Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

SANTI E SAGGI DEL VECCHIO TESTAMENTO



 

ABELE E CAINO


Prefigurazione di Cristo, Abele è il buono per eccellenza, il figlio virtuoso ed obbediente che offre al Signore i suoi olocausti votivi e corrisponde al Suo Amore.
Ma questa bontà, questa dedizione, scatenano l'invidia nel cuore di Caino che arriva al fratricidio. Dio proteggerà, comunque, Caino, con un marchio che lo preserverà.
Nonostante l'orrore per la colpa commessa, però egli non chiede perdono, ma fugge e si nasconde, finchè non fonderà la città di Nod.

Dalla sua discendenza, marchiata dal peccato, dunque, nascerà il genere umano, così limitato, così fragile, eppure proteso verso grandi mete spirituali.

 

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NOE'

Uomo giusto e buono, Noè fu prescelto da Dio per sopravvivere alla punizione severa che Egli intendeva dare agli uomini, per i loro vizi e la loro cattiveria.

Egli, dunque, secondo i Suoi dettami, costruì un'Arca di legno e intanto incitava tutti a convertirsi, ma nessuno voleva ascoltarlo, anzi veniva deriso. Quando iniziò il Diluvio, Noè, la sua famiglia e gli animali si rinchiusero nell'Arca e galleggiarono per giorni e giorni, finchè la pioggia non cessò e l'Arca si posò sul monte Ararat. Noè attese qualche giorno poi, resosi conto che la terra non era più inondata dalle acque, ascoltò le parole che il Signore gli diceva: "Uscite dall'Arca, scendete sulla terra, crescete e moltiplicatevi".

Egli obbedì ringraziando Dio, costruendo un altare e offrendoGli sacrifici. Il Signore strinse con lui un patto e disse: Non manderò mai più il diluvio sulla terra e segno di questo patto sarà l'arcobaleno nel cielo. Quando esso apparirà tutti gli uomini si ricorderanno del mio patto".


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ABRAMO

Parecchio tempo dopo il diluvio, gli uomini dimenticarono gli insegnamenti di Noè e non adorarono più il vero Dio ma tanti altri idoli. L'unico popolo ancora fedele fu quello ebraico, il popolo del Signore, a cui Dio aveva promesso un Redentore. Il grande Patriarca Abramo fu il padre e capostipite di questo popolo. Il Signore, per mettere alla prova la sua obbedienza, gli disse: "Prendi il tuo unico figlio, Isacco, recati sul monte che io ti insegnerò e offrimelo in olocausto".

Era costume, a quei tempi, di offrire al Signore degli animali, ma mai creature umane. Abramo pensò che, essendo Dio il padrone di tutte le cose, aveva il diritto di domandargli un tale sacrificio e non esitò. Condusse con sè Isacco e si avviò sul monte indicatogli dal Signore, il Moriah, e giunto sulla cima, preparato con delle pietre un altare, si apprestò a sacrificare quanto aveva di più caro in vita, dicendo ad Isacco, con le lacrime agli occhi: " Figlio, su questo altare devi essere immolato a Dio! Così ha comandato il Signore!".

Isaccò baciò suo padre dicendo che se quella era la volontà di Dio andava compiuta.
Abramo alzò, tremante, il braccio per colpire suo figlio, ma in quel momento apparve un angelo: "Abramo, non uccidere tuo figlio. Il Signore non lo vuole. Egli ti aveva dato questo comando per mettere alla prova la tua fedeltà".

Abramo, rassicurato e felice vide lì accanto un ariete che vagava sulla montagna e, presolo, lo immolò al posto di Isacco. Il Signore gli parlò ancora dicendo: "Poichè eri disposto ad uccidere anche il tuo unico figlio solo per ubbidirmi, io benedirò te e la tua discendenza che sarà numerosa come le stelle del cielo e nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra".

Con queste parole Dio voleva dire che dalla discendenza di Abramo sarebbe nato il Salvatore. Anche Isacco è una prefigurazione del Cristo, unico Figlio, offerto in olocausto per la salvezza dell'Umanità.

 

 

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SARA


Era la moglie di Abramo e si chiamava Sarai, prima di essere chiamata Sara da Dio. Pur desiderando tanto un figlio per assicurare una discendenza ad Abramo, in gioventù non ne aveva avuti ed era ormai in età tanto avanzata da non poterne avere più.


Ma un giorno, mentre erano presso le querce di Mamre, Abramo vide tre uomini avvicinarsi e li invitò al riparo e a mangiare e sollecitò Sara a preparare delle focacce e lui stesso si pose a cuocere un vitello, che poi offrì loro. Essi mangiarono e chiesero di Sara che era nella tenda, dicendo che dopo un anno sarebbero tornati e che a quell'epoca essa sarebbe stata madre. Ma lei, che era al riparo della tenda, rise dentro di sè perchè sapeva che ciò era impossibile.
Ma il Signore disse ad Abramo: "Perchè Sara ha riso? Nulla è impossibile al Signore!".
Sara, dunque, concepì un figlio che venne chiamato Isacco.



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REBECCA

Abramo giunse alla vecchiaia e poichè Isacco ancora non aveva preso moglie, chiamò un suo servo e lo inviò nel paese in cui era nato, nella città di Haran, dove questi avrebbe dovuto cercare una giovane da dare in sposa ad Isacco.

Il servo Eliezer obbedì e prese con sè ricchi doni e molti cammelli, partendo con alcuni compagni; dopo un lungo viaggio arrivò dunque in Haran, presso una fonte dove alcune donne stavano attingendo l'acqua. Il vecchio si chiedeva a chi dovesse rivolgersi e pregò il Signore di fargli conoscere la sua volontà.
Avrebbe chiesto da bere ad una di quelle giovinette e colei che gli avrebbe risposto: "Bevi pure e dai da bere anche ai tuoi cammelli", quella sarebbe stata la prescelta.

Appena fatta questa preghiera, si avvicinò una giovane, che si chiamava Rebecca, ed egli le chiese da bere. La fanciulla annuì, aggiungendo che poi avrebbero potuto dissetarsi anche i suoi animali.
Il vecchio comprese che Dio aveva esaudito la sua preghiera e chiese alla fanciulla chi fosse. Essa era della stessa famiglia di Abramo, nipote di un suo fratello.

Anche il vecchio le disse chi era e si presentò a casa sua, portando i doni di Abramo e, spiegando la ragione del suo viaggio, chiese Rebecca come sposa per Isacco.
La sua richiesta venne accettata e dunque, presa con sè la ragazza e le serve, Eliezer si avviò verso la terra di Canaan. Abramo ed Isacco benedissero il Signore e il matrimonio si celebrò con grande solennità e gioia. Rebecca ed Isacco, a causa di una carestia si trasferirono a Gerar dove vissero per molti anni, diventando ricchi, ma alla fine ritornarono nella terra nativa. Essi ebbero due figli: Esaù e Giacobbe.



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GIACOBBE

Giacobbe ed Esaù erano fratelli gemelli, ma Esaù, essendo nato per primo aveva diritto alla primogenitura ed ai vantaggi ad essa connessi. Questi, che crescendo diventò molto villoso, era un bravo cacciatore e gli piaceva la vita all'aperto, mentre Giacobbe era più incline alla mitezza, era bello e dolce e gli piaceva stare in casa. Un giorno Giacobbe s'era fatto preparare un piatto di lenticchie e il fratello, ch'era tornato dai campi affamato le voleva a tutti i costi, cosicchè Giacobbe gli propose di barattare il suo piatto di lenticchie con la primogenitura e i diritti connessi.

Per raggiungere il suo scopo Esaù accettò senza pensarci. Passati degli anni, ed essendo ormai Isacco quasi cieco e prossimo alla morte voleva benedire il suo primogenito con la benedizione solenne e mentre Esaù era a caccia, Giacobbe, aiutato dalla madre, si ricoprì di pelli di capretto per apparire villoso come il fratello e si presentò al padre, ottenendo da lui la solenne benedizione.
Quando Esaù si rese conto di quanto era accaduto, pianse disperatamente ed odiò Giacobbe, al punto di pensare di ucciderlo dopo la morte di Isacco. Rebecca consigliò il figlio di partire per la terra di Haran e di rimanervi finchè il furore del fratello non si fosse placato. Isacco lo benedisse di nuovo consigliandogli di andare nella Mesopotamia di Siria, in casa del nonno materno, di non prendere in moglie una della stirpe di Canaan ma una delle figlie di Labano, suo zio.

Giacobbe partì, fermandosi per riposare e, durante la notte, ebbe una visione: vide una scala altissima che dalla terra arrivava al cielo ed angeli che vi salivano e scendevano. In cima c'era il Signore che gli disse: " Io sono il Signore Dio dei tuoi padri. La terra su cui dormi verrà data a te e ai tuoi discendenti".
Era la promessa già fatta ad Abramo.

Quando Giacobbe si svegliò, fece un piccolo altare e vi versò sopra dell'olio per significare che quello era un luogo sacro e poi continuò il suo viaggio verso Haran. Là giunto lavorò per lunghi anni presso Labano, suo zio, arricchendolo e prendendo in moglie sua figlia Rachele ma Labano, invidioso, pretendeva sempre di più, cosicchè Giacobbe si decise a ritornare in patria, portando con sè le sue ricchezze, sperando che gli anni avessero portato pace nel cuore di Esaù e che finalmente il fratello l'avesse perdonato.
Mandò infatti dei servi ad avvertirlo ma questi tornarono con la notizia che Esaù stava marciando contro di lui con dei soldati. Giacobbe prese la metà dei suoi averi e glieli inviò in dono poi, inginocchiandosi alla sua presenza in atto di sottomissione, chiese ancora perdono.


saù piangendo lo abbracciò e la pace ritornò fra i due.
Esaù tornò in Seir dove abitava e Giacobbe si stabilì a Socot.



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MOSE'

In terra d'Egitto, il popolo d'Israele prosperava e si moltiplicava, adorando l'unico vero Dio, mentre i Faraoni e il popolo adoravano falsi dei. Trascorsi 400 anni gli Ebrei vennero perseguitati, anche a causa della loro prolificità e il Faraone diede ordine di uccidere nel Nilo tutti i bambini maschi appena nati. Un giorno, in una famiglia ebrea, nacque un bambino sano e bello e la madre, per salvarlo, lo mise in una cesta di vimini chiusa con la pece, nascondendolo tra le piante che crescevano sulle rive del fiume. Di lì a poco, passò la figlia del Faraone che, incuriosita, prese il cesto e apertolo vide il bimbo. Decise di lasciarlo vivere e di educarlo alla sua corte e lo chiamò Mosè che significa appunto "salvato dalle acque".

Mosè fu allevato come un figlio di re ma, seguito dalla madre naturale che lo aveva allattato e spesso lo andava a trovare, adorò sempre il vero Dio degli Ebrei, soffrendo immensamente per le pene loro inflitte, pregando il Signore di liberarli. Quando il Faraone comprese che Mosè desiderava aiutare il suo popolo, si adirò e lo perseguitò, ma Mosè si allontanò dalla corte, rifugiandosi nella terra di Madian presso un uomo chiamato Jetro, che gli diede in moglie una delle sue figlie e gli affidò i suoi armenti.
Un giorno, mentre Mosè guardava le pecore, vide un cespuglio di rovi che andava a fuoco ed udì la voce del Signore che gli diceva che quella era terra santa, che sapeva che gli Ebrei erano nel dolore e che Mosè, come capo di questo popolo, avrebbe dovuto recarsi assieme a suo fratello Aronne, a cui si sarebbe ricongiunto dopo tanti anni, dal Faraone per convincerlo a concedere loro la libertà. Se questi si fosse opposto al progetto di Dio, egli avrebbe fatto prodigi e flagellato l'Egitto di castighi.

Mosè, ubbidiente alla voce del Signore, partì mentre anche Aronne, in quello stesso momento ebbe ordine da Dio di ricongiungersi al fratello sul monte Oreb. Mosè gli raccontò la visione avuta e insieme si diressero verso l'Egitto, dove Aronne parlò alle 12 tribù ebraiche, spiegando quanto si doveva fare e Mosè fece alcuni prodigi per convincerli che veramente Dio lo aveva inviato per liberarli. I due fratelli si recarono poi dal faraone e fecero le loro richieste, ma il re non volle accettare la volontà del Dio degli ebrei, nonostante i prodigi che Mosè e Aronne compirono davanti a lui e nonostante gli avvertimenti che gravi calamità si sarebbero abbattute sul suo popolo.


Esse, chiamate le 10 piaghe d'Egitto, si susseguirono l'una all'altra, incessantemente: l'acqua del fiume diventò simile a sangue e tutti i pesci morirono in sette giorni, poi il regno fu invaso da frotte di ranocchie che penetrarono ovunque; la terza piaga fu rappresentata dalle zanzare, la quarta da un'invasione di mosche di ogni genere, la quinta piaga fu una terribile pestilenza che si sviluppò nel bestiame, distruggendolo; la sesta piaga fu una malattia che piagava il corpo di uomini e animali con ferite dolorosissime; la settima fu una grandine che devastò tutte le campagne; l'ottava un'invasione di cavallette che divorarono le poche piante rimaste, la nona fu un eclisse di sole che durò tre giorni. Il faraone prometteva a Mosè di farlo partire ma poi non manteneva la parola data.
E il Signore mandò la decima piaga, facendo morire ogni primogenito di ogni famiglia egiziana.

A Mosè suggerì di prepararsi per il 14 di quel mese: in quella notte sarebbero avvenute cose tremende. Tutte le famiglie ebree dovevano riunirsi coi parenti e in ogni casa si doveva ammazzare un agnello, col cui sangue bisognava bagnare gli stipiti della porta di casa. L'angelo sarebbe passato in quella notte su tutte le case degli egiziani dove il primogenito sarebbe morto. Quel giorno per gli ebrei sarebbe stato memorabile e in futuro lo avrebbero sempre dovuto festeggiare per 7 gg., durante i quali essi avrebbero mangiato pane azzimo (cioè senza lievito), agnello arrosto ed erbe amare di campo, cingendosi i fianchi, con i calzari ai piedi e il bastone in mano, pronti a partire, mangiando in fretta perchè quella sarebbe stata la Pasqua (cioè il passaggio del Signore).

Pasqua, dunque, vuol dire passaggio: passaggio dell'angelo e passaggio del popolo d'Israele dalla schiavità alla libertà della terra promessa. La festa pasquale, dopo la venuta di Gesù, ricorda la passione, morte e resurrezione del Cristo, cioè l'avveramento, in senso spitiruale di ciò che era stato simboleggiato nell'Antico Testamento. L'agnello il cui sanguè salvò gli Ebrei dalla morte è prefigurazione di Gesù, Agnello immacolato che ha versato il suo sangue per la salvezza di tutte le anime.
Il pane azzimo, prescritto nella cena pasquale, è simbolo del Sacramento dell'Eucarestia nel quale Gesù vivo e vero è nascosto sotto le apparenze dell'ostia (che è pane non lievitato). La liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù dell'Egitto è la prefigurazione della liberazione delle anime dal demonio e dal peccato, effettuata da Gesù tramite la sua morte. Il viaggio del popolo d'Israele verso la Terra Promessa prefigura il viaggio dei seguaci di Gesù verso il Paradiso.

Mosè riferì tutto ai suoi, sottolineando che poi quando sarebbero entrati nella Terra Promessa dal Signore, avrebbero dovuto seguire le stesse regole. Tutti fecero come Mosè aveva consigliato, tranne gli egiziani e tutti i loro bimbi morirono, anche il primogenito del Faraone che, spaventato, disse a Mosè di partire, riconoscendo il potere del suo Dio. Ma egli parlava così solo per paura. Gli ebrei intanto si radunarono e osannando il Signore si disposero al viaggio, mentre in cielo una colonna di nuvole li precedeva indicando la strada che portava al Mar Rosso. Il Faraone, intanto, si pentì del permesso dato e radunò i soldati, inseguendo la colonna degli emigranti che, vedendoli, ebbero paura. Mosè faceva loro coraggio proclamando che il Signore li avrebbe salvati. Egli infatti disse a Mosè: "Solleva il tuo bastone e stendi la tua mano sul mare e l'acqua si aprirà al vostro passaggio". Così fu e il popolo andò dietro Mosè e quando ebbero traversato il mare e risalito l'altra sponda, egli stese di nuovo il braccio e il mare si riunì, distruggendo il Faraone e tutte le sue schiere che si trovavano ancora sul suo fondo.

Il viaggio fu lungo e accidentato e dopo 30 gg. le provviste erano finite e il malcontento iniziava a serpeggiare ma Dio donava agli Ebrei di che sopravvivere, facendo trovar cibo in abbondanza e ogni giorno li riforniva di manna che era un ottimo nutrimento. Vennero assaliti da banditi ma ogni volta che Mosè alzava le braccia al cielo gli Ebrei risultavano vincitori; con l'aiuto di alcuni dei suoi, allora, le tenne così per tutto il tempo della battaglia finchè la loro vittoria non fu definitiva. Il viaggio continuò fino al Sinai dove si trattennero un anno. Dopo pochi giorni Mosè venne chiamato da Dio che gli disse che disponesse il popolo a ricevere i suoi Comandamenti. Tutti si purificarono e attesero la voce del Signore, che avrebbe parlato attraverso Mosè, il quale però tardava a tornare; alcuni di essi si stancarono di aspettare e cominciarono a parlare di farsi un idolo d'oro in forma di vitello, che forse li avrebbe aiutati di più; tutti portarono qualcosa d'oro e alla fine il vitello venne fuso, messo su un altare e tutti l'osannarono.

Mosè intanto scendeva dal Sinai, portando le Tavole della Legge e provò un immenso dolore per quella mancanza di fedeltà: gettò a terra le Tavole frantumandole, gridando che quel popolo non era degno di ricevere la Legge del Signore.






Essi compresero, alfine, l'enormità del loro peccato, piansero e chiesero perdono a Dio.
Tornato alla presenza del Signore, Mosè intercedette per il suo popolo ed Egli perdonò e scolpì di nuovo le sue regole che tutti, inginocchiatisi, promisero di rispettare. Mentre Mosè era sul monte il suo volto era diventato tanto risplendente che non si poteva guardarlo e quindi in presenza di tutti egli doveva nascondersi dietro un velo.
Venne poi costruito un Tabernacolo entro cui venne posta un'Arca Santa che conteneva le Tavole. Il tutto venne consacrato al Signore con riti solenni e sacrifici di animali ed Aronne e i suoi figli vennero consacrati sacerdoti. Una nube luminosa discese sul Tabernacolo e non se ne allontanava mai, se si alzava voleva dire che il popolo doveva dirigersi verso un altro luogo. Questo avvenimento è una bella ed espressiva figura del viaggio che ora i cristiani fanno verso la Patria Celeste, guidati dalla chiesa e accompagnati da Gesù, presente nel Sacramento dell'Eucarestia.

Dopo un anno si rincamminarono e si fermarono ad Haran, successivamente a Haserot e finalmente arrivarono alla Terra Promessa, ma ebbero paura e pregarono Mosè di mandare avanti qualche esploratore, uomini coraggiosi, uno per ogni tribù, che osservarono accuratamente ogni cosa e portarono indietro i frutti di quella regione incantevole.

Gli abitanti però erano temibili e di alta statura ed essi ne furono atterriti ma Giosuè e Caleb, più coraggiosi, dissero di non spaventarsi. Il Signore, stanco di tante opposizioni, affermò che nella Terra Promessa sarebbero entrati, dopo molti anni ancora di peregrinazioni, solo i giovani, insieme a Caleb e a Giosuè.

Trascorsi 40 anni, infatti, finalmente si diressero verso Cades, dove però non trovarono acqua; per un istante anche Aronne e Mosè dubitarono e così Dio disse che nemmeno loro sarebbero entrati nella Terra Promessa. Si diressero quindi tutti verso il Monte Hor su cui salirono solo Mosè, Aronne e suo figlio Eleazaro che venne proclamato sacerdote e rivestito delle vesti di Mosè.
Subito dopo Aronne morì. Mosè, invece, salì sul Monte Abarim e di là vide, da lontano, la terra che per anni e anni aveva cercato e, sapendo che di dì a poco sarebbe morto, chiese a Dio di dare un capo agli Ebrei. Questo capo fu Giosuè.

Mosè ritornò in mezzo a quel popolo tanto amato,compose un cantico in cui ricordava tutti i benefici che il popolo aveva ricevuto da Dio, salì sul monte Nebo e lì morì.



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GIOSUE'

Dopo la morte di Mosè, il Signore disse a Giosuè di guidare il suo popolo attraverso il fiume Giordano, fino a raggiungere la Terra Promessa, combattendo contro i re che la governavano, senza sgomentarsi perchè sarebbe risultato vincitore.
Con l'Arca Santa, gli Ebrei si rimisero in cammino e traversarono il fiume che li divideva da quel terrtitorio, accampandosi poi per festeggiare la Pasqua, così com'era stato loro comandato.

 

Al di là dei monti c'era la città di Gerico, circondata di mura e di torri, le cui porte vennero subito chiuse dagli abitanti che non volevano che gli Ebrei vi accedessero. Un angelo del Signore, apparso a Giosuè, gli disse di radunare il suo esercito e di girare intorno alla città, l'Arca Santa in testa, per sei giorni, mentre nel settimo giorno avrebbero dovuto fare 7 giri.

Infine, i sacerdoti avrebbero fatto squillare le loro trombe e il popolo avrebbe dovuto gridare a voce altissima, così da far crollare le mura . Giosuè fece come gli era stato comandato e al settimo giro le mura e le torri crollarono ed il suo popolo entrò in città.

 

 




Col passare del tempo, Giosuè riuscì ad impadronirsi anche delle altre zone della Terra Promessa con strepitose vittorie che gli concessero di entrare in possesso anche della città santa, la città di Dio: Gerusalemme!

C'era, però, ancora da conquistare la parte settentrionale della Palestina, popolosa ed agguerrita, che impegnò gli Ebrei in una lunga guerra. Giosuè intanto era invecchiato e il Signore gli disse di dividere la terra conquistata ed anche quella ancora da conquistare tra le dodici tribù di Israele ed egli seguì i suoi dettami.

La tribù di Levi, che era quella sacerdotale, fu l'unica che non ebbe la sua porzione. Tutti gli uomini di quella tribù, infatti, erano deputati al servizio di Dio nel Tabernacolo, ma poichè essi dovevano compiere le funzioni del culto per tutte le tribù, Dio volle che fossero assegnate alcune città nel territorio di ciascuna tribù e ordinò che tutto il popolo offrisse ogni anno ai leviti e ai sacerdoti la decima parte delle loro rendite, parte che sarebbe servire per il sostentamento e per i sacrifici che si offrivano a Dio nel Tabernacolo e per tutte le altre necessità di culto.

Così si avverò l'antica promessa fatta da Dio ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Giosuè visse ancora dieci anni godendo il frutto delle sue vittorie poi, sapendo che ormai era prossimo alla morte, radunò presso Sichem tutto il popolo, ricordando i benefici concessi da Dio ed esortando tutti a rinnovare la promessa e il giuramento al Signore. Tutti acclamando giurarono di servire sempre Dio.

 

 

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RUTH

Nella Terra Promessa vi fu una grande carestia, sicchè molti soffrivano la fame. Elimelech con sua moglie Noemi e i due figli, Mahalon e Chelion, partirono da Betlem dove abitavano ed andarono nel paese di Moab per trovare di che nutrirsi. Moab non era nella terra promessa ma essi vi si trovarono bene e vi abitarono per molti anni.

Elimelech morì presto e Noemi rimase vedova, mentre i due figli, intanto, erano cresciuti e avevano sposato due giovanette del loro paese che si chiamavano Orfa e Ruth. Ma presto anch'esse restarono vedove e Noemi, col cuore spezzato, decise di tornare nella sua terra e partì, accompagnata dalle due giovani nuore che non volevano separarsi da lei. Ma essa, ringraziandole, le incitò a tornare dai genitori, dove avrebbero potuto rifarsi una vita.
Pur desiderando rimanere, Orfa si decise a l a tornare a casa, Ruth, invece, non volle assolutamente e le disse :" Non mi separerò mai da te, abiterò dove tu abiterai e soltanto la morte ci dividerà". Noemi, commossa per tanto affetto, non insistette ed insieme si diressero verso Betlem.

Una volta stabilite là, durante il tempo della raccolta del grano, Ruth decise di andare in campagna a raccogliere le spighe cadute in terra ai mietitori;; essa li seguiva passo passo e tornava a casa con fasci di spighe che servivano per sostentarle. Un giorno arrivò il padrone del campo, che si chiamava Booz ed era ricco e buono, e domandò chi fosse quella ragazza; le si avvicinò e le concesse di raccogliere altre spighe, di bere e di mangiare con lui. Noemi mise da parte alcune cibarie da portare a Noemi e continuò poi a raccogliere spighe fino a sera e ne trovava moltissime perchè Booz aveva detto ai mietitori di lasciarne molte sul campo. Col cuore colmo di gioia, Ruth tornò dalla suocera che chiese chi fosse stato così compassionevole con lei.

Saputo il nome del proprietario del campo, Noemi esultò poichè, secondo la legge di Mosè, se un uomo moriva senza aver avuto figli, il parente più prossimo aveva l'obbligo di sposarne la vedova. Booz era proprio loro parente e poteva dunque sposare Ruth. Consigliò quindi la giovane di vestirsi e andare da lui per fargli conoscere la loro parentela. Booz accettò molto volentieri ed il loro matrimonio si celebrerò solennemente. La vecchia Noemi fu consolata dalle sofferenze e Ruth fu premiata per le sue virtù.

 

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GIOBBE

Giobbe era un principe molto ricco che abitava nella terra di Us. Egli conosceva, serviva e amava Dio con grande fedeltà ed amore. Aveva dieci figlioli che si amavano fra loro e rispettavano il Signore e il loro padre. Giobbe governava i suoi servi con bontà, soccorreva i poveri con carità e tutti lo rispettavano ed amavano. Il demonio, vedendo la sua santità, cercava in tutti i modi di tentarlo a peccare ma poichè Giobbe respingeva le sue tentazioni, decise di provarlo mandandogli varie disgrazie, che forse gli avrebbero fatto perdere la pazienza e bestemmiare contro Dio. Il Signore, che conosceva la fede del sant'uomo e sapeva che la sua anima avrebbe acquistato grande merito, permise che Giobbe fosse colpito da tante disgrazie. Un giorno un uomo gli portò l'annuncio che i suoi servi erano stati sterminati ed il bestiame razziato, un altro servo gli riferì che le sue pecore erano state uccise da un fulmine, un altro ancora che i cammelli erano stati trafugati. Un altro ancora arrivò da Giobbe portandogli la notizia più terribile di tutte: quella che anche i suoi figli, riuniti insieme, erano stati uccisi da un terremoto.

Povero Giobbe, in un solo giorno aveva perduto ogni cosa! Chiunque si sarebbe adirato contro il Signore che aveva permesso tutte quelle disgrazie, ma lui, sebbene col cuore straziato dal dolore, si prostrò a terra adorando Dio, dicendo: "Tu mi avevi dato tutte quelle ricchezze, Tu mi hai ripreso tutto! sia fatta la Tua volontà! sia benedetto il Tuo nome!"

Il demonio aggravò la sua situazione, facendolo ammalare di una lebbra che gli ridusse le carni in piaghe purulente e, non potendo più stare in città, venne deportato in un luogo miserevole e fu abbandonato da tutti. Giobbe trascorreva i suoi giorni nella più grande tristezza, straziato dai dolori, senza alcun conforto, ma senza perdere mai la pazienza! La moglie, invece di aiutarlo, si lamentava per quanto accaduto e lo incitava a rinnegare Dio, ma il santo vecchio, dandole della stolta, diceva: " Se abbiamo ricevuto dalla mano del Signore tanti beni, perchè non dovremmo riceverne anche i mali? Anche questi sono doni di Dio"!

La notizia della grande sventura di Giobbe giunse a tre principi lontani che lo conoscevano ed erano suoi amici; si avviarono per andarlo a consolare, ma quando lo videro così ridotto, si misero a piangere e rimasero 7 giorni e 7 notti accanto a lui senza parlare. Giobbe parlò per primo sfogando il suo dolore, sperando che i suoi amici lo comprendessero ma anche quelli lo rimproverarono, dicendo: "Iddio castiga coloro che sono cattivi! Tu dunque eri un ipocrita, chissà quanti peccati avevi commessi!" E un altro disse: "Ecco che, parlando così, ora tu hai perso la pazienza. Dov'è dunque la tua virtù?"

Ma Giobbe rispose: "Ma io sono sempre rassegnato alla volontà del Signore. Io ho sempre cercato di fare del mio meglio, servendo fedelmente Dio e mi pare di non meritare castighi. Ma Dio che è infinitamente buono e giusto se mi tratta così avrà le sue ragioni che noi non possiamo comprendere. Tutto quello che fa il Signore è sempre benfatto, eppoi so che un giorno tutto questo finirà e risorgerò, sarò rivestito di nuovo di pelle e carne e vedrò il mio Dio! questa è la mia speranza!".

Giobbe dopo aver detto queste parole, si rivolse al Signore con tutto l'affetto del suo cuore, esprimendogli la sua rassegnazione. I tre continuvano però a tormentarlo ed ad essi si unì anche un altro giovane. Ma finalmente il Signore volle consolare il suo servo fedele che aveva dimostrato tanta fede e fece udire la sua voce, dicendo a tutti di tacere e rimproverando dolcemente Giobbe perchè troppo si era giustificato dinanzi ai suoi amici. Egli domandò umilmente perdono per lui e per loro, per i quali continuò a pregare e Dio perdonò tutti. Mentre Giobbe pregava le sue piaghe infette sparirono, cosicchè potè tornarsene a casa dove i suoi parenti, felici, andarono a trovarlo, portandogli regali e preparando una grande festa a cui partecipò tutto il popolo che lo portò in trionfo.

Il Signore gli diede il doppio di quanto gli aveva tolto e lo ricolmò delle sue benedizioni. Ebbe ancora figli e figlie, armenti, possedimenti e visse a lungo, sempre buono e felice e dedito alle opere di carità, fedele al Signore. Così Dio premia, anche su questa terra, coloro che gli sono fedeli e sopportano pazientemente le tribolazioni, benedicendo il Suo nome.

 

 

- per altri testi sull'argomento, vedere

- 1 10 Comandamenti

- Profeti dell'Antico Testamento


- Santi e Saggi dell'Antico Testamento



- Pentateuco:

- Antico Testamenti Figurato (I) - (Genesi - Capitolo 1 - Capitolo 25)

- Antico Testamento Figurato (I) (Genesi - Capitolo 26 - 40)

- Antico Testamento Figurato (II) (Esodo - Capitolo 1 - 15)

- Antico Testamento Figurato (II) Esodo - Capitolo 16 - 31)

. Antico Testamento Figurato (II) Esodo - Capitolo 32 - 40)

- Antico Testamento Figurato (III) Levitico - Capitolo 1 - 27)

- Antico Testamento Figurato (IV) Numeri - Capitolo 1 - 36)-

- Antico Testamento Figurato (V) (Deuteronomio - Capitolo 1 - Capitolo 34)

- Antico Testamento Figurato VI (Libri Storici, Giosuè Capitolo 1 - Capitolo 24)

- Antico Testamento Figurato VII (Libri Storici, Giudici - Capitolo 1 - Capitolo 21)


- Antico Testamento Figurato VIII (Libri Storici, Rut - Capitoli 1 - Capitolo 4)

- Antico Testamento Figurato IX (Libri Storici - Primo libro di Samuele - Capitoli 1 - 16

- Antico Testamento Figurato X (Libri Storici - Secondo libro di Samuele - Capitoli 1 - 24)

- Antico Testamento Figurato XI (Libri Storici - 1 Re - Capitolo 1 - 22)

- Antico Testamento Figurato XII (Libri Storici - 2 Re - Capitoli 1 - 25)

- Antico Testamento Figurato XIII (Cronache I - Capitoli 1 - 29)

- Antico Testamento Figurato XIV (Cronache II - Capitoli 1 - 18)

- Antico Testamento Figurato XV (Cronache II - Capitoli 19 - 36)


- Antico Testamento Figurato XVI (Libri Storici - Esdra - Capitoli 1 -10)

- Antico Testamento Figurato XVII ( Libri Storici - Neemia - Capitoli 1 - 13)

- Antico Testamento Figurato XVIII ( Libri Storici - Tobia - Capitoli 1 - 14)


- Antico Testamento Figurato XIX (Libri Storici - Giuditta - Capitoli 1 - 16)

- Antico Testamento Figurato XX (Libri Storici - Ester - Capitoli 1 - 10)

 

- Antico Testamento Figurato XXI (Libri Storici - Primo libro dei Maccabei - Capitoli 1 - 16)

 

- Antico Testamento Figurato XXII (Libri Storici - Secondo Libro dei Maccabei - Capitoli 1 - 15)


- Antico Testamento Figurato XXIII (Libri Poetici e Sapienziali - Giobbe - Capitoli 1 -20)

 

- Antico Testamento Figurato XXIV (Libri Poetici e Sapienziali - Giobbe - Capitoli 21 - 42)

-
Antico Testamento Figurato XXV (Libri Poetici e sapienziali - Salmi 1 - 50)

- Antico Testamento Figurato XXVI (Libri Poetici e Sapienziali - Proverbi - Capitoli 1- 31)

- Antico Testamento Figurato XXVII - Qoèlet - Capitoli 1 - 12

- Antico Testamento Figurato XXVIII - Libri Poetici e Sapienziali - Cantico dei Cantici 1-8)

- Antico Testamento Figurato XXIX- Libri Poetici e Sapienziali -- Sapienza (1 - 19)

- Antico Testamento Figurato XXX - Libri Poetici e Sapienziali - Siracide (1 - 51)

- Antico Testamento Figurato XXXI - Libri Profetici - Isaia (1 -66)

 

- Antico Testamento Figurato XXXII - Libri Profetici - Geremia (1-52)

- Antico Testamento Figurato XXXIII - Libri Profetici - Lamentazioni (1-5)

- Antico Testamento Figurato XXXIV - Libri Profetici - Baruc (1-6)

- Antico Testamento Figurato XXXV - Libri Profetici - Ezechiele (1-48)

- Antico Testamento Figurato XXXVI - Libri Profetici - Daniele (1-14)

- Antico Testamento XXXVII - Profeti minori - Osea (1-14)

- Antico testamento XXXVIII - Profeti minori - Gioele (1-4)

- Antico Testamento XXXIX - Profeti minori - Amos (1-9)

- Antico Testamento XL- Profeti minori - Abdia (1)

- Antico Testamento XLI - Profeti minori - Giona (1-4)

- Antico Testamento XLII - Profeti minori - Michea

- Antico Testamento XLIII - Profeti minori - Naum (1-3)

- Antico Testamento XLIV - Profeti minori - Abacuc (1-3)

- Antico Testamento XLV - Profeti Minori - Sofonia (1-3)


- Antico Testamento XLVI -Profeti Minori - Aggeo

- Antico Testamento XLVII - Profeti Minori - Zaccaria

 

- Antico Testamento XLVIII - Profeti Minori - Malachia

 

 

 

 

- Animali nella Bibbia

 

e, a proposito di animali, In Collaborazioni, del Prof. Franco Frilli:

 

- L'Ape nella Sacra Scrittura

 

 

P.s. La maggior parte delle immagini riprodotte negli articoli sull'Antico Testamento sono state gentilmente concesse da Rosina Llagaria Vidal che ringrazio sentitamente.

 

- Si fa notare che in alcune pagine del Vecchio Testamento relative a prescrizioni e regole, non ci saranno immagini (es. Levitico))

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