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ANTICO TESTAMENTO FIGURATO (I)
(GENESI - Capitolo 26 - 40)
Isacco benedice Giacobbe
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Genesi Capitolo 26
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Isacco a Gerar
[1] Venne una carestia nel paese oltre la prima che era avvenuta ai tempi di Abramo, e Isacco andò a Gerar presso Abimèlech, re dei Filistei.
[2] Gli apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto, abita nel paese che io ti indicherò.
[3] Rimani in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché a te e alla tua discendeza io concederò tutti questi territori, e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre.
[4] Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno benedette per la tua discendenza;
[5] per il fatto che Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi».
[6] Così Isacco dimorò in Gerar.
[7] Gli uomini del luogo lo interrogarono intorno alla moglie ed egli disse: «E' mia sorella»; infatti aveva timore di dire: «E' mia moglie», pensando che gli uomini del luogo lo uccidessero per causa di Rebecca, che era di bell'aspetto.
[8] Era là da molto tempo, quando Abimèlech, re dei Filistei, si affacciò alla finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca.
[9] Abimèlech chiamò Isacco e disse: «Sicuramente essa è tua moglie. E perché tu hai detto: E' mia sorella?». Gli rispose Isacco: «Perché mi son detto: io non muoia per causa di lei!».
[10] Riprese Abimèlech: «Che ci hai fatto? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu attirassi su di noi una colpa».
[11] Abimèlech diede quest'ordine a tutto il popolo: «Chi tocca questo uomo o la sua moglie sarà messo a morte!».
[12] Poi Isacco fece una semina in quel paese e raccolse quell'anno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto.
[13] E l'uomo divenne ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a divenire ricchissimo:
[14] possedeva greggi di piccolo e di grosso bestiame e numerosi schiavi e i Filistei cominciarono ad invidiarlo. |
I pozzi tra Gerar e Bersabea
[15] Tutti i pozzi che avevano scavati i servi di suo padre ai tempi del padre Abramo, i Filistei li avevano turati riempiendoli di terra.
[16] Abimèlech disse ad Isacco: «Vàttene via da noi, perché tu sei molto più potente di noi».
[17] Isacco andò via di là, si accampò sul torrente di Gerar e vi si stabilì.
[18] Isacco tornò a scavare i pozzi d'acqua, che avevano scavati i servi di suo padre, Abramo, e che i Filistei avevano turati dopo la morte di Abramo, e li chiamò come li aveva chiamati suo padre.
[19] I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva.
[20]Ma i pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco, dicendo: «L'acqua è nostra!».
Allora egli chiamò Esech il pozzo, perché quelli avevano litigato con lui.
[21] Scavarono un altro pozzo, ma quelli litigarono anche per questo ed egli lo chiamò Sitna.
[22] Allora si mosse di là e scavò un altro pozzo, per il quale non litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché noi prosperiamo nel paese».
[23] Di là andò a Bersabea.
[24] E in quella notte gli apparve il Signore e disse:
«Io sono il Dio di Abramo, tuo padre;
non temere perché io sono con te.
Ti benedirò
e moltiplicherò la tua discendenza
per amore di Abramo, mio servo».
[25] Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome del Signore; lì piantò la tenda. E i servi di Isacco scavarono un pozzo. |
Alleanza con Abimèlech
[26] Intanto Abimèlech da Gerar era andato da lui, insieme con Acuzzat, suo amico, e Picol, capo del suo esercito.
[27] Isacco disse loro: «Perché siete venuti da me, mentre voi mi odiate e mi avete scacciato da voi?». [28] Gli risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia un giuramento tra di noi, tra noi e te, e concludiamo un'alleanza con te:
[29] tu non ci farai alcun male, come noi non ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non il bene e ti abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore».
[30] Allora imbandì loro un convito e mangiarono e bevvero.
[31] Alzatisi di buon mattino, si prestarono giuramento l'un l'altro, poi Isacco li congedò e partirono da lui in pace.
[32] Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a proposito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l'acqua».
[33] Allora egli lo chiamò Sibea: per questo la città si chiama Bersabea fino ad oggi. |
Le donne hittite di Esaù
[34] Quando Esaù ebbe quarant'anni, prese in moglie Giudit, figlia di Beeri l'Hittita, e Basemat, figlia di Elon l'Hittita.
[35] Esse furono causa d'intima amarezza per Isacco e per Rebecca. |
Genesi Capitolo 27
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Giacobbe carpisce la benedizione di Isacco
[1] Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi».
[2] Riprese: «Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte.
[3] Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, esci in campagna e prendi per me della selvaggina.
[4] Poi preparami un piatto di mio gusto e portami da mangiare, perché io ti benedica prima di morire».
[5] Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa.
[6] Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù:
[7] Portami la selvaggina e preparami un piatto, così mangerò e poi ti benedirò davanti al Signore prima della morte.
[8] Ora, figlio mio, obbedisci al mio ordine:
[9] Và subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io ne farò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto.
[10] Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà, perché ti benedica prima della sua morte». [11] Rispose Giacobbe a Rebecca sua madre: «Sai che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia.
[12] Forse mio padre mi palperà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione».
[13] Ma sua madre gli disse: «Ricada su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu obbedisci soltanto e vammi a prendere i capretti».
[14] Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre.
[15] Rebecca prese i vestiti migliori del suo figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe;
[16] con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo.
[17] Poi mise in mano al suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. |
[18] Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?».
[19] Giacobbe rispose al padre: «Io sono Esaù, il tuo primogento. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica».
[20] Isacco disse al figlio: «Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!». Rispose: «Il Signore me l'ha fatta capitare davanti».
[21] Ma Isacco gli disse: «Avvicinati e lascia che ti palpi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no».
[22] Giacobbe si avvicinò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò e disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù».
[23] Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e perciò lo benedisse.
[24] Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono».
[25] Allora disse: «Porgimi da mangiare della selvaggina del mio figlio, perché io ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve.
[26] Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicinati e baciami, figlio mio!».
[27] Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo benedisse:
«Ecco l'odore del mio figlio
come l'odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
[28] Dio ti conceda rugiada del cielo
e terre grasse
e abbondanza di frumento e di mosto.
[29] Ti servano i popoli
e si prostrino davanti a te le genti.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!». |
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[30] Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando arrivò dalla caccia Esaù suo fratello.
[31] Anch'egli aveva preparato un piatto, poi lo aveva portato al padre e gli aveva detto: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, perché tu mi benedica».
[32] Gli disse suo padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito Esaù».
[33] Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l'ha portata? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi, poi l'ho benedetto e benedetto resterà».
[34] Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Egli disse a suo padre: «Benedici anche me, padre mio!».
[35] Rispose: «E' venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la tua benedizione».
[36] Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato gia due volte? Gia ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». Poi soggiunse: «Non hai forse riservato qualche benedizione per me?».
[37] Isacco rispose e disse a Esaù: «Ecco, io l'ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l'ho provveduto di frumento e di mosto; per te che cosa mai potrò fare, figlio mio?».
[38] Esaù disse al padre: «Hai una sola benedizione padre mio? Benedici anche me, padre mio!». Ma Isacco taceva ed Esaù alzò la voce e pianse.
[39] Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse:
«Ecco, lungi dalle terre grasse
sarà la tua sede
e lungi dalla rugiada del cielo dall'alto.
[40] Vivrai della tua spada
e servirai tuo fratello;
ma poi, quando ti riscuoterai,
spezzerai il suo giogo dal tuo collo».
[41] Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe».
[42] Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti.
[43] Ebbene, figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano.
[44] Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo fratello si sarà placata;
[45] finché si sarà palcata contro di te la collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto. Allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un sol giorno?».
Isacco manda Giacobbe da Làbano
[46] Poi Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la vita?».
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Genesi Capitolo 28
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[1] Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan.
[2] Su, và in Paddan-Aram, nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi di là la moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua madre.
[3] Ti benedica Dio onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi, sì che tu divenga una assemblea di popoli.
[4] Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te, perché tu possieda il paese dove sei stato forestiero, che Dio ha dato ad Abramo».
[5] Così Isacco fece partire Giacobbe, che andò in Paddan-Aram presso Làbano, figlio di Betuèl, l'Arameo, fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaù.
Altro matrimonio di Esaù
[6] Esaù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l'aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie di là e che, mentre lo benediceva, gli aveva dato questo comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee».
[7] Giacobbe aveva obbedito al padre e alla madre ed era partito per Paddan-Aram.
[8] Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco.
[9] Allora si recò da Ismaele e, oltre le mogli che aveva, si prese in moglie Macalat, figlia di Ismaele, figlio di Abramo, sorella di Nebaiòt. |
Il sogno di Giacobbe
[10] Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. [11] Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo.
[12] Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa.
[13] Ecco il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza.
[14] La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra.
[15] Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto». [16] Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo».
[17] Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo».
[18] Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità.
[19] E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz.
[20] Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi,
[21] se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio.
[22] Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima».
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Giacobbe e Rachele
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Genesi Capitolo 29
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Giacobbe arriva presso Làbano
[1] Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli orientali.
[2] Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame, accovacciati vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano i greggi, ma la pietra sulla bocca del pozzo era grande.
[3] Quando tutti i greggi si erano radunati là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al posto sulla bocca del pozzo.
[4] Giacobbe disse loro: «Fratelli miei, di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran».
[5] Disse loro: «Conoscete Làbano, figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo».
[6] Disse loro: «Sta bene?». Risposero: «Sì; ecco la figlia Rachele che viene con il gregge».
[7] Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!».
[8] Risposero: «Non possiamo, finché non siano radunati tutti i greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge».
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[9] Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il bestiame del padre, perché era una pastorella.
[10] Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre.
[11] Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce.
[12] Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre.
[13] Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte le sue vicende.
[14] Allora Làbano gli disse: «Davvero tu sei mio osso e mia carne!». Così dimorò presso di lui per un mese. |
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I due matrimoni di Giacobbe
[15] Poi Làbano disse a Giacobbe: «Poiché sei mio parente, mi dovrai forse servire gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario».
[16] Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. [17] Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto,
[18] perciò Giacobbe amava Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore».
[19] Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me».
[20] Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei. |
[21] Poi Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei».
[22] Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto.
[23] Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei.
[24] Làbano diede la propria schiava Zilpa alla figLia, come schiava.
[25] Quando fu mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?».
[26] Rispose Làbano: «Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore.
[27] Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni».
[28] Giacobbe fece così: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele.
[29] Làbano diede alla figlia Rachele la propria schiava Bila, come schiava.
[30] Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.
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I figli di Giacobbe
[31] Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile.
[32] Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà».
[33] Poi concepì ancora un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo». E lo chiamò Simeone.
[34] Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi.
[35] Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta loderò il Signore».. Per questo lo chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli. |
Genesi Capitolo 30
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[1] Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!».
[2] Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?».
[3] Allora essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei».
[4] Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. [5] Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio.
[6] Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio». Per questo essa lo chiamò Dan.
[7] Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio.
[8] Rachele disse: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!». Perciò lo chiamò Nèftali.
[9] Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe.
[10] Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio.
[11] Lia disse: «Per fortuna!» e lo chiamò Gad.
[12] Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe.
[13] Lia disse: «Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice». Perciò lo chiamò Aser.
[14] Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un pò delle mandragore di tuo figlio».
[15] Ma Lia rispose: «E' forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio».
[16] Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio». Così egli si coricò con lei quella notte.
[17] Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio.
[18] Lia disse: «Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito». Perciò lo chiamò Issacar.
[19] Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe.
[20] Lia disse: «Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli». Perciò lo chiamò Zàbulon.
[21] In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
[22] Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.
[23] Essa concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore».
[24 E lo chiamò Giuseppe dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!».
Come si è arricchito Giacobbe
[25] Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: «Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese.
[26] Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato».
[27] Gli disse Làbano: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua».
[28] E aggiunse: «Fissami il tuo salario e te lo darò».
[29] Gli rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia. [30] Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?».
[31] Riprese Làbano: «Che ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo.
[32] Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario.
[33] In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato».
[34] Làbano disse: «Bene, sia come tu hai detto!».
[35] In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli
[36] e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano.
[37] Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami.
[38] Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere.
[39] Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati.
[40] Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
[41] Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami.
[42] Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe.
[43] Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.
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Genesi Capitolo 31
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Fuga di Giacobbe
[1] Ma Giacobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso quanto era di nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatta tutta questa fortuna».
[2] Giacobbe osservò anche la faccia di Làbano e si accorse che non era più verso di lui come prima.
[3] Il Signore disse a Giacobbe: «Torna al paese dei tuoi padri, nella tua patria e io sarò con te».
[4] Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lia, in campagna presso il suo gregge
[5] e disse loro: «Io mi accorgo dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; eppure il Dio di mio padre è stato con me.
[6] Voi stesse sapete che io ho servito vostro padre con tutte le forze,
[7] mentre vostro padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male.
[8] Se egli diceva: Le bestie punteggiate saranno il tuo salario, tutto il gregge figliava bestie punteggiate; se diceva: Le bestie striate saranno il tuo salario, allora tutto il gregge figliava bestie striate.
[9] Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l'ha dato a me.
[10] Una volta, quando il piccolo bestiame va in calore, io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in procinto di montare le bestie erano striati, punteggiati e chiazzati.
[11] L'angelo di Dio mi disse in sogno: Giacobbe! Risposi: Eccomi.
[12] Riprese: Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto quanto Làbano ti fa.
[13] Io sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora alzati, parti da questo paese e torna nella tua patria!»
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[14] Rachele e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre?
[15] Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua, dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro danaro?
[16] Tutta la ricchezza che Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fà pure quanto Dio ti ha detto».
[17] Allora Giacobbe si alz ò, caricò i figli e le mogli sui cammelli
[18] e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistati, il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram, per ritornare da Isacco, suo padre, nel paese di Canaan.
[19] Làbano era andato a tosare il gregge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre.
[20] Giacobbe eluse l'attenzione di Làbano l'Arameo, non avvertendolo che stava per fuggire;
[21] così potè andarsene con tutti i suoi averi. Si alzò dunque, passò il fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad.
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Labano insegue Giacobbe
[22] Al terzo giorno fu riferito a Làbano che Giacobbe era fuggito.
[23] Allora egli prese con sé i suoi parenti, lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad.
[24] Ma Dio venne da Làbano l'Arameo in un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a Giacobbe, proprio nulla!».
[25] Làbano andò dunque a raggiungere Giacobbe; ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagne e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad.
[26] Disse allora Làbano a Giacobbe: «Che hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigioniere di guerra!
[27] Perché sei fuggito di nascosto, mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato con festa e con canti, a suon di timpani e di cetre!
[28] E non mi hai permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo insensato. [29] Sarebbe in mio potere di farti del male, ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: Bada di non dir niente a Giacobbe, né in bene né in male!
[30] Certo, sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perché mi hai rubato i miei dei?».
[31] Giacobbe rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo che mi avresti tolto con la forza le tue figlie.
[32] Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi dei, non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti riscontra quanto vi può essere di tuo presso di me e prendilo». Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele.
[33] Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave, ma non trovò nulla. Poi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele.
[34] Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello, poi vi si era seduta sopra, così Làbano frugò in tutta la tenda, ma non li trovò.
[35] Essa parlò al padre: «Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che avviene di regola alle donne». Làbano cercò dunque il tutta la tenda e non trovò gli idoli.
[36] Giacobbe allora si adirò e apostrofò Làbano, al quale disse: «Qual è il mio delitto, qual è il mio peccato, perché ti sia messo a inseguirmi?
[37] Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti, che hai trovato di tutte le robe di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra noi due.
[38] Vent'anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e i montoni del tuo gregge non ho mai mangiato.
[39] Nessuna bestia sbranata ti ho portato: io ne compensavo il danno e tu reclamavi da me ciò che veniva rubato di giorno e ciò che veniva rubato di notte.
[40 Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il sonno fuggiva dai miei occhi.
[41] Vent'anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte.
[42] Se non fosse stato con me il Dio di mio padre, il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco, tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro».
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Accordo tra Giacobbe e Labano
[43 Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono mie figlie e questi figli sono miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che esse hanno messi al mondo?
[44] Ebbene, vieni, concludiamo un'alleanza io e te e ci sia un testimonio tra me e te».
[45] Giacobbe prese una pietra e la eresse come una stele.
[46] Poi disse ai suoi parenti: «Raccogliete pietre», e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio. Poi mangiarono là su quel mucchio.
[47] Làbano lo chiamò Iegar-Saaduta, mentre Giacobbe lo chiamò Gal-Ed.
[48] Làbano disse: «Questo mucchio sia oggi un testimonio tra me e te»; per questo lo chiamò Gal-Ed
[49] e anche Mizpa, perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te, quando noi non ci vedremo più l'un l'altro.
[50] Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie, non un uomo sarà con noi, ma bada, Dio sarà testimonio tra me e te».
[51] Soggiunse Làbano a Giacobbe: «Ecco questo mucchio ed ecco questa stele, che io ho eretta tra me e te.
[52] Questo mucchio è testimonio e questa stele è testimonio che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua parte e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il male.
[53] Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi». Giacobbe giurò per il Terrore di suo padre Isacco.
[54] Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi mangiarono e passarono la notte sulle montagne. |
Genesi Capitolo 32
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[1] Alla mattina per tempo Làbano si alzò, baciò i figli e le figlie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa.
[2] Mentre Giacobbe continuava il viaggio, gli si fecero incontro gli angeli di Dio. [3]Giacobbe al vederli disse: «Questo è l'accampamento di Dio» e chiamò quel luogo Macanaim.
Giacobbe prepara l'incontro con Esaù
[4] Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù, nel paese di Seir, la campagna di Edom.
[5] Diede loro questo comando: «Direte al mio signore Esaù: Dice il tuo servo Giacobbe: Sono stato forestiero presso Làbano e vi sono restato fino ad ora.
[6] Sono venuto in possesso di buoi, asini e greggi, di schiavi e schiave. Ho mandato ad informarne il mio signore, per trovare grazia ai suoi occhi».
[7] I messaggeri tornarono da Giacobbe, dicendo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù; ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattrocento uomini».
[8] Giacobbe si spaventò molto e si sentì angosciato; allora divise in due accampamenti la gente che era con lui, il gregge, gli armenti e i cammelli.
[9] Pensò infatti: «Se Esaù raggiunge un accampamento e lo batte, l'altro accampamento si salverà».
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[10] Poi Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abramo e Dio del mio padre Isacco, Signore, che mi hai detto: Ritorna al tuo paese, nella tua patria e io ti farò del bene,
[11] io sono indegno di tutta la benevolenza e di tutta la fedeltà che hai usato verso il tuo servo. Con il mio bastone soltanto avevo passato questo Giordano e ora sono divenuto tale da formare due accampamenti.
[12] Salvami dalla mano del mio fratello Esaù, perché io ho paura di lui: egli non arrivi e colpisca me e tutti, madre e bambini!
[13] Eppure tu hai detto: Ti farò del bene e renderò la tua discendenza come la sabbia del mare, tanto numerosa che non si può contare».
[14] Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese, di ciò che gli capitava tra mano, di che fare un dono al fratello Esaù:
[15] duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni,
[16] trenta cammelle allattanti con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti asine e dieci asinelli.
[17 Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate un certo spazio tra un branco e l'altro».
[18] Diede questo ordine al primo: «Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: Di chi sei tu? Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?,
[19] tu risponderai: Del tuo fratello Giacobbe: è un dono inviato al mio signore Esaù; ecco egli stesso ci segue».
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[20] Lo stesso ordine diede anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi rivolgerete ad Esaù quando lo troverete;
[21] gli direte: Anche il tuo servo Giacobbe ci segue». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accoglierà con benevolenza».
[22] Così il dono passò prima di lui, mentr'egli trascorse quella notte nell'accampamento.
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La lotta con Dio
[23] Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici figli e passò il guado dello Iabbok.
[24] Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi.
[25] Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora.
[26] Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui.
[27] Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!».
[28] Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe».
[29] Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!».
[30] Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse.
[31] Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva».
[32] Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca.
[33] Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.
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Genesi Capitolo 33
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L'incontro con Esaù
[1] Poi Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva con sé quattrocento uomini. Allora distribuì i figli tra Lia, Rachele e le due schiave;
[2] mise in testa le schiave con i loro figli, più indietro Lia con i suoi figli e più indietro Rachele e Giuseppe.
[3] Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello.
[4] Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero.
[5] Poi alzò gli occhi e vide le donne e i fanciulli e disse: «Chi sono questi con te?». Rispose: «Sono i figli di cui Dio ha favorito il tuo servo».
[6] Allora si fecero avanti le schiave con i loro figli e si prostrarono.
[7] Poi si fecero avanti anche Lia e i suoi figli e si prostrarono e infine si fecero avanti Rachele e Giuseppe e si prostrarono.
[8] Domandò ancora: «Che è tutta questa carovana che ho incontrata?». Rispose: «E' per trovar grazia agli occhi del mio signore».
[9] Esaù disse: «Ne ho abbastanza del mio, fratello, resti per te quello che è tuo!».
[10] Ma Giacobbe disse: «No, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, accetta dalla mia mano il mio dono, perché appunto per questo io sono venuto alla tua presenza, come si viene alla presenza di Dio, e tu mi hai gradito.
[11] Accetta il mio dono augurale che ti è stato presentato, perché Dio mi ha favorito e sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e quegli accettò. |
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Giacobbe si separa da Esaù
[12] Poi Esaù disse: «Leviamo l'accampamento e mettiamoci in viaggio: io camminerò davanti a te». [13] Gli rispose: «Il mio signore sa che i fanciulli sono delicati e che ho a mio carico i greggi e gli armenti che allattano: se si affaticano anche un giorno solo, tutte le bestie moriranno.
[14] Il mio signore passi prima del suo servo, mentre io mi sposterò a tutto mio agio, al passo di questo bestiame che mi precede e al passo dei fanciulli, finché arriverò presso il mio signore a Seir». [15] Disse allora Esaù: «Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose: «Ma perché? Possa io solo trovare grazia agli occhi del mio signore!».
[16] Così in quel giorno stesso Esaù ritornò sul suo cammino verso Seir.
[17] Giacobbe invece si trasportò a Succot, dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot. |
Arrivo a Sichem
[18] Giacobbe arrivò sano e salvo alla città di Sichem, che è nel paese di Canaan, quando tornò da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città.
[19] Poi acquistò dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento, quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda.
[20] Ivi eresse un altare e lo chiamò «El, Dio d'Israele». |
Genesi Capitolo 34 - 35 - 36
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Genesi Capitolo 34
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Violenza fatta a Dina
[1] Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del paese.
[2] Ma la vide Sichem, figlio di Camor l'Eveo, principe di quel paese, e la rapì, si unì a lei e le fece violenza.
[3] Egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; amò la fanciulla e le rivolse parole di conforto.
[4] Poi disse a Camor suo padre: «Prendimi in moglie questa ragazza».
[5] Intanto Giacobbe aveva saputo che quegli aveva disonorato Dina, sua figlia, ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame. Giacobbe tacque fino al loro arrivo.
Accordo matrimoniale con i Sichemiti
[6] Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui.
[7] Quando i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l'accaduto, ne furono addolorati e s'indignarono molto, perché quelli aveva commesso un'infamia in Israele, unendosi alla figlia di Giacobbe: così non si doveva fare!
[8] Camor disse loro: «Sichem, mio figlio, è innamorato della vostra figlia; dategliela in moglie!
[9] Anzi, alleatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le nostre figlie.
[10] Abiterete con noi e il paese sarà a vostra disposizione; risiedetevi, percorretelo in lungo e in largo e acquistate proprietà in esso».
[11] Poi Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trovare grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte.
[12] Alzate pure molto a mio carico il prezzo nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma datemi la giovane in moglie!».
[13] Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con astuzia, perché quegli aveva disonorato la loro sorella Dina.
[14] Dissero loro: «Non possiamo fare questo, dare cioè la nostra sorella ad un uomo non circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi.
[15] Solo a questa condizione acconsentiremo alla vostra richiesta, se cioè voi diventerete come noi, circoncidendo ogni vostro maschio.
[16] Allora noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo.
[17] Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione, allora prenderemo la nostra figlia e ce ne andremo».
[18] Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem, figlio di Camor.
[19] Il giovane non indugiò ad eseguire la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe; d'altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre.
[20] Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città:
[21] «Questi uomini sono gente pacifica: abitino pure con noi nel paese e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampio per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere per mogli le loro figlie e potremo dare a loro le nostre.
[22] Ma solo ad una condizione questi uomini acconsentiranno ad abitare con noi, a diventare un sol popolo: se cioè noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi.
[23] I loro armenti, la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non saranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare con noi!».
[24] Allora quanti avevano accesso alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi, quanti avevano accesso alla porta della città, si fecero circoncidere.
Vendetta di Simeone e di Levi
[25] Ma il terzo giorno, quand'essi erano sofferenti, i due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, i fratelli di Dina, presero ciascuno una spada, entrarono nella città con sicurezza e uccisero tutti i maschi.
[26] Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa di Sichem e si allontanarono.
[27] I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano disonorato la loro sorella.
[28] Presero così i loro greggi e i loro armenti, i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. [29] Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case.
[30] Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi avete messo in difficoltà, rendendomi odioso agli abitanti del paese, ai Cananei e ai Perizziti, mentre io ho pochi uomini; essi si raduneranno contro di me, mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa».
[31] Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una prostituta?».
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Genesi Capitolo 35
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Giacobbe a Betel
[1] Dio disse a Giacobbe: «Alzati, và a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello».
[2] Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dei stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti.
[3] Poi alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho percorso».
[4] Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dei stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi; Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem.
[5] Poi levarono l'accampamento e un terrore molto forte assalì i popoli che stavano attorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe.
[6] Giacobbe e tutta la gente ch'era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nel paese di Canaan. [7] Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo «El-Betel», perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello.
[8] Allora morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al disotto di Betel, ai piedi della quercia, che perciò si chiamò Quercia del Pianto.
[9] Dio apparve un'altra volta a Giacobbe, quando tornava da Paddan-Aram, e lo benedisse.
[10] Dio gli disse:
«Il tuo nome è Giacobbe.
Non ti chiamerai più Giacobbe,
ma Israele sarà il tuo nome».
Così lo si chiamò Israele.
[11] Dio gli disse:
«Io sono Dio onnipotente.
Sii fecondo e diventa numeroso,
popolo e assemblea di popoli
verranno da te,
re usciranno dai tuoi fianchi.
[12] Il paese che ho concesso
ad Abramo e a Isacco
darò a te
e alla tua stirpe dopo di te
darò il paese».
[13] Dio scomparve da lui, nel luogo dove gli aveva parlato. [14]Allora Giacobbe eresse una stele, dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libazione e versò olio. [15]Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato.
Morte di Rachele
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Nascita di Beniamino e morte di Rachele
[16] Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile.
[17] Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questo è un figlio!».
[18] Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino.
[19] Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata, cioè Betlemme.
[20] Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste fino ad oggi
Incesto di Ruben
[21] Poi Israele levò l'accampamento e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder.
[22] Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò a unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere.
I dodici figli di Giacobbe
I figli di Giacobbe furono dodici.
[23] I figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda, Issacar e Zàbulon.
[24] I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino.
[25] I figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali.
[26] I figli di Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram.
Morte di Isacco
[27] Poi Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre, a Kiriat-Arba, cioè Ebron, dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri.
[28] Isacco raggiunse l'età di centottat'anni.
[29] Poi Isacco spirò, morì e si riunì al suo parentado, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe.
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Genesi Capitolo 36
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Mogli e figli di Esaù in Canaan
[1] Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom.
[2] Esaù prese le mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l'Hittita; Oolibama, figlia di Ana, figlio di Zibeon, l'Hurrita;
[3] Basemat, figlia di Ismaele, sorella di Nebaiòt.
[4 ]Ada partorì ad Esaù Elifaz, Basemat partorì Reuel,
[5] Oolibama partorì Ieus, Iaalam e Core. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nel paese di Canaan.
Migrazione di Esaù
[6] Poi Esaù prese le mogli e i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa, il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nel paese di Canaan e andò nel paese di Seir, lontano dal fratello Giacobbe
[7] Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi perché essi potessero abitare insieme e il territorio, dove essi soggiornavano, non poteva sostenerli per causa del loro bestiame.
[8] Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Ora Esaù è Edom.
Discendenza di Esaù in Seir
[9] Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Idumei, nelle montagne di Seir.
[10] Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaù; Reuel, figlio di Basemat, moglie di Esaù.
[11] I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Zefo, Gatam, Kenaz.
[12] Elifaz, figlio di Esaù, aveva per concubina Timna, la quale ad Elifaz partorì Amalek. Questi sono i figli di Ada, moglie di Esaù.
[13] Questi sono i figli di Reuel: Naat e Zerach, Samma e Mizza. Questi furono i figli di Basemat, moglie di Esaù.
[14] Questi furono i figli di Oolibama, moglie di Esaù, figlia di Ana, figlio di Zibeon; essa partorì a Esaù Ieus, Iaalam e Core
I capi di Edom
[15] Questi sono i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman, il capo di Omar, il capo di Zefo, il capo di Kenaz,
[16] il capo di Core, il capo di Gatam, il capo di Amalek. Questi sono i capi di Elifaz nel paese di Edom: questi sono i figli di Ada.
[17] Questi i figli di Reuel, figlio di Esaù: il capo di Naat, il capo di Zerach, il capo di Samma, il capo di Mizza. Questi sono i capi di Reuel nel paese di Edom; questi sono i figli di Basemat, moglie di Esaù.
[18] Questi sono i figli di Oolibama, moglie di Esaù: il capo di Ieus, il capo di Iaalam, il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibama, figlia di Ana, moglie di Esaù.
[19] Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Egli è Edom.
Discendenza di Seir l'Hurrita
[20] Questi sono i figli di Seir l'Hurrita, che abitano il paese: Lotan, Sobal, Zibeon, Ana,
[21] Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, figli di Seir, nel paese di Edom.
[22] I figli di Lotan furono Ori e Emam e la sorella di Lotan era Timna.
[23] I figli di Sobal sono Alvan, Manacat, Ebal, Sefo e Onam.
[24] I figli di Zibeon sono Aia e Ana; questo è l'Ana che trovò le sorgenti calde nel deserto, mentre pascolava gli asini del padre Zibeon.
[25] I figli di Ana sono Dison e Oolibama, figlia di Ana.
[26I figli di Dison sono Emdam, Esban, Itran e Cheran.
[27] I figli di Eser sono Bilan, Zaavan e Akan.
[28] I figli di Disan sono Uz e Aran.
[29] Questi sono i capi degli Hurriti: il capo di Lotan, il capo di Sobal, il capo di Zibeon, il capo di Ana,
[30] il capo di Dison, il capo di Eser, il capo di Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, secondo le loro tribù nel paese di Seir.
I re di Edom
[31] Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che regnasse un re degli Israeliti.
[32] Regnò dunque in Edom Bela, figlio di Beor, e la sua città si chiama Dinaba.
[33] Poi morì Bela e regnò al suo posto Iobab, figlio di Zerach, da Bosra.
[34] Poi morì Iobab e regnò al suo posto Usam, del territorio dei Temaniti.
[35] Poi morì Usam e regnò al suo posto Adad, figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiama Avit.
[36] Poi morì Adad e regnò al suo posto Samla da Masreka.
[37] Poi morì Samla e regnò al suo posto Saul da Recobot-Naar.
[38] Poi morì Saul e regnò al suo posto Baal-Canan, figlio di Acbor.
[39] Poi morì Baal-Canan, figlio di Acbor, e regnò al suo posto Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chiamava Meetabel, figlia di Matred, da Me-Zaab
Ancora i capi di Edom
[40] Questi sono i nomi dei capi di Esaù, secondo le loro famiglie, le loro località, con i loro nomi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di Ietet,
[41] il capo di Oolibama, il capo di Ela, il capo di Pinon, [42] il capo di Kenan, il capo di Teman, il capo di Mibsar,
[43] il capo di Magdiel, il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. E' appunto questo Esaù il padre degli Idumei.
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Genesi Capitolo 37
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IV. STORIA DI GIUSEPPE
Giuseppe e i suoi fratelli |
[1] Giacobbe si stabilì nel paese dove suo padre era stato forestiero, nel paese di Canaan.
[2] Questa è la storia della discendenza di Giacobbe.
Giuseppe all'età di diciassette anni pascolava il gregge con i fratelli. Egli era giovane e stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa, mogli di suo padre. Ora Giuseppe riferì al loro padre i pettegolezzi sul loro conto.
[3] Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica dalle lunghe maniche.
[4] I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non potevano parlargli amichevolmente.
[5] Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancor di più.
[6] Disse dunque loro: «Ascoltate questo sogno che ho fatto.
[7] Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand'ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio».
[8] Gli dissero i suoi fratelli: «Vorrai forse regnare su di noi o ci vorrai dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole.
[9] Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò al padre e ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me».
[10] Lo narrò dunque al padre e ai fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io e tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?».
[11] I suoi fratelli perciò erano invidiosi di lui, ma suo padre tenne in mente la cosa. |
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Giuseppe venduto dai fratelli
[12]
I suoi fratelli andarono a pascolare il gregge del loro padre a Sichem.
[13] Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!».
[14] Gli disse: «Và a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a riferirmi». Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a Sichem.
[15] Mentr'egli andava errando per la campagna, lo trovò un uomo, che gli domandò: «Che cerchi?». [16] Rispose: «Cerco i miei fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare».
[17] Quell'uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui, infatti li ho sentiti dire: Andiamo a Dotan». Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan.
[18] Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di farlo morire. [19] Si dissero l'un l'altro: «Ecco, il sognatore arriva!
[20] Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo: Una bestia feroce l'ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!».
[21 Ma Ruben sentì e volle salvarlo dalle loro mani, dicendo: «Non togliamogli la vita».
[22] Poi disse loro: «Non versate il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»; egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. [23] Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica dalle lunghe maniche ch'egli indossava,
[24] poi lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz'acqua.
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[25] Poi sedettero per prendere cibo. Quando ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad, con i cammelli carichi di resina, di balsamo e di laudano, che andavano a portare in Egitto.
[26] Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c'è ad uccidere il nostro fratello e a nasconderne il sangue?
[27] Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli lo ascoltarono.
[28] Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d'argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.
[29] Quando Ruben ritornò alla cisterna, ecco Giuseppe non c'era più. Allora si stracciò le vesti,
[30] tornò dai suoi fratelli e disse: «Il ragazzo non c'è più, dove andrò io?».
[31] Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono un capro e intinsero la tunica nel sangue.
[32] Poi mandarono al padre la tunica dalle lunghe maniche e gliela fecero pervenire con queste parole: «L'abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio».
[33] Egli la riconobbe e disse: «E' la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l'ha divorato. Giuseppe è stato sbranato».
[34] Giacobbe si stracciò le vesti, si pose un cilicio attorno ai fianchi e fece lutto sul figlio per molti giorni.
[35] Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a consolarlo, ma egli non volle essere consolato dicendo: «No, io voglio scendere in lutto dal figlio mio nella tomba». E il padre suo lo pianse.
[36] Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie.
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Genesi Capitolo 38
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Storia di Giuda e di Tamar
[1] In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di Adullam, di nome Chira.
[2] Qui Giuda vide la figlia di un Cananeo chiamato Sua, la prese in moglie e si unì a lei.
[3] Essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er.
[4] Poi concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan.
[5] Ancora un'altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Essa si trovava in Chezib, quando lo partorì.
[6] Giuda prese una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar.
[7] Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire.
[8] Allora Giuda disse a Onan: «Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità per il fratello».
[9] Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello.
[10] Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui.
[11] Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia anche questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa del padre.
[12] Passarono molti giorni e morì la figlia di Sua, moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto, andò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui vi era Chira, il suo amico di Adullam.
[13] Fu portata a Tamar questa notizia: «Ecco, tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge».
[14] Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo avvolse intorno, poi si pose a sedere all'ingresso di Enaim, che è sulla strada verso Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto, ma che lei non gli era stata data in moglie.
[15] Giuda la vide e la credette una prostituta, perché essa si era coperta la faccia.
[16] Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con te!». Non sapeva infatti che quella fosse la sua nuora. Essa disse: «Che mi darai per venire con me?».
[17] Rispose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Essa riprese: «Mi dai un pegno fin quando me lo avrai mandato?».
[18] Egli disse: «Qual è il pegno che ti devo dare?». Rispose: «Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora glieli diede e le si unì. Essa concepì da lui.
[19] Poi si alzò e se ne andò; si tolse il velo e rivestì gli abiti vedovili.
[20] Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico di Adullam, per riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma quegli non la trovò.
[21] Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov'è quella prostituta che stava in Enaim sulla strada?». Ma risposero: «Non c'è stata qui nessuna prostituta».
[22] Così tornò da Giuda e disse: «Non l'ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: Non c'è stata qui nessuna prostituta».
[23] Allora Giuda disse: «Se li tenga! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Vedi che le ho mandato questo capretto, ma tu non l'hai trovata».
[24] Circa tre mesi dopo, fu portata a Giuda questa notizia: «Tamar, la tua nuora, si è prostituita e anzi è incinta a causa della prostituzione». Giuda disse: «Conducetela fuori e sia bruciata!».
[25] Essa veniva gia condotta fuori, quando mandò a dire al suocero: «Dell'uomo a cui appartengono questi oggetti io sono incinta». E aggiunse: «Riscontra, dunque, di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone».
[26] Giuda li riconobbe e disse: «Essa è più giusta di me, perché io non l'ho data a mio figlio Sela». E non ebbe più rapporti con lei.
[27] Quand'essa fu giunta al momento di partorire, ecco aveva nel grembo due gemelli.
[28] Durante il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo: «Questi è uscito per primo».
[29] Ma, quando questi ritirò la mano, ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: «Come ti sei aperta una breccia?» e lo si chiamò Perez.
[30] Poi uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e lo si chiamò Zerach. |
Genesi Capitolo 39
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Primi successi di Giuseppe in Egitto
[1] Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù.
[2] Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone.
[3] Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani.
[4] Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi.
[5] Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella campagna.
[6] Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto.
Giuseppe e la seduttrice
[7] Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Unisciti a me!».
[8] Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi.
[9] Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?».
[10] E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei.
[11] Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici.
[12 Essa lo afferrò per la veste, dicendo: «Unisciti a me!». Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì.
[13] Allora essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori,
[14] chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi a me, ma io ho gridato a gran voce.
[15] Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è uscito».
[16] Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa.
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[17] Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per scherzare con me.
[18] Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori».
[19] Quando il padrone udì le parole di sua moglie che gli parlava: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!», si accese d'ira.
[20] Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.
Giuseppe in prigione
Così egli rimase là in prigione.
[21] Ma il Signore fu con Giuseppe, gli conciliò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione.
[22] Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione e quanto c'era da fare là dentro, lo faceva lui.
[23] Il comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore faceva riuscire.
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Giuseppe interpreta i sogni del Faraone
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Genesi Capitolo 40
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Giuseppe interpreta i sogni degli ufficiali del Faraone
[1] Dopo queste cose il coppiere del re d'Egitto e il panettiere offesero il loro padrone, il re d'Egitto.
[2] Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi, contro il capo dei coppieri e contro il capo dei panettieri,
[3] e li fece mettere in carcere nella casa del comandante delle guardie, nella prigione dove Giuseppe era detenuto.
[4] Il comandante delle guardie assegnò loro Giuseppe, perché li servisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo.
[5] Ora, in una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d'Egitto, che erano detenuti nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, ciascuno il suo sogno, che aveva un significato particolare.
[6] Alla mattina Giuseppe venne da loro e vide che erano afflitti.
[7] Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa del suo padrone e disse: «Perché quest'oggi avete la faccia così triste?».
[8] Gli dissero: «Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti». Giuseppe disse loro: «Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi dunque».
[9] Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: «Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite,
[10] sulla quale erano tre tralci; non appena essa cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini.
[11] Io avevo in mano il calice del faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa del faraone e diedi la coppa in mano al faraone».
[12] Giuseppe gli disse: «Eccone la spiegazione: i tre tralci sono tre giorni.
[13] Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti restituirà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone, secondo la consuetudine di prima, quando eri suo coppiere.
[14] Ma se, quando sarai felice, ti vorrai ricordare che io sono stato con te, fammi questo favore: parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa.
[15] Perché io sono stato portato via ingiustamente dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo».
[16] Allora il capo dei panettieri, vedendo che aveva dato un'interpretazione favorevole, disse a Giuseppe: «Quanto a me, nel mio sogno mi stavano sulla testa tre canestri di pane bianco
[17] e nel canestro che stava di sopra era ogni sorta di cibi per il faraone, quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangiavano dal canestro che avevo sulla testa».
[18] Giuseppe rispose e disse: «Questa è la spiegazione: i tre canestri sono tre giorni.
[19] Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impiccherà ad un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso».
[20] Appunto al terzo giorno - era il giorno natalizio del faraone - egli fece un banchetto a tutti i suoi ministri e allora sollevò la testa del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri.
[21] Restituì il capo dei coppieri al suo ufficio di coppiere, perché porgesse la coppa al faraone,
[22] e invece impiccò il capo dei panettieri, secondo l'interpretazione che Giuseppe aveva loro data. [23] Ma il capo dei coppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò. |
Genesi Capitolo 41
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I sogni del Faraone
[1] Al termine di due anni, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo.
[2] Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi.
[3] Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo.
[4] Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò.
[5] Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle.
[6] Ma ecco sette spighe vuote e arse dal vento d'oriente spuntavano dopo quelle.
[7] Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Poi il faraone si svegliò: era stato un sogno.
[8] Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell'Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno lo sapeva interpretare al faraone.
[9] Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe.
[10] Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, me e il capo dei panettieri.
[11] Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un significato particolare.
[12] Ora era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno spiegazione del suo sogno
[13] Proprio come ci aveva interpretato, così avvenne: io fui restituito alla mia carica e l'altro fu impiccato».
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[14] Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone.
[15] Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito».
[16] Giuseppe rispose al faraone: «Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!».
[17] Allora il faraone disse a Giuseppe: «Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo.
[18] Quand'ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi.
[19] Ed ecco sette altre vacche salirono dopo quelle, deboli, brutte di forma e magre: non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese d'Egitto.
[20] Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche, quelle grasse.
[21] Queste entrarono nel loro corpo, ma non si capiva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto era brutto come prima. E mi svegliai.
[22] Poi vidi nel sogno che sette spighe spuntavano da un solo stelo, piene e belle.
[23] Ma ecco sette spighe secche, vuote e arse dal vento d'oriente, spuntavano dopo quelle.
[24] Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ora io l'ho detto agli indovini, ma nessuno mi dà la spiegazione».
[25] Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al faraone.
[26] Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni: è un solo sogno.
[27] E le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d'oriente, sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia.
[28] E' appunto ciò che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l'ha manifestato al faraone.
[29] Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande abbondanza in tutto il paese d'Egitto.
[30] Poi a questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quella abbondanza nel paese d'Egitto e la carestia consumerà il paese.
[31] Si dimenticherà che vi era stata l'abbondanza nel paese a causa della carestia venuta in seguito, perché sarà molto dura.
[32] Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta ad eseguirla.
[33]Ora il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo del paese d'Egitto.
[34 ]Il faraone inoltre proceda ad istituire funzionari sul paese, per prelevare un quinto sui prodotti del paese d'Egitto durante i sette anni di abbondanza.
[35] Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città.
[36]Questi viveri serviranno al paese di riserva per i sette anni di carestia che verranno nel paese d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia».
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Promozione di Giuseppe
[37] La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi ministri.
[38] Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?». [39] Poi il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, nessuno è intelligente e saggio come te.
[40] Tu stesso sarai il mio maggiordomo e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te».
[41] Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco, io ti metto a capo di tutto il paese d'Egitto».
[42] Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro.
[43] Poi lo fece montare sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «Abrech». E così lo si stabilì su tutto il paese d'Egitto.
[44] Poi il faraone disse a Giuseppe: «Sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutto il paese d'Egitto».
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[45] E il faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe uscì per tutto il paese d'Egitto.
[46] Giuseppe aveva trent'anni quando si presentò al faraone re d'Egitto.Poi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutto il paese d'Egitto.
[47] Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione.
[48] Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni, nei quali vi era stata l'abbondanza nel paese d'Egitto, e ripose i viveri nelle città, cioè in ogni città ripose i viveri della campagna circostante.
[49] Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile.
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I figli di Giuseppe
[50] Intanto nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della carestia; glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On.
[51] Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, «perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre».
[52] E il secondo lo chiamò Efraim, «perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione».
[53] Poi finirono i sette anni di abbondanza nel paese d'Egitto
[54] e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto l'Egitto c'era il pane.
[55] Poi tutto il paese d'Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Allora il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà».
[56] La carestia dominava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e vendette il grano agli Egiziani, mentre la carestia si aggravava in Egitto.
[57] E da tutti i paesi venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra. |
Giuseppe si fa riconoscere dai suoi fratelli
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Genesi Capitolo 42 - 43 - 44
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Genesi Capitolo 42
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Primo incontro di Giuseppe con i suoi fratelli
[1] Ora Giacobbe seppe che in Egitto c'era il grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l'un l'altro?».
[2] E continuò: «Ecco, ho sentito dire che vi è il grano in Egitto. Andate laggiù e compratene per noi, perché possiamo conservarci in vita e non morire».
[3] Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento in Egitto.
[4] Ma quanto a Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo mandò con i fratelli perché diceva: «Non gli succeda qualche disgrazia!».
[5] Arrivarono dunque i figli d'Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure erano venuti, perché nel paese di Canaan c'era la carestia.
[6] Ora Giuseppe aveva autorità sul paese e vendeva il grano a tutto il popolo del paese. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra.
[7] Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l'estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Di dove siete venuti?». Risposero: «Dal paese di Canaan per comperare viveri».
[8] Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo riconobbero.
[9] Si ricordò allora Giuseppe dei sogni che aveva avuti a loro riguardo e disse loro: «Voi siete spie! Voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese».
[10] Gli risposero: «No, signore mio; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri.
[11] Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!».
[12] Ma egli disse loro: «No, voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!».
[13] Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli, figli di un solo uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso nostro padre e uno non c'è più».
[14] Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie.
[15 In questo modo sarete messi alla prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunto il vostro fratello più giovane.
[16] Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Siano così messe alla prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra parte. Se no, per la vita del faraone, voi siete spie!».
[17] E li tenne in carcere per tre giorni.
[18] Al terzo giorno Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio!
[19] Se voi siete sinceri, uno dei vostri fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case.
[20] Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Allora le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete». Essi annuirono.
[21] Allora si dissero l'un l'altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto la sua angoscia quando ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci è venuta addosso quest'angoscia».
[22] Ruben prese a dir loro: «Non ve lo avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue».
[23] Non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro vi era l'interprete.
[24] Allora egli si allontanò da loro e pianse. Poi tornò e parlò con essi. Scelse tra di loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. |
Ritorno dei figli di Giacobbe in Canaan
[25] Quindi Giuseppe diede ordine che si riempissero di grano i loro sacchi e si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e si dessero loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto.
[26] Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là.
[27] Ora in un luogo dove passavano la notte uno di essi aprì il sacco per dare il foraggio all'asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco.
[28] Disse ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!». Allora si sentirono mancare il cuore e tremarono, dicendosi l'un l'altro: «Che è mai questo che Dio ci ha fatto?».
[29] Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate:
[30] «Quell'uomo che è il signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere come spie del paese.
[31] Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri; non siamo spie!
[32] Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre: uno non c'è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di Canaan.
[33] Ma l'uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo modo io saprò se voi siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate.
[34] Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il paese in lungo e in largo».
[35] Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro, furono presi dal timore.
[36] E il padre loro Giacobbe disse: «Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c'è più, Simeone non c'è più e Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto questo ricade!».
[37] Allora Ruben disse al padre: «Farai morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo a me e io te lo restituirò».
[38] Ma egli rispose: «Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi».
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Genesi Capitolo 43
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I figli di Giacobbe ripartono con Beniamino
[1] La carestia continuava a gravare sul paese.
[2] Quando ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall'Egitto, il padre disse loro: «Tornate là e acquistate per noi un pò di viveri».
[3] Ma Giuda gli disse: «Quell'uomo ci ha dichiarato severamente: Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!
4] Se tu sei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello, andremo laggiù e ti compreremo il grano. [5] Ma se tu non lo lasci partire, noi non ci andremo, perché quell'uomo ci ha detto: Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!».
[6] Israele disse: «Perché mi avete fatto questo male, cioè far sapere a quell'uomo che avevate ancora un fratello?».
[7] Risposero: «Quell'uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: E' ancora vivo vostro padre? Avete qualche fratello? e noi abbiamo risposto secondo queste domande. Potevamo sapere ch'egli avrebbe detto: Conducete qui vostro fratello?».
[8] Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me; partiremo subito per vivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini.
[9 Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta la vita.
[10] Se non avessimo indugiato, ora saremmo gia di ritorno per la seconda volta».
[11] Israele loro padre rispose: «Se è così, fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti del paese e portateli in dono a quell'uomo: un pò di balsamo, un pò di miele, resina e laudano, pistacchi e mandorle.
[12] Prendete con voi doppio denaro, il denaro cioè che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi lo porterete indietro: forse si tratta di un errore.
[13] Prendete anche vostro fratello, partite e tornate da quell'uomo.
[14] Dio onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell'uomo, così che vi rilasci l'altro fratello e Beniamino. Quanto a me, una volta che non avrò più i miei figli, non li avrò più...!». |
L'incontro presso Giuseppe
[15] Presero dunque i nostri uomini questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino, partirono, scesero in Egitto e si presentarono a Giuseppe.
[16] Quando Giuseppe ebbe visto Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa, macella quello che occorre e prepara, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno».
[17] Il maggiordomo fece come Giuseppe aveva ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe.
[18] Ma quegli uomini si spaventarono, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: «A causa del denaro, rimesso nei nostri sacchi l'altra volta, ci si vuol condurre là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini».
[19] Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all'ingresso della casa;
[20] dissero: «Mio signore, noi siamo venuti gia un'altra volta per comperare viveri.
[21] Quando fummo arrivati ad un luogo per passarvi la notte, aprimmo i sacchi ed ecco il denaro di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto. Allora noi l'abbiamo portato indietro
[22] e, per acquistare i viveri, abbiamo portato con noi altro denaro. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!».
[23] Ma quegli disse: «State in pace, non temete! Il vostro Dio e il Dio dei padri vostri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro denaro è pervenuto a me». E portò loro Simeone.
[24] Quell'uomo fece entrare gli uomini nella casa di Giuseppe, diede loro acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini.
[25] Essi prepararono il dono nell'attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno, perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo.
[26] Quando Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono, che avevano con sé, e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra.
[27] Egli domandò loro come stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre, di cui mi avete parlato? Vive ancora?».
[28] Risposero: «Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi.
[29] Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e disse: «E' questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia, figlio mio!».
[30] Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso nell'intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse.
[31] Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: «Servite il pasto».
[32] Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio.
[33] Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane, ciascuno in ordine di età ed essi si guardavano con meraviglia l'un l'altro.
[34] Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all'allegria.
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Genesi Capitolo 44
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La coppa di Giuseppe nel sacco di Beniamino
[1] Diede poi questo ordine al maggiordomo della sua casa: «Riempi i sacchi di quegli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e metti il denaro di ciascuno alla bocca del suo sacco.
[2] Insieme metterai la mia coppa, la coppa d'argento, alla bocca del sacco del più giovane, con il denaro del suo grano». Quegli fece secondo l'ordine di Giuseppe.
[3] Al mattino, fattosi chiaro, quegli uomini furono fatti partire con i loro asini.
[4] Erano appena usciti dalla città e ancora non si erano allontanati, quando Giuseppe disse al maggiordomo della sua casa: «Su, insegui quegli uomini, raggiungili e dì loro: Perché avete reso male per bene?
[5] Non è forse questa la coppa in cui beve il mio signore e per mezzo della quale egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così».
[6] Egli li raggiunse e ripetè loro queste parole.
[7] Quelli gli dissero: «Perché il mio signore dice queste cose? Lungi dai tuoi servi il fare una tale cosa!
[8] Ecco, il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi te lo abbiamo riportato dal paese di Canaan e come potremmo rubare argento od oro dalla casa del tuo padrone?
[9] Quello dei tuoi servi, presso il quale si troverà, sarà messo a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore».
[10] Rispose: «Ebbene, come avete detto, così sarà: colui, presso il quale si troverà, sarà mio schiavo e voi sarete innocenti».
[11] Ciascuno si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì.
[12] Quegli li frugò dal maggiore al più piccolo, e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino.
[13] Allora essi si stracciarono le vesti, ricaricarono ciascuno il proprio asino e tornarono in città.
[14] Giuda e i suoi fratelli vennero nella casa di Giuseppe, che si trovava ancora là, e si gettarono a terra davanti a lui.
[15] Giuseppe disse loro: «Che azione avete commessa? Non sapete che un uomo come me è capace di indovinare?».
[16] Giuda disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giustificarci? Dio ha scoperto la colpa dei tuoi servi... Eccoci schiavi del mio signore, noi e colui che è stato trovato in possesso della coppa».
[17] Ma egli rispose: «Lungi da me il far questo! L'uomo trovato in possesso della coppa, lui sarà mio schiavo: quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».
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L'intervento di Giuda
[18] Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Mio signore, sia permesso al tuo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché il faraone è come te!
[19] Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: Avete un padre o un fratello?
[20] E noi avevamo risposto al mio signore: Abbiamo un padre vecchio e un figlio ancor giovane natogli in vecchiaia, suo fratello è morto ed egli è rimasto il solo dei figli di sua madre e suo padre lo ama.
[21] Tu avevi detto ai tuoi servi: Conducetelo qui da me, perché lo possa vedere con i miei occhi. [22] Noi avevamo risposto al mio signore: Il giovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre, questi morirà.
[23] Ma tu avevi soggiunto ai tuoi servi: Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi, non potrete più venire alla mia presenza.
[24] Quando dunque eravamo ritornati dal tuo servo, mio padre, gli riferimmo le parole del mio signore.
[25] E nostro padre disse: Tornate ad acquistare per noi un pò di viveri.
[26] E noi rispondemmo: Non possiamo ritornare laggiù: se c'è con noi il nostro fratello minore, andremo; altrimenti, non possiamo essere ammessi alla presenza di quell'uomo senza avere con noi il nostro fratello minore.
[27] Allora il tuo servo, mio padre, ci disse: Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. [28] Uno partì da me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l'ho più visto.
[29] Se ora mi porterete via anche questo e gli capitasse una disgrazia, voi fareste scendere con dolore la mia canizie nella tomba.
[30] Ora, quando io arriverò dal tuo servo, mio padre, e il giovinetto non sarà con noi, mentre la vita dell'uno è legata alla vita dell'altro,
[31] appena egli avrà visto che il giovinetto non è con noi, morirà e i tuoi servi avranno fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo, nostro padre.
[32] Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre: Se non te lo ricondurrò, sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita.
[33] Ora, lascia che il tuo servo rimanga invece del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli!
[34] Perché, come potrei tornare da mio padre senz'avere con me il giovinetto? Ch'io non veda il male che colpirebbe mio padre!». |
Genesi Capitolo 45
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Giuseppe si fa riconoscere
[1] Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli.
[2] Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone.
[3] Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza.
[4] Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto.
[5] Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.
[6] Perché gia da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura.
[7] Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. |
[8] Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto.
[9] Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare.
[10] Abiterai nel paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi.
[11] Là io ti darò sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell'indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi.
[12] Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla!
[13] Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre».
[14] Allora egli si gettò al collo di Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo.
[15] Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui.
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L'invito del faraone
[16] Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
[17] Allora il faraone disse a Giuseppe: «Dì ai tuoi fratelli: Fate questo: caricate le cavalcature, partite e andate nel paese di Canaan.
[18] Poi prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me e io vi darò il meglio del paese d'Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra.
[19] Quanto a te, dà loro questo comando: Fate questo: prendete con voi dal paese d'Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne, prendete vostro padre e venite.
[20] Non abbiate rincrescimento per la vostra roba, perché il meglio di tutto il paese sarà vostro».
Il ritorno di Canaan
[21] Così fecero i figli di Israele. Giuseppe diede loro carri secondo l'ordine del faraone e diede loro una provvista per il viaggio.
[22] Diede a tutti una muta di abiti per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli d'argento e cinque mute di abiti.
[23] Allo stesso modo mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell'Egitto e dieci asine cariche di grano, pane e viveri per il viaggio del padre.
[24] Poi congedò i fratelli e, mentre partivano, disse loro: «Non litigate durante il viaggio!».
[25] Così essi ritornarono dall'Egitto e arrivarono nel paese di Canaan, dal loro padre Giacobbe
[26] e subito gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo, anzi governa tutto il paese d'Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo, perché non poteva credere loro.
[27] Quando però essi gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandati per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò.
[28] Israele disse: «Basta! Giuseppe, mio figlio, è vivo. Andrò a vederlo prima di morire!». |
Il popolo di Israele va in Egitto
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Genesi Capitolo 46
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Partenza di Giacobbe per l'Egitto
[1] Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea, dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco.
[2] Dio disse a Israele in una visione notturna: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!».
[3] Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te un grande popolo.
[4] Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi».
[5] Giacobbe si alzò da Bersabea e i figli di Israele fecero salire il loro padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandati per trasportarlo.
[6] Essi presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistati nel paese di Canaan e vennero in Egitto; Giacobbe cioè e con lui tutti i suoi discendenti;
[7] i suoi figli e i nipoti, le sue figlie e le nipoti, tutti i suoi discendenti egli condusse con sé in Egitto.
La famiglia di Giacobbe
[8] Questi sono i nomi dei figli d'Israele che entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli, il primogenito di Giacobbe, Ruben.
[9] I figli di Ruben: Enoch, Pallu, Chezron e Carmi.
[10] I figli di Simeone: Iemuel, Iamin, Oad, Iachin, Socar e Saul, figlio della Cananea.
[11] I figli di Levi: Gherson, Keat e Merari.
[12] I figli di Giuda: Er, Onan, Sela, Perez e Zerach; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan. Furono figli di Perez: Chezron e Amul.
[13] I figli di Issacar: Tola, Puva, Giobbe e Simron.
[14] I figli di Zàbulon: Sered, Elon e Iacleel.
[15] Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram insieme con la figlia Dina; tutti i suoi figli e le sue figlie erano trentatrè persone.
[16] I figli di Gad: Zifion, Agghi, Suni, Esbon, Eri, Arodi e Areli.
[17] I figli di Aser: Imma, Isva, Isvi, Beria e la loro sorella Serach. I figli di Beria: Eber e Malchiel.
[18] Questi sono i figli di Zilpa, che Làbano aveva dato alla figlia Lia; essa li partorì a Giacobbe: sono sedici persone.
[19] I figli di Rachele, moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino.
[20] A Giuseppe nacquero in Egitto Efraim e Manasse, che gli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On.
[21] I figli di Beniamino: Bela, Becher e Asbel, Ghera, Naaman, Echi, Ros, Muppim, Uppim e Arde.
[22] Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto sono quattordici persone.
[23] I figli di Dan: Usim.
[24] I figli di Nèftali: Iacseel, Guni, Ieser e Sillem.
[25]Questi sono i figli di Bila, che Làbano diede alla figlia Rachele, ed essa li partorì a Giacobbe; in tutto sette persone.
[26] Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei.
27] I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta.
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L'accoglienza di Giuseppe
[28] Ora egli aveva mandato Giuda avanti a sé da Giuseppe, perché questi desse istruzioni in Gosen prima del suo arrivo. Poi arrivarono al paese di Gosen.
[29] Allora Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì in Gosen incontro a Israele, suo padre. Appena se lo vide davanti, gli si gettò al collo e pianse a lungo stretto al suo collo.
[30] Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire, questa volta, dopo aver visto la tua faccia, perché sei ancora vivo».
[31] Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado ad informare il faraone e a dirgli: I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me.
[32] Ora questi uomini sono pastori di greggi, si occupano di bestiame, e hanno condotto i loro greggi, i loro armenti e tutti i loro averi.
[33] Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: Qual è il vostro mestiere?,
[34] voi risponderete: Gente dedita al bestiame sono stati i tuoi servi, dalla nostra fanciullezza fino ad ora, noi e i nostri padri. Questo perché possiate risiedere nel paese di Gosen». Perché tutti i pastori di greggi sono un abominio per gli Egiziani.
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Genesi Capitolo 47 - 48
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Capitolo 47
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L'udienza del faraone
[1] Giuseppe andò ad informare il faraone dicendogli: «Mio padre e i miei fratelli con i loro greggi e armenti e con tutti i loro averi sono venuti dal paese di Canaan; eccoli nel paese di Gosen».
[2] Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei suoi fratelli e li presentò al faraone.
[3] Il faraone disse ai suoi fratelli: «Qual è il vostro mestiere?». Essi risposero al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi, noi e i nostri padri».
[4] Poi dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nel paese perché non c'è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nel paese di Canaan. E ora lascia che i tuoi servi risiedano nel paese di Gosen!».
Altro racconto
[5] Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo padre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te.
[6] Ebbene, il paese d'Egitto è a tua disposizione: fà risiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella parte migliore del paese. Risiedano pure nel paese di Gosen. Se tu sai che vi sono tra di loro uomini capaci, costituiscili sopra i miei averi in qualità di sovrintendenti al bestiame».
[7] Poi Giuseppe introdusse Giacobbe, suo padre, e lo presentò al faraone e Giacobbe benedisse il faraone.
[8] Il faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?».
[9] Giacobbe rispose al faraone: «Centotrenta di vita errabonda, pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita nomade». [10] Poi Giacobbe benedisse il faraone e si allontanò dal faraone.
[11] Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi fratelli e diede loro una proprietà nel paese d'Egitto, nella parte migliore del paese, nel territorio di Ramses, come aveva comandato il faraone.
[12] Giuseppe diede il sostentamento al padre, ai fratelli e a tutta la famiglia di suo padre, fornendo pane secondo il numero dei bambini.
Politica agraria di Giuseppe
[13] Ora non c'era pane in tutto il paese, perché la carestia era molto grave: il paese d'Egitto e il paese di Canaan languivano per la carestia.
[14] Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nel paese d'Egitto e nel paese di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del faraone.
[15] Quando fu esaurito il denaro del paese di Egitto e del paese di Canaan, tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe a dire: «Dacci il pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c'è più denaro».
[16] Rispose Giuseppe: «Cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame, se non c'è più denaro».
[17] Allora condussero a Giuseppe il loro bestiame e Giuseppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore, dei buoi e degli asini; così in quell'anno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame.
[18] Passato quell'anno, vennero a lui l'anno dopo e gli dissero: «Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore, non rimane più a disposizione del mio signore se non il nostro corpo e il nostro terreno.
[19] Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e la nostra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi con la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!».
[20] Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell'Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo, tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terra divenne proprietà del faraone.
[21] Quanto al popolo, egli lo fece passare nelle città da un capo all'altro della frontiera egiziana.
[22] Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò, perché i sacerdoti avevano un'assegnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell'assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno.
[23] Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete, io ho acquistato oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno.
[24] Ma quando vi sarà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre, per la semina dei campi, per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini».
[25] Gli risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovar grazia agli occhi del mio signore e saremo servi del faraone!».
[26] Così Giuseppe fece di questo una legge che vige fino ad oggi sui terreni d'Egitto, per la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero del faraone. |
Ultime volontà di Giacobbe
[27] Gli Israeliti intanto si stabilirono nel paese d'Egitto, nel territorio di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi.
[28] Giacobbe visse nel paese d'Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasette
[29] Quando fu vicino il tempo della sua morte, Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto!
[30] Quando io mi sarò coricato con i miei padri, portami via dall'Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro». Rispose: «Io agirò come hai detto».
[31] Riprese: «Giuramelo!». E glielo giurò; allora Israele si prostrò sul capezzale del letto. |
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Genesi Capitolo 48
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Giacobbe adotta e benedice i due figli di Giuseppe
[1] Dopo queste cose, fu riferito a Giuseppe: «Ecco, tuo padre è malato!». Allora egli condusse con sé i due figli Manasse ed Efraim.
[2] Fu riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco, tuo figlio Giuseppe è venuto da te». Allora Israele raccolse le forze e si mise a sedere sul letto.
[3] Giacobbe disse a Giuseppe: «Dio onnipotente mi apparve a Luz, nel paese di Canaan, e mi benedisse
[4] dicendomi: Ecco, io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questo paese alla tua discendenza dopo di te in possesso perenne.
[5] Ora i due figli che ti sono nati nel paese d'Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto, sono miei: Efraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone.
[6] Invece i figli che tu avrai generati dopo di essi, saranno tuoi: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità.
[7] Quanto a me, mentre giungevo da Paddan, Rachele, tua madre, mi morì nel paese di Canaan durante il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Efrata, e l'ho sepolta là lungo la strada di Efrata, cioè Betlemme».
[8] Poi Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono questi?».
[9] Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dati qui». Riprese: «Portameli perché io li benedica!».
[10] Ora gli occhi di Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe li avvicinò a lui, che li baciò e li abbracciò.
[11] Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo più di vedere la tua faccia ed ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!».
[12] Allora Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra.
[13] Poi li prese tutti e due, Efraim con la sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse con la sua sinistra, alla destra di Israele, e li avvicinò a lui.
[14] Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il primogenito.
[15] E così benedisse Giuseppe:
«Il Dio, davanti al quale hanno camminato
i miei padri Abramo e Isacco,
il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto
fino ad oggi,
[16] l'angelo che mi ha liberato da ogni male,
benedica questi giovinetti!
Sia ricordato in essi il mio nome
e il nome dei miei padri Abramo e Isacco
e si moltiplichino in gran numero
in mezzo alla terra!».
[17] Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Efraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di Efraim e porla sul capo di Manasse.
[18] Disse al padre: «Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!».
[19] Ma il padre ricusò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch'egli diventerà un popolo, anch'egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni».
[20] E li benedisse in quel giorno:
«Di voi si servirà Israele
per benedire, dicendo:
Dio ti renda come Efraim e come Manasse!».
Così pose Efraim prima di Manasse.
[21] Poi Israele disse a Giuseppe: «Ecco, io sto per morire, ma Dio sarà con voi e vi farà tornare al paese dei vostri padri.
[22] Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l'arco». |
Genesi Capitolo 49
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Benedizioni di Giacobbe
[1] Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi, perché io vi annunzi quello che vi accadrà nei tempi futuri.
[2] Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe,
ascoltate Israele, vostro padre!
[3] Ruben, tu sei il mio primogenito,
il mio vigore e la primizia della mia virilità,
esuberante in fierezza ed esuberante in forza!
[4] Bollente come l'acqua, tu non avrai preminenza,
perchè hai invaso il talamo di tuo padre
e hai violato il mio giaciglio su cui eri salito.
[5] Simeone e Levi sono fratelli,
strumenti di violenza sono i loro coltelli.
[6] Nel loro conciliabolo non entri l'anima mia,
al loro convegno non si unisca il mio cuore.
Perchè con ira hanno ucciso gli uomini
e con passione hanno storpiato i tori.
[7] Maledetta la loro ira, perché violenta,
e la loro collera, perché crudele!
Io li dividerò in Giacobbe
e li disperderò in Israele.
[8] Giuda, te loderanno i tuoi fratelli;
la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici;
davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre.
[9] Un giovane leone è Giuda:
dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone
e come una leonessa; chi oserà farlo alzare?
[10] Non sarà tolto lo scettro da Giuda
nè il bastone del comando tra i suoi piedi,
finchè verra colui al quale esso appartiene
e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli.
[11] Egli lega alla vite il suo asinello
e a scelta vite il figlio della sua asina,
lava nel vino la veste
e nel sangue dell'uva il manto;
[12] lucidi ha gli occhi per il vino
e bianchi i denti per il latte.
[13] Zàbulon abiterà lungo il lido del mare
e sarà l'approdo delle navi,
con il fianco rivolto a Sidòne.
[14] Issacar è un asino robusto,
accovacciato tra un doppio recinto.
[15] Ha visto che il luogo di riposo era bello,
che il paese era ameno;
ha piegato il dorso a portar la soma
ed è stato ridotto ai lavori forzati.
[16] Dan giudicherà il suo popolo
come ogni altra tribù d'Israele.
[17] Sia Dan un serpente sulla strada,
una vipera cornuta sul sentiero,
che morde i garretti del cavallo
e il cavaliere cade all'indietro.
[18] Io spero nella tua salvezza, Signore!
[19] Gad, assalito da un'orda,
ne attacca la retroguardia.
[20] Aser, il suo pane è pingue:
egli fornisce delizie da re.
[21] Nèftali è una cerva slanciata
che dà bei cerbiatti.
[22] Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe;
germoglio di ceppo fecondo presso una fonte,
i cui rami si stendono sul muro.
[23] Lo hanno esasperato e colpito,
lo hanno perseguitato i tiratori di frecce.
[24] Ma è rimasto intatto il suo arco
e le sue braccia si muovon veloci
per le mani del Potente di Giacobbe,
per il nome del Pastore, Pietra d'Israele.
[25] Per il Dio di tuo padre - egli ti aiuti!
e per il Dio onnipotente - egli ti benedica!
Con benedizioni del cielo dall'alto,
benedizioni dell'abisso nel profondo,
benedizioni delle mammelle e del grembo.
[26] Le benedizioni di tuo padre sono superiori
alle benedizioni dei monti antichi,
alle attrattive dei colli eterni.
Vengano sul capo di Giuseppe
e sulla testa del principe tra i suoi fratelli!
[27] Beniamino è un lupo che sbrana:
al mattino divora la preda
e alla sera spartisce il bottino.
[28] Tutti questi formano le dodici tribù d'Israele, questo è ciò che disse loro il loro padre, quando li ha benedetti; ognuno egli benedisse con una benedizione particolare. |
Ultimi momenti e morte di Giacobbe
[29] Poi diede loro quest'ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l'Hittita,
[30] nella caverna che si trova nel campo di Macpela di fronte a Mamre, nel paese di Canaan, quella che Abramo acquistò con il campo di Efron l'Hittita come proprietà sepolcrale.
[31] Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia.
[32] La proprietà del campo e della caverna che si trova in esso proveniva dagli Hittiti.
[33] Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. |
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Genesi Capitolo 50
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Funerali di Giacobbe
[1] Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo baciò.
[2] Poi Giuseppe ordinò ai suoi medici di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele [3] e vi impiegarono quaranta giorni, perché tanti ne occorrono per l'imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero settanta giorni.
[4] Passati i giorni del lutto, Giuseppe parlò alla casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi, vogliate riferire agli orecchi del faraone queste parole:
[5] Mio padre mi ha fatto giurare: Ecco, io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nel paese di Canaan. Ora, possa io andare a seppellire mio padre e tornare».
[6] Il faraone rispose: «Và e seppellisci tuo padre com'egli ti ha fatto giurare».
[7] Allora Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani del paese d'Egitto,
[8] tutta la casa di Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre. Soltanto i loro bambini e i loro greggi e i loro armenti essi lasciarono nel paese di Gosen.
[9] Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. [10] Quando arrivarono all'Aia di Atad, che è al di là del Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne ed egli celebrò per suo padre un lutto di sette giorni.
[11] I Cananei che abitavano il paese videro il lutto alla Aia di Atad e dissero: «E' un lutto grave questo per gli Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Mizraim, che si trova al di là del Giordano.
[12] Poi i suoi figli fecero per lui così come aveva loro comandato.
[13] I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l'Hittita, e che si trova di fronte a Mamre.
[14] Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in Egitto insieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre.
Dalla morte di Giacobbe alla morte di Giuseppe
[15] Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: «Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?».
[16] Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest'ordine:
[17] Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male! Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così.
[18] E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!».
[19] Ma Giuseppe disse loro: «Non temete. Sono io forse al posto di Dio?
[20] Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso.
[21] Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini». Così li consolò e fece loro coraggio.
[22] Ora Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse centodieci ann
[23] Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe.
[24] Poi Giuseppe disse ai fratelli: «Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese ch'egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe».
[25] Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa».
[26] Poi Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.
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- per altri testi sull'argomento, vedere all'articolo:
e, a proposito di animali, In Collaborazioni, del Prof. Franco Frilli:
P.s. La maggior parte delle immagini riprodotte negli articoli sull'Antico Testamento sono state gentilmente concesse da Rosina Llagaria Vidal che ringrazio sentitamente
- Si fa notare che in alcune pagine del Vecchio Testamento relative a prescrizioni e regole, non ci saranno immagini (es. Levitico))
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