L’ape, araldicamente, è animale simbolico del lavoro sia materiale che spirituale, e della sensibilità artistica (per la regolarità delle “architetture” delle cellette costruite dalle api ceraiole, fig. 4).
| L’ape simboleggia anche l’eloquenza. Per questa ragione è attributo iconografico di alcuni Santi come Sant’Ambrogio, Sant’Apollinare, San Giovanni Crisostomo.L’alveare è anche simbolo del risparmio, della previdenza e del popolo, dato che le api si organizzano come uno Stato (per questo spesso un alveare con o senza colonia d’api è rappresentato nell’Araldica Civica a simboleggiare la comunità).Nella liturgia cristiana primitiva si faceva assaggiare il miele a chi aveva appena ricevuto il battesimo e alla fine della messa veniva offerta una bevanda di latte e miele in un calice benedetto.La dolcezza del miele rischiara simbolicamente la vista interiore e favorisce la contemplazione, in riferimento all’episodio biblico di Gionata, il figlio di Saul, che dopo essersi cibato di miele esclama: “Guardate come si sono rischiarati i miei occhi perché ho gustato un poco di questo miele”.Secondo un’antica leggenda le api erano simbolo dei primi re Merovingi, perché a Tournai nel 1653 ne furono trovate diverse in oro (anche se sembra che siano delle cicale!) nella tomba di Childerico I (padre di Clodoveo), poi donate a Luigi XIV e, in seguito, conservate presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.Grazie a questo ritrovamento si pensò (un’analisi più attenta, sembra rivelare che si tratti in realtà di cicale!) che il primo simbolo dei re francesi fossero quindi le api.In seguito la loro forma stilizzata fu intenzionalmente confusa con quello dei gigli (fleur-de-lys, in francese, con implicazioni legate al culto di Maria “pura come un giglio”) e Napoleone I, forse per legittimare il suo trono, le fece riprodurre sul manto imperiale (al posto dei gigli: della dinastia che aveva sostituito) e come emblema dei grandi dignitari e delle principali città dell’Impero (il cui stemma era caratterizzato da un capo di rosso caricato da tre api d’oro montanti poste in fascia)».Chi altri oltre Napoleone?
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Perché proprio quattro anni?«Magari “esattamente quattro anni” no, ma in tempi più lunghi l’esito potrebbe essere quello. L’ecosistema è un insieme di elementi - animali, vegetali e perfino cose inanimate - diversissimi tra loro ma tutti in qualche modo legati uno all’altro e quindi in un equilibrio delicato.Basta che uno scompaia per avviare una serie di reazioni a catena che coinvolgono tutti gli altri. È come in un castello di carte: non importa da dove, se dal vertice o dalla base o dal centro, quando decidi di levare una carta quello che ottieni è sempre il crollo dell’intera costruzione.Inoltre, nel linguaggio comune, “api” sono tutte le migliaia di specie d’insetti che volano sui fiori. Se dovessero morire tutti i pronubi, la frase del “presunto Einstein” è vera solo in parte ...E le piante a impollinazione anemofila dove le mettiamo?Cioè quelle piante che necessitano di quel tipo d’impollinazione che utilizza, come mezzo di dispersione del polline, il vento?l contrario dell’impollinazione zoogama, non c'è l’intervento degli insetti o di altri animali, per questo motivo le piante anemofile non producono nettare o comunque non presentano adattamenti per attirare i pronubi.Il mio collega professor Aulo Manino (Università di Torino) è solito rispondere alla domanda, che spesso gli rivolgono, relativa all’affermazione della veridicità dello “pseudo Einstein” con un modo di dire piemontese “le bestie grame non muoiono mai”, che forse ha l’equivalente anche in altre parti d’Italia.Con ciò esprime un’opinione che mi trova abbastanza d’accordo: l’uomo è una tale bestia grama che non sparirà dalla faccia della terra per la mancanza delle api. Sicuramente, però, il mondo senza le api sarebbe molto diverso, e peggiore, rispetto a com’è ora, soprattutto a causa della scomparsa di un gran numero d’Angiosperme, e forse molti problemi attuali, come malattie e scarsità di cibo, si aggraverebbero».Don Davide Maloberti, Luisa Follini Nuovo Giornale, Piacenza |
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Ringraziamenti |
Un doveroso ringraziamento a Luca Mazzocchi di Bussolengo – VR (www.mondoapi.it) che ha arricchito quest’intervista con le sue bellissime fotografie.Un ringraziamento anche al prof. Stefano Maini e al dott. Claudio Porrini (entrambi dell’Università di Bologna), al prof. Aulo Manino (Università di Torino), al prof. Rinaldo Nicoli Aldini (Università Cattolica, Piacenza), al prof. Massimo Ghirardi (Reggio Emilia), al dott. Moreno Greatti (Università di Udine) e al dott. Alberto Contessi (Ravenna) per l’amichevole collaborazione. |
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II PARTE |
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LE API PER AMICHEDon Davide Maloberti, Luisa Folliniintervista a Renzo Barbattini |
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In questo numero si conclude l’intervista al professor Renzo Barbattini che ha aperto per i nostri lettori-apicoltori uno spazio di conoscenza sul mondo delle api di notevole spessore. A conclusione del nostro viaggio insieme alle api vengono affrontate questioni dalle quali dipende il LORO futuro. |
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Pare che le api siano dei sensibilissimi indicatori ecologici: in caso d’inquinamento muoiono prima di produrre il miele, che rimane dunque sempre indenne da contaminazioni.Ma oggi suonano tanti campanelli d’allarme per le api, soggette a epidemie e morìe improvvise.Com’è la situazione in Italia?"Questa domanda mi pare mal impostata, se non altro dal punto di vista semantico: “in caso di inquinamento (le api) muoiono prima di produrre il miele, che rimae dunque sempre indenne da contaminazioni”.Ma se le api muoiono, il miele rimane indenne per forza: non lo produce nessuno.Suppongo che intendesse quelle che subiscono i danni da inquinamento muoiono e così non danneggiano il miele che altre sane produrranno.Ma anche in questo caso è difficile che in una colonia come quella delle api in cui i soggetti vivono a stretto contatto, le stesse esperienze e nello stesso habitat, alcuni individui vengano danneggiati e altri no.Ma che le api muoiano prima di fare il miele è ancora tutto da dimostrare! Ciò va bene per gli inquinanti che esplicano un’azione insetticida, ma non ci sono solo quelli ed esiste un'ampia letteratura su mieli contaminati da metalli pesanti e altro».Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare dell’ape come bioindicatore dell’inquinamento. Ci può chiarire?«Quello dell’ape “insetto-test” dell’inquinamento (precisamente indicato come “biomonitoraggio”) è un argomento vastissimo e complesso.Il biomonitoraggio consiste nella valutazione ambientale globale, attraverso l’utilizzo di bioindicatori, cioè di organismi capaci di avvertire con certezza le alterazioni ecologiche dell’ambiente in cui vivono, alterazioni causate da vari tipi di inquinamento o da fattori di stress ambientale.Un indicatore biologico è un organismo che reagisce in maniera osservabile, macroscopicamente o microscopicamente, alle modificazioni della sua nicchia ecologica o più in generale del suo biotopo.L’ape è considerata un eccellente organismo indicatore dello stato d’inquinamento di un determinato territorio, perché oltre alla facile reperibilità e all’economicità di impiego, è dotata di un efficace apparato sensoriale. È diffusa in tutti gli ambienti, ha un tasso di riproduzione molto elevato che, associato a una vita media relativamente breve, garantisce un rinnovamento ciclico rapido e continuo della famiglia.Inoltre, quando per raccogliere nettare, polline, propoli, acqua o melata intercetta con il suo corpo peloso le particelle in sospensione nell’atmosfera (fig. 6), si espone facilmente a possibili intossicazioni, dunque può efficacemente essere impiegata come bioindicatore».C’è chi assicura che nei suoi voli alla ricerca di pascoli fioriti, le api controllino ampi spazi di territorio. E’ vero?"Senza dubbio. L’ape si può definire un sensore viaggiante a differenza di altri bioindicatori perlopiù immobili.In questa andata e ritorno dall’alveare, che coprono un’area di circa 6 km2 è instancabile nella sua attività di raccolta.Se consideriamo, per fare un calcolo empirico, che in un alveare in buono stato vi sono circa 10.000 bottinatrici e che ogni bottinatrice visita giornalmente circa un migliaio di fiori, si può dedurre che una colonia di api effettua 10 milioni di microprelievi ogni giorno, senza considerare il trasporto di acqua che nelle giornate calde può raggiungere anche il mezzo litro.Di conseguenza l’ape frequenta attivamente il territorio, preleva dei campioni di sostanze eventualmente contaminate, si contamina a sua volta e torna “a casa”; l’insetto stesso diventa così un possibile campione da sottoporre alle analisi di laboratorio.Attualmente, la validità dell’ape come indicatore biologico è stata dimostrata per inquinamenti da pesticidi (inquinamento agricolo), da metalli pesanti (inquinamento urbano), ed infine da radionuclidi (inquinamento radioattivo).Alcuni di questi prodotti, come i pesticidi, avendo una tossicità elevata, possono far morire le api prevenendo la contaminazione del miele e in altri casi produrre una tossicità detta sub-letale.Altre sostanze però, come i metalli pesanti, non sono tossici nei confronti delle api. Nel biomonitoraggio, però, oltre alle api possono essere utilizzati anche i prodotti dell’alveare come indicatori dello stato di salute ambientale.A proposito della radiocontaminazione del miele noi abbiamo fatto studi pluriannuali, in collaborazione con l’ARPA del Friuli Venezia Giulia. I risultati ottenuti dalle moltissime analisi standard di laboratorio per le radiodeterminazioni eseguite sulla matrice miele, utilizzando la spettrofotometria gamma, permettono di ritenere il miele un buon indicatore di contaminazione radioattiva».Quali le ragioni della moria delle api che mette a rischio la sopravvivenza del prezioso insetto, la produzione agricola mondiale e la biodiversità del pianeta?+«I fenomeni di mortalità delle api (in primavera ed estate) e di spopolamento o perdita degli alveari (sostanzialmente da fine estate all’inizio della primavera) registrati negli ultimi anni in Italia, come in molte altre aree del nostro pianeta, sono causate, nella maggioranza dei casi, dall’interazione di molteplici fattori, interni ed esterni dall’alveare, che possono cambiare a seconda della zona e della stagione.Uno di questi fattori sono i prodotti insetticidi (in gran parte neonicotinoidi) impiegati per la concia del mais che sono dispersi dalle macchine operatrici durante le operazioni di semina.Dopo la sospensione cautelativa dell’impiego di queste sostanze, decisa dal ministero della Salute in accordo con il ministero dell’Agricoltura e risalente ormai al settembre 2008, le mortalità primaverili delle api nell’area maidicola italiana si sono notevolmente diminuite.Tuttavia, in Friuli Venezia Giulia negli anni seguenti le morie si sono ripetute a causa dell’utilizzo della la s.a. “mesurol” (sostanza attiva metiocarb), con cui venivano in maniera non corretta conciate le sementi di mais.Opportunamente, l'impiego del metiocarb è stato revocato nel 2019, anche se per la concia delle sementi si è potuto usare fino a tutto gennaio 2020.Come stanno le cose oggi riguardo ai neonicotinoidi? Il dott. Alberto Contessi, coordinatore del Tavolo tecnico dell'Intesa Nazionale apicoltura / agricoltura mi scrive:“L’autorizzazione per la s.a. “imidacloprid” è stata revocata, tuttavia può essere ancora impiegato per esaurimento delle scorte fino al 30/11/2021, con limitazione all’uso in serra e per gli utilizzi successivi alla fioritura ad esclusione delle colture raccolte prima (es. lattughe e simili).Mentre l'impiego di “thiamethoxam” e “clothianidin” è stato revocato definitivamente da tempo”.A tal proposito, sono d’accordo con il mio collega/amico prof. Stefano Maini (Università di Bologna) che così commenta:“Ok Renzo adesso sarebbero da provare le varie miscele che si trovano in campo!! cioè: insetticida + fungicida + erbicida e vedere cosa succede per le api e per l'uomo ... Poi hai visto come son tutti contenti quelli di agrofarma che ancora si possano impiegare - da parte dei non professionisti!! - e vendere pesticidi per orti e giardini... sic!!e che ne dici dei vari collarini antipulci che in casa continuano a essere attivi sulle larve delle pulci per sei mesi!! Infatti c'è il fitofarmaco - ecco l'errore semantico! - che non è altro che un insieme = miscela di pesticidi (adoperiamo termini appropriati!) quali fipronil + imidacloprid + piretroide... va beh... mi dirai... le api non vanno sui cani e gatti ... ma un bimbo può andare ad accarezzare ben bene il suo “pet” e non credo che sia una buona cosa!Inoltre se nell'industria chimica si può continuare a produrre insetticidi xenobiotici sai quanti vengono impiegati sottobanco?Anni fa mi dicevano che il mercato clandestino dei pesticidi rendeva ai trafficanti quasi di più del contrabbando di sigarette nonché di altre droghe!!! Esempi aggiornati a luglio 2021 per pets - senza considerare insetticidi per blatte, formiche, vespe, tarme, zanzare e mosche, acari polvere e formaggi, prosciutti e insaccati!Un esempio di insetticidi per i nostri animali d’affezione.Non sempre è facile scoprire qual è il principio attivo e come somministrare i prodotti.A volte sono dati in pasto: Frontline= fipronil + permetrina o fipronil + metoprene Advantix= imidacloprid + permetrina Seresto= midacloprid + flumetrina Beaphar= collare al diazinone Scalibor= deltametrina + biossido di tatanio E171».Ma è facile trovare in vendita sostanze che sembrano a tutti gli effetti tossiche non solo per l’ape?«Come si può constatare al supermercato per animali ma anche nella grande distribuzione organizzata (GDO) si trova, ad esempio, per i non “professionisti”, una gran varietà di insetticidi da usare per le piante in casa e terrazzi fioriti (dove apoidei vanno a bottinare!) … Imidacloprid per scarafaggi e company, per mosche e zanzare.Insomma, a disposizione c’è di tutto e di più e poi adulticidi per zanzare… anche questi pesticidi danneggiano le api che vanno in ogni luogo…Vedo spruzzare e spargere nei cortili condominiali polveri insetticide contro formiche… tutti insetticidi sistemici che poi vanno nell’acqua di pozzanghere dove bevono api e altri animali!!Con la pandemia c’è stata una esagerazione nell’uso di disinfettanti e pesticidi … invece di essere moderati e vaccinarsi!».La vita sociale delle api. Così ben organizzata, in ruoli ben definiti.E’ un bene o un male la rigida divisione in caste? Possono manifestarsi eccezioni? Ci sono evidenze scientifiche di un’evoluzione nella loro organizzazione sociale?O è sempre stata così?E’ possibile instaurare un parallelo con la società degli uomini, dal momento che svariati personaggi le prendono a simbolo? |
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E' doverosa una premessa.Per alveare intendiamo l'arnia (la casa dellle api), abitata da una colonia di api. Quindi: arnia + api = alveare.Questa è una “pluridomanda” per la cui risposta non sarebbe sufficiente un intero corso di apicoltura!Lei mi chiede: “La vita sociale delle api. Così ben organizzata, in ruoli ben definiti. E’ un bene o un male la rigida divisione in caste?”.Le rispondo: “Chi lo sa?”. Le api campano bene con la loro organizzazione sociale, ma esistono anche molte specie di apidi solitari, presociali e primitivamente sociali che campano altrettanto bene!È convinzione ormai comune che le api sociali abbiano avuto origine, così come le formiche, da insetti molto simili alle vespe cacciatrici, diversificandosi in modo spettacolare durante l’ultima fase del periodo cretacico (60 – 70 milioni di anni fa) quando, fra l’altro, sono comparse le Angiosperme, cioè piante con gli organi riproduttivi evidenti.L’ape domestica si è originata in qualche zona delle regioni tropicali e subtropicali dell’Africa o dell’Asia ed è penetrata in climi più freddi prima che venisse allevata dall’uomo.Il modello sociale, con i ruoli ben definiti e la divisione in caste, è impiegato dagli animali sostanzialmente per risolvere problemi ecologici e per affrontare le tante sfide ambientali.Molti autori, a questo proposito, hanno definito le società animali, tra cui le api, un “superorganismo” in cui ogni ape può essere assimilata a una singola cellula del corpo di un organismo superiore in cui, a seconda dell’età e della casta, esplica varie funzioni. E non è tutto.
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Don Davide Maloberti,Luisa FolliniNuovo Giornale, Piacenza |
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Api nell'Arte- Api nell'Arte
antica
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Api e Religione -- Api nell’iconografia
dei Santi |
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Api e Arti Varie - Api e Ceroplastica artistica
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Api nel collezionismo e nella pubblicità |
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Il mondo delle Api
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Api nel mondo infantile
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Api e loro prodotti
- Dalle Api un liquore davvero speciale
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- 42° Congresso Internazionale di Apicoltura (Apimondia) a Buenos Aires, 2011 |
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e, di altro argomento:
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Di altri Autori:
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