpina situata nelle parte nord-orientale della regione
Friuli Venezia Giulia, che separa le Alpi Giulie dalle Prealpi Giulie (www.parcoprealpigiulie.org, www.resianet.org, visitati il 20/3/2008).
(2) Tecnica finalizzata alla soppressione della colonia di api (ad es. mediante vapori di
zolfo) per poi prelevare il miele contenuto nell’alveare.
(3) Apicoltore abitante in Val Resia che ha allevato le api anche in questo tipo di arnia;
egli ha ereditato dal padre una quindicina di arnie “resiane” a favo fisso.
(4) Il sig. Pilutti ha ricordato che un anno, a seguito di un inverno mite, la prima sciamatura
avvenne già a metà aprile.
(5) L’invenzione di questo tipo di arnia si deve all’apicoltore e imprenditore di Illirska
Bistrica (anticamente chiamata Villa del Nevoso, in Slovenia al confine con la Croazia)
Anton Înidersiã (1874-1947) il quale aveva sperimentato i diversi tipi di arnia esistenti
allora, ritenendoli inadatti alle caratteristiche climatiche della Slovenia. Oltre che grande
apicoltore, poeta e scrittore, Anton Înidersiã fu anche un imprenditore di successo: infatti,
a Ilirska Illirska Bistrica era proprietario di una segheria, di una fabbrica di imballaggio
e di un pastificio; a Maribor, invece, possedeva una fabbrica di cioccolata.
(6) A Radovljica è attivo il Museo sloveno di Apicoltura; esso è stato fondato nel 1960 e,
accanto a una gamma vastissima di attrezzature, strumenti, volumi, stampe e altro materiale
di interesse apistico prodotto in varie epoche. Il Museo ospita una pregevole collezione
di “frontalini” anteriori di arnie con dipinti raffiguranti scene di carattere profano e
religioso. Le arnie erano decorate da pittori tardo-barocchi (qualificati o autodidatti) e, a
volte, anche dagli stessi apicoltori.
(7) Anton Jansˇa, noto apicoltore (e pittore) sloveno, nacque a Bresniza (Kranj, in Slovenia)
il 20/5/1734 e morì il 13/8/1773 a Vienna. Alla corte di Maria Teresa d’Austria, fu il
primo maestro in apicoltura dell’Impero Austriaco e contribuì allo sviluppo delle conoscenze,
soprattutto sui voli di fecondazione delle api regine.
(8) www.valresia.it (visitato il 20/3/2008).
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Dello stesso Autore:
Api nell'Arte
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Api e Religione -
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Api nel collezionismo e nella pubblicità
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Api nel mondo infantile
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Api e loro prodotti
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Di altri Autori:
- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura" |
Clikkare qui sotto per altro articolo sugli Animali nella Bibbia, sotto la voce "Antico Testamento"
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