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ANTICO TESTAMENTO FIGURATO (XXIV)
Libri Poetici e sapienziali - Giobbe
Cap. 21 - 42
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Capitolo 21
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La smentita dei fatti
[1] Giobbe rispose:
[2] Ascoltate bene la mia parola
e sia questo almeno il conforto che mi date.
[3] Tollerate che io parli
e, dopo il mio parlare, deridetemi pure.
[4] Forse io mi lamento di un uomo?
E perché non dovrei perder la pazienza?
[5] Statemi attenti e resterete stupiti,
mettetevi la mano sulla bocca.
[6] Se io ci penso, ne sono turbato
e la mia carne è presa da un brivido.
[7] Perché vivono i malvagi,
invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi?
[8] La loro prole prospera insieme con essi,
i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.
[9] Le loro case sono tranquille e senza timori;
il bastone di Dio non pesa su di loro.
[10] Il loro toro feconda e non falla,
la vacca partorisce e non abortisce.
[11] Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi
e i loro figli saltano in festa.
[12] Cantano al suono di timpani e di cetre,
si divertono al suono delle zampogne.
[13] Finiscono nel benessere i loro giorni
e scendono tranquilli negli inferi.
[14] Eppure dicevano a Dio: «Allontanati da noi,
non vogliamo conoscer le tue vie.
[15] Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo?
E che ci giova pregarlo?».
[16] Non hanno forse in mano il loro benessere?
Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
[17] Quante volte si spegne la lucerna degli empi,
o la sventura piomba su di loro,
e infliggerà loro castighi con ira?
[18] Diventano essi come paglia di fronte al vento
o come pula in preda all'uragano?
[19] «Dio serba per i loro figli il suo castigo...».
Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
[20] Veda con i suoi occhi la sua rovina
e beva dell'ira dell'Onnipotente!
[21] Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo di sé,
quando il numero dei suoi mesi è finito?
[22] S'insegna forse la scienza a Dio,
a lui che giudica gli esseri di lassù?
[23] Uno muore in piena salute,
tutto tranquillo e prospero;
[24] i suoi fianchi sono coperti di grasso
e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.
[25] Un altro muore con l'amarezza in cuore
senza aver mai gustato il bene.
[26] Nella polvere giacciono insieme
e i vermi li ricoprono.
[27] Ecco, io conosco i vostri pensieri
e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
[28] Infatti, voi dite: «Dov'è la casa del prepotente,
dove sono le tende degli empi?».
[29] Non avete interrogato quelli che viaggiano?
Non potete negare le loro prove,
[30] che nel giorno della sciagura è risparmiato il malvagio
e nel giorno dell'ira egli la scampa.
[31] Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta
e di quel che ha fatto chi lo ripaga?
[32] Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia
[33] e gli sono lievi le zolle della tomba.
Trae dietro di sé tutti gli uomini
e innanzi a sé una folla senza numero.
[34] Perché dunque mi consolate invano,
mentre delle vostre risposte non resta che inganno? |
Capitolo 22
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3. TERZO CICLO DI DISCORSI
Dio castiga solo in nome della giustizia
[1] Elifaz il Temanita prese a dire:
[2] Può forse l'uomo giovare a Dio,
se il saggio giova solo a se stesso?
[3] Quale interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia giusto
o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra?
[4] Forse per la tua pietà ti punisce
e ti convoca in giudizio?
[5] O non piuttosto per la tua grande malvagità
e per le tue iniquità senza limite?
[6] Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli
e delle vesti hai spogliato gli ignudi.
[7] Non hai dato da bere all'assetato
e all'affamato hai rifiutato il pane,
[8] la terra l'ha il prepotente
e vi abita il tuo favorito.
[9] Le vedove hai rimandato a mani vuote
e le braccia degli orfani hai rotto.
[10] Ecco perché d'intorno a te ci sono lacci
e un improvviso spavento ti sorprende.
[11] Tenebra è la tua luce e più non vedi
e la piena delle acque ti sommerge.
[12] Ma Dio non è nell'alto dei cieli?
Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte!
[13] E tu dici: «Che cosa sa Dio?
Può giudicare attraverso la caligine?
[14] Le nubi gli fanno velo e non vede
e sulla volta dei cieli passeggia».
[15] Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo,
gia battuto da uomini empi,
[16] che prima del tempo furono portati via,
quando un fiume si era riversato sulle loro fondamenta?
[17] Dicevano a Dio: «Allontànati da noi!
Che cosa ci può fare l'Onnipotente?».
[18] Eppure egli aveva riempito le loro case di beni,
anche se i propositi degli empi erano lontani da lui.
[19] I giusti ora vedono e ne godono
e l'innocente si beffa di loro:
[20] «Sì, certo è stata annientata la loro fortuna
e il fuoco ne ha divorati gli avanzi!».
[21] Su, riconcìliati con lui e tornerai felice,
ne riceverai un gran vantaggio.
[22] Accogli la legge dalla sua bocca
e poni le sue parole nel tuo cuore.
[23] Se ti rivolgerai all'Onnipotente con umiltà,
se allontanerai l'iniquità dalla tua tenda,
[24] se stimerai come polvere l'oro
e come ciottoli dei fiumi l'oro di Ofir,
[25] allora sarà l'Onnipotente il tuo oro
e sarà per te argento a mucchi.
[26] Allora sì, nell'Onnipotente ti delizierai
e alzerai a Dio la tua faccia.
[27] Lo supplicherai ed egli t'esaudirà
e tu scioglierai i tuoi voti.
[28] Deciderai una cosa e ti riuscirà
e sul tuo cammino splenderà la luce.
[29] Egli umilia l'alterigia del superbo,
ma soccorre chi ha gli occhi bassi.
[30] Egli libera l'innocente;
tu sarai liberato per la purezza delle tue mani. |
Capitolo 23
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Dio è lontano e il male trionfa
[1] Giobbe allora rispose:
[2] Ancor oggi il mio lamento è amaro
e la sua mano grava sopra i miei gemiti.
[3] Oh, potessi sapere dove trovarlo,
potessi arrivare fino al suo trono!
[4] Esporrei davanti a lui la mia causa
e avrei piene le labbra di ragioni.
[5] Verrei a sapere le parole che mi risponde
e capirei che cosa mi deve dire.
[6] Con sfoggio di potenza discuterebbe con me?
Se almeno mi ascoltasse!
[7] Allora un giusto discuterebbe con lui
e io per sempre sarei assolto dal mio giudice.
[8] Ma se vado in avanti, egli non c'è,
se vado indietro, non lo sento.
[9] A sinistra lo cerco e non lo scorgo,
mi volgo a destra e non lo vedo.
[10] Poiché egli conosce la mia condotta,
se mi prova al crogiuolo, come oro puro io ne esco.
[11] Alle sue orme si è attaccato il mio piede,
al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato;
[12] dai comandi delle sue labbra non mi sono allontanato,
nel cuore ho riposto i detti della sua bocca.
[13] Se egli sceglie, chi lo farà cambiare?
Ciò che egli vuole, lo fa.
[14] Compie, certo, il mio destino
e di simili piani ne ha molti.
[15] Per questo davanti a lui sono atterrito,
ci penso e ho paura di lui.
[16] Dio ha fiaccato il mio cuore,
l'Onnipotente mi ha atterrito;
[17] non sono infatti perduto a causa della tenebra,
né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto.
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Capitolo 24
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[1] Perché l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi
e i suoi fedeli non vedono i suoi giorni?
[2] I malvagi spostano i confini,
rubano le greggi e le menano al pascolo;
[3] portano via l'asino degli orfani,
prendono in pegno il bue della vedova.
[4] Spingono i poveri fuori strada,
tutti i miseri del paese vanno a nascondersi.
[5] Eccoli, come ònagri nel deserto
escono per il lavoro;
di buon mattino vanno in cerca di vitto;
la steppa offre loro cibo per i figli.
[6] Mietono nel campo non loro;
racimolano la vigna del malvagio.
[7] Nudi passan la notte, senza panni,
non hanno da coprirsi contro il freddo.
[8] Dagli scrosci dei monti sono bagnati,
per mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce.
[9] Rapiscono con violenza l'orfano
e prendono in pegno ciò che copre il povero.
[10] Ignudi se ne vanno, senza vesti
e affamati portano i covoni.
[11] Tra i filari frangono le olive,
pigiano l'uva e soffrono la sete.
[12] Dalla città si alza il gemito dei moribondi
e l'anima dei feriti grida aiuto:
Dio non presta attenzione alle loro preghiere.
[13] Altri odiano la luce,
non ne vogliono riconoscere le vie
né vogliono batterne i sentieri.
[14] Quando non c'è luce, si alza l'omicida
per uccidere il misero e il povero;
nella notte si aggira il ladro
e si mette un velo sul volto.
[15] L'occhio dell'adultero spia il buio
e pensa: «Nessun occhio mi osserva!».
[16] Nelle tenebre forzano le case,
di giorno se ne stanno nascosti:
non vogliono saperne della luce;
[17] l'alba è per tutti loro come spettro di morte;
quando schiarisce, provano i terrori del buio fondo.
[18] Fuggono veloci di fronte al giorno;
maledetta è la loro porzione di campo sulla terra,
non si volgono più per la strada delle vigne.
[19] Come siccità e calore assorbono le acque nevose,
così la morte rapisce il peccatore.
[20] Il seno che l'ha portato lo dimentica,
i vermi ne fanno la loro delizia,
non se ne conserva la memoria
ed è troncata come un albero l'iniquità.
[21] Egli maltratta la sterile che non genera
e non fa del bene alla vedova.
[22] Ma egli con la sua forza trascina i potenti,
sorge quando più non può contare sulla vita.
[23] Anche Dio gli concede sicurezza ed egli sta saldo,
ma i suoi occhi sono sopra la sua condotta.
[24] Salgono in alto per un poco, poi non sono più,
sono buttati giù come tutti i mortali,
falciati come la testa di una spiga.
[25] Non è forse così? Chi può smentirmi
e ridurre a nulla le mie parole?
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Capitolo 25
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Inno all'onnipotenza di Dio
[1] Bildad il Suchita prese a dire:
[2] V'è forse dominio e paura presso Colui
Che mantiene la pace nell'alto dei cieli?
[3] Si possono forse contare le sue schiere?
E sopra chi non sorge la sua luce?
[4] Come può giustificarsi un uomo davanti a Dio
e apparire puro un nato di donna?
[5] Ecco, la luna stessa manca di chiarore
e le stelle non sono pure ai suoi occhi:
[6] quanto meno l'uomo, questo verme,
l'essere umano, questo bruco! |
Capitolo 26
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Bildad parla all'aria
[1] Giobbe rispose:
[2] Quanto aiuto hai dato al debole
e come hai soccorso il braccio senza forza!
[3] Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante
e con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza!
[4] A chi hai tu rivolto la parola
e qual è lo spirito che da te è uscito?
[5] I morti tremano sotto terra,
come pure le acque e i loro abitanti.
[6] Nuda è la tomba davanti a lui
e senza velo è l'abisso.
[7] Egli stende il settentrione sopra il vuoto,
tiene sospesa la terra sopra il nulla.
[8] Rinchiude le acque dentro le nubi,
e le nubi non si squarciano sotto il loro peso.
[9] Copre la vista del suo trono
stendendovi sopra la sua nube.
[10] Ha tracciato un cerchio sulle acque,
sino al confine tra la luce e le tenebre.
[11] Le colonne del cielo si scuotono,
sono prese da stupore alla sua minaccia.
[12] Con forza agita il mare
e con intelligenza doma Raab.
[13] Al suo soffio si rasserenano i cieli,
la sua mano trafigge il serpente tortuoso.
[14] Ecco, questi non sono che i margini delle sue opere;
quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo!
Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo? |
Capitolo 27
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Giobbe, innocente, conosce la potenza di Dio
[1] Giobbe continuò a dire:
[2] Per la vita di Dio, che mi ha privato del mio
diritto,
per l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo,
[3] finché ci sarà in me un soffio di vita,
e l'alito di Dio nelle mie narici,
[4] mai le mie labbra diranno falsità
e la mia lingua mai pronunzierà menzogna!
[5] Lungi da me che io mai vi dia ragione;
fino alla morte non rinunzierò alla mia integrità.
[6] Mi terrò saldo nella mia giustizia senza cedere,
la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei giorni.
[7] Sia trattato come reo il mio nemico
e il mio avversario come un ingiusto.
[8] Che cosa infatti può sperare l'empio, quando finirà,
quando Dio gli toglierà la vita?
[9] Ascolterà forse Dio il suo grido,
quando la sventura piomberà su di lui?
[10] Porrà forse la sua compiacenza nell'Onnipotente?
Potrà forse invocare Dio in ogni momento?
[11] Io vi mostrerò la mano di Dio,
non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente.
[12] Ecco, voi tutti lo vedete;
perché dunque vi perdete in cose vane?
Discorso di Zofar: Il maledetto
[13] Questa è la sorte che Dio riserva al malvagio
e la porzione che i violenti ricevono dall'Onnipotente.
[14] Se ha molti figli, saranno per la spada
e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi;
[15] i superstiti li seppellirà la peste
e le loro vedove non faranno lamento.
[16] Se ammassa argento come la polvere
e come fango si prepara vesti:
[17] egli le prepara, ma il giusto le indosserà
e l'argento lo spartirà l'innocente.
[18] Ha costruito la casa come fragile nido
e come una capanna fatta da un guardiano.
[19] Si corica ricco, ma per l'ultima volta,
quando apre gli occhi, non avrà più nulla.
[20] Di giorno il terrore lo assale,
di notte se lo rapisce il turbine;
[21] Il vento d'oriente lo solleva e se ne va,
lo strappa lontano dal suo posto.
[22] Dio lo bersaglia senza pietà;
tenta di sfuggire alla sua mano.
[23] Si battono le mani contro di lui
e si fischia su di lui dal luogo dove abita. |
Capitolo 28
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4. ELOGIO DELLA SAPIENZA
La sapienza inaccessibile all'uomo
[1] Certo, per l'argento vi sono miniere
e per l'oro luoghi dove esso si raffina.
[2] Il ferro si cava dal suolo
e la pietra fusa libera il rame.
[3] L'uomo pone un termine alle tenebre
e fruga fino all'estremo limite
le rocce nel buio più fondo.
[4] Forano pozzi lungi dall'abitato
coloro che perdono l'uso dei piedi:
pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
[5] Una terra, da cui si trae pane,
di sotto è sconvolta come dal fuoco.
[6] Le sue pietre contengono zaffiri
e oro la sua polvere.
[7] L'uccello rapace ne ignora il sentiero,
non lo scorge neppure l'occhio dell'aquila,
[8] non battuto da bestie feroci,
né mai attraversato dal leopardo.
[9] Contro la selce l'uomo porta la mano,
sconvolge le montagne:
[10] nelle rocce scava gallerie
e su quanto è prezioso posa l'occhio:
[11] scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce.
[12] Ma la sapienza da dove si trae?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[13]L'uomo non ne conosce la via,
essa non si trova sulla terra dei viventi.
[14] L'abisso dice: «Non è in me!»
e il mare dice: «Neppure presso di me!».
[15] Non si scambia con l'oro più scelto,
né per comprarla si pesa l'argento.
[16] Non si acquista con l'oro di Ofir,
con il prezioso berillo o con lo zaffiro.
[17] Non la pareggia l'oro e il cristallo,
né si permuta con vasi di oro puro.
[18] Coralli e perle non meritano menzione,
vale più scoprire la sapienza che le gemme.
[19] Non la eguaglia il topazio d'Etiopia;
con l'oro puro non si può scambiare a peso.
[20] Ma da dove viene la sapienza?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[21] E' nascosta agli occhi di ogni vivente
ed è ignota agli uccelli del cielo.
[22] L'abisso e la morte dicono:
«Con gli orecchi ne udimmo la fama».
[23] Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
[24] perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
[25] Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
[26] quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
[27] allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
[28] e disse all'uomo:
«Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza». |
Capitolo 29
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5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO
Lamenti e apologia di Giobbe:
A. I giorni passati
[1] Giobbe continuò a pronunziare le sue sentenze e disse:
[2] Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo,
ai giorni in cui Dio mi proteggeva,
[3] quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre;
[4] com'ero ai giorni del mio autunno,
quando Dio proteggeva la mia tenda,
[5] quando l'Onnipotente era ancora con me
e i giovani mi stavano attorno;
[6] quando mi lavavo in piedi nel latte
e la roccia mi versava ruscelli d'olio!
[7] Quando uscivo verso la porta della città
e sulla piazza ponevo il mio seggio:
[8] vedendomi, i giovani si ritiravano
e i vecchi si alzavano in piedi;
[9] i notabili sospendevano i discorsi
e si mettevan la mano sulla bocca;
[10] la voce dei capi si smorzava
e la loro lingua restava fissa al palato;
[11] con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice,
con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza,
[12] perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto,
l'orfano che ne era privo.
[13] La benedizione del morente scendeva su di me
e al cuore della vedova infondevo la gioia.
[14] Mi ero rivestito di giustizia come di un vestimento;
come mantello e turbante era la mia equità.
[15] Io ero gli occhi per il cieco,
ero i piedi per lo zoppo.
[16] Padre io ero per i poveri
ed esaminavo la causa dello sconosciuto;
[17] rompevo la mascella al perverso
e dai suoi denti strappavo la preda.
[18] Pensavo: «Spirerò nel mio nido
e moltiplicherò come sabbia i miei giorni».
[19] La mia radice avrà adito alle acque
e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo.
[20] La mia gloria sarà sempre nuova
e il mio arco si rinforzerà nella mia mano.
[21] Mi ascoltavano in attesa fiduciosa
e tacevano per udire il mio consiglio.
[22] Dopo le mie parole non replicavano
e su di loro scendevano goccia a goccia i miei detti.
[23] Mi attendevano come si attende la pioggia
e aprivano la bocca come ad acqua primaverile.
[24] Se a loro sorridevo, non osavano crederlo,
né turbavano la serenità del mio volto.
[25] Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo,
e vi rimanevo come un re fra i soldati
o come un consolatore d'afflitti.
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Capitolo 30
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B. Angoscia presente
[1] Ora invece si ridono di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
[2] Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
[3] disfatti dalla indigenza e dalla fame,
brucano per l'arido deserto,
[4] da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
[5] Cacciati via dal consorzio umano,
a loro si grida dietro come al ladro;
[6] sì che dimorano in valli orrende,
nelle caverne della terra e nelle rupi.
[7] In mezzo alle macchie urlano
e sotto i roveti si adunano;
[8] razza ignobile, anzi razza senza nome,
sono calpestati più della terra.
[9] Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
[10] Hanno orrore di me e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
[11] Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno.
[12] A destra insorge la ragazzaglia;
smuovono i miei passi
e appianano la strada contro di me per perdermi.
[13] Hanno demolito il mio sentiero,
cospirando per la mia disfatta
e nessuno si oppone a loro.
[14] Avanzano come attraverso una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
[15] I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia grandezza
e come nube è passata la mia felicità.
[16] Ora mi consumo
e mi colgono giorni d'afflizione.
[17] Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
[18] A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica.
[19] Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere.
[20] Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
[21] Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
[22] mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
[23] So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
[24] Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
[25] Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l'indigente?
[26] Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
[27] Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono.
[28] Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
[29]Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
[30] La mia pelle si è annerita, mi si stacca
e le mie ossa bruciano dall'arsura.
[31] La mia cetra serve per lamenti
e il mio flauto per la voce di chi piange. |
Capitolo 31
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Apologia di Giobbe
[1] Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
[2] Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
[3] Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
[4] Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
[5] Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
[6] mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
[7] Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
[8] io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
[9] Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
[10] mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
[11] difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
[12] quello è un fuoco che divora fino alla distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
[13] Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
[14] che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
[15] Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
[16] Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
[17] mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
[18] poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
[19] Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
[20] se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
[21] se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
[22] mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
[23] perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
[24] Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»;
[25] se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
[26] se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
[27] si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
[28] anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
[29] Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
[30] io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
[31]Non diceva forse la gente della mia tenda:
«A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?».
[32] All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
[33] Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
[34] come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
[38] Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
[39] se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
[40] in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.
[35] Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
[36] vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
[37] Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
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Capitolo 32
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III. I DISCORSI DI ELIU
Intervento di Eliu
(31,40b) Quando Giobbe ebbe finito di parlare,
[1] quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si riteneva giusto.
[2] Allora si accese lo sdegno di Eliu, figlio di Barachele il Buzita, della tribù di Ram. Si accese di sdegno contro Giobbe, perché pretendeva d'aver ragione di fronte a Dio;
[3] si accese di sdegno anche contro i suoi tre amici, perché non avevano trovato di che rispondere, sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole.
[4] Però Eliu aveva aspettato, mentre essi parlavano con Giobbe, perché erano più vecchi di lui in età. [5] Quando dunque vide che sulla bocca di questi tre uomini non vi era più alcuna risposta, Eliu si accese di sdegno.
[6] Presa dunque la parola, Eliu, figlio di Barachele il Buzita, disse:
Esordio
Giovane io sono di anni
e voi siete gia canuti;
per questo ho esitato per rispetto
a manifestare a voi il mio sapere.
[7] Pensavo: Parlerà l'età
e i canuti insegneranno la sapienza.
[8] Ma certo essa è un soffio nell'uomo;
l'ispirazione dell'Onnipotente lo fa intelligente.
[9] Non sono i molti anni a dar la sapienza,
né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto.
[10] Per questo io oso dire: Ascoltatemi;
anch'io esporrò il mio sapere.
[11] Ecco, ho atteso le vostre parole,
ho teso l'orecchio ai vostri argomenti.
Finché andavate in cerca di argomenti
[12] su di voi fissai l'attenzione.
Ma ecco, nessuno ha potuto convincere Giobbe,
nessuno tra di voi risponde ai suoi detti.
[13] Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza,
ma lo confuti Dio, non l'uomo!
[14] Egli non mi ha rivolto parole,
e io non gli risponderò con le vostre parole.
[15] Sono vinti, non rispondono più,
mancano loro le parole.
[16] Ho atteso, ma poiché non parlano più,
poiché stanno lì senza risposta,
[17] voglio anch'io dire la mia parte,
anch'io esporrò il mio parere;
[18] mi sento infatti pieno di parole,
mi preme lo spirito che è dentro di me.
[19] Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo,
come vino che squarcia gli otri nuovi.
[20] Parlerò e mi sfogherò,
aprirò le labbra e risponderò.
[21] Non guarderò in faccia ad alcuno,
non adulerò nessuno,
[22] perché io non so adulare:
altrimenti il mio creatore in breve mi eliminerebbe. |
Capitolo 33
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La presunzione di Giobbe
[1] Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
[2] Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
[3] Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
[4] Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
[5] Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, stà pronto.
[6] Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
[7] ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
[8] Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
[9] «Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
[10] ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
[11] pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!».
[12] Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
[13] Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
[14] Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
[15] Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
[16] apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
[17] per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
[18] per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
[19] Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
[20] quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
[21] quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
[22] quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
[23] Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
[24] abbia pietà di lui e dica:
«Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto»,
[25] allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
[26] supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
[27] Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
«Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
[28] mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce».
[29] Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
[30] per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
[31] Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
[32] ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
[33] se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza. |
Capitolo 34
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Scacco dei tre saggi nel discolpare Dio
[1] Eliu continuò a dire:
[2] Ascoltate, saggi, le mie parole
e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio,
[3] Perché l'orecchio distingue le parole,
come il palato assapora i cibi.
[4] Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene:
[5] poiché Giobbe ha detto: «Io son giusto,
ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
[6] contro il mio diritto passo per menzognero,
inguaribile è la mia piaga benché senza colpa».
[7] Chi è come Giobbe
che beve, come l'acqua, l'insulto,
[8] che fa la strada in compagnia dei malfattori,
andando con uomini iniqui?
[9] Poiché egli ha detto: «Non giova all'uomo
essere in buona grazia con Dio».
[10] Perciò ascoltatemi, uomini di senno:
lungi da Dio l'iniquità
e dall'Onnipotente l'ingiustizia!
[11] Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta.
[12] In verità, Dio non agisce da ingiusto
e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
[13] Chi mai gli ha affidato la terra
e chi ha disposto il mondo intero?
[14] Se egli richiamasse il suo spirito a sè
e a sé ritraesse il suo soffio,
[15] ogni carne morirebbe all'istante
e l'uomo ritornerebbe in polvere.
[16] Se hai intelletto, ascolta bene questo,
porgi l'orecchio al suono delle mie parole.
[17] Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
[18] lui che dice ad un re: «Iniquo!»
e ai principi: «Malvagi!»,
[19] lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
[20] In un istante muoiono e nel cuore della notte
sono colpiti i potenti e periscono;
e senza sforzo rimuove i tiranni,
[21] poiché egli tiene gli occhi sulla condotta
dell'uomo
e vede tutti i suoi passi.
[22] Non vi è tenebra, non densa oscurità,
dove possano nascondersi i malfattori.
[23] Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio:
[24] egli fiacca i potenti, senza fare inchieste,
e colloca altri al loro posto.
[25] Poiché conosce le loro opere,
li travolge nella notte e sono schiacciati;
[26] come malvagi li percuote,
li colpisce alla vista di tutti;
[27] perché si sono allontanati da lui
e di tutte le sue vie non si sono curati,
[28] sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri.
[29] Se egli tace, chi lo può condannare?
Se vela la faccia, chi lo può vedere?
Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia,
[30] perché non regni un uomo perverso,
perché il popolo non abbia inciampi.
[31] Si può dunque dire a Dio:
«Porto la pena, senza aver fatto il male;
[32] se ho peccato, mostramelo;
se ho commesso l'iniquità, non lo farò più»?
[33] Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio?
Poiché tu devi scegliere, non io,
dì, dunque, quello che sai.
[34] Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta:
[35] «Giobbe non parla con sapienza
e le sue parole sono prive di senno».
[36] Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo,
per le sue risposte da uomo empio,
[37] perché aggiunge al suo peccato la rivolta,
in mezzo a noi batte le mani
e moltiplica le parole contro Dio. |
Capitolo 35
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Dio non è indifferente ai casi umani
[1] Eliu riprese a dire:
[2] Ti pare di aver pensato cosa giusta,
quando dicesti: «Ho ragione davanti a Dio»?
[3] O quando hai detto: «Che te ne importa?
Che utilità ne ho dal mio peccato»?
[4] Risponderò a te con discorsi
e ai tuoi amici insieme con te.
[5] Contempla il cielo e osserva,
considera le nubi: sono più alte di te.
[6] Se pecchi, che gli fai?
Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi?
[7] Se tu sei giusto, che cosa gli dai
o che cosa riceve dalla tua mano?
[8] Su un uomo come te ricade la tua malizia,
su un figlio d'uomo la tua giustizia!
[9] Si grida per la gravità dell'oppressione,
si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti,
[10] ma non si dice: «Dov'è quel Dio che mi ha creato,
che concede nella notte canti di gioia;
[11] che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche,
che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?».
[12] Si grida, allora, ma egli non risponde
di fronte alla superbia dei malvagi.
[13] Certo è falso dire: «Dio non ascolta
e l'Onnipotente non presta attenzione»;
[14] più ancora quando tu dici che non lo vedi,
che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri;
[15] così pure quando dici che la sua ira non punisce
né si cura molto dell'iniquità.
[16] Giobbe dunque apre invano la sua bocca
e senza cognizione moltiplica le chiacchiere.
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Capitolo 36
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Il vero senso delle sofferenze di Giobbe
[1] Eliu continuò a dire:
[2] Abbi un pò di pazienza e io te lo dimostrerò,
perché in difesa di Dio c'è altro da dire.
[3] Prenderò da lontano il mio sapere
e renderò giustizia al mio creatore,
[4] poiché non è certo menzogna il mio parlare:
un uomo di perfetta scienza è qui con te.
[5] Ecco, Dio è grande e non si ritratta,
egli è grande per fermezza di cuore.
[6] Non lascia vivere l'iniquo
e rende giustizia ai miseri.
[7] Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re
e li esalta per sempre.
[8] Se talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell'afflizione,
[9] fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché superbi;
[10] apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
[11] Se ascoltano e si sottomettono,
chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
[12] Ma se non vorranno ascoltare,
di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
[13] I perversi di cuore accumulano l'ira;
non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene:
[14] si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita all'età dei dissoluti.
[15 Ma egli libera il povero con l'afflizione,
gli apre l'udito con la sventura.
[16] Anche te intende sottrarre dal morso dell'angustia:
avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto
e la tua tavola sarà colma di vivande grasse.
[17] Ma se colmi la misura con giudizi da empio,
giudizio e condanna ti seguiranno.
[18] La collera non ti trasporti alla bestemmia,
l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare.
[19] Può forse farti uscire dall'angustia il tuo grido,
con tutti i tentativi di forza?
[20] Non sospirare quella notte,
in cui i popoli vanno al loro luogo.
[21] Bada di non volgerti all'iniquità,
poiché per questo sei stato provato dalla miseria.
Inno alla sapienza onnipotente
[22] Ecco, Dio è sublime nella sua potenza;
chi come lui è temibile?
[23] Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire
o chi mai ha potuto dirgli: «Hai agito male?».
[24] Ricordati che devi esaltare la sua opera,
che altri uomini hanno cantato.
[25] Ogni uomo la contempla,
il mortale la mira da lontano.
[26] Ecco, Dio è così grande, che non lo
comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile.
[27] Egli attrae in alto le gocce dell'acqua
e scioglie in pioggia i suoi vapori,
[28] che le nubi riversano
e grondano sull'uomo in grande quantità.
[31] In tal modo sostenta i popoli
e offre alimento in abbondanza.
[29] Chi inoltre può comprendere la distesa delle nubi,
i fragori della sua dimora?
[30] Ecco, espande sopra di esso il suo vapore
e copre le profondità del mare.
[32] Arma le mani di folgori
e le scaglia contro il bersaglio.
[33] Lo annunzia il suo fragore,
riserva d'ira contro l'iniquità.
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Capitolo 37
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[1] Per questo mi batte forte il cuore
e mi balza fuori dal petto.
[2] Udite, udite, il rumore della sua voce,
il fragore che esce dalla sua bocca.
[3] Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo
e il suo bagliore giunge ai lembi della terra;
[4] dietro di esso brontola il tuono,
mugghia con il suo fragore maestoso
e nulla arresta i fulmini,
da quando si è udita la sua voce;
[5] mirabilmente tuona Dio con la sua voce
opera meraviglie che non comprendiamo!
[6] Egli infatti dice alla neve: «Cadi sulla terra»
e alle piogge dirotte: «Siate violente».
[7] Rinchiude ogni uomo in casa sotto sigillo,
perché tutti riconoscano la sua opera.
[8] Le fiere si ritirano nei loro ripari
e nelle loro tane si accovacciano.
[9] Dal mezzogiorno avanza l'uragano
e il freddo dal settentrione.
[10] Al soffio di Dio si forma il ghiaccio
e la distesa dell'acqua si congela.
[11] Carica di umidità le nuvole
e le nubi ne diffondono le folgori.
[12] Egli le fa vagare dappertutto
secondo i suoi ordini,
perché eseguiscano quanto comanda loro
sul mondo intero.
[13] Le manda o per castigo della terra
o in segno di bontà.
[14] Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffèrmati
e considera le meraviglie di Dio.
[15] Sai tu come Dio le diriga
e come la sua nube produca il lampo?
[16] Conosci tu come la nube si libri in aria,
i prodigi di colui che tutto sa?
[17] Come le tue vesti siano calde
quando non soffia l'austro e la terra riposa?
[18]Hai tu forse disteso con lui il firmamento,
solido come specchio di metallo fuso?
[19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli.
Noi non parleremo per l'oscurità.
[20] Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?».
O un uomo può dire che è sopraffatto?
[21] Ora diventa invisibile la luce,
oscurata in mezzo alle nubi:
ma tira il vento e le spazza via.
[22] Dal nord giunge un aureo chiarore,
intorno a Dio è tremenda maestà.
[23] L'Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere,
sublime in potenza e rettitudine
e grande per giustizia: egli non ha da rispondere.
[24] Perciò gli uomini lo temono:
a lui la venerazione di tutti i saggi di mente.
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Capitolo 38
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IV. I DISCORSI DI IAHVE
PRIMO DISCORSO
La sapienza creatrice confonde Giobbe
[1] Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
[2] Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
[3] Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[4] Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
[5] Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
[6] Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
[7] mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?
[8] Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
[9] quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
[10] Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
[11] e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre
e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde».
[12] Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all'aurora,
[13] perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?
[14] Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
[15] E' sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.
[16] Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato?
[17] Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell'ombra funerea?
[18] Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
[19] Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
[20] perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?
[21] Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
[22] Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
[23] che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
[24] Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
[25] Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
[26] per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c'è nessuno,
[27] per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?
[28] Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
[29] Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l'ha generata?
[30] Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell'abisso si raggela.
[31] Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
[32] Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
[33] Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
[34] Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?
[35] Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: «Eccoci!»?
[36] Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
[37] Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
[38] quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?
[39] Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
[40] quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?
[41] Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo? |
Capitolo 39
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[1] Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
[2] Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
[3] Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
[4] Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
[5] Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
[6] al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
[7] Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
[8] Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
[9] Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
[10] Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
[11] Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
[12] Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
[13] L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
[14] Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
[15] Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
[16] Tratta duramente i figli, come se non fossero suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
[17] perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
[18] Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
[19] Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
[20] Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
[21] Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
[22] Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
[23] Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
[24] Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
[25] Al primo squillo grida: «Aah!...»
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
[26] Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
[27] O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
[28] Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
[29] Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
[30] I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
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Capitolo 40
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[1] Il Signore riprese e disse a Giobbe:
[2] Il censore vorrà ancora contendere con l'Onnipotente?
L'accusatore di Dio risponda!
[3] Giobbe rivolto al Signore disse:
[4] Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
[5] Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
SECONDO DISCORSO
Dio controlla le forze del male
[6] Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e disse:
[7] Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[8] Oseresti proprio cancellare il mio guidizio
e farmi torto per avere tu ragione?
[9] Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
[10] Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria;
[11] diffondi i furori della tua collera,
mira ogni superbo e abbattilo,
[12] mira ogni superbo e umilialo,
schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
[13] nascondili nella polvere tutti insieme,
rinchiudili nella polvere tutti insieme,
[14] anch'io ti loderò,
perché hai trionfato con la destra.
Le bestie
[15] Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue.
[16] Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre.
[17] Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi,
[18] le sue vertebre, tubi di bronzo,
le sue ossa come spranghe di ferro.
[19] Esso è la prima delle opere di Dio;
il suo creatore lo ha fornito di difesa.
[20] I monti gli offrono i loro prodotti
e là tutte le bestie della campagna si trastullano.
[21] Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude.
[22] Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici,
lo circondano i salici del torrente.
[23] Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema,
è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca.
[24] Chi potrà afferarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
Leviatan
[25] Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo
e tener ferma la sua lingua con una corda,
[26] ficcargli un giunco nelle narici
e forargli la mascella con un uncino?
[27] Ti farà forse molte suppliche
e ti rivolgerà dolci parole?
[28] Stipulerà forse con te un'alleanza,
perché tu lo prenda come servo per sempre?
[29] Scherzerai con lui come un passero,
legandolo per le tue fanciulle?
[30] Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca,
se lo divideranno i commercianti?
[31] Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa?
[32] Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai! |
Capitolo 41
|
[1] Ecco, la tua speranza è fallita,
al solo vederlo uno stramazza.
[2] Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo
e chi mai potrà star saldo di fronte a lui?
[3] Chi mai lo ha assalito e si è salvato?
Nessuno sotto tutto il cielo.
[4] Non tacerò la forza delle sue membra:
in fatto di forza non ha pari.
[5] Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle
e nella sua doppia corazza chi può penetrare?
[6] Le porte della sua bocca chi mai ha aperto?
Intorno ai suoi denti è il terrore!
[7] Il suo dorso è a lamine di scudi,
saldate con stretto suggello;
[8] l'una con l'altra si toccano,
sì che aria fra di esse non passa:
[9] ognuna aderisce alla vicina,
sono compatte e non possono separarsi.
[10] Il suo starnuto irradia luce
e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora.
[11] Dalla sua bocca partono vampate,
sprizzano scintille di fuoco.
[12] Dalle sue narici esce fumo
come da caldaia, che bolle sul fuoco.
[13] Il suo fiato incendia carboni
e dalla bocca gli escono fiamme.
[14] Nel suo collo risiede la forza
e innanzi a lui corre la paura.
[15] Le giogaie della sua carne son ben compatte,
sono ben salde su di lui, non si muovono.
[16] Il suo cuore è duro come pietra,
duro come la pietra inferiore della macina.
[17] Quando si alza, si spaventano i forti
e per il terrore restano smarriti.
[18] La spada che lo raggiunge non vi si infigge,
né lancia, né freccia né giavellotto;
[19] stima il ferro come paglia,
il bronzo come legno tarlato.
[20] Non lo mette in fuga la freccia,
in pula si cambian per lui le pietre della fionda.
[21] Come stoppia stima una mazza
e si fa beffe del vibrare dell'asta.
[22] Al disotto ha cocci acuti
e striscia come erpice sul molle terreno.
[23] Fa ribollire come pentola il gorgo,
fa del mare come un vaso da unguenti.
[24] Dietro a sé produce una bianca scia
e l'abisso appare canuto.
[25] Nessuno sulla terra è pari a lui,
fatto per non aver paura.
[26] Lo teme ogni essere più altero;
egli è il re su tutte le fiere più superbe.
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Capitolo 42
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Ultima risposta di Giobbe
[1] Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
[2] Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
[3] Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
[4] «Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu istruiscimi».
[5] Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
[6] Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.
V. EPILOGO
Iahve biasima i tre saggi
[7] Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe.
[8] Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinchè io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe».
[9] Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.
Dio reintegra la fortuna di Giobbe
[10] Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto.
[11] Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
[12] Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine.
[13] Ebbe anche sette figli e tre figlie.
[14] A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio.
[15] In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
[16] Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni.
[17] Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.
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Continua con
Salmi 1 - 50
- per altri testi sull'argomento, vedere:
e, a proposito di animali, In Collaborazioni, del Prof. Franco Frilli:
P.s. La maggior parte delle immagini riprodotte negli articoli sull'Antico Testamento sono state gentilmente concesse da Rosina Llagaria Vidal che ringrazio sentitamente
- Si fa notare che in alcune pagine del Vecchio Testamento relative a prescrizioni e regole, non ci saranno immagini (es. Levitico))
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