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COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, il presente articolo è stato realizzato
dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università
di Udine, che ha fornito anche le immagini.
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da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
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esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
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LE API NELL'ARTE NAIF
Renzo Barbattini* e Giuseppe Bergamini**
PRIMA PARTE
Dalla Rivista APITALIA del 4-12-2011 (pagg. 39-45)
Il viaggio “l’ape nell’arte” continua con “l’ape nell’arte naïf”.
Il fenomeno naïf è vastissimo e non ha confini nel mondo, per cui
non si può parlare di “stile” (come la pittura figurativa, informale,
astratta, surreale, ecc.), ma è più corretto riferirsi a una sorta di“esigenza spontanea” in chi si mette a dipingere: ciò che l’artista
naïf fa, lo fa per la propria soddisfazione nell’aver creato qualcosa,
non certo per aver prodotto un’opera da far vedere agli altri.
Questo è il vero senso del pittore naïf, è una sensazione emotiva
che scaturisce spontaneamente più che da un’ispirazione
ragionata. Oggi la pittura naïf rappresenta un settore, cosiddetto”di nicchia”, dell’arte, che non è vincolato al mercato ufficiale
dell’arte in genere.
Per arte naïf (dal francese naïf, ossia “ingenuo”
d’origine incerta, ma di presumibile
derivazione dalla parola francese:
natif ossia nativo) s’intende quella prodotta
da pittori autodidatti, non professionisti
e di origine per lo più popolare,
la cui attività si svolge fuori dall’ambito
dell’arte e della cultura ufficiale.
I pittori naïf non seguono nessun movimento
estetico particolare, ma operano
isolatamente, mossi da un originario impulso espressivo, nell’intento
di rappresentare la realtà come
essa è, conferendole peraltro una dimensione
incantata in cui confluiscono
insieme verità e sogno, fedeltà e invenzione,
minuzia ottica e travisamento
fantastico.
Relegato ai margini della considerazione
critica, il fenomeno dell’arte “ingenua”
ha acquistato un rilievo del
tutto particolare nell’ambito della più
vasta rivalutazione dell’arte primitiva
operata a livello europeo a partire dal
Romanticismo.
Questa corrente artistica si basa soprattutto
su dipinti, e in misura minore (1) su
sculture lignee e opere in terracotta.
Questi sono resi affascinanti e insoliti
da altri punti chiave dell’arte naïf quali
la spontaneità nel disegnare e nel rendere
la prospettiva senza canoni, il colore
non curato o rifinito e la semplicità
delle figure. Spesso in essi sono immortalate
scene incantevoli, ricche d’immaginazione.
In questo contributo desideriamo riportare,
procedendo in ordine alfabetico, alcuni
esempi di pittori naïf italiani e
stranieri che hanno realizzato opere con
chiari riferimenti all’ape. |
MARIA GRAZIA AGNELLI
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Di questa pittrice monzese si riporta
un dipinto del 1995 che fu
utilizzato per una copertina della
rivista Apitalia (2002, vol.
XXIX, n. 1) (Fig. 1) dal titolo "Il padrone delle api".
Il quadro, ottimamente impostato,
riporta l’immagine di un apicoltore
dal volto scuro e dallo sguardo
truce, che sembra controllare le sue
api al lavoro! L’aspetto di questo
omone piazzato al centro del dipinto
contrasta nettamente con
quello delle api e del paesaggio intorno
che hanno, invece, un carattere
gentile.
L’artista dimostra di avere padronanza
della tecnica e uno stile
comune a molti illustratori di
libri per ragazzi, che operano constile e tecniche di esecuzione a volte
molto vicine al naïf. Sembra quasi di osservare
un fumetto degli anni ‘30-‘40:
questo quadro, infatti, ricorda certe tavole
del Corriere dei Piccoli.
Nel complesso,
Maria Grazia Agnelli può essere
considerata una brava fumettista, poiché
l’invenzione delle api con il secchiello e
quella delle arnie fatte a casetta sono tipiche
di un illustratore.
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MARIE-LOUISE BATARDY
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Nata a Bruxelles nel 1943, Marie-Louise
Batardy ha studiato Belle Arti e si è dedicata
all’insegnamento del disegno, alla
scultura e all’artigianato ma è stata la
pittura a portarla al successo, tanto che
sue opere sono presenti in numerose collezioni
in varie parti del mondo. Nei
suoi dipinti l’artista riproduce momenti
di vita comune e quotidiana, con cittadini
che leggono il giornale seduti su di
una panchina del parco o riempiono le
strade, oppure con uomini e donne intenti
ad ogni sorta di attività, in città o
in campagna.
Ogni suo dipinto è un
inno alla vita (www.ginagallery.com).
Il mondo di Marie-Louise Batardy è
quello delle fiabe, e il dipinto qui riprodotto
(Fig. 2) del 2008, Beekeeping,
sembra l’illustrazione per un libro di favole.
Anche se tratta un tema molto
serio come l’apicoltura, descritta in
modo appropriato e con dovizia di particolari
e di azioni che l’apicoltore ben
conosce (recupero di uno sciame, visita
primaverile agli alveari), l’artista lo riveste
di fiaba, dipingendo le arnie come
casette simili alle vere case (in muratura)
sullo sfondo. Lo svolazzare delle rondini
e gli alberi in fiore fanno pensare alla
primavera; il ridente paesaggio cosparso
di fiori con tante api in primo piano è
così irreale che sembra uscito da un fumetto.
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ALBINO BERTAGNA
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Questo dipinto (Fig. 3) fu relizzato nel
1991 da Albino Bertagna (nato nel
1958 a Borghetto di Vara, La Spezia)
con la tecnica dell’olio su vetro, che ne
prevede l’esecuzione sul supporto alla
rovescia. Il suo titolo è "L’apicoltore".
La scena bucolica rappresentata è tranquilla
e vede un personaggio in primo
piano come protagonista di tutto il contesto.
Questi è l’uomo (probabilmente è
il conduttore dell’apiario posto in secondo
piano) che, senza alcuna protezione,
sta osservando con una lente un
fiore: il suo sguardo però non è concentrato
sul fiore, ma risulta assente, come
se s’interrogasse sulla bellezza della natura.
Sullo sfondo gli alveari, una cascina
e due bovini tranquilli che
masticano erba e fiori e in primissimo piano api in attività sui fiori.
La scena è
senz’altro nostrana, tipica del territorio
agricolo dell’Italia settentrionale. Bertagna
l’ha descritta come assolutamente
normale, semplice e gradevole; così che
al solo guardare questo dipinto si può
ritrovare il buon profumo della campagna
di primavera.
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IRENE BRANDT
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Irene Brandt, nata nel 1955 a Waxweiler
(Eifel) in Germania, è una pittrice naïf
che dipinge fin da ragazza.
Ha esposto in numerosi paesi (tra cui
Stati Uniti, Australia, Giappone e Cina)
e sue opere si trovano nelle collezioni
permanenti di numerosi musei internazionali
(Magog-Quebec/Canada, Doral-
Miami/Florida/USA, Vicente López-
Buenos Aires/Argentina, Schaerbeek-
Brussels/Belgio, Vicq/Francia, Béraut/
Francia, Zagabria/Croazia, Jagodina/
Serbia, Grabovo/Bulgaria, Luzzara/Italia,
Surgut/ Russia, Nanjing City/Cina).
L’UNICEF nel 2005 e nel 2006 ha utilizzato
due suoi dipinti per farne tradizionali
biglietti d’auguri natalizi
(www.irenebrandt.de).
I dipinti di Irene Brandt sono apprezzati
per la spontaneità e la freschezza che
sanno trasmettere.
Nel 2009 ha realizzato
l’acrilico Happy honey bees (Fig. 4).
In questo quadro il soggetto resta sospeso
quasi in equilibrio (come lo è il cucchiaio…)
tra un sottile humor e la semplicità
con la quale l’artista ha voluto
ritrarre il lavoro delle api. Visto con l’occhio
di un naïf, tutto ciò diventa un gioco
felice: mentre il miele (dolcissimo) scivola
dal cucchiaio… le api stanno lavorando,
sorridenti. Questo dipinto, pur essendo
semplice nella sua esecuzione, rappresenta
la produzione del miele come
un’operazione complessa, governata dalle
api. Queste, quasi umanizzate, sono
molto attive e intraprendenti, operanti in
una struttura mantenuta pulita e perfetta.
E’ il grande cucchiaio pieno di miele che
fa pensare a una fabbrica: questo come
un’altalena, per effetto del peso, lascia cadere
nel contenitore grandi gocce opportunamente
dosate dalle api. In questa
fabbrica ogni ape ha il suo compito e
dalla finestra si affaccia l’ape regina che,
con i suoi comandi, fa funzionare tutto
perfettamente per donare al mondo il
prezioso prodotto che è il miele.
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MARIARITA BRUNAZZI
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Originaria di Cremona, Mariarita Brunazzi
dal 1989 vive e lavora a Mantova
(www.maryart-gallery.com) e si distingue
da ogni altro tipo di pittore, che come
lei realizza la pittura naïf. Le sue opere
sono uniche, originali, esteticamente
piacevoli e non hanno nulla da invidiare
ad artisti di fama mondiale.
Nel 2003 ha dipinto "Il giardino dell’amore"
(Fig. 5); quest’olio su tela, ironico
e gradevole, è stato realizzato in
occasione dell’anniversario di matrimonio
di una coppia di amici dell’artista.
La coppietta è rappresentata così: lei
nuda sull’erba (in una posa per niente
provocatoria, ma molto buffa!), e lui, essendo
un tipo “pungente” (2), come un’ape
su un fiore mentre suona un violino!
Ovviamente lui è molto più piccolo di
lei essendo trasformato in ape!
Nel 2006 ha realizzato un acquarello dal
titolo "La principessa incantata" (Fig. 6); si
tratta dell’illustrazione di una fiaba
(pinu.it/principessa_incantata.htm). Nelle
fiabe, molto spesso, sentimenti umani
sono attribuiti agli animali e quasi sempre
per mettere in evidenza quanto gli umani
siano carenti di sensibilità verso altri esseri
viventi. In questa fiaba le api sono riconoscenti
al protagonista buono che, al contrario
di quello cattivo, non aveva
distrutto per gioco un alveare ma aveva
offerto fiori ai piccoli insetti.
Questa illustrazione
coglie il momento in cui le api
indicano che sotto il velo si nasconde la
bellissima principessa affinché la scelta
del protagonista possa concludersi felicemente.
Mariarita Brunazzi così scrive:«ho scelto le api perché non mi fanno
paura: nonostante siano dotate di una
piccola “arma” non sono repellenti anzi
hanno qualcosa di buono, di dolce nella
loro forma; in loro, tutto ricorda la dolcezza
del miele e, inoltre, mi sembravano
molto indicate a ronzare intorno ad una
principessa in fiore!».
La figura femminileè quasi un life-motif nella sua produzione
artistica: anche in Apicoltrice svolazzante
(Fig. 7) è rappresentata una ragazza, forse
non realistica ma primaverile e sbarazzina,
che tiene tra le mani un alveare da
cui escono numerose api bottinatrici.
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Queste sono uguali, almeno come immagine:
ciò vuol dire che l’artista le ha
inserite in un suo dipinto, intitolato "La
primavera", da lei stessa realizzato in precedenza,
che ha elaborato modificando
il vestito della ragazza (un po’ più casto)
e aggiungendo l’arnia e alcuni fiori in
basso.
La pittrice, per questo dipinto,
ha utilizzato una tecnica mista che prevede
tempere, pastelli e collage: le api,
infatti, non sono dipinte ma applicate
in seguito.
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ETIENNE COHEN
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Pittrice naïf australiana (www.etiennecohen.com) che ritrae soprattutto paesaggi
della sua terra quali Bondi Beach (la
spiaggia di Sydney), le famose Blue
Mountains (le montagne Blu (3), la barriera
corallina, l’altrettanto famoso
Uluru (Ayers Rock, luogo sacro per gli
australiani aborigeni).
Visitando il sito di Etienne Cohen si
nota una buona capacità pittorica, ma si
vede anche la mancanza di accademia
che conferisce ai suoi dipinti una mano
naïf: esegue, infatti, solo quello che
vede, lo riproduce fedelmente inserendo
numerosi personaggi se si tratta di città
o villaggi, ma, quando si tratta di paesaggi
naturali, lascia che sia la sola natura
la protagonista; in questo caso
inserisce alcuni animali come lepri, tassi
o canguri trattandosi di paesaggi australiani.
Quello che si nota è che quando
non vi sono persone nei suoi paesaggi
agresti, si ha, comunque, la sensazione
che vi siano appena stati... e abbiano lasciato
i segni della loro presenza. Etienne
Cohen è una pittrice naïf che utilizza i
colori così come li vede, senza alterare in
nessun modo la loro densità naturale.
Nel complesso la sua opera non è sensazionalistica,
ma normale e tranquilla, e
riprende l’ambiente che la circonda, lasciando
all’immagine che ne deriva una
certa sobrietà per quella terra australiana
che a tratti è gentile, e a tratti è dura e
arcaica.
Della sua produzione si ricorda il dipinto
intitolato "Provence The Beekeeper"
(Fig. 8) del 1997. In esso è rappresentata
una coltivazione di lavanda, probabilmente
ibrida, pianta bottinata dalle api
(soprattutto per il nettare) (4): alcuni alveari,
mod. Langstroth, sono disposti in
testata dei filari e anche tra di essi. Si sta
effettuando il cosiddetto “servizio di impollinazione”:
tecnica apistica che prevede
la collocazione nei campi di colonie
forti di api che possono migliorare, con
le loro visite ai fiori, il grado d’impollinazione
della pianta coltivata (in questo
caso la lavanda).
Dal punto di vista artistico questo lavoro
risulta un naïf molto rilassante grazie
alla gamma dei colori utilizzati che si
riflette sia nel tema (l’impianto di lavanda),
sia nel paesaggio stesso. Inoltre,
l’assenza di figure umane conserva
l’equilibrio del dipinto e accentua il silenzio
della campagna. Allo stesso
tempo, però, il quadro è anche un po’
inquietante! La parte in basso, infatti, è
bellissima e rasserenante: la lavanda, il
contrasto con il giallo intorno, la casa,
le arnie, mentre sul fondo c’è la montagna
che sembra sì di velluto, invece è
molto scura e piena di pieghe, d’incognite.
Il dipinto dimostra come la diffusione
dell’arte naïf sia fenomeno
indipendente, strettamente radicato e tipicizzato
al territorio di provenienza dell’artista.
L’essere la pittrice svincolata da
canoni e legami dettati da qualsiasi
scuola e/o movimento non impoverisce
la sua opera ma evidenzia originalità e
caratteristiche altrove non replicabili.
Come dire... il bello della semplicità.
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GIUSEPPINA CORRADI
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Giuseppina Corradi, pittrice e poetessa
naïf (www.giuseppinacorradi.it), è nata e
risiede ad Atri, in provincia di Teramo.
Affermata maestra del pennello e del colore,
ha partecipato a diversi premi letterari,
mostre e rassegne d’arte, ottenendo
importanti riconoscimenti.
La sua pittura,
che non è altro che poesia sulla
tela, è apprezzabile per la spontaneità, la
forza espressiva e la carica emozionale
che sprigiona. Le sue opere figurano in
collezioni private e pubbliche, pinacoteche
e chiese; presente in prestigiosi cataloghi
e annuari d’Arte moderna e
contemporanea.
Nel 2010 ha realizzato il dipinto "Scenario"
(Fig. 9), un acrilico su tela decisamente
di “fantasia”: si nota, infatti, che
la pianta produce i fiori anche direttamente
dal tronco, con poche foglie per
cui si potrebbe dire che è un Cercis siliquastrum
(siliquastro o albero di giuda),
pianta d’interesse apistico.
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Però il colore
rosso/violaceo dei suoi bellissimi fiori e
la forma degli stessi, oltre che le foglie
tondeggianti della pianta, non sono rispecchiati
nel quadro, ma come già
detto, andando di fantasia... si potrebbe
fare! I forti e vivaci colori e il disegno,
un po’ infantile, sembrano ricordare i
bei disegni dei bambini (tenendo conto
anche del fatto che un’ape sta suonando
la fisarmonica!).
E’ un quadro che sa
d’estate! La poetessa Corradi ha accompagnato
il dipinto con questi versi: “Con
le note al vento con profumo di rose, succhiando
l’umido nettare per un miele
buono”.
E’ doverosa, però, un’annotazione entomologica:
le api con occhi da uccello ci
sembrano fuori luogo… ma non si deve
dimenticare che siamo di fronte ad un
quadro naïf !
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JOSÉ MIGUEL DA FONSECA
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José Miguel Da Fonseca è nato il
17/3/1932 a Setubal in Portogallo e proviene
da una famiglia dedita alla pesca
(le donne lavoravano per la conservazione
del pesce e gli uomini per la raccolta
e lo scarico dei pescherecci).
Per
lui, quindi, è stato facile raccogliere alcuni “tesori del mare” quali conchiglie,
stelle marine e pesci che poi avrebbe dipinto.
Nel 1987, l’etnografo Noelle
Perez scoprì questi “tesori del mare” dipinti
a colori vivaci e incoraggiò José
Miguel Da Fonseca a farne quadri. La
sua vita di “descarregador” (letteralmente“scaricatore”, si presume scaricatore
di porto, scaricatore di pesce) si
riflette nelle sue composizioni, che non
pretendono di avere fini intellettuali o
artistici.
Nei suoi lavori egli utiizza ciò
che ha trovato in mare, realizzando, così,
un collage naturale.
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José Miguel Da Fonseca ora vive tra Parigi
e il Portogallo. Il Museo internazionale
d’Arte Naïf di Magog (Canada,
www.museedartnaif.com) possiede una
sua pitto-scultura (Fig. 10) di difficile
catalogazione nelle diverse correnti del
mondo naïf.
Il titolo di quest’opera (collage
di conchiglie dipinte che formano
una composizione) è emblematico: "Le
futur du Monde".
Esso racchiude la chiave di lettura, in
una visione estremamente positiva,
dell’artista su quello che egli vede e prevede
sia il mondo futuro: un albero fiorito,
pieno di vita (uccelli, api ed esseri
umani).
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PASQUALE DE AMBROSI
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Questo dipinto (Fig. 11) fu realizzato
da Pasquale De Ambrosi di Casteggio
(Pavia) (6/4/1947) nel 1985 e si trova
sulla copertina del testo " A scuola dall’ape"
di Massimo Palo, edito dalla FAI.
Esso ritrae due bambini di fronte ad alcuni
alveari.
L’artista, in un piccolo disegno innocente
e sincero, rappresenta un ambiente
tranquillo; con un tratto quasi
infantile, ma preciso, egli dona alla piccola
scena un’aria familiare dove i due
giovani sembrano percepire entrambi i
primi timidi e naturali amori degli adolescenti.
Il ragazzo, guardando un’ape in
volo, spiega alla ragazza quello che sa a
proposito delle api ed ella lo ascolta interessata.
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La tecnica è molto semplice,“china e matite colorate”, ed è proprio
questo che rende la piccola opera graziosa,
pulita, e come si suole dire:“acqua e sapone”.
E’ importante una nota di tecnica apistica:
quando ci si avvicina agli alveari è
consigliabile utilizzare vestiti chiari, non
scuri e colorati come quelli indossati
dalla coppia di bambini; i colori scuri,
che contrastano con il colore chiaro del
cielo, sono, infatti, tra i fattori che influenzano
l’aggressività delle api.
Il tema sarà ripreso a proposito di Giuliano
Zoppi.
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MILAN GENERALIČ
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Il pittore è nato il 18/3/1950 in Croazia,
a Hlebine, località a ridosso del
confine ungherese che ha dato nome
alla “Scuola di Hlebine”, formata da
un gruppo di pittori naïf croati il cui
principale esponente è stato Ivan Generalić,(www.generalic.com) di cui
Milan è nipote.
Milan Generalić dipinge fin dall’adolescenza
e intorno alla metà degli anni ‘70
ha cominciato a realizzare dipinti con
uno stile del tutto personale.
Per lo più ha rappresentato scene tratte
dalla vita quotidiana della campagna
(ad es. le falciatrici, i mietitori, i raccoglitori
di fieno, i butteri nei pascoli o
vicino alle fonti d’abbeveraggio, i norcini),
ma i lavori che hanno riscosso
maggior successo sono quelli che riportano
immagini di puro paesaggio, senza
alcuna figura umana o animale.
Però in "Pčelar" (Fig. 12) sono rappresentati
un apicoltore e una donna (probabilmente
la moglie) impegnati nelle
raccolta del miele, nota comunemente
con il nome di “smelatura” o “smielatura”,
un insieme di operazioni apistiche
molto importanti.
Essa può avvenire in mesi diversi a seconda
delle regioni e delle fioriture, in
Europa Centromeridionale, a partire da
maggio-giugno fino a settembre. Si
svolge attraverso una serie d’operazioni:
prelievo dei melari dagli alveari o dei favi
in essi contenuti, estrazione del miele
dai favi, restituzione dei melari o dei favi
alle famiglie.Seguono poi le fasi che interessano più
direttamente il prodotto: decantazione,
confezionamento, conservazione.
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Terminata la fase di raccolta dei melari
in campagna, inizia la vera e propria
lavorazione del prodotto, che deve avvenire,
come per tutti i prodotti alimentari,
in locali idonei dal punto di
vista igienico (5).
La scena rappresentata nel dipinto non è
certo in linea con quest’ultima indicazione!I favi disopercolati (6) sono posti
nello smelatore (o centrifuga manuale o
elettrica, radiale o tangenziale) di capacità
variabile (da 6 a 40 favi ed oltre),
munito di un rubinetto inferiore dal
quale il miele estratto passa in un primo
recipiente di raccolta per essere trasferito
subito dopo nel decantatore, noto comunemente
con il nome di maturatore:
un recipiente nel quale il miele “riposa”
per un certo tempo (7).
In quanto naïf il
lavoro nel complesso è gradevole, sono
particolarmente belli il senso di profondità
della scena e i colori.
Meno bella è la figura maschile (inespressiva,
con lo sguardo rivolto fuori
dal dipinto: forse un autoritratto dell’artista?)
in primo piano: tra l’altro apparentemente
sproporzionata (troppo
grande) rispetto alla figura femminile vicina
a lui. Il fatto che sia più grande può
avere un significato e cioè che questo
personaggio sia importante!
Nei dipinti
naïf le proporzioni non sono quasi mai
prese in considerazione e la poesia dei
dipinti sta anche in queste “ingenuità
delle proporzioni”.
Comunque sia, quello di Milan Generalić
è un tipico dipinto naïf slavo e ciò
balza subito all’occhio grazie ai colori vivaci,
alla descrizione del paesaggio e alla
cura dei particolari: nell’insieme è solare,
rasserenante e armonico nei colori.
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MARTHA GREENWALD
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Di questa eclettica pittrice di Winona
(Minnesota, USA) (www.marthagreenwald.
com), deceduta nel 2008, si riportano
due opere realizzate con la tecnica
del bassorilievo, per cui l’immagine ritrattaè rilevata sopra la superficie piatta
e di sfondo.
L’artista, cioè, prima dà spessore (tecnica
materica) ai personaggi che poi dipinge.
Si può affermare che i lavori di Martha
Greenwald sono il risultato della fusione
tra la tecnica del bassorilievo (propria
della scultura) e della pittura ad
acrilico.
Nella Fig. 13 (Bee Dancer) l’ape ballerina
fa riferimento a un’immagine immortalata
su un vaso del 5 secolo a.C.
Il dipinto di Fig. 14 (Bee Sisters), invece,è stato realizzato da Martha Greenwald,
come lei afferma, ispirandosi al testo
dell’Inno di Omero a Hermes (8). I soggetti
richiamano taluni temi mitologici,
realizzati con tecnica “primitiva”.
Ne scaturiscono delle opere di fresca e
spontanea leggibilità.
Una particolare sensazione di “dejà-vu”,
quasi che l’arte antica tornasse a materializzarsi
tra le mani di quest’artista.
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SECONDA PARTE
Dalla rivista Apitalia n. 5, pagg. 37-44
MARIANA KALACHEVA
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Mariana Kalacheva è una giovane pittrice
bulgara (Plovdiv, 9/6/1977) eclettica e poliedrica.
Ricca di talento e con una forte
inventiva che le permette di affrontare
temi reali con toni burleschi, ironici,
Mariana sa trasformare scene assolutamente
normali in un gioco per cui
l’osservatore non può fare a meno di
sorridere.
Il dipinto "Daisies" del 2009, riporta
due grandi margherite su cui
poggiano due ragazze che, curiosamente
vestite con i colori delle api,
stanno giocando a farsi dondolare
dagli steli flessibili: sembra che le
stesse ragazze siano due api in procinto
di ripartire dopo aver fatto “bottino”
di nettare.
La stessa artista dice: "In realtà, non avevo un motivo preciso
per dipingere queste due ragazze
come api, ma solo due motivi generici.
Il primo è il mio interesse per le
relazioni tra l'uomo e la donna che io
elaboro con particolari protagonisti; il
secondo è che mi piace tutto ciò che
riguarda le api”.
www.kalacheva.com |
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MARIO LEGA
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Questo dipinto, "La sciamatura", anche esso tratto dal testo precedentemente citato di M. Palo) è stato realizzato per un
vecchio catalogo LEGA (Costruzioni
apistich
Si tratta di una miniatura
riprodotta, all’inizio degli anni ‘80 del
secolo scorso, sul frontespizio del catalogo
stesso.
Il soggetto iniziale è stato ripreso da
una cartolina di auguri natalizi, di
forma orizzontale cui l’artista ha aggiunto
il prato in primo piano, gli alveari
e la famiglia contadina che
assiste alla sciamatura. Com’è noto, la
moltiplicazione della colonia d’api avviene
attraverso il fenomeno della
sciamatura.
La magica atmosfera creata dall’artista
trasforma il momento della sciamatura,
cui assistono stupiti i personaggi
in primo piano, in un evento affascinante
e “misterioso” allo stesso tempo.
Di questo dipinto, infatti, colpisce
l’armonia del colore caldo che rende la
scena luminosa anche se lo sfondo è
un paesaggio invernale!
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Questa collocazione
temporale dell’avvenimento,
però, non è corretta: è, infatti, nella
stagione primaverile (ma per varie ragioni
può accadere anche durante il
periodo estivo) che una parte della colonia,
con la vecchia regina, si allontani
per dare origine ad una nuova
colonia. La sciamatura quindi, è un fenomeno
legato all’istinto di conservazione
e di propagazione della specie.
Le linee delle arnie richiamano e proseguono
quelle della casa come a indicare
che api e persone convivono in
una stessa famiglia tanto che la sciamaturaè seguita da tutti i componenti
come un evento molto importante!
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ANDREY LIPATOV
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Andrey Lipatov è nato nel 1960 a Kolomna
(Russia) in una famiglia di militari,
e dal 1966 ha vissuto a Kirovograd
(Ukraina) dove è deceduto nel gennaio
2010.
Ingegnere, ha lavorato come progettista
in un’industria di pompe idrauliche.
Autodidatta, dal 1993 si è completamente dedicato per professione alla
pittura.
Membro, fin dal 1998, dell’Associazione Ukraina degli Artisti
di Art-Folk. Le sue opere sono state
esposte in molti paesi europei e del sud
America.
Egli è stato un abile pittore naif che si è
misurato, a volte, con soggetti d’estrema
essenzialità grafica. N’è esempio "Salade"
del 2008, una natura morta,
ma non troppo, per la presenza di
un’ape che sembra dubbiosa dove andare
a posarsi.
Ne scaturisce un simbolismo
dove gli elementi sono stati
posti in equilibrio non casuale e il
gioco dei colori nella loro apparente
elementarità dona all’immagine una
rassicurante sensazione di staticità.
(www.andreylipatov.com.ua)
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SYLVIE MARCEL
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Questa pittrice è nata a Marsiglia nel
1960 e opera a Cuges-les-Pins, località
situata nel dipartimento delle Bocche
del Rodano della regione della Provenza-
Alpi-Costa Azzurra (Francia).
Nel 2000 ha realizzato, per il padre
apicoltore, il poetico dipinto "Miel de
lavande" nel quale riporta l’atmosfera
della sua magnifica terra, con
i suoi affascinanti colori e le sue pregiate
essenze.
Lei stessa scrive: “In primavera,
dopo aver “smelato” (o “smielato”)
per raccogliere miele di
rosmarino, ottenuto dalle fioriture
nelle nostre colline, si faceva “nomadismo”
trasportando gli alveari in località
alpine dell’Alta Provenza,
soprattutto verso campi di lavanda
della Valensole.
Il paesaggio rappresentato
nella tela non è del tutto veritiero,
ma in realtà è un “mix” di ricordi e
di immaginazione.
Però le arnie di mio
padre erano proprio come quelle raffigurate,
con una grossa pietra sul tetto
contro le forti folate di vento. Io aiutavo
mio padre tenendo l’affumicatore“.
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Il pittore Zoppi, grande amico
di Syilvie così dice: “L’opera di Sylvie
Marcel, la si potrebbe racchiudere interamente
in un flacone di buon e pregiato
profumo. Lei, nata nella
splendida terra di Provenza ne ha assorbito
tutta la sua essenza, tutti i suoi
colori, tutta la sua dolcezza e tutto il
suo candore.
I villaggi, i personaggi del
luogo, le piante, la lavanda sono gli
elementi fondamentali per la sua pittura;
questi elementi sono applicati
sulla tela con grande sapienza e minuziosità
dei particolari
Quando si osserva un’opera di Sylvie
sembra di sentire gli aromi e i profumi
della sua terra, e nello stesso tempo si
avverte un delicato procedere della
vita scandita dalla famiglia, dal lavoro
e dai momenti di gioia.
Nello specifico
del dipinto "Le miel de lavande", si
racchiude il senso “da certosino” della
cura della lavanda, ma nel contempo
le arnie, tutte in fila lungo il muro,
rappresentano parte integrante della
vita degli apicoltori e delle api, che da
un fiore profumato ottengono il
miele, altrettanto profumato, di lavanda”.
(www.sylviemarcel.com) |
AMPARO MUÑOZ
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Questa pittrice spagnola (Valencia,
6/5/1975) ha realizzato nel 2009 il dipinto
accanto riportato.
Questa piccola opera s’intitola "Apicoltura
naïf" e per la sua elaborazione
Amparo Muñoz è ricorsa quasi esclusivamente
alla sua immaginazione, introducendo
alcuni elementi reali quali
le arnie e le tute, con tanto di maschera,
degli apicoltori (in uso in tante
parti del mondo, dove si attua un’apicoltura
razionale).
L’opera fa principalmente riferimento
al miele (potrebbe essere di rosmarino,
di eucalipto, di lavanda, di zagara,
etc.) e, infatti, la sua dolcezza si ritrova
in tutto l’insieme della composizione.
Questo dipinto è tutto una dolcezza!
La tecnica è molto primitiva e ciò
contribuisce a renderlo ancora più
“dolce”. Le arnie sembrano pasticcini,
le piante zucchero filato.
Tutto è a strati, tutti gli elementi del
dipinto sono “farciti”. Anche il sole
sembra una ciambella. I due apicoltori
sembrano personaggi sbarcati da un
altro pianeta intenti
all’assaggio
di quest’assortimento
di leccornie!
Indubbiamente
la pittura della
pittrice presenta
un tratto estremamente
semplice
e ingenuo.
Il dipinto è sicuramente
spontaneo
dal punto di
vista pittorico, ma
tratta un tema
reale che la
Muñoz ha sicuramente
visto nella
realtà e riportato
sulla tela.
E’ gradevole la
freschezza del dipinto, il suo candore e
la sua spontaneità.
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Gli alberi, inventati e con colori non
naturali, denotano una certa fantasia
dell’artista; gli apicoltori, uno “rosso” e
l’altro “rosa” sono stati rielaborati dalla
mente della pittrice che ha ritenuto
donare loro quei colori.
Le api - con solo quattro zampe sic! -
sono abbastanza grandi, tanto da sembrare
dei piccoli pupazzetti in volo; il
sole e le nuvole sono dipinte in modo
molto infantile: il tutto ha, quindi, un
alone di genuinità. Genuinità che caratterizza
il modo di dipingere di Amparo
Munoz.
Questa pittrice non ha un sito web
personale ma è ospitata dai seguenti
portali d’arte: www.artenaïf.com -
www.articite.fr -
www.artecomunicarte.com.
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LIDIA PAPIC
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Notizie approfondite su questa pittrice
argentina (nata a Buenos Aires, Argentina
nel 1951) si possono ritrovare in
www.calidonaïf.com.ar; della sua ricca
produzione pittorica si riporta il dipinto
del 2009 dal titolo La abeja
reina en su trono.
Lidia Papic ha inquadrato tutto il
tema in esagoni, così come sono le cellette
dei favi, nei quali ha inserito le
api collocando al centro l’ape regina
seduta sul trono.
Si può affermare che
il pensiero dell’artista nel concepire il
dipinto fosse ben preciso; si notano,
infatti, api bottinatrici al lavoro e altre
inattive, come un voler umanizzare il
concetto globale di “ape”.
Le bottinatrici
sono al lavoro su fiori di piante
erbacee tipiche dei giardini e dei prati,
quali la margherita (Leucanthemum
vulgare), lavanda (Lavandula angustifolia),
la rosa selvatica (Rosa spp.,
specie visitate soprattutto per il polline)
e la digitale (Digitalis lanata e D.
grandiflora).
E’ doverosa una precisazione entomologica.
Le api bottinatrici sono
rappresentate come dotate di cestino“al braccio”; la stessa Lidia Papic così
scrive: “Todas las flores que pinté
pueden sacar para fabricar la miel”.
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Con ogni probabilità anche lei è incorsa
nell’errore che le api bottinatrici
raccolgono il nettare dei fiori
visitati utilizzando una struttura del
corpo esterna allo stesso.
La cosiddetta “via del miele” (dal
nettare del fiore al semimiele depositato
nelle cellette apposite dei favi) è,
invece, del tutto interna al corpo
delle api. Esse, infatti, suggono con
l’apparato boccale il nettare, materia
prima per produrre il miele.
Grazie ad osservazioni al microscopio
si è notato che la superficie esterna
delle tibie posteriori è leggermente
concava,
liscia e circondata
da una frangia
di lunghe
setole ricurve.
Queste aree, denominate
cestelle
sono utilizzate per
accumulare polline:
d’altra parte
questo nome può
trarre facimente
in inganno!
Richiama, infatti, cavità a mo’ di sacco
o il cestino.
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ALEJANDRO PINZON
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Nato a Charalá (Dipartimento di Santander,
Colombia) il 26/2/1971 e operante
a Bogotá, appartiene alla schiera dei
moltissimi artisti naif dell’America latina.
Alcune caratteristiche sono comuni
nei lavori di questi artisti, quali
l’ambientazione del quadro che proietta
il fruitore dell’opera nella ricca natura
di quel continente, con un’estrema varietà
di colori e specie vegetali.
La ripetitività
di questi dettagli prende
prepotentemente possesso dei quadri e
relega spesso l’uomo a figura di secondo
piano. E’ quindi la natura a “farla da
padrone” e l’uomo sembra trovare in
essa il suo piccolo spazio vitale…
Alejandro Pinzon nei suoi dipinti richiama,
oltre che la flora e la fauna del
suo Paese anche la ricchezza del popolo
colombiano quanto a tradizioni
e colture.
Le sue opere sono notevoli
per la gamma di colori presente: la tavolozza, infatti, non manca dei colori
forti e decisi.
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Le case basse dei villaggi
colombiani ben s’intonano ai colori
del luogo; è da rimarcare la bellezza
dei tetti di queste case, le cui tegole
hanno colori diversi l’uno dall’altro,
quasi a intonarsi ai colori delle piante
vicine.
Alejandro Pinzon conserva la semplicità
del suo popolo; nel 2010 ha realizzato
Abejas (Api) (Fig. 7).
In questo lavoro è rappresentata una
scena popolare; tutto il dipinto è circondato
da fiori con alcune api bottinatrici,
simbolo del lavoro della
popolazione rural e colombiana.
Le api sono ben riprodotte, impegnate
nel loro lavoro, e conferiscono
al dipinto un “sapore” unico; probabilmente
l’artista ha dipinto, oltre che le
api, anche la cornice sulla stessa tela.
(alejandropinzon1.blogspot.com)
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ALESSANDRA PLACUCCI
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Alessandra Placucci, pittrice e illustratrice,è nata il 18 giugno 1958 a Cesena,
città ove vive e lavora. E’ “nata”
come illustratrice, specie per tematiche
legate all’infanzia e si è scoperta “pittrice
naïf ” di recente: solo da pochi
anni, infatti, frequenta la “grande famiglia
naïf ”, esponendo i suoi lavori a
mostre nazionali e internazionali.
Informazioni in proposito si possono
trovare nel sito www.aplacucci.it.
Le sue opere sono caratterizzate dalla
costante presenza di piccoli personaggi.
Nei suoi lavori
Alessandra rappresenta
la gioia e
la spensieratezza
dell’infanzia: ha
uno stile gioioso e
solare che infonde
ottimismo
e le sue opere si
distinguono per
la loro freschezza
e innocenza.
Il meraviglioso
tempo della fanciullezza
e della
spensieratezza è
sempre presente
nei suoi dipinti,
osservando i quali
noi tutti ritorniamo
un poco
ragazzi, in quel
bel tempo sereno
e senza pensieri…
I suoi personaggi,
sempre sorridenti,
sprigionano
tutta la loro
felicità e il loro ardore nel fare anche le
cose più semplici. Ci sono personaggi
che possono volare trainati da un
ombrello, altri che si dondolano sul
ramo di un albero, ma tutti hanno in
comune la loro contentezza.
I bambini delle tele rappresentano
l’umanità, noi
uomini. Ognuno di noi
ha dentro di sé -
come scriveva il
Pascoli - il fanciulletto
che ama
giocare e crede
nella fantasia.
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Con un pizzico di
fantasia, tutto è
possibile, anche
volare con gli
ombrelli. Tutti gli
adulti, spesso seri
e inquadrati, razionali
e compassati,
dovrebbero
ricordare di essere stati bambini e,
ogni tanto, fare affiorare il loro
mondo di fiabe e d’incanto ove tutto è possibile.
In "Bambini di miele" sono rappresentati
due gioiosi bambini intenti
a giocare agli apicoltori; una scenetta
che dona serenità: colori luminosi,
una giornata di sole, bambini felici!
Simbolicamente ha immaginato l’alveare
come una piccola fabbrica dove
si lavora e si produce, e simpaticamente
e artisticamente ha inserito un piccolo
camino che non deve mai mancare in
una fabbrica che si rispetti!
Un’annotazione di tecnica apistica: il
bambino a destra dell’alveare è intento
a disopercolare un favo.
Come gli apicoltori sanno, quest’operazione
consiste nel togliere, con un
apposito strumento, lo strato costituito
dagli opercoli di cera che chiudono
le cellette contenenti il miele. Il
favo disopercolato può essere inserito
nello smelatore, strumento che grazie
alla forza centrifuga permette la fuoriuscita
del miele dalle cellette private
dell’opercolo.
Chiaramente la disopercolatura
dei favi comporta anche una
certa fuoriuscita di miele dalle cellette
creandosi, quindi, una forte attrazione
delle numerose api bottinatrici. E’ per
questo che tale operazione va fatta al
chiuso, non all’aperto, per evitare che
le api siano richiamate.
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GRAZIOLINA ROTUNNO
CAMPORI
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Questa pittrice naïf, nata a Modena
il 31/1/1932, è stata invitata alla
XXXVI edizione del Premio “Cesare
Zavattini” (9), presso le sale del Museo
Nazionale delle Arti Naïves (Luzzara -
Reggio Emilia - maggio 2004).
Nel 1988 realizzò "Il cesto della Maria" (Fig. 9), cioè un cesto
riempito da Maria con i prodotti disponibili
in autunno, castagne e
acini d’uva.
Gli Imenotteri apocriti (api o
vespe?) sono sugli acini perché attirati
dal succo zuccherino che fuoriesce (10);
sotto le castagne e l’uva si
notano foglie di castagno, e sullo
sfondo tanti filari con uva matura
pronta da vendemmiare.
Tutto il dipinto è caratterizzato dai toni caldi
tipici dell’autunno con predominanza
di un bellissimo giallo-oro che
sembra antico.
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Al 1991 risale il dipinto "Fiori di carciofo"
(Fig. 10) (11): su uno di essi è posata
un’ape bottinatrice.
Lo stesso
tema è stato ripreso, nel 1997 per un
piatto di ceramica, facente parte di
una serie artistica realizzata dalla
Banca Popolare dell’Emilia Romagna
(Fig. 11).
L’immagine occupa il centro
del piatto mentre sul bordo vi è
una serie di api operaie che sembrano
quasi soldatini ordinati in attesa di un
comando per avviarsi alla raccolta di
nettare dai fiori di carciofo.
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BRUNO ROVESTI
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L’opera "Paradiso terrestre"
di Bruno Rovesti, il naïf
denominato “pittore contadino” per
le origini povere e rurali, è presente
presso il Museo Nazionale delle Arti
Naïves “Cesare Zavattini” di Luzzara
(RE).
Bruno Rovesti è nato a Gualtieri (RE)
nel 1907, ha vissuto tutta la sua vita a
Gualtieri dove è morto nel 1987.
E’ stato un pittore interessante ed
estremamente istintivo. Il pittore naïf
si caratterizza per la sua “non evoluzione”
pittorica, tutt’al più si assiste a
una sorta di maturazione manuale, e
quindi si può affermare che Rovesti ha
dipinto il primo quadro nello stesso
modo con cui ha dipinto l’ultimo.
Contadino di una volta, quando la fatica
manuale era alla base del vivere
quotidiano, egli aveva una non indifferente
dignità e un’autostima da
uomo “duro”. Grande sostenitore della
politica della destra, la sua personalità
era comunque sensibile, fragile e instabile.
Era un pittore naïf tipico dei suoi
tempi; fu fra i pochi (fra cui lo stesso
Antonio Ligabue) veri, sinceri, coloriti,
stravaganti e genuini pittori che la
bassa reggiana, sulle rive del Po, abbia
prodotto dagli anni ‘60 agli anni ‘80
del secolo scorso.
|
|
La sua personalità era caratterizzata da
una completa mancanza di cultura,
ma bilanciata da una furbizia e da
un’astuzia istintiva, primordiale ed
egoistica.
Per quanto riguarda la pittura, i colori
sono assolutamente spontanei, così
come escono dal tubetto e sono miscelati
marginalmente, ma quello che caratterizza
l’artista è la sua
immaginazione... Ha dipinto Venezia
senza esserci mai stato, dipinge paesi e
città ideali, paradisi e semplici boscaglie.
Il cielo è sempre scuro, ha dipinto
anche numerose alluvioni e distruzioni
nucleari, quasi ad esorcizzare le sue
fobie per ciò che lo ossessionava (aveva
costantemente paura dello straripamento
del Po e di una imminente
guerra nucleare).
Dipingeva per se stesso, non per gli
altri e si firmava: BRUNO ROVESTI PITTORE
CONTADINO CE, dove CE stava
per celebre…: quasi compiacendosi di
essere importante anche se in quegli
anni quasi nessuno lo conosceva; solo
in seguito, infatti, Roversi ebbe un discreto
successo.
Un dipinto significativo è "Paradiso terrestre" dove tra le
diverse specie vegetali in fiore si nota
una decina di alveari. La scelta del titoloè emblematica per capire a fondo
la personalità dell’artista: il paradiso,
per lui, poteva essere semplicemente
un vaso di buon miele. In definitiva
per il suo periodo storico, Bruno Rovesti
può essere considerare un naïf
perfetto.
(www.brunorovesti.com)
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TERZA PARTE
Dalla Rivista Apitalia 6, pagg. 37-43
MARIANA VESNA TACEVA
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Il dipinto di Vesna Taceva, pittrice
serba nata a Dimitrovgrad nel 1955
(www.ginagallery.com), richiama alla
mente “un’opera a pastello” con i colori
delicati e tenui tipici dei colori a
cera che molto spesso i bambini adoperano
per le loro creazioni deliziose
(Fig. 1).
L’opera è significativa per quanto riguarda
l’ambiente in cui l’ha collocata.
Le arnie sul primaverile prato fiorito,
con alberi fioriti sullo sfondo, sono le
protagoniste della scena. Con il loro
volo frenetico le api punteggiano il dipinto,
ed è questo che dona il movimento
all’opera.
E’ gradevole osservare
il dipinto che con i suoi colori delicati
ricorda la primavera avanzata, quando
le piante e la campagna assumono quei
colori non ancora forti, preludio di
un’esplosione prossima dell’estate.
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GERO URSO
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Gero Urso è nato a Caltanissetta nel
1945, vive e opera a Milano (www.gerourso.
com); la sua notorietà ha varcato
da tempo i confini nazionali.
Centinaia
sono le sue mostre tenute un po’
in tutta Europa.
L’Ape badante (Fig. 2) è un acrilico realizzato nel maggio
2002 quale logo per un’azienda che
operava a Milano presso l’Istituto
Scientifico San Raffaele (HSR).
Il quadro
generale della “corrente naïf ” è
molto vasto, e a volte è difficile capirne
bene i confini: si può affermare che
Gero Urso ne fa piena parte per quel
suo raccontare la vita della gente comune:
il circo, il treno, i barboni, le
fermate degli autobus, eccetera.
Ha un
senso d’ironia nel raccontare quello
che fa, talmente forte che nei suoi dipinti
si osserva soprattutto la scenografia
adoperata per incastonare il tema
del dipinto.
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Per quanto riguarda L’Ape badante, ha
vestito l’ape come una crocerossina,
sempre pronta a dare il suo aiuto, e
sempre disponibile... (anche qui si riconosce
la sua sottile ironia).
D’altronde
sono caratteristiche delle “vere” api, il servire e il lavorare sempre per il
bene comune, come in una grandissima
famiglia dove ognuno dà il suo
piccolo contributo senza mai chiedere
niente alla collettività (come sarebbe
bello se fosse così anche per noi
umani…).
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WIM VAN ROMPUY
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Di questo pittore fiammingo, nato a
Lier il 12 dicembre 1942 e residente
ad Antwerpen (Anversa), si riproduce
un dipinto del 1996 dal titolo L’éleveur
d’abeilles (Fig. 3).
Nel complesso
l’opera è ben strutturata e denota una
certa conoscenza del tema che il pittore
ha trattato; soprattutto sui fiori,
ma anche in altre parti della tela, si notano
puntini “materici” (12) che donano
una sorta di rilievo ai fiori con effetto
quasi tridimensionale.
Fa sorridere il
personaggio elegante con tanto di “papillon”
che si appresta a svolgere le sue
operazioni d’apicoltore, quasi che
l’evento fosse una festa...
L’apicoltore è colto in un momento in
cui, dopo aver accudito alle sue api,
osserva le sue “creaturine” con amore,
così che il gesto della mano più che
per allontanare le api sembra un gesto
di saluto.
Tutto procede bene, le api
stanno bene, il miele sarà abbondante,
il giardino è fiorito e curato: tutto ciò
lo rende sereno e soddisfatto! Un piccolo
e buffo uccello lilla, posato sulle
enormi pere, osserva la scena fiero di
esserne parte!
Il dipinto, eseguito con colori acrilici,
non presenta grandi elaborazioni, è
gradevole, abbastanza elegante nella
sua semplicità e alquanto tranquillo.
Il
pittore, indubbiamente, è dotato di
precisione nell’esecuzione dei particolari
che appaiono netti e contrastatI per la quasi mancanza dello “sfumato”.
Altre realizzazioni di Wim Van Rompuy
si possono apprezzare in
ers.telenet.
be/van.rompuy/wim
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GUIDO VEDOVATO
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Guido Vedovato è nato nel 1961 a Vicenza.
Pittore e scultore naïf dalla fine
degli anni ’70 del secolo scorso, ha
esposto le sue opere negli Stati Uniti,
in diversi paesi europei, in Canada, in
Israele, in Russia (www.guido-vedovato.
it).
E’ presente nelle collezioni di numerosi
musei europei d’arte naïf. I suoi
dipinti sono ispirati da scene di vita
con persone intente in varie occupazioni
in montagna, in cantina, nell’orto,
a far fieno, a suonare la
fisarmonica, il mandolino, il violino e
il corno, ecc., animali vari (gatti, cani,
galli, vacche, pecore, tartarughe, gufi,
cavalli, e altri).
Si tratta generalmente
di olii su tela, condotti con uno stile
personalissimo e originale che non è
classificabile né riconducibile a nessuna
scuola e genere naïf esistente.
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NATASHA VILLONE
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Emigrata negli Stati Uniti (oggi vive a
Seattle) dalla Russia nel 2001 (russianfolkart.
net) per realizzare i suoi dipinti
si è ispirata alla sua terra d’origine, e
soprattutto alla campagna dove ha trascorso
le vacanze estive aiutando i
nonni in diversi lavori, tra cui anche
la conduzione di un piccolo apiario.
Questo dipinto su tela (Fig. 6) (come
le altre opere del resto) rientra a pieno
titolo nel genere naif, senza scadere,
però, nelle stucchevoli e conformistiche
immagini che spesso lo contraddistinguono.
|
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Una magica serenità
avvolge tutto il dipinto, reso gradevole
sia dal colore, quasi antico, che dalla
visione “grandangolare” della scena e
dal bel contrasto chiaroscurale.
Il paesaggio è deformato e sinuoso,
così come quando
si osserva qualcosa
attraverso una
bottiglia di vetro
trasparente...
La chiesetta in
lontananza (probabilmente
una
costruzione ortodossa)
e le due capanne
sulla destra
appartengono
all’ambiente tipico
dei paesi dell’Est.
Si nota, in secondo piano, un apicoltore,
probabilmente il nonno, intento
alla “visita” di un suo alveare (modello
Langstroth); particolare è la fuoriuscita
contemporanea dagli alveari di
tantissime api, anche se nella realtà dubitiamo
che ci sia una così copiosa e
repentina fuoriuscita (se non nella
sciamatura). Da notare le due mele sul
tetto dell’alveare in primo piano, in
cui si sono “lanciate” numerose api
bottinatrici.
Probabilmente le mele o
sono molto mature o sono lesionate
(dalla grandine o dalle vespe) per cui il
succo zuccherino che ne esce le attrae.
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GIULIANO ZOPPI
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Giuliano Zoppi, nato nel 1955 in provincia
di Piacenza e residente a Parma,
ha coltivato fin dall’infanzia la passione
per la pittura (www.zetanaïf.it).
Ha al
suo attivo numerose esposizioni in Italia, in tutta Europa e Canada e sue
opere si trovano in diversi Musei Internazionali
permanenti di Arte Naïf.
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E’
definito un pittore “primitivo-moderno”
per la sua opera di chiara
espressione naïf, istintiva, ironica e geniale
nello stesso tempo. In questo caso
si può parlare di correzione fatta in“corso d’opera”; l’artista, infatti, ci
inviò la Fig. 7, molto bella ma contenente
un errore di tecnica apistica, d’altra
parte ammissibile in un’opera
d’arte!
All’occhio dell’apicoltore balza
un comportamento che non si deve tenere
quando ci si avvicina a un apiario.
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Per evitare di essere punti dalle api
(quando si visitano gli alveari, come sta
facendo l’apicoltore del dipinto), non
bisogna stazionare di fronte agli alveari, occorre sempre accostarsi stando di
fianco o posteriormente; in tal modo
non si ostacola l’andirivieni delle api
stesse.
Altra precauzione comportamentale
che va tenuta presente - com’è
ben rappresentato nel dipinto - è quella
di non avvicinarsi agli alveari senza le
difese necessarie usate dagli apicoltori
(soprattutto la maschera, utilissima per
proteggere il viso).
L’artista ha recepito
queste osservazioni e ha eseguito, successivamente,
il dipinto ripreso nella Fig. 8 dal titolo Apicoltore al lavoro.
|
Nel 2009, Giuliano Zoppi ha dipinto
una piccola grafica (china e matite colorate)
dal titolo Impollinazione (14).
Nel
quadro (Fig. 9) è rappresentato il particolare
meccanismo d' impollinazione
della diffusissima salvia dei prati (Salvia
pratensis), specie da tutti conosciuta
e appartenente alla famiglia
delle labiate.
La corolla dei suoi fiori è
formata da tipici petali che, data la
loro forma, sono chiamati labbro superiore
e labbro inferiore. Il pistillo presenta
uno stilo ricurvo che segue
1’andamento del labbro superiore; lo
stimma - la parte terminale dello stilo
sulla quale devono appoggiarsi i granuli
di polline - è bifido e sporgente
dalla corolla stessa.
Sotto lo stilo sono
situati due stami dall’andamento pressoché
parallelo; essi sono attaccati al
fiore tramite una struttura “a fulcro”
che permette loro di abbassarsi.
Quando un insetto pronubo - ape“domestica” o apide selvatico (ad es.:
il bombo) - penetra nel fiore per raggiungere
i nettarii, provoca il basculamento
degli stami. In tal modo si ha
l’abbassamento delle antere con deposito
del polline sul dorso dell’insetto.
In questo primo momento il fiore è
maturo unicamente nella sua parte
maschile; le cellule germinali femminili,
infatti, raggiungono la maturità
un po’ più tardi.
Quando ciò si realizza
il pistillo s’incurva ulteriormente e gli
insetti che giungono a bottinare depositano
obbligatoriamente sul suo
stimma il polline raccolto su di un
fiore visitato in precedenza.
Osservando il quadro nel suo complesso
si nota come l’ape e la salvia
siano stati localizzati dall’artista in posizione
centrale e in primo piano.
L’ape può essere vista come un tramite
tra gli animali notoriamente addomesticabili
(il cane e i gatti presenti alla
sinistra del quadro) e le farfalle (che i
bambini cercano di catturare alla destra
del quadro).
Queste ultime possono
essere anch’esse impollinatrici
come le api ma, a differenza di queste,
non sono addomesticabili.
La presenza
umana, oltre che dai bambini, è rafforzata
dalla presenza delle case sullo
sfondo del quadro. |
Tra le numerose opere di Zoppi vi è
anche La torre del duomo di Parma (Fig.
10). In relazione al quadro, l’artista
scrive: “Ho deciso di realizzare questo
dipinto guardando le varie torri e campanili
della mia città, ma in modo particolare
quella del Duomo di Parma
perché. pur essendo stata costruita circa
800 anni fa, è ancora attualissima con
uno stile sobrio, elegante e che potrebbe
sostituire benissimo certe costruzioni
moderne prive di significato, fatte
da architetti senza storia e senza pregiudizi.
La torre che ho dipinto è il frutto
della mia immaginazione sublimata
con la realtà che ha reso vivo il mio
pensiero. Ho immaginato questa torre
come se fosse animata e viva, con giardini
pensili, ragazzi e animali.
Ho inserito
anche alcune api (Fig. 11) che
fanno parte della nostra vita e sono importantissime
per la nostra esistenza.
La mia torre è uno dei campanili della
mia città, ma è come se fosse un gigante
buono che mi rassicura tutti i giorni e
che ogni volta che lo guardo mi ispira
forza e voglia di vivere...”.
|
|
Sempre nel 2009, Giuliano Zoppi ha
realizzato La sciamatura (Fig. 12); dipinto
per diversi motivi realistico, oltre
che bello.
Per recuperare uno sciame,
in genere si usa l’affumicatore.
Nel
quadro invece sono rappresentate più
persone che fanno frastuono con piatti,
campane e legni: questa è una tecnica
usata dai vecchi apicoltori che imitavano
il tuono del temporale battendo
falci o percuotendo bidoni di latta. Si
pensava che il chiasso “invogliasse” le
api ad entrare nell’arnia apposita: oggi
si sa che tutto ciò è assolutamente inutile.
Si nota anche una persona con un “pigliasciami” in una mano e un secchio
(probabilmente pieno d’acqua)
nell’altra; quest’ultima è una tecnica
molto più razionale della precedente in
quanto l’acqua spruzzata sullo sciame
lo arresta o perlomeno evita che se ne
vada dalla posizione in cui si è fermato.
Appoggiata al suolo c’è un’arnietta“portasciami”. L’artista, quindi, ha voluto
rappresentare un momento di vita
contadina molto suggestivo.
|
|
PROGETTO TERRA!
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In conclusione si desidera segnalare un “naïf ” un po’ particolare, da condiderare
tra virgolette. Gli alunni di classe
V della scuola primaria di Fagnigola di
Azzano X (PN) nel 2010 hanno vissuto
un laboratorio d’arte sotto la
guida dell’insegnante di religione e di
quello di educazione all’arte,
il pittore
Bruno Fadel (15). Nell’ambito di questo
laboratorio è stato realizzato il grande
(1,60 x 2,50 m) pannello che qui è riportato
(Fig. 13); esso è stato fatto appositamente per l’allestimento della
tappa friulana della mostra sul tema “i
colori del sacro: Terra!” organizzata ed
edita dal Museo Diocesano di Padova
e dal Messaggero di Sant’Antonio (V rassegna
internazionale d’illustrazione,
Castello di Spilimbergo-PN, 3/4-5/6
2011, parrocchia Santa Maria Maggiore)
e rappresenta bene ciò che la
mostra stessa vuole essere: veicolo di
promozione di cultura estetica e di valori
universali positivi, codificati e codificabili
nel recinto del sacro.
Il risultato è interessante, anche dal
punto di vista tecnico.
Gli organizzatori
di questa mostra ci hanno mandato
la seguente descrizione di questo
lavoro interdisciplinare: “Madre terra
soffre e piange per tanti mali ma un
gruppo di bambini di tutte le razze e
culture del mondo, sventolando
palme, simbolo di passione e di risurrezione,
d’immortalità, di gloria e di
vittoria, si erge in sua difesa. I bambini
sono il nuovo seme dal quale nascerà
un frutto nuovo, sono il “sale della
terra e la luce del mondo”.
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La terra tiene stretti a sé un leone e un
agnello: il leone è simbolo, per eccellenza,
di sovranità, di forza e di potenza
ma anche della misericordia di Dio;
l’agnello è il membro del gregge di Dio
che con la sua natura di animale docile
e mansueto richiama il suo aspetto sacrificale,
ci conduce a Gesù, Agnello di Dio che si sacrifica per noi. Sulla mano
destra della terra è posata un’ape, simbolo
di sapienza, costanza e laboriosità.
In seno alla terra la simbologia è ricca:
in basso c’è il drago, simbolo dell’egoismo
umano, del male e del demonio,
mentre più in alto sulla destra troviamo il gallo, simbolo solare, annunciatore
del giorno e della luce che ci
libera dalle tenebre della notte; accanto
c’è il pavone, anch’esso simbolo solare
con la sua grande ruota, simbolo di
Cristo che vince la morte e la tartaruga,
animale longevo, simbolo di saggezza
e immortalità.
Sopra a destra l’aquila,
che per la sua capacità di fissare il soleè l’emblema della percezione diretta
della luce dell’intelletto, è identificata
in alcune opere d’arte del Medio Evo
con Cristo di cui rappresenta la regalità
e quindi risurrezione e ascensione.
Una
colomba, simbolo di pace e dello Spirito
Santo, posata sulla spalla sinistra, la
incorona con un ramo d’ulivo intrecciato
con grappoli d’uva. La vite è la
prima pianta coltivata dall’uomo, simbolo
d’abbondanza, definendosi Gesù
stesso nel Vangelo come “vera vite che
porta frutto”. Lungo il bra
Al centro della terra s’erge un
melograno, l’albero della vita, ricco di
frutti che sono il simbolo di Cristo che
salva, simbolo della Chiesa che unisce
in sé, nella fede, popoli diversi immaginati
come chicchi.
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CONSIDERAZIONI
Dalla presentazione di queste opere appare
chiaro quanto afferma Giuliano
Zoppi nel suo sito “Esiste una differenza
sostanziale fra un pittore «accademico»” (che abbia, cioè, seguito
studi regolari ad una Accademia di
Belle Arti) ed un pittore naïf:
Il primo è mosso da un fatto estetico e cromatico,
dove egli, a seconda delle proprie
conoscenze artistiche, trasferisce sulla
tela elementi e colori per puro senso
estetico e di immagine; il secondo è
spinto da uno stato emotivo e, a seconda
della propria manualità, esprime
con il proprio dipinto uno stato
d’animo che vive o che ha vissuto.”
Occorre, infine, precisare che i commenti
che sono stati scritti derivano da
nostre sensazioni, forse contrastanti
con l’intento dell’autore.
A nostro parere, però, ciò non conta in quanto
ognuno in un’immagine può vedere
cose differenti a seconda delle proprie
sensazioni. D’altra parte, una volta
eseguito un dipinto, esso non appartiene
più all’autore ma a chi lo guarda!
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RINGRAZIAMENTI
Si desidera ringraziare Irene Brandt
(Germania), Mariarita Brunazzi (Mantova),
Vladimir Crnkoviç (The Croatian
Museum of Naive Art, Zagreb,
Croazia), la dott.ssa Sylvie Delorme
(Magog, Québec, Canada), Franco
Frilli e Laura Fortunato (Università di
Udine). il compianto Stefano Fugazza
(già direttore della Galleria d’Arte Moderna“Ricci Oddi”, Piacenza), Giuseppe
Lega (Faenza), Santi Longo
(Università di Catania), Amparo
Muñoz (Spagna), Massimo Palo (Casteggio),
Alessandro Serena (Spilimbergo-
Pordenone), Guido Vedovato
(Vicenza), Valentino Verona (Udine) e
Giuliano Zoppi (Parma) per la collaborazione
prestata.
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NOTE
1 La pittura è la forma d’espressione più conosciuta dell’arte naïf. In realtà, specialmente nei paesi dell’est, la scultura del legno e la successiva decorazione
con colori o al naturale, pone questa forma d’arte a pari livello di popolarità fra il pubblico. In moltissime città e sperduti paesi, vi sono musei e si tengono
manifestazioni all’aperto riservate esclusivamente alla scultura naïf.
2 Si rende necessaria una precisazione entomologica: dato che il pungiglione è un ovipositore modificato, esso è assente nei fuchi (i maschi), che sono
notoriamente del tutto inoffensivi.
3 Le Blue Mountains sono la parte vicina a Sidney della catena montuosa che percorre tutto il lato est dell'Australia. Devono il loro nome (montagne blu) agli
eucalipti che, nei giorni di massima calura estiva, vaporizzano nell'aria il loro olio essenziale in tali quantità che la foschia appare bluastra anziché
bianca.
4 Tutte tre le specie di lavanda (l’officinale o lavanda vera, Lavandula angustifolia, la lavanda spigo, L. latifolia, e la lavanda selvatica, L. stoechas, appartenenti
alla famiglia delle Labiate) comuni in Europa, nonché gli ibridi coltivati, possono produrre mieli uniflorali. Senz’altro il prodotto più conosciuto e diffuso è il
miele uniflorale che si produce nel sud est della Francia (nell’altopiano di Valensole, dipartimento delle Alpes de Haute-Provence, e nel sud del dipartimento
della Drôme). Oggi i mieli di lavanda vera sono sempre più rari, soprattutto per la notevole riduzione della coltivazione di questa specie, a favore degli ibridi
che permettono di ottenere rese quantitativamente molto superiori di olio essenziale.
5 Le principali caratteristiche del laboratorio per il miele, oggi, sono: buona aerazione, ampiezza sufficiente a contenere gli attrezzi d’uso, pavimenti lavabili,
pareti piastrellate, impianto elettrico protetto, disponibilità di acqua potabile, schermatura delle porte e finestre con reti che impediscano 1’ingresso di
insetti, servizi igienici per il personale, ecc.
6 La disopercolatura consiste nell’eliminare la sottile pellicola di cera che sigilla ogni celletta del favo quando questa è piena di miele maturo, quando cioè l’eccesso
di acqua è evaporato grazie all’attività delle api.
7 La decantazione ha durata diversa a seconda del tipo di miele e della temperatura dell’ambiente di lavorazione: da 6 a 20 giorni. Durante tale periodo dalla
massa del miele affiorano bolle d’aria, incorporate alla massa durante la centrifugazione, le particelle di cera, corpi estranei leggeri quali parti d’api e frammenti
di legno, che formano in superficie uno strato biancastro e schiumoso; a decantazione avvenuta sarà necessario asportare con ogni cura tale strato,
magari ripetendo l’operazione due o tre volte.
8 All’interno dell’«Inno ad Hermes», nonostante l’uso di parole tratte dal mondo delle fiabe e delle antiche leggende, sono presenti diversi motivi che si
possono considerare anticipazioni della teoria dell’interpretazione, l’Ermeneutica. Il termine ermeneutica deriva da “hermeneia” cioè “espressione, interpretazione”,
a sua volta collegato al nome del messaggero degli Dei dell’Olimpo, Hermes.
9 Cesare Zavattini (Luzzara, 20/9/1902 - Roma, 13/10/1989), personalità eclettica e celebre (scrittore e giornalista, sceneggiatore cinematografico - collaboratore
di De Sica e Visconti - e pittore, istituì questo premio dedicandolo all’arte di quei pittori che si esprimono con figurazioni estranee agli stili, rispondendo a
necessità interiori, attraverso un processo spontaneo come in un “racconto per immagini”, denso di colori sgargianti e di rimandi all’idillio naturalistico.
10 Grazie al MES (microscopio elettronico a scansione) si è visto con certezza che le mandibole dell'ape hanno il margine arrotondato non tagliente: non possono,
perciò, ferire gli acini dell’uva. Le mandibole delle vespe, invece, hanno il margine seghettato e quindi sono in grado di fare lesioni all’epidermide degli acini:
perciò l’accusa alle api che esse siano responsabili di ferite agli acini (ma anche all’altra frutta) è infondata e ingiusta. Se si vedono api sui grappoli, esse sono
lì a suggere il succo zuccherino che fuoriesce dagli acini lesionati in precedenza dalle vespe (o dalla grandine). Quindi l’apparato boccale (di tipo lambente
succhiante) serve alle api per suggere, i liquidi (ad es. il nettare dei fiori), per fare “trofallassi” (scambio di cibo e di feromoni di “bocca in bocca”) e per lavorare,
con le mandibole, la cera.
11 Cynara cardunculus cardunculus (Compositae) è un’ottima nettarifera e i suoi fiori sono molto appetiti dalle api; tuttavia la sua importanza apistica è molto
limitata dalla distribuzione circoscritta e dal taglio precoce anche se produzione esclusiva della laguna di Venezia è il Miele di Fiori di Carciofo Violetto di
Sant’Erasmo, l’isola più grande della Laguna veneta. E’ caratterizzato da un profumo intenso e un sapore unico, con lievi sfumature amarognole che ricordano
quasi il salmastro della laguna. Il miele è monofloreale, molto pregiato e raro per la particolarità del sapore e la ridotta quantità di produzione.
12 Un dipinto è materico quando è eseguito aggiungendo alla tela della “materia”. Il pittore aggiunge materia - generalmente del gesso - alla tela nei punti
dove egli vuole che faccia rilievo: in tal modo dà un effetto quasi tridimensionale al dipinto. Egli, poi, dipinge sopra questi rilevi con i normali colori oppure
usa grande quantità di colore in modo che faccia spessore per rendere l’effetto “rilievo” piu' evidente.
13 Tecnica finalizzata alla soppressione della colonia di api (ad es. mediante vapori di zolfo) per poi prelevare il miele contenuto nei favi dell’alveare
14 II fatto di visitare un fiore al fine di raccogliere il nettare e il polline non significa, però, che l’impollinazione di questo fiore avvenga automaticamente.
Moltissime specie vegetali, infatti, sono caratterizzate da precisi meccanismi fiorali che obbligatoriamente devono essere messi in atto affinché l’impollinazione
sia efficace. Nella letteratura scientifica sono riportati in dettaglio i funzionamcnti di numerosi meccanismi di impollinazione.
15 Bruno Fadel ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia ed ha partecipato a vari laboratori condotti da Bruno Munari.
E’ insegnante di Attività espressive e tecniche grafico-pittoriche nell’ambito scolastico e da anni conduce laboratori nel settore dell’immagine. Ha dato vita
a progettazioni e sperimentazioni atte a favorire e sviluppare comportamenti creativi e ha collaborato con il Museo delle scienze di Pordenone nell’ambito
del progetto”Dalla Natura all’Arte”.
(*Dipartimento di Scienze agrarie e ambentali
Università di Udine
**Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo
Udine) |
Dello stesso Autore:
Api nell'Arte
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Api nel collezionismo e nella pubblicità
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Il mondo delle Api
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Api nel mondo infantile
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Api e loro prodotti
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Di altri Autori:
- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura" |
Clikkare qui sotto per altro articolo sugli Animali nella Bibbia, sotto la voce "Antico Testamento"
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