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DIARIO DI UN PELLEGRINAGGIO
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Prima di passare alla lettura del Diario, è
necessario sapere che esso è stato scritto al ritorno
dal primo pellegrinaggio a Medjugorje, avvenuto nel 1988,
quando la vita nel piccolo centro della Bosnia Herzegovina
era decisamente molto più semplice e gli abitanti dediti
soprattutto ad una vita rurale. All'inizio degli anni '90,
poi, la guerra in Jugoslavia, ha portato altri cambiamenti,
ma l'atmosfera mistica del luogo, che comunque non è
stato toccato - se non marginalmente - dal conflitto, è
rimasta la medesima, coinvolgente e sacra. Le apparizioni
continuano ancora giornalmente per 3 dei veggenti, ormai adulti,
mentre gli altri 3 hanno apparizioni una volta l'anno o in
qualche altra occasione.
Ancora una nota riguardante il giovane che nel 1988 è
stato la nostra guida: ha studiato in varie Università
europee, laureandosi in varie discipline, il 14 Giugno del
1992 è stato ordinato sacerdote in San Pietro da S.S.
Papa Giovanni Paolo II, è ritornato nella sua terra
natale, la Croazia, a Spalato, dove ha riattivato una chiesa
che durante il comunismo era stata chiusa al culto, ha recuperato
un altro edificio annesso alla parrocchia anch'esso confiscato,
destinandolo a Oratorio, Centro Conferenze, Biblioteca, ecc..
Tutto ciò ha richiesto anni di lavoro ma il risultato
è che ora la chiesa e l'oratorio - che si trovano al
centro della città - sono frequentati da molti giovani,
universitari o semplici lavoratori, che si adoperano in varie
attività, ruotando intorno a Don Jozo che rimane il
fulcro di tutto, organizzando ogni cosa e indirizzando alcuni
di questi giovani, che egli ritiene orientati in tal senso,
verso la vita sacerdotale. Già 4 di essi sono, infatti,
diventati sacerdoti e già lavorano attivamente in varie
parrocchie e istituzioni religiose della Croazia.
Don Jozo, poi, insegna all'Università, organizza ritiri
in Italia per i suoi innumerevoli amici, pellegrinaggi a piedi
nei vari Santuari mariani della Croazia o dell'Italia - rimarrà
memorabile quello che ha effettuato per l'Anno Santo del 2000,
a piedi da Spalato a Roma - e realizzando altri innumerevoli
progetti. Ringraziando Dio di questi immensi doni che ci ha
concesso, Gli chiediamo di proteggere e aiutare sempre Don
Jozo e i suoi giovani nell'adempimento del loro laborioso
impegno e di dar loro una sempre maggiore determinazione,
forza e fede.
Degli altri componenti del primo gruppo partito per la prima
volta per Medjugorje, alcuni purtroppo ci hanno lasciato per
sempre e ci auguriamo che dal cielo ci guardino e proteggano;
degli altri, alcuni li abbiamo persi di vista e speriamo che
siano felici e coerenti nella fede, mentre con alcuni abbiamo
continuato a vederci ininterrottamente, condividendo molte
altre bellissime esperienze, compresi altri 5 viaggi a Medjugorje.
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Il testo e le immagini sotto riprodotti - riguardanti
un pellegrinaggio a Medjugorje -sono di esclusiva proprietà
di Patrizia Fontana Roca di Cartantica. Tale Diario è
depositato presso l'Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano.
Previa richiesta e citando la fonte, sarà possibile
riprodurlo, specificandone l'utilizzo. Grazie.
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TRE GIORNI IN PARADISO
DIARIO
...di un pellegrinaggio che vuol essere solo un resoconto, soggettivo
d'accordo, ma il piu' fedele e minuzioso possibile di questa
esperienza che ai piu' forse si presentava come un impegno
troppo vincolante e pesante e che si e' rivelato, invece,
un approccio gioioso e vivificante con la realta', prima sconosciuta,
di Medjugorje.
Realta' che abbiamo vissuto in questi pochi
giorni calandoci dentro l'atmosfera che li' si respira, pregna
di serenita' e d'un'essenza speciale palpabile nell'aria,
nel cielo terso, nel sole, nei volti di molte persone che
abbiamo avvicinato. E che, ne sono sicura, in molti di noi
e' rimasta radicata nell'animo definitivamente e a poco a
poco si dilatera', ci inondera', ci colmera' di pace e di
frutti, intangibili forse ma rigogliosi.
Medjugorje non e' certo la panacea per guarire i nostri molti mali spirituali o fisici, ma e' una sorgente a cui attingere forza per sopportarli, una fonte di energia a cui caricarsi per sostenere le nostre battaglie. E' una oasi di pace in questo mondo in cui non c'e' altro che guerra di popoli contro popoli, di uomo contro uomo. E' una verita' in questa nostra societa' di miraggi, una boccata di aria sana e pulita in questa civilta' inquinata.
Facciamo tesoro dei doni che abbiamo ricevuto a Medjugorje e non sprechiamoli, una volta rientrati nel nostro ambiente di sempre, nella nostra citta', nelle nostre famiglie, nei posti di lavoro, per strada e ovunque andremo. Ma utilizziamoli nella nostra vita quotidiana, mentre lavoriamo, mentre ci rechiamo in ufficio, mentre ci affaccendiamo intorno ai fornelli, compiendo insomma i gesti soliti, mettendo in pratica, forse con qualche difficolta' ma con impegno, quanto li' abbiamo ascoltato e visto.
Forse siamo stati "chiamati" a Medjugorje o semplicemente
attirati da essa, proprio per portare un messaggio, un esempio
ai nostri fratelli, figli, genitori, agli amici, ai colleghi,
all'uomo della strada che non ha mai sentito parlare di cio'
che li' accade o a coloro che, pur avendone avuto notizia,
non sono stati in grado di recepire. Ricordiamolo, con il
nostro atteggiamento, a coloro che hanno vissuto la nostra
stessa esperienza ma, travolti dai problemi di tutti i giorni,
l'hanno dimenticata, non l'hanno messa in pratica, l'hanno
relegata in un angolo del loro animo. Diamo loro l'opportunita',
con il nostro agire e parlare, di rammentare e trovare nuova
forza e nuovo impegno da questo ricordo.
Non indossiamo piu' la maschera quotidiana del cinismo, dell'egoismo,
dell'indifferenza ma presentiamoci come siamo ora, con questa
veste nuova di fratellanza, di altruismo, di pace.
Se ci ritufferemo nelle nostre esistenze di prima senza che nulla in noi e attorno a noi sia cambiato, senza portare da Medjugorje neanche un segno tangibile nel cuore, allora vorra' dire forse che la nostra anima non era ancora pronta a ricevere il suo messaggio e sara' bene verificarlo con una nuova esperienza.
Ma mi rifiuto di pensare che si possa restare insensibili all'atmosfera che abbiamo respirato, cosi' diversa da quella che aleggia nelle nostre citta' occidentali ricche di vita e di presenze ma imbevute di esteriorita', di solitudine, di follia, di infelicita'...
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PRIMO GIORNO
6 Settembre 1988, ore sette meno un quarto : la citta' si sta svegliando pigramente e nell'aria s'odono solo il fruscio di poche auto ed il brusio dei passeri tra i platani. Siamo gia' convenuti quasi tutti dinanzi alla chiesa di San Martino ai Monti, luogo di incontro per i pellegrini diretti a Medjugorje e timidamente ci presentiamo gli uni agli altri; molti vengono da fuori Roma: da Albano, da Rocca Priora, da Allumiere, da Civitavecchia, da Ostia e Suor Maria Alba dalla provincia di Terni, senza contare che Padre Mario vive ad Albany, in America!
Siamo in pochi, provenienti dalla parrocchia, ad essere gia' affiatati.
Inizia la difficile operazione dello stivaggio dei bagagli che occupa una buona mezzora, poi saliamo sul pullman per occupare i posti gia' prestabiliti e siamo pronti per la partenza che avviene alle otto e un quarto, quando la citta' e' ormai ridestata dal traffico gia' caotico.
Inoltrandoci in esso, ci lasciamo alle spalle i nostri problemi quotidiani, la sagoma bianca della chiesa, Padre Angelico che ci saluta un po' triste ed un nastro d'edera brillante di rugiada che s'addensa folto sui muri di palazzo Brancaccio e vibra al vento fresco della mattina.
I tre organizzatori, Paolo G., Paolo R. e Mario M., hanno gia' iniziato il loro compito di sostegno materiale, mentre Padre Antonio, che invece ci guidera' spiritualmente, invita i convenuti a non infierire troppo su di loro se si verifichera' qualche imprevisto o se verra' rilevata qualche manchevolezza durante il pellegrinaggio.
Comincio a guardarmi intorno, a scrutare i volti dei miei compagni, per capire qualcosa dei loro caratteri, dei loro sentimenti e della loro disposizione d'animo nell'affrontare questo viaggio. Alcuni, come ho detto, li conosco gia', so gia' della espansivita' di Mario e della pensosita' di Giuliana, entusiasti della loro prima esperienza a Medjugorje condivisa con Mimma, operosa e simpatica, conosco il volto sereno di Paolo G., quello enigmatico di Michela sua moglie, il volto aperto di Padre Antonio che oggi appare raggiante e rilassato forse perche', una volta tanto, non ha sulle sue spalle il peso dell'organizzazione, quello sornione di Fra' Ignazio,il viso tranquillo della signora Alba, il viso aperto di Aldo, eppoi quelli giovani ma maturi ed espressivi delle ragazze, la faccia giocosa di Lino...
Gli altri imparero' a conoscerli col passare dei giorni vissuti insieme, ma su tutti e' dipinto un sentimento di attesa e di speranza ... Anche sul mio, certamente, saranno disegnati gli stessi sentimenti e le stesse emozioni; dentro, invece, mi si agita un'oscura confusione fatta di dubbi e di certezze, di interrogativi, di negazioni che si alternano, si placano e poi riappaiono come spiritelli maligni in vena di burle.
I tre organizzatori hanno, ovviamente, caratteri diversi che pero' si compensano e si amalgamano compatti, a formare un unico fronte contro cui si spezzeranno gli ostacoli, la confusione, l'indifferenza che incontreremo sulla nostra strada o che involontariamente o meno creeremo noi del gruppo.
I due Paoli fisicamente si somigliano un po' per la corporatura e l'altezza, ambedue hanno quarantadue anni e sfoggiano baffi e barba precocemente ingrigiti ma Paolo G. ha una capigliatura piu' folta e mossa dell'altro e porta occhiali da vista, mentre Paolo R. inforca quelli scuri da sole. Mario M., invece non si puo' confondere con quella zazzera d'un bianco candido e quel vocione roco che spesso assume un tono autoritario di comando.
Paolo G., oltre ad essere stato il promotore del viaggio, e' il piu' maturo dei tre, un po' per carattere, un po' forgiato dalle due precedenti esperienze vissute a Medjugorje e dalla annosa amicizia che lo lega a Jozo - il ragazzo che troveremo ad attenderci a Spalato - che, come ci ha dichiarato : "Fa tutto per me ed io tutto per lui!".
Paolo G. ha capito profondamente il messaggio che dal piccolo centro jugoslavo si va trasmettendo al mondo e vive la sua vita di testimonianza con una tranquillita' ed una coerenza che gli invidio. E' instancabile nelle sue professioni di fede ed ha tempo per ogni cosa e per chiunque si rivolga a lui; si prodiga in chiesa, nella vita sociale, con gli amici ed a Medjugorje risolvera' alcuni problemi con pazienza ed imperturbabilita'. Ed in piu' e' umile, dote oggigiorno dimenticata.
Paolo R. e' il connubio personificato degli altri due: animato
dallo stesso spirito di dedizione e generosita' del primo
ma piu' pratico e razionale, irruente ed autoritario ma senza
la caparbieta' di Mario. Severo quando e' necessario, gentile
con i deboli, coi bambini e con gli anziani, tenace come un
cane pastore che guida e protegge dalle insidie il suo piccolo
gregge, forgiato nella fucina della vita dove alle volte,
mettendo in dubbio tutto, si riscopre Dio Padre. Con pazienza
ed amore fraterno si prodiga per il raggiungimento del benessere
psico-fisico di tutti.
Con la sua solida corporatura e la sua irruenza Mario M. e'
una punta d'ariete che sfonda molte resistenze ma, alle volte,
dell'ariete sfodera una caparbieta' irragionevole con cui
non ottiene il risultato desiderato. Ma il suo impegno e'
genuino e piu' d'ogni cosa in lui s'ammira l'entusiasmo che
cosi' tanta parte ha avuto nella fase iniziale del viaggio,
quando Medjugorje era ancora solo un'idea. L'esperienza precedente
in quel luogo lo aveva toccato profondamente, colmandolo d'una
carica vivificante che gli ha dato forza nel comunicare il
suo ardore ad animi tiepidi e vacillanti, nel trascinare chi
gia' s'era prefisso di raggiungere prima o poi la meta. E
anche se il suo vocione arrochito ci rimbomba nelle orecchie
e se qualche volta vorrebbe rivoluzionare il mondo, lo guardiamo
con ammirazione mentre lui, mai stanco, frenetico viaggia
dall'uno all'altro capo del gruppo.
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Il viaggio comincia con la benedizione del nostro
sacerdote e con un canto in onore della Madonna, Regina
della Pace, che ancora non conosciamo troppo bene ma
che impareremo nel corso dei giorni. Una breve sosta
sull'autostrada per Pescara, per sgranchirci le gambe
e per ristorarci, poi di nuovo via, attraverso il rude
paesaggio dell'Abruzzo, i paesetti sperduti nel verde,
la Gola dei 3 monti, le gallerie ...
Arriviamo verso le 11,30 a Pescara dove le operazioni
d'imbarco si svolgono ordinatamente; entriamo poi nel
ventre scuro della nave risalendo subito di nuovo al
sole, affascinati dai mille misteri dell'imbarcazione:
i ponti, le scale, i boccaporti, le salette, la poppa,
gli attrezzi dai nomi astrusi, un groviglio di corde
arancioni...
A Pescara abbiamo incontrato due nuove passeggere: Eliana, una
bimba intelligente e vivace con problemi di deambulazione
e sua madre, amiche di Lucilla, Francesco e Dennis,
la simpatica famigliola romana. |
A bordo abbiamo un'altra bimba, con problemi
diversi e piu' gravi, Francesca, amorevolmente accudita
dai genitori, Franco e Graziella. Francesca ad undici
mesi venne colpita da una forte febbre che, malamente
curata in noti ospedali romani, le ha comportato un
arresto nello sviluppo psichico, mentre il fisico rigoglioso
segue il suo ritmo naturale. Attenti a tutte le sue
necessita', Franco e Graziella ci daranno quotidianamente
un esempio d'amore e di fede immensi di cui dovremmo
ringraziarli.
Tra di noi ci sono quattro religiosi: oltre a Padre
Antonio, il nostro vulcanico Parroco, c'e' Padre Mario
un Pallottino originario di Rocca Priora che da anni
svolge la sua missione in America e che ora accompagna
in questo viaggio i suoi anziani ma vigorosi genitori.
C'e' anche Suor Maria Alba, esile esile nella sua lunga
veste nera, silenziosa ed umile. Infine, ma non ultimo,
Fra' Ignazio, il frate sardo che vive accanto a Padre
Antonio e che, per tener fede al suo ruolo di cuoco,
si e' messo in viaggio con un bagaglio di salamini cacciatori
ed una tanica di Vernaccia, prelibato vino proveniente
dalla sua terra d'origine.
Sul fondo del pullman si sono raggruppati tutti i ragazzi,
un folto gruppo che intraprende questo viaggio non solo
per curiosita' o come gita di piacere, ma con l'intento
di ricercare dentro e fuori se stessi un segno tangibile
dell'esistenza di Dio e della Madonna.
Alla loro eta' adolescente sono ricorrenti le crisi
spirituali ed esistenziali e questo pellegrinaggio forse
chiarira' le mille sensazioni, i mille pensieri che
si agitano nelle loro anime cosi' fragili ancora, cosi'
indifese contro le insidie e le mistificazioni che la
societa' d'oggi ordisce ai loro danni.
Donatella, Katia ed Angela fanno parte del coro di S.
Martino e Lino presta la sua opera come chierichetto
e conoscono quindi molti canti con cui allietano ed
allieteranno il nostro cammino.
Siamo cinquantotto pellegrini, ognuno in cerca della
sua strada per arrivare alla meta ultima: Dio e la sua
Pace. |
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Ore 12.00.- La nave puntualmente si allontana dal
molo lasciando una scia di schiuma candida e s'avvia
verso il mare aperto, mentre tutti osserviamo questo
inusitato scenario che cambia continuamente dinanzi
a noi e respiriamo a pieni polmoni un'aria diversa da
quella ormai mefitica di Roma.
Ci sistemiamo nelle poltrone a noi riservate ed ognuno
passa il tempo come piu' gli aggrada (la maggioranza
girovaga sui ponti, da poppa a prua, curiosando) finche'
non ci ritroviamo tutti al Self Service dove consumiamo
assieme il primo pasto composto da un primo, un secondo,
un contorno, formaggio e frutta.
Fra' Ignazio dispensa il suo prezioso vino, promettendo
per merenda panini col salame innaffiati da Vernaccia,
ma poi non se ne fara' nulla, saremo troppo impegnati
in altre faccende. |
Consumato il pasto, ognuno si dedica a qualcosa,
attendendo l'ora della Messa che, come annunciato dal
Comandante in piu' lingue, si celebrera' alle 16,30
nella sala di ristoro attrezzata per l'occasione.
C'e' chi dorme in poltrona, chi staziona nel bar dopo
un caffe' od un liquore, chi chiacchiera nella saletta
superiore e chi, come i ragazzi, preferisce crogiolarsi
al sole di questa bellissima giornata, seduto sul sartiame,
cantando o scambiandosi confidenze, chi scatta foto
mentre io, appollaiata nei posti piu' impensati, scrivo.
Alle 16 il free-shop apre i battenti, subito preso d'assalto
dai due o tre fumatori piu' accaniti che si accaparrano
due stecche di sigarette ad un prezzo quasi dimezzato,
mentre altri acquistano liquori o profumi.
Verso le 16 gia' fervono i preparativi per la celebrazione
Eucaristica: un piccolo tavolo costituira' l'altare,
i chierichetti ( Lino e Dennis ) si vestono, si requisiscono
i giovani che ciondolavano in giro per fare le prove
di canto e per far leggere loro le Scritture.
Alle 16.30 ci riuniamo per la Messa che si svolge con
la piena partecipazione commossa di tutti, anche di
Francesca che accompagna i canti con ritmici movimenti
del corpo. |
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I nostri tre organizzatori, che quasi
non si discostano l'uno dall'altro, fanno del tutto
per soddisfare le necessita' di ognuno; hanno articolato
un nutrito programma che sperano di poter seguire senza
contrattempi.
Altri passeggeri, che come noi sono diretti a Medjugorje
in piccoli gruppi familiari, captano la loro solerzia
e ad essi chiedono informazioni e consigli.
Un piccolo
imprevisto viene subito risolto: i tre si vedono avvicinare
da un padre di famiglia napoletano che li informa di
essere stato derubato e chiede loro un prestito di almeno
un centinaio di migliaia di lire. Dopo qualche occhiata
di intesa essi decidono di dar fiducia all'uomo che
ringraziando, dichiara che saldera' il debito una volta
tornato a casa.
Ancora un po' di tempo libero - l'arrivo e' previsto
per le ore 20 - che ognuno riempie a suo piacimento.
La nave la conosciamo ormai in lungo ed in largo, il
punto di ritrovo e' pieno di gente, sulle poltrone ci
si accalda e ci si annoia, nella saletta superiore si
gioca a carte ..., finche' verso le 19 si cominciano
a intravvedere le prime propaggini della costa jugoslava,
alcuni isolotti rocciosi, qualche luce. La nave scivola
sull'acqua ormai nera, in apparenza leggera ma carica
di uomini e di speranze, puntando dritta verso le luci
del porto di Spalato che si scorgono, laggiu', guidata
da altre piccole luci disseminate lungo la costiera.
Siamo finalmente a Split, come dicono qui; in fila indiana
ci dirigiamo verso la dogana ognuno con il suo bagaglio.
Alcuni piccoli contrattempi - una valigia scambiata
con un'altra, alcune incomprensioni linguistiche col
doganiere di turno - ci fanno temere il ritardo sulla
tabella di marcia e difficolta' impreviste, ma tutto
fila liscio e siamo pronti a risalire sul pullman.
Ad attenderci troviamo Jozo, nativo di Split, amico
di Paolo G., che ci ha organizzato i pernottamenti presso
le suore della Misericordia qui in citta', i pranzi
al ristorante, la sistemazione presso le famiglie di
Miletina, piccolo centro rurale che fa parte del comprensorio
attorno a cui ruota oggi la vita dei pellegrini che
si recano a Medjugorje.
Di Jozo, laureato in lettere
e filosofia alla Sapienza di Roma e laureando in Teologia,
amico delle veggenti, umile e disponibile in ogni attimo
della giornata, di Jozo predicatore che ci illustra
con parole semplici precetti dimenticati e che ci guida
su per le impervie strade del monte, agile e leggero
come un cerbiatto, parlero' di giorno in giorno poiche'
ci si rivelera' a poco a poco.
Egli ci da' il benvenuto nella sua terra e ci illustra
brevemente le caratteristiche della citta' in cui siamo
appena sbarcati e di cui possiamo vedere poco mentre
viaggiamo in pullman, giacche' e' ormai notte e l'illuminazione
e' scarsa. Nel buio pero' brillano mille luci provenienti
dalle case, per la maggior parte appartamenti popolari,
che si innalzano con la loro mole squadrata uno a fianco
dell'altro, in un susseguirsi quasi monotono.
Le suore ci accolgono con sorrisi e solerti ci servono
la cena: minestra in brodo, bistecca, peperoni, fagiolini,
patate arrosto, cocomero o susine.
Ci rifocilliamo turbolentemente mentre i discorsi si
intrecciano dall'uno all'altro capo del lungo tavolo,
in un'euforia provocata dalla stanchezza e dalla consapevolezza
di aver raggiunto la prima tappa di questo viaggio.
Siamo quasi vicini alla nostra meta!
Gli organizzatori studiano un piano di distribuzione
delle stanze e ce lo comunicano: 16 persone andranno
a dormire presso un altro convento a poche centinaia
di metri; tra di essi Paolo R. e Jozo.
Con qualche problema d'avvio, Paolo R. mette in moto
il pullmino decrepito e traballante, con un circuito
elettrico in pessime condizioni, un cambio che non ingrana,
uno sportello che non chiude. Ma anche questi infinitesimali
problemi non scoraggiano nessuno, anzi sono motivo di
coesione ed anche di ilarita' poiche' l'imprevedibile
Vincenzo Priore sfodera la sua ironia tutta partenopea
con conseguenti risate da parte degli altri protagonisti
della piccola avventura.
Svegliando da un sonno beato le suore gia' addormentate,
prendiamo posto nelle nostre stanze, augurandoci scambievolmente
un "Buona Notte" sincero, con l'augurio di rivederci
riposati la mattina dopo alle 8.00, per essere tutti
insieme alle 8.30 dalle suore della Misericordia.
Intanto s'e' alzata la bora - da queste parti e' di
casa - che porta via un accenno di pioggia, ma non le
zanzare che per molti rappresenteranno un tormento per
tutta la notte!
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SECONDO GIORNO
Splende di nuovo il sole! La bora di
stanotte ha spazzato ogni minaccia di cattivo tempo
ed il cielo e' d'un azzurro intenso. Dal nostro balcone
ci affacciamo su un paesaggio che non delude le aspettative
di noi viaggiatori curiosi.
Rimontiamo sul camioncino, qualcuno s'avvia a piedi
per dare un'occhiata ai dintorni e raggiungiamo il
grosso della comitiva per la prima colazione a base
di the', caffellatte, caffe', burro, marmellata, salumi
e formaggi. |
Partiamo subito dopo per raggiungere
- derogando un poco al programma - la piccola Lourdes,
una quasi perfetta copia della grotta francese,
dove si venera la Madonna. La strada costeggia il
litorale permettendoci d'ammirare un paesaggio di
straordinaria bellezza: dinanzi a noi un mare d'un
azzurro inimmaginabile da cui emerge l'imponente
sagoma dell'isola di Brazza, un susseguirsi di piccoli
centri, baie, promontori allungati pigramente nell'acqua...
Il mare e' increspato dalla forte bora e s'agita,
destando creste bianche e spumose che si rincorrono
mentre il sole dipinge zone d'un blu piu' chiaro
sulla tavolozza azzurrissima della distesa d'acque.
Penetriamo nelle vie affollate di alcuni paesetti
e ci vengono incontro un piccolo mercato colorato
e folkloristico, tanto verde, ragazzi che con guanti
di gomma raccolgono le foglie cadute in terra e
le gettano in ampi scatoloni di cartone ...
A destra, sempre il mare, a sinistra invece, s'innalzano
costanti e brulli i monti su cui dovremo arrampicarci
per raggiungere l'altra tappa del viaggio.
Jozo ci invita a recitare il Rosario
e ci spiega la sua opinione sul perche' la Madonna
ci consiglia la preghiera: anche se all'inizio pregheremo
un po' controvoglia o senza molta convinzione, dovremo
perseverare poiche' prima o poi entreremo in comunicazione
con Dio ed Egli, parlando alla nostra anima, ci
indurra' a pregare con il cuore.
Eccola, la piccola Lourdes, un
angolo nella roccia su cui, come un gioiello, e'
incastonata una piccola statua della Madonna circondata
da fiori. Piu' in alto una grande croce di metallo
luccica al sole; al di sotto un altare attorno a
cui alcune donne del luogo o forse venute da lontano,
in ginocchio ne percorrono il perimetro pregando.
Foto di gruppo ed una breve occhiata alla Via Crucis
che si inerpica sulla montagna, mentre folate di
vento gonfiano le gonne scure delle donne in preghiera.
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Mentre noi ci attardiamo sul piccolo
piazzale gli organizzatori vengono avvicinati da un
giovane slavo vestito di bianco che chiede un piccolo
favore: e' venuto sin qui a piedi da Spalato ed e'
diretto a Medjugorje per tener fede ad un voto alla
Madonna; mesi prima era caduto in coma e miracolosamente
s'era salvato. Aveva cosi' deciso di intraprendere
a piedi il lungo viaggio, ma ora e' allo stremo delforze,
vorrebbe un passaggio sul pullman fino alla nostra
prossima meta, il piccolo centro di Ljubuski. L'autista
esita un po' perche' nel pullman piu' di tante persone
non si possono portare ed ha timore che la Miljcia
ci faccia passar dei guai, ma gli organizzatori affidandosi
alla Madonna, decidono di caricare anche lui.
Il giovane si siede in fondo, tra i ragazzi e dopo
pochi minuti e' gia' nel regno dei sogni, mentre tutti
noi cantiamo e preghiamo in coro al momento dell'Angelus.
Jozo ci avverte che a Medjugorje potremo effettuare
la Confessione, sulla cui importanza e necessita'
Padre Antonio ci intrattiene, cercando di instillare
in ogni animo il desiderio di una purificazione completa.
Nella strada quasi deserta che si inerpica sulle montagne,
d'improvviso incrociamo due bimbi piccolissimi che
vengono dalla scuola del paese che ora s'intravvede
sul dorso montuoso; le loro figurette in grembiuli
bianchi si dileguano svelte sotto il nostro sguardo
accompagnate da un agitar di mani.
Il paesaggio e' diventato scarno, estremamente sassoso:
da tempo abbiamo lasciato il mare che appariva e scompariva
dietro le curve a strapiombo, gli alberi contorti
bruciati dagli incendi ed i tronchi bianchi calcinati
dalla bora; ora ci sono sentieri impervii, piccoli
lembi di terra coltivata tra i sassi, strappata a
forza alle montagne, delimitazioni di pietra per recintare
i campi, piccoli vigneti, siepi di more e melograni
a profusione, in fiore o gia' colmi di frutti rossi
e sugosi, collane di tabacco appese all'aria ad asciugare.
Siamo ormai nell'Erzegovina e ci fermiamo a Ljubuski
per il pranzo, in un piccolo ristorante gestito da
una famiglia di corporatura imponente, tutti bruni
e di belle fattezze, specie la ragazza che serve a
tavola l'immancabile brodo con i tagliolini, la carne
di maiale arrostita, pomodori e verza.
Ci siamo divisi a gruppi di quattro attorno ai tavoli,
tranne i ragazzi che stanno tutti assieme ed otto
commensali, tra cui siedo anch'io, riuniti ad un unico
tavolo piu' grande. Nel prezzo pattuito e' compreso
anche il caffe' che ai piu' viene servito all'occidentale,
mentre a noi otto viene offerto nel tipico bricco
dorato dell'uso turco, poiche' quello espresso non
basta per tutti.
E' una vera novita' che viene accolta in maniera contrastante:
c'e' chi preferirebbe il solito vecchio metodo e chi,
come me, e' entusiasta di scoprire nuovi costumi.
Nel piccolo pentolino la polvere di caffe' si gonfia
e ribolle, bruna e bollente, sotto il getto di acqua
calda; la miscela viene fatta sobbollire piu' volte
finche' non si ritiene che la bevanda sia pronta,
ma deve riposare ancora un po', affinche' la polvere
si depositi sul fondo enon venga ad inquinare l'infuso
bruno in superficie.
Persino il napoletanissimo Vincenzo P., che della
degustazione del caffe' fa un vero e proprio rito,
non puo' esimersi dall'apprezzare la novita'.
Riprendiamo posto sul pullman e ci
avviamo verso Miletina senza piu' soste, sotto lo
sguardo severo e attento di Tito che prorompe dal
versante di una montagna da un'enorme riproduzione
bianca e rossa. Finalmente, a destra, compaiono il
monte Krizevac e la Collina delle Apparizioni e ci
fermiamo nello spazio erboso che s'apre tra le poche
case del piccolo centro rurale.
Mentre gli organizzatori si riuniscono per decidere
la sistemazione dei vari componenti del gruppo presso
le famiglie che vivono a Miletina, noi prendiamo visione
dei dintorni: qualche casa una accanto all'altra,
alberi da frutto, stalle, per i viottoli bimbi e donne
che ci guardano sorridendo con aria interrogativa.
Sono le padrone di casa che ci ospiteranno, ma noi
ancora non sappiamo a chi siamo destinati. Il dilemma
si risolve ben presto: per nuclei familiari o raggruppando
le persone sole, seguiamo le nostre ospiti che portano
nomi difficili (Neda, Traceka, Ladoika, Branca), lungo
le stradine asfaltate da poco ed entriamo nelle case,
ognuna delle quali ha attiguo un orto in cui coltivano
pomodori, peperoni, cipolle, filari di viti basse
e pregne d'uva, qualche albero di fichi.
Fra' Ignazio, Vincenzo e Giuseppe sono destinati a
dormire assieme in una stanza, io e Paolo R. nell'altra,
nella casa dei Neda. Davanti ad essa un uomo magro
e schivo, Marko, sta lavorando di buona lena ad innalzare
una parete che permettera' di creare una nuova stanza
per ospitare un maggior numero di persone, senza sacrificare
la famiglia.
La donna che ci precede, camminando con un incedere
che le nostre contadine non possiedono, non e' piu'
giovanissima, abbastanza alta e molto magra, quasi
scarna come molti da queste parti, con un viso angoloso
e due occhi chiari, incastonati sotto l'arco scuro
delle sopracciglia, che scrutano cercando di penetrare
al di la' delle parole, poche, che tentiamo di scambiarci.
Essa ci mostra le stanze che occuperemo e in cui lasciamo
i bagagli e ci invita a sederci in cucina, un ambiente
lindo ed ordinato dove ci offre, con i gesti e le
parole, un bicchierino di liquore locale.
Vincenzo, con la mimica del suo volto mobilissimo
e delle mani, riesce a farle capire che gradirebbe
un caffe', un vero caffe' alla napoletana, non quello
che si usa qui, una bevanda scura si' ma pressoche'
insapore e, meravigliati, vediamo apparire una macchinetta
Moka che la donna riempie seguendo le istruzioni del
nostro compagno. Riservata e gentile, essa acconsente
a sedere accanto a noi ed a degustare un po' di caffe'
caldo e forte, profumato.
|
Dopo questa sosta che e' servita a
prender contatto con le famiglie ed a rinfrescarci,
ci affolliamo di nuovo attorno al pullman che ci porta
al Santuario di Medjugorje, un'imponente Cattedrale
che s'innalza in mezzo a un largo spiazzo una volta
erboso, ora asfaltato, attorno a cui si sono sviluppati
servizi di comunicazione, bancarelle a non finire,
strade, illuminazione.
A sentire coloro che alcuni anni fa avevano gia' intrapreso
questo viaggio, le cose sono molto cambiate; anche
qui, come in molti luoghi in cui e' apparsa la Madonna,
gli uomini si danno da fare e lucrano su questi eventi
iracolosi. E gia' le case si addossano ad altre case,
i souvenirs vengono offerti a prezzi non proprio bassi,
si susseguono i chioschi di bibite e persino di pizze,
si vendono piccole statuine della Madonna in plastica
per dar modo ai turisti di portar via l'acqua di una
fontana che sgorga dinanzi alla chiesa e che si dice
sia portentosa per guarire alcune malattie.
Qua e la', nelle strade non ancora finite, mucchi
di mattoni grigi attendono d'essere usati, molte case
sono in costruzione e quelle gia' tirate su si allargano,
si ammodernano, si abbelliscono. |
|
La Chiesa domina su questa selva
di abitazioni con la sua sagoma essenziale: i due
campanili laterali svettano nel cielo azzurrissimo
come due lunghe dita che indichino una direzione
consigliata.
Nella grande piazza antistante, sono infissi lampioni
ed alberi di varie specie, aiuole ben tenute, una
fontana ed una statua candida della Madonna. Nella
chiesa c'e' gia' una gran folla, moltissimi i pellegrini
provenienti da varie parti del mondo, mol- tissimi
gli uomini e le donne d'ogni eta' dal volto indurito
dalla fatica di strappare a questa terra grama qualche
campicello da coltivare. Indossano vestiti semplici
e le anziane portano gonne ampie e pesanti, calze
di lana, zoccoli o scarpe informi ed in testa scuri
fazzoletti.
L'ambiente e' ampio e chiaro, il sole e' ancora
al massimo della sua potenza e penetra dalle porte
laterali aperte e dalle finestre istoriate, rafforzando
le trasparenze dei gialli; alle pareti dei quadri
in vetro con pitture naives raffigurano le varie
stazioni della Via Crucis.
|
L'altare, moderno, e' affossato nell'abside
bianco su cui spicca una gran Crocdi legno ed una
statua di S. Francesco; vari mazzi di fiori danno
al candido scenario una nota di colore. A destra dell'altare,
la luminosa immagine della Madonna davanti a cui i
fedeli sostano a rotazione, per pregare e per chiedere
qualche grazia.
Davanti all'altare, un frate francescano ci accoglie
parlando la nostra lingua ed illustrando le richieste
ed i desideri che la Madonna continuamente trasmette
tramite i veggenti e i messaggi settimanali. Cerca
di farci comprendere che anche la via dell'amore e
del perdono comporta sofferenza, anch'essa e' una
strada difficile, irta di ostacoli. |
Fuori comincia a far freddo ed il vento solleva
i sai dei molti sacerdoti che, seduti intorno alla
chiesa, a ridosso delle mura di pietra o sull'erba
del prato adiacente, attendono che i penitenti si
avvicinino per confessarsi.
Li intravvedo dalla porta laterale aperta, mentre
il numero dei fedeli in chiesa aumenta a vista d'occhio;
e' l'ora del Rosario ed il francescano avvia la preghiera
in croato: i pellegrini e gli abitanti dei dintorni
rispondono in coro, ognuno nella propria lingua, piccola
Babele in cui pero' ci si comprende.
La folla si fa piu' pressante e ci si sente addosso
il fiato altrui, ma e' ordinata e silenziosa, solo
qualche flash disturba lo svolgersi delle celebrazioni
che culminano, poco piu' tardi, nella Messa concelebrata
in forma solenne da sacerdoti di varie nazionalita'
giunti a Medjugorje con i gruppi di pellegrini. Anche
Padre Antonio e Padre Mario si uniscono ad essi e
lo stesso faranno nei giorni seguenti. |
|
La gente che continuamente entra nella
Cattedrale e' come un fiume ininterrotto che s'ingrossa
a vista d'occhio, finche' la chiesa e' stracolma e l'aria
diventa soffocante. Il cielo ora e' quasi senza colore,
inondato com'e' dal sole che brilla come un faro fosforescente:
dalla porta aperta la luce penetra lateralmente, sostando
prepotente sulla testa dei fedeli. Dio stesso attraverso
la natura protende le Sue dita incandescenti ma delicate
ad accarezzare i Suoi figli.
L'apparizione della Madonna ai ragazzi, che ora avviene
nel coro situato sopra la porta d'entrata, s'e' svolta
senza particolari turbamenti tra la gente assiepata; solo
qualcuno dei presenti ha volto all'indietro il capo per
scrutare oltre la balaustra all'ora solita - verso le
sette meno venti - in cui l'avvenimento accade...
Tutto quello che avviene attorno a me
e' di tali dimensioni che non riesco a comprenderne quasi
la ragione: tutta questa gente, tutto questo fervore,
questa esaltata umilta', questa suggestione che vibra
nell'aria stessa che respiriamo, mi sembrano caricati,
eccessivi, mi fanno mettere in dubbio ogni cosa, anche
le mie personali convinzioni e persino tutto quello che
vedo con i miei stessi occhi.
Non ce la faccio piu' a restare ammassata tra la folla
ad ascoltare l'interminabile omelia in croato: esco all'aperto,
mi perdo tra la gente che attende di confessarsi, tra
quella che ascolta la Messa tramite gli altoparlanti o
rista' inginocchiata nell'erba o sul sagrato.
Osservo i confessori seduti in fila indiana a poca distanza
l'uno dall'altro, quel tanto che permetta di non udire
le parole dei penitenti, scruto i volti delle decine e
decine di fedeli che stazionano sulle panche poste dinanzi
alle porte della chiesa o che come me vagano avanti ed
indietro in attesa di confessarsi o cercando di far luce
nel proprio animo. Molti si fermano in preghiera per lungo
tempo in ginocchio, testimoniando pubblicamente la loro
conversione.
Ma questo spettacolo enorme e travolgente mi lascia insensibile,
come se la mia anima fosse sorda e muta e tutto intorno
a me irreale, impossibile... Mi siedo su un muretto mentre
la bora si alza gelida ad avvolgermi come un sudario di
indifferenza e le luci dei lampioni gettano sul selciato
bianco ombre lunghe e indefinibili.
La funzione termina a sera inoltrata
e il gruppo dei miei compagni esce alla spicciolata; rientriamo
in fretta nelle famiglie dove consumiamo una lauta cena
servita dalla donna che conosce qualche vocabolo d'italiano
e tenta di tradurlo nella sua lingua, ma riusciamo a comprendere
solo la parola "Dobro" che vuol dire "Buono"; quasi stupidamente,
come fanciulletti cocciuti, la ripetiamo ad ogni occasione,
accompagnandola con gesti del capo e con sorrisetti melensi:
"Dobro, dobro...".
Appena conclusa la cena un piccolo gruppo
di noi, i giovani e quelli un po' meno giovani, si raccoglie
di nuovo al pullman per raggiungere la Collina delle Apparizioni
che vogliamo scalare recitando il Rosario. Armati di torce
e capitanati da Jozo che sembra conoscere le pietre del
sentiero una ad una, arranchiamo, ormai gia' stanchi dopo
questa lunga giornata,pregando finche' non arriviamo in
cima all'altura dove, proprio al centro dello spiazzo,
infissa in un ammasso di pietre, c'e' una Croce semplice
e nuda con un Cristo in metallo ed una piccola statua
della Madonna.
Spegniamo le torce ed attorno a noi cala un buio fitto
spezzato solo dalle piccole fiaccole che ardono come segni
votivi attorno alla Croce, poi uno di noi punta la sua
luce sull'immagine di Maria che sembra risplendere nella
notte. Preghiamo ancora ed innalziamo a Lei le nostre
intenzioni, le nostre suppliche, ascoltando la voce di
Jozo che intercede per noi.
La notte e' un po' fredda ma limpida,
nel cielo occhieggiano milioni di stelle che sembrano
convenute li' da ogni parte dell'universo; in basso, nell'ampia
vallata, brillano invece le tenue luci dei centri abitati,
create dagli uomini. E noi siamo quassu', in mezzo tra
la terra ed il cielo, incerti tra materia e spirito, piccole
cose inerti se non ricevessimo il soffio vitale di Dio.
La mia anima, pur turbata, non si vuol lasciar suggestionare
da questa atmosfera di comunione con gli altri e con Dio,
che spesso e' in grado di raggiungere da sola, non vuol
sottostare all'influenza delle sole emozioni e dei sentimenti
anche se positivi. E' qualcosa di piu' che essa attende,
a cui anela: una trasformazione integrale e positiva,
una convinzione incrollabile, un accrescimento costante
della fede giorno dopo giorno, che renda ogni atto ed
ogni pensiero compiuti come un dono, un'offerta di tutta
se stessa.
Ma e' tempo di tornare di nuovo a valle;
silenziosamente discendiamo il colle, facendo attenzione
a non inciampare nelle grosse pietre, riprendiamo il pullman
e torniamo alle case assegnateci dove ormai tutti dormono.
Ma le luci sono ancora accese a significare che il nostro
arrivo e' atteso.
Mi accorgo solo adesso che non so neanche
il nome della donna che ci ospita me, mio marito e gli
altri tre uomini, non gliel'ho chiesto ed ora sta dormendo
nell'unica stanza disponibile, quella dove vive sua suocera,
una vecchia malata, insieme ai suoi tre figlioli: Luca,
Tomislav e Ivan.
A Vincenzo, Giuseppe ed Ignazio ha riservato la sua stanza
matrimoniale dopo avervi aggiunto un altro lettino; a
noi due ha riservato la stanza dei ragazzi dove due divani
ampi e candidi occupano quasi tutta la superficie. Sui
mobili ben tenuti, allineati in bell'ordine, si susseguono
tazzine da caffe', piatti, soprammobili e qualche giocattolo:
una macchinina rossa di metallo, un pupazzetto, dei libri
...
TERZO GIORNO
Alle 8, come d'accordo, siamo riuniti nella
cucina dove la donna, contrariamente a quanto ci aspettavamo,
e' sola, il marito e' gia' partito all'alba per Ljubuski
e cosi' pure i due figli piu' grandi, mentre il piccolo
va a piedi in una scuola di Medjugorje.
Cosi' come ci hanno consigliato, vorremmo pregare insieme
a quelli della casa, ma ora non vi e' che la vecchia malata
e la donna che non ne fa accenno; ne' noi ci facciamo avanti
coi gesti a ammentarglielo ma poi, dopo aver ascoltato gli
altri del gruppo che hanno vissuto quest'esperienza con
i loro ospiti e ne hanno ricavato un'inattesa beatitudine,
ci porteremo dentro un'afflizione simile alla tristezza.
Presto pero' essa scomparira' dai nostri cuori poiche',
appena sistemati sul pullman, Marja viene a parlarci.
E' la giovane figlia d'uno degli ospiti
di Miletina che conosce da vicino i veggenti e ne segue
le ammonizioni, prendendo parte con costanza ed abnegazione
ad uno dei gruppi di prghiera che si sono creati a Medjugorje,
quello guidato da Jelena.
Marja e' giovane e bionda, indossa un paio di jeans e una
maglietta bianca che mettono in evidenza un corpo ben formato,
insomma sembra nient'affatto diversa da qualunque altra
giovane della sua eta'. Ma basta guardarla in volto ed osservare
i suoi occhi ed il suo sorriso per capire che in essa vi
e' qualcosa di speciale: la luce della Grazia che erompe
dall'interno e si comunica attraverso le sue parole anche
a coloro che l'ascoltano.
Ci parla in italiano e ci illustra brevemente, quasi concitatamente,
l'importanza della preghiera e del digiuno; ci esorta a
raccoglierci in noi stessi senza distrazioni, con l'animo
aperto ad ascoltare la voce di Dio e della Madonna e cerca
di trasmetterci le sensazioni che prova quando si riunisce
insieme agli altri giovani e la Vergine parla attraverso
la veggente.
Su sua richiesta alcuni le pongono delle
domande a cui lei risponde nel modo piu' semplice per essere
compresa facilmente: domande sull'Angelo Custode, sul perche'
ad alcuni tocca piu' sofferenza che ad altri, sulle vocazioni,
sul problema delle altre religioni, sulla possibilita' di
salvazione di chi non e' cristiano, ne' cattolico.
Essa risponde tranquilla, con quel bel viso gaio, sottolineando
l'importanza dell'esser cristiani e della responsabilita'
che a noi ne deriva, di fronte a Dio, dell'esserlo pienamente
e coscientemente.
Marja ci saluta col suo sorriso speciale e discende per
avviarsi nella sua giornata colma di Dio mentre noi prendiamo
la via della montagna: il Krizevac e' vicino!
E' una salita difficile per via dei molti
sassi che formano il sentiero, alcuni aguzzi, altri arrotondati
dal continuo andirivieni dei pellegrini. C'incamminiamo
tutti, giovani ed anziani, con impeto notevole che pian
piano si affievolira' per dar posto ad un consapevole, e
per questo meno faticoso, impegno che ci condurra' sino
in cima.
Jozo, esile e giovane com'e', cosi' animato d'ardore spirituale,
ci guida saltellando da un sasso all'altro come un'agile
gazzella. Le due coppie d'anziani che toccano quasi l'ottantina,
s'ingegnano per stare al passo con i piu' giovani, alcuni
dei quali sembrano fare una gran fatica abituati come sono
alla vita sedentaria della citta' e non avendo mai, prima
d'ora, affrontato una scalata del genere. I vecchi, invece,
previdenti e gia' esperti, si sono attrezzati con bastoni
da montagna e non sembrano risentire della salita.
Francesca con la sua carrozzella viene portata a braccia
da quattro uomini e precede il corteo per non intralciare
il cammino, mentre Eliana per un primo tratto procede in
braccio, ora a Francesco, ora a Leandro, ora a Giuseppe.
Poi, come per una decisione improvvisa ma perentoria, esprime
il desiderio di affrontare, malferma sui piedi, l'erta rocciosa,
tenuta per la mano da Angela. Ci fermiamo ad ogni stazione
della Via Crucis, dinanzi a cui una lapide scultorea in
bronzo, donata da un artista italiano che ha ricevuto una
grazia, ricorda gli avvenimenti dolorosi delle ultime ore
del Cristo e sostiamo per qualche momento in preghiera,
poi proseguiamo sgranando il Rosario.
Incontriamo altri gruppi di pellegrini sul sentiero:
alcuni vengono giu' dalla vetta, altri come noi salgono
e ci sorpassano; alcuni, forse per ringraziamento,
si cimentano nella salita a piedi scalzi, ma a quanto
possiamo constatare le pietre sia pure aguzze non
procurano loro alcun disagio. C'e' gente di ogni nazionalita'
e nell'incontrarci scambiamo un breve cenno di saluto.
La scalata dura circa due ore e solo pochissimi rinunciano
a meta' strada, tutti vogliamo arrivare in cima e
vedere la grande Croce bianca stagliarsi contro l'azzurro
del cielo, anche gli anziani che si inerpicano lenti
ma sicuri.
Eccoci finalmente sulla vetta: la Croce domina imponente
e solenne su tutta la vallata sottostante da cui emerge
il Santuario di Medjugorje. Nell'animo di tutti nasce
un sentimento di soddisfazione e di pace al tempo
stesso: e' come aver compiuto un'impresa impensabile,
aver raggiunto una meta insperata.
Ci disperdiamo intorno al basamento della Croce lieti
e ciarlieri e ci vuole un po' di tempo per raccoglierci
di nuovo in gruppo per qualche foto che rimanga poi
a rammentarci questa nostra piccola fatica. |
|
La discesa ci sembra
ormai piu' semplice, anche se ugualmente pericolosa
poiche' i sassi sono levigati e i piu' giovani sono
delegati a sostenere le persone piu' anziane; come
Angeli Custodi impacciati essi si prendono cura dei
loro protetti e li condurranno fino alle pendici del
monte.
Io mi affianco alla signora Margherita, la mamma di
padre Mario che con grinta prorompente si avvia, decisa
e vigorosa sul sentiero, sondando il terreno col suo
bastone da montagna. S'instaura subito un sentimento
d'amicizia e ci diamo la mano per sostenerci a vicenda,
raccontandoci aneddoti e qualche informazione sulle
nostre esistenze. Accaldate e euforiche raggiungiamo
la strada liscia e piana dove ci attende il pullman.
In questa discesa, che ci e' sembrata
tanto breve, si sono cementate nuove amicizie, come
quella tra me e Margherita che ammiro incondizionatamente
per la sua grinta vivace, per quel suo modo di parlare
schietto, senza fronzoli, per la ferma fede nella
Provvidenza; si e' avuta conferma dell'affetto filiale
di Gabriella D.A. di Giuliana M.. di Padre Mario,
si sono avute dimostrazioni di volonta' da parte di
Eliana che si e' impegnata, coi suoi piedini malati,
a calarsi dal Krizevac...
E si e' avuta la sorpresa di scoprire Cosimo, la cui
opera silenziosa ma efficace era passata quasi inosservata:
sempre paziente nonostante i cambiamenti di programma,
solerte ad ogni richiesta, e' stato coinvolto anche
lui dall'atmosfera di Medjugorje. Taciturno ed introverso
per carattere, all'inizio sembrava quasi non fosse
animato dallo stesso spirito che ispirava tutto il
gruppo, quasi seccato del compito che gli era stato
assegnato.
Ma via via che le ore passavano e specialmente
dopo l'arrivo al Santuario il suo atteggiamento era
cambiato a tal punto che anche esteriormente si sono
avvertite delle modifiche: il suo volto chiuso al
sorriso si era disteso, cosi' come a poco a poco si
andavano spianando anche le "rughe" dell'anima. Ci
aveva seguito quieto nella grande chiesa brulicante
di gente, nella passeggiata notturna sulla Collina
delle Apparizioni ed ora era appena disceso dal Krizevac
dove aveva aiutato gli anziani, senza spazientirsi
mai.
Di corsa montiamo sul pullman per
recarci al ristorante dove ci stanno gia' attendendo
per il pasto, che si svolge piu' o meno come il giorno
precedente.
Per primo sempre brodo, ma per secondo oggi assaggiamo
uno dei piatti nazionali i cipavich, salsiccette saporitissime
di cui non riusciamo a penetrare il segreto dell'impasto. |
Torniamo a Miletina per una breve pausa
presso le famiglie e per un caffe' che la nostra servizievole
signora Neda ci offre amabilmente, poi di nuovo sul
pullman rombante che ci condurra' davanti la casa
di una delle Veggenti, Marja, che pare abbia acconsentito
a ricevere il nostro gruppo per trasmetterci alcuni
dei messaggi che la Madonna le affida.
Restera' a parlare con noi alcuni minuti e noi ne
"approfitteremo" per raccomandarle due o tre casi
particolari. Arriviamo nella stradina pietrosa e soleggiata
ed attendiamo pochi attimi, giusto il tempo necessario
a Jozo per salire la breve scalinata che porta alla
casa della ragazza ed ecco lo vediamo ridiscendere
parlottando tranquillo con una giovane dai capelli
castani che, arricciandosi, le incorniciano il volto
chiaro un po' largo.
E' Viska, l'altra veggente, quella che non si tira
mai indietro quando si tratta di parlare in pubblico.
Scambia con Jozo, che conosce da tempo, alcune parole:
e' calma, allegra, una ragazza come tante che indossa
un paio di pantaloni ed una casacca a righe. Il suo
volto che il sole, penetrando tra le chiome frondose
degli alberi piantati nel piccolo spazio antistante
la casa, copre d'ombre e', purtuttavia, luminoso e
da esso traspare una serenita' che infonde pace e
beatitudine.
La sua voce, mentre ci parla, e' come
il cinguettio di un uccello, armoniosa, gradevole
e scorre sulla mia anima come un unguento che istantaneamente
rimargini le cicatrici che il tempo e le vicende della
vita vi hanno impresso.
Jozo traduce simultaneamente cio' che lei dice e riversa
su di noi i messaggi della Madonna che chiede: Pace
- Conversione - Preghiere - Digiuno; un piccolo malinteso
tra i due giovani viene chiarito con una risata spontanea:
il viso gia' splendente di Viska s'illumina ancora
di piu' e riflette una sincera, cordiale ilarita'.
Quello che di lei colpisce e rimane impresso nel mio
ricordo - e cosi' penso per la maggior parte di noi
- e' proprio quel suo sorriso che mette in mostra
una fila di denti rilucenti, un sorriso che ancora
conserva qualcosa di infantile e di candido, qualcosa
di perenne e di celestiale e che ci rende sicuri che
un essere cosi' puo' "vedere" la Madonna, puo' "parlarLe"
ed "ascoltarLa".
Con gesti affettuosi ed incomprensibili frasi, ella
s'accosta a confortare chi le si affolla intorno e
le chiede di implorare Maria affinche' intervenga
a favore dei piu' sfortunati; oggi s'e' impegnata
a presentarLe non solo le istanze urgenti di alcune
famiglie del nostro gruppo, ma anche quelle che ognuno
di noi ha scritto in fretta su un piccolo pezzo di
carta. |
|
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|
La breve udienza s'e' conclusa, Viska ci saluta guardandoci
un'ultima volta e, precedendoci, esce dal cancelletto
dell'abitazione, s'avvia per la strada scoscesa dove
gia' l'attende un'altra piccola folla di gente, fedeli,
curiosi che le vogliono parlare o solo toccarla, gente
infelice o sofferente con richieste piccole o grandi,
ugualmente importanti.
Lei se ne va per le strade di questo piccolo paese,
in cui ogni giorno arriva una gran folla sempre diversa
eppure uguale per patimenti, problemi e speranze;
se ne va con quel suo sorriso sicuro ed ineffabile
nonostante la miseria ed i dolori che vede, con quella
sua faccia angelica, ilare a volte come oggi l'abbiamo
vista mentre parlava con Jozo.
Tranquilla, nonostante la sua croce personale di malattia
che essa porta con se' come un piccolo vessillo da
sbandierare sulla terra, nonostante il gravoso impegno
di parlare ai pellegrini che occupa gran parte delle
sue giornate e a cui non si sottrae ...
|
Siamo di nuovo dinanzi alla grande chiesa;
su un piccolo spiazzo si apre l'ufficio parrocchiale dove
si vendono immaginette sacre e coroncine e dove una lunga
fila di gente di varie nazionalita' attende il suo turno
per entrare. E' una piccola stanza affollata in cui ognuno
cerca un ricordino di questo straordinario luogo, che si
creda o no nelle apparizioni. Anch'io mi tuffo nella mischia
per conquistare medagliette e spilline che mi hanno commissionato,
addirittura, alla mia partenza da Roma.
Nell'aria risuonano, attraverso gli altoparlanti, le voci
dei fedeli che rispondono al Rosario ed il chiacchierio
festante di centinaia di uccelli che brulicano tra i rami.
Si dice che nel momento dell'apparizione della Madonna ai
ragazzi, anch'essi tacciano, quieti ed assorti, per qualche
attimo.
Intorno alla chiesa, il solito affollarsi dei fedeli seduti
sull'erba a pregare, solitariamente o in piccoli gruppi
o in attesa dei sacerdoti che arrivano nel piazzale, prendono
da un apposito carrettino il cartello che indica le lingue
in cui confessano e si siedono attendendo i pellegrini.
Il grosso del gruppo s'introduce in chiesa
mentre molti altri, me compresa, ristanno all'aperto, come
in attesa di qualcosa. Ma qualcosa, dentro, e' gia' accaduto
in alcuni di noi ancora titubanti, timorosi quasi di scoprire
in se un cambiamento radicale, il sovvertimento d'un mondo,
dominato dai falsi idoli del progresso, consolidato da tempo
scorrendo sui binari diretti verso l'egoismo, l'indifferenza,
il rancore.
Dentro di me le sensazioni di ieri, di dubbio, di confusione,
non sono quasi cambiate, s'alternano nel mio animo l'una
dopo l'altra in una ridda disordinata che mi preme dall'interno
e mi spinge a vagare attorno alla chiesa, accanto ai penitenti,
lungo la fila dei sacerdoti in attesa dietro l'edificio
dove ancora sostano folti gruppi di persone, dove il sole
che sta tramontando irrora ogni cosa d'una luce arcana e
il lieve vento della sera lambisce le fiamme delle candele
accese che vibrano come canne d'organo.
M'attardo ancora un po', maturando dentro di me la decisione
d'una Confessione piu' convinta e sincera possibile, cercando
di mettere a nudo di fronte a me le molte manchevolezze;
non trovo difficolta' - se non quel naturale disagio di
inginocchiarsi dinanzi ad un altro essere umano - a riconoscere
la mia pochezza dinanzi all'inviato di Dio, trovo che sia
giusto cosi': rendersi piccolo dinanzi a Lui cosi' grande.
Molti provano, pero', nei confronti dell'atto penitenziale
una certa resistenza, un moto di orgoglio e di superbia,
non ammettendo di doversi umiliare innanzi ad un uomo simile
a loro, poiche' non vedono nel sacerdote - e quindi in Dio
stesso - un Amico, un Padre con un cuore immenso che tutto
perdona a chi si presenta a Lui in tutta sincerita', davvero
pentito d'averLo offeso, con la consapevolezza d'aver contravvenuto
alle Sue leggi.
Quello che mi trattiene ora e' solo il non aver chiaro in
me se credere o no a quanto qui si vive e si predica, a
quest'atmosfera di estrema pace cosi' assurda per noi, provenienti
dal caos e dall'angoscia che dominano nella nostra citta'
...Ma proprio da tutto cio' che ho visto e vissuto in queste
poche ore mi deriva la necessita' incalzante di decidermi:
mi inginocchio e tutto avviene semplicemente dentro e fuori
di me, mentre il sacerdote con le sue parole rasserena la
mia anima inquieta e le trasfonde sentimenti di mansuetudine
e di levita'.
Ha un volto compatto color terracotta, due occhi azzurrissimi
che sembrano rispecchiare la trasparenza imperturbabile
del cielo e penetrare fino al fondo oscuro della mia coscienza
dove affiorano i dubbi, le contraddizioni e le intemperanze
che subito si acquietano.
Mi rituffo nella folla, felice e frastornata,
placata e traboccante di serena fiducia, raggiungo il gruppo
riunito in chiesa, partecipo al rito Eucaristico, mi comunico
con piu' gioia d'ogni altra volta. I sacerdoti che hanno
concelebrato la Messa scendono dall'altare e penetrano nella
massa della folla, che si dilata e si allinea al loro passaggio
in file ordinate; chi e' pronto a ricevere l'Ostia consacrata
attende col viso rivolto a loro, altrimenti si gira, discretamente,
su se stesso.
Alla fine della Messa, restiamo ancora un po' in chiesa
per recitare i sette Pater, Ave e Gloria secondo le richieste
della Vergine, poi assistiamo alla benedizione delle immaginette
e dei ricordini, infine preghiamo per gli ammalati.
A tarda sera, ci dislochiamo, di nuovo a
gruppi, nelle case di Miletina per la cena che come ieri
e' ottima ed abbondante: minestrone con piccoli pezzi di
carne, pomodori in insalata, carne, patate fritte ed una
squisita pizza rustica imbottita di formaggio fresco, anche
questo fatto in casa dalla donna che ci ospita.
I nostri anfitrioni accudiscono all'orto ed alla stalla
dove hanno due mucche da cui ricavano latte, formaggio e
burro, producono ortaggi e frutta; anche l'uva dolce e succosa
ed i piccoli fichi verdi e saporiti che ci offre la signora
Neda sono coltivati nel loro terreno.
Non vediamo mai il padrone di casa, e' sempre la donna (le
ho chiesto come si chiamasse e lei mi ha risposto Branca,
ma io sono rimasta nell'indecisione: questo sara' il suo
nome di battesimo o il suo cognome?) a mantenere i rapporti
con noi pellegrini, e' lei che cucina, che serve in tavola,
che si sforza di capire i nostri desideri e i discorsi mentre
siede accanto a noi, fumando un po' nervosamente le sigarette
locali dal nome incomprensibile, Opatija.
Ad un tratto arriva Jozo che, finalmente, puo' tradurre
i nostri pensieri e ringrazia da parte nostra per l'accoglienza
che ci e' stata data; la signora Neda si schermisce e sorride
imbarazzata. Certo questo per lei e' un lavoro e viene ricompensata
adeguatamente poiche' nel prezzo da noi versato e' compresa
la quota che le spetta per l'alloggio e il vitto; ad ogni
famiglia di Miletina che ospita dei pellegrini verra' corrisposto
un tanto che permettera' una vita tranquilla per un bel
po' di tempo nonostante le difficili condizioni economiche
in cui versa la Jugoslavia oggi.
Forse proprio i contadini sono i piu' favoriti in questa
situazione, in quanto producono cio' che e' necessario a
sfamarsi, ma in special modo costoro che abitano nel comprensorio
di Medjugorje. La parrocchia e le famiglie sono abbastanza
agiate - ci ha detto Jozo - non hanno bisogno di soldi,
che gia' da piu' parti e attraverso diverse vie vi giungono,
scarseggiano solo di alcuni generi particolari, come il
caffe' per esempio, di cui ogni nucleo familiare italiano
ha portato con se' un Kg, da dividere equamente tra gli
ospiti di Miletina.
Non e' poco per la signora Neda guadagnare una bella sommetta
in due giorni, ma e' anche molto il venir sloggiati dai
propri letti ed arrangiarsi a dormire in casa della cognata
per Marko, o dormire tutti in una sola stanza nonna, madre
e tre figlioli di varie eta' che devono alzarsi presto la
mattina per raggiungere le scuole lontane.
Non e' poco davvero
dover sobbalzare dalla sedia, come ha fatto stamane la donna
all'apparire, nel piccolo orto, della Miljcia che eseguiva
i controlli sugli stranieri. Essa non aveva ancora compilato
il piccolo registro verde su cui doveva segnare i nostri
nomi e si e' precipitata a farlo fremente di paura ...
La serata non finisce qui: a gruppi di
due o tre, gli altri pellegrini giungono nella casa e ci
confidano che i nostri ospiti attendono che noi usciamo
per poter cenare, benche' la nostra Neda Branca ci assicuri
di no col capo. Allora decidiamo di raggiungere gli altri,
riuniti nella casa piu' grande di Miletina che ospita una
decina di noi.
La cucina che ci accoglie tutti e' ampia, intorno al lungo
tavolo sono seduti i nostri compagni che stanno dando fondo
alla grappa locale fatta in casa ed ai biscotti che Margherita
ha portato con se' dall'Italia.
I nostri anfitrioni, lui un omone alto, biondastro con una
fisionomia larga e sorridente e lei magra, servizievole,
ci accolgono con gesti amichevoli e ci invitano ad unirci
all'allegra brigata che sta cantando alcune melodie italiane.
Con quanto fiato abbiamo in gola, tutti insieme intoniamo
canzoni antiche e moderne, condotti dalla voce piena di
Padre Antonio a cui si contrappone quella ancora esile di
Dennis; i padroni di casa seguono il ritmo ondeggiando e
lanciandoci lunghi sorrisi. Ma gia' sui loro volti s'insinua
l'ombra della stanchezza, domattina debbono alzarsi al levar
del sole, percio' li salutiamo e ci rituffiamo nel buio
della notte, lungo corteo brulicante nelle strade sterrate.
C'e' un'altro gruppo di nostri compagni dinanzi alla casa
di Anna, l'avvenente bionda presso cui sono ospitate Edda
le sue sorelle e nipoti e verso di essa ci dirigiamo per
concludere questa serata.
Padre Antonio non ha piu' voce, ma ci da' il la per attaccare
stornelli romaneschi e canzoni napoletane, incitando Vincenzo
a partecipare perche' pensiamo, erroneamente, che dovrebbe
conoscere a memoria le melodie ma lui, forse perche' stonato,
lascia a noi questo impegno. Arrivano ancora Franco e Graziella
che si esibiscono rivelando eccellenti doti canore che non
sospettavamo.
Anna, intanto, va avanti e indietro dalla casa alla cantina
dando fondo alle riserve di vino che offre in giro ed aggiunge
ebbrezza alla nostra euforia; tutti indistintamente cantiamo
con gioia e dentro di noi proviamo una leggerezza d'animo,
una serenita' cosi' prorompente che dobbiamo esternare in
qualche modo ed il canto ci sembra il mezzo piu' naturale
per comunicarci vicendevolmente queste sensazioni, poiche'
le sole parole non basterebbero ad esprimere la gamma di
sentimenti che ora ci riempiono.
L'aria ora s'e' fatta scura, e' giunto il momento di sciogliere
il gioioso convivio e di salutare Anna e la sua famiglia,
tornando ognuno al proprio letto per un meritato riposo.
In alto, nel cielo spazzato dalla bora, le stelle lucenti
e misteriose, immobili ed eterne ascoltano le nostre voci
ilari che si disperdono nella notte ...
******
QUARTO GIORNO
|
E' una giornata splendida con questo sole caldo
che il vento gia' stempera un po' e quest'aria pulita,
tersa, cosi' differente dall'aria tumefatta di Roma.
Salutiamo le nostre famiglie con un pizzico di quella
nostalgia malinconica che si prova lasciando qualcosa
che ci ha riempito lo spirito di sensazioni meravigliose;
ognuno porta con se dei doni che le famiglie hanno
preparato: uva, formaggi freschi e bottiglie di grappa
che stiviamo nel ventre accogliente del pullman gia'
traboccante di souvenir (tappeti, pietre del Krizevac
o della Collina delle Apparizioni).
Saliamo e prendiamo i nostri soliti posti, agitando
le mani a salutare alcuni dei contadini di Miletina
che restano a guardarci addossati alle case, pochi
pero' poiche' la maggioranza e' al lavoro nelle fabbriche
di Ljubuski o nei campi. Lasciamo questa piccola isola
di semplicita' cosi' dissimile dall'ambiente in cui
viviamo, cosi' pacifica, cosi' vera. |
Cosimo si impegna al massimo della
sua bravura penetrando col grosso pullman all'interno
dei vicoli stretti e angolosi del piccolo sobborgo
in cui vivono le veggenti, ai piedi della Collina
delle Apparizioni, su cui fra poco saliremo.
A piedi costeggiamo le mura di pietre antiche delle
case ed iniziamo questa nuova scalata piuttosto
sveltamente e speditamente, sempre guidati da Jozo.
Il carrozzino di Francesca viene portato su con
vigore dagli uomini tra cui bisogna ricordare Augusto,
solerte e silente che a Franco e Graziella ha risparmiato,
senza farsene un vanto, molto lavoro ed impegno,
coadiuvato da Rina, sua moglie, ciarliera e battagliera
eppure cosi' fragile ed emotiva.
La cima e' segnata dalla Croce con il piccolo
Crocifisso e la statuetta della Madonna ma intorno,
infisse tra i sassi s'innalzano altre Croci piccole
e grandi su cui ignoti pelllegrini hanno inciso
una data, una piccola frase.
Ci aggiriamo un po' tra le pietre aguzze, fermi
dinanzi ad ognuno di questi segnali che scandiscono
come inni solenni la fede di chi qui li ha lasciati.
Sotto di noi si estende l'ampia vallata verde
che ora brulica di costruzioni e proprio alla
nostra destra s'alza impervio, quasi glabro, il
monte Krizevac su cui eravamo ieri.
L'ascesa alla collina, pero', e' stata molto piu'
facile, e tanto piu' lo e' la discesa che percorriamo
in un battibaleno.
|
Ma la nostra corsa - alle ore 11 ci attendono in chiesa
per la Messa che verra' celebrata in italiano - si ferma
di nuovo dinanzi alla casa di Viska dove lei, benchè
impegnata a parlare con dei pellegrini francesi, ci rivolge
uno sguardo ed un sorriso radiosi e ci saluta con un semplice
gesto della mano, come se riconoscesse ognuno di noi.
La Chiesa e' meno affollata dei pomeriggi
precedenti, la maggioranza dei fedeli e' costituita dai
due gruppi di italiani e l'ampia volta bianca e' rischiarata
dalla luce del giorno che pero' lascia l'angolo in cui e'
situata la statua della Madonna in una lieve penombra; il
Santuario e' ora meno suggestivo che nel tramonto quando
il sole perfora le trasparenti vetrate coi suoi bagliori
dorati e colpisce il quadro delle apparizioni posto proprio
sul muro del coro.
|
Dinanzi alla statua della Vergine ininterrottamente
pregano i fedeli; io mi avvicino e ne ammiro le mirabili
fattezze, il lungo manto grigio, la corona di stelle
posata sul suo capo ma non m'inginocchio lungo la
balaustra, non scatto alcuna foto, quasi non formulo
le preghiere che ho in cuore: mi sembra di disturbarLa,
cosi' indaffarata com'e' ad ascoltare le richieste
piu' disparate e forse piu' urgenti ed importanti
delle mie.
Qualche anziano e dei poveri dementi sembrano aver
stabilito nella chiesa la loro dimora abituale e seguono
la Messa con attenzione anche se in una lingua sconosciuta.
Con una spina nel cuore seguo la Celebrazione:
una povera donna dietro di me non connette e non ha freni;
si agita di continuo e parla, gestiscola e parla a voce
sempre più alta, presto condotta via da qualche pia
conoscente.
Mi angoscia il pensiero che la nostra mente
superiore, intelligente sia cosi' debole, cosi' facilmente
preda della malattia, della follia e che l'uomo - essere
privilegiato da Dio - si riduca a volte ad uno stadio quasi
animalesco. |
La voce confortevole e potente di Padre Antonio mi rida'
coraggio e canto anch'io, piccola voce nel brusio della
folla, avviandomi alla Comunione, preceduta nella fila da
Cosimo, nostra fedele ombra che tenta di passare inosservato.
Abbiamo un po' di tempo libero ora dopo la Messa e ci riversiamo
sulla strada bianca dove le bancarelle si susseguono una
all'altra vendendo souvenirs, artigianato locale e di provenienza
turca, ricordini religiosi, orecchini e collane come in
ogni mercato che si rispetti. Chi piu', chi meno, ognuno
di noi acquista un qualche oggetto e con questi piccoli
trofei ci raccogliamo, dopo poco, di nuovo davanti al Santuario
per le ultime fotografie; ancora qualche ricordo da portar
via, da conservare con cura in un bell'album che mostreremo
agli amici ed ai parenti a cui racconteremo i particolari
che, forse nel tempo, si faranno labili nella nostra mente
tanto da confondere date, volti e luoghi, mentre nell'animo,
invece godremo dei frutti tangibili di questa esperienza.
Ore 13. Durante la mattinata alcuni del gruppo hanno disertato
ai nostri appuntamenti per raggiungere Jelena, l'altra veggente
che possiede la locuzione interiore, non vede cioe' la Madonna
ma ne ascolta la voce e gli ammonimenti. Ora ci ritroviamo
tutti sull'ampio piazzale dove si ammucchiano i pullman,
saliamo sul nostro e ripercorriamo le strette stradine per
risalire nel paese vecchio, poiche' Jelena ha espresso la
volonta' di riceverci tutti ma, purtroppo, data l'ora ormai
tarda, la visita va a monte.
Un po' di delusione si dipinge sui nostri volti ma - come
dice Jozo - non e' importante vedere ma credere.
Al ristorante, oltre al solito brodo ci servono trote, calamaretti,
patate, pomodori, verza e caffe', espresso stavolta.
Dando un po' di fastidio, io approfitto di quest'attimo
di pausa, per girare tra i tavoli chiedendo ai miei compagni
una firma, un pensiero, l'indirizzo da riportare sul mio
inseparabile libretto giallo paglierino su cui ho raccolto
ricordi e idee e gentilmente tutti si prestano a soddisfare
il mio desiderio.
Verso le 15 salutiamo i gestori del ristorante e ci dirigiamo
all'interno. Mentre viaggiamo, Jozo di tanto in tanto ci
ragguaglia sul suo Paese che e' formato da sei diverse nazioni,
sui luoghi attraverso cui passiamo, sulla condizione politica
che avversa la religione; la popolazione non e' unita ma
smembrata a causa delle diverse origini, delle culture dissimili,
dei costumi, delle religioni.
Il governo nel periodo attuale attraversa un momento di
ristrettezze economiche e gradualmente sta dando via libera
al cattolicesimo, chiudendo un occhio su Medjugorje che
comincia a rappresentare per la Nazione una fonte di guadagno.
|
Ci fermiamo a Tihaljna dove vive Padre Jozo, il
parroco di Medjugorje all'epoca delle prime apparizioni
che in un primo momento aveva osteggiato i veggenti
non credendo alle loro visioni.
Ma poi, dopo aver ricevuto anch'egli la "visita" della
Madonna, si e' schierato con loro, e' diventato la
voce di Medjugorje ed ha lottato personalmente scontando
un anno e mezzo di carcere per l'ostilita' del governo
jugoslavo.
A lui ora giungono i pellegrini che prima sostano
al Santuario delle Apparizioni e poi vengono qui per
un ulteriore conferma - se ce ne fosse bisogno - di
cio' che hanno visto ed udito in quel luogo.
Ci ritroviamo immersi in un'atmosfera serena, in un
oasi di pace e di fiori che contrasta con le vallate
intorno, glabre e deserte; i pellegrini sostano attorno
alle aiuole, girovagano sul piazzale asfaltato, attendono
udienza.
Padre Jozo ora sta predicando ad un gruppo inglese
e quando noi ci affacciamo alla porta della chiesa
gia' pronti ad entrare, ci ricaccia indietro poiche'
durante le omelie non vuole essere disturbato e diventa
persino severo con gli intrusi.
E' giusto cosi': per pregare bisogna concentrarsi
senza interferenze, senza distrazioni; il contatto
con Dio e la Madonna non e' possibile se si e' mentalmente
svagati.
Ma intanto si sta' facendo tardi, non possiamo far
attendere il Vescovo che ci riceverà a Split
e quindi rinunciamo a questa visita, riprendendo la
nostra strada, attraversando varie localita' e facendo
una piccola sosta in un paesino depresso dell'interno.
In pullman Mario M. propone di ascoltare la registrazione
d'un discorso di Padre Jozo ai pellegrini, effettuata
durante l'esperienza da lui gia' vissuta a Medjugorje nel
periodo pasquale. E' un surrogato della mancata udienza
a Tihaljna, ma la voce calda, intensa del frate ci
avvince, rimbomba nelle nostre orecchie e nei nostri
animi invocando un rinnovamento dei cuori, la pace,
la conversione ed incitando alla preghiera ... |
Di nuovo il nostro giovane cicerone ci
ragguaglia sulla sua terra, questa Croazia religiosa in
cui fioriscono i santuari e le immagini miracolose, ma affascinati
quasi dalla voce che poco prima ci indicava un cammino nuovo,
chiediamo di ascoltare l'altra facciata della cassetta registrata.
Padre Jozo continua a parlare alle nostre anime, facendoci
riflettere sulla tiepida fede che a malapena riscalda i
nostri cuori occidentali cosi' frastornati, cosi' infedeli,
cosi scaltriti, cosi' induriti dal benessere, dal consumismo,
da questo che noi chiamiamo un vivere civile.
La presenza dei pellegrini a Medjugorje e' da lui considerata
una "chiamata" a cui bisogna dar risposta. Anche la Madonna
nell'accostare i veggenti ha detto loro: "Io te ho chiamato!";
parole su cui bisogna riflettere, non ora forse che siamo
cosi' frastornati, ma piu' tardi, quando quest'euforia gioiosa
passera' e resteremo a tu per tu con noi stessi e con la
nostra coscienza, con le nostre abitudini e debolezze, con
le nostre virtu' e i nostri desideri.
Padre Antonio, che ha animato il viaggio
in pullman, ora e' stanco per il troppo agire, cantare, parlare,
star sempre in piedi cedendo il posto ora a questo ora a
quello; si ferma un momento a sedere accanto a me e sembra
appisolarsi. Ma forse sta solo meditando dentro di se' i
fatti svoltisi in questi giorni.
Era rimasto d'accordo con gli organizzatori che a Spalato
avrebbe preso il primo aereo utile per tornare a Roma, alla
sua parrocchia, dove il daffare e' davvero molto ed i suoi
confratelli ormai anziani si dovrebbero prodigare troppo,
domani, nella celebrazione di vari matrimoni; strada facendo
pero' ha cambiato idea: ha iniziato questo cammino con noi
e con noi vuole portarlo a termine. La Provvidenza aiutera'
Padre Angelico e Padre Francesco, dando loro forza e salute
bastevoli a portare a buon fine i loro impegni.
...In lontananza ci appare la citta'-fortezza situata
in un punto strategico per coprire le spalle a Spalato
poi eccola, finalmente, Split che si allunga sulla
costa dalmata fronteggiata da piccole isole con nomi
strani per noi.
Ecco la citta' antica di Salona, un cimitero paleocristiano
ancora interrato, benche' saccheggiato a piu' riprese
dagli Arabi.
Spalato è' una grande e moderna citta' di circa
300.000 abitanti di cui 15.000 disoccupati, quasi
tutti giovani. Cemento, plastica, raffinerie, cantieri
navali sono le risorse industriali che danno lavoro
ma deturpano la sua estetica, poi ricompaiono i palazzi,
i casermoni popolari, uguali in tutte le grandi metropoli
ed ugualmente squallidi.
Qui il cielo non e' ne' terso ne' azzurro come a Medjugorje,
e' di un grigio cinereo velato dai vapori delle fabbriche
e dagli umori di tanta umanita'.
La cattedrale verso cui ci dirigiamo e' bassa, schiacciata
dagli enormi grattacieli che la dominano, quasi a
voler minimizzare l'importanza della Chiesa e dei
suoi ministri nel laico mondo jugoslavo, ma all'interno
del palazzo vescovile la sala e' ampia e moderna.
Jozo inizia a recitare il Rosario, subito dopo Padre
Antonio da' il via al canto gioioso con cui accogliamo
il Vescovo, Mons. Frane Franic. |
|
E' un uomo grande, imponente con una gran
croce d'oro al collo che c'intrattiene sulle parole di Paolo
ai Corinzi, il cui apostolato s'e' servito prima di ammonimenti
blandi per iniziare i pagani al Cristianesimo ma che, via
via, ha preso toni e parole severe, forti.
Mons. Franic interrompe un attimo il suo discorso notando
in prima fila Francesca che attira la sua attenzione e,
commosso, si dirige verso di lei implorando la Vergine Maria
ed imponendo sul suo capo le mani in segno di benedizione,
cio' che ripetera' anche per Eliana.
Riprende poi a parlarci della Madonna che chiede amore,
una grande disponibilita' d'animo nei confronti di tutti
gli esseri umani prima di ogni altra cosa, prima ancora
della preghiera e del digiuno.
E' disposto ad ascoltare e a rispondere alla domande che
vorremo rivolgergli; si fa avanti Paolo R. che chiede cosa
intende la Madonna per pace, una delle cose che Ella raccomanda
con piu' fervore e trasmette senza sosta ai fedeli attraverso
i veggenti. Si tratta - dice il Vescovo - non solo dell'antitesi
della guerra, bensi' d'una tranquillita' dei cuori che porta
purezza, serenita', amore ... "come quando ci sentiamo leggeri
e felici e vorremmo abbracciare tutto il mondo!".
Mario M. gli pone il quesito di come debba comportarsi con
chi non crede nei fatti di Medjugorje e Mons. Franic lo
esorta a non voler convincere a tuttii costi gli increduli,
ma a rendere testimonianza affermando: "Io ci credo!".
Lucilla, invece, e' preoccupata per il ritorno a casa dove,
nello scorrere caotico della vita di tutti i giorni, non
trovera' piu' forse la serenita' provata a Medjugorje, in
questi luoghi dove la pace sembra esser di casa. Egli la
incita ad una fede e ad un impegno maggiori, ad una conversione
fatta di tenacia e di preghiera, di voglia di migliorarsi.
Padre Antonio, mettendo il dito sulla piaga, lo interroga
sulla diatriba accesasi tra lui, Vescovo di Split, ed il
Vescovo di Mostar che e' contrario ad accettare Medjugorje
come realta' miracolosa, mentre il nostro interlocutore
ne e' un assertore tenace. Tra i due e' nato un antagonismo
affettuoso che durera' probabilmente fintanto che il Vaticano
non emettera' il suo giudizio.
Nel continuare il suo discorso Mons. Franic accenna in sordina
ai contrasti con le autorita' locali che osteggiano la religione
e dalle sue parole traspare, oltre alla giusta indignazione,
un pizzico di dispiacere e di timore insieme.
Ormai e' tardi e ci accalchiamo attorno a lui per baciargli
la mano in segno di rispetto, per avere la sua benedizione
e gli chiediamo ancora un attimo di pazienza, giusto il
tempo per scattare alcune foto e chiedergli di pregare per
noi, cosa che assicura avverra', esortandoci a fare altrettanto
per Lui.
Domani, sapremo poco dopo, egli andra' in pensione - se
cosi' si puo' dire - e quindi lo abbiamo colto in un momento
delicato della sua vita sacerdotale.
Il pullman riparte in direzione del Convento
delle suore che ci hanno gia' ospitato al nostro arrivo,
lasciando a terra Aldo e la sua famiglia che avevano espresso
il desiderio di passare fuori la serata.
Le suore hanno gia' preparato la cena a base di pesce ed
insalate e persino di dolce. Jozo non tocca altro che pane
ed acqua, rispettando la richiesta della Vergine di digiunare
una, ma anche due volte a settimana "per liberare lo spirito"
mi conferma lui. Anche Suor Alba e Giuliana hanno seguito
il suo esempio, hanno compiuto questo piccolo sforzo di
volonta' derivante non da una imposizione ma solo da una
esortazione.
Ho alcune domande da porre a Jozo e lui, come sempre, risponde
con quel suo tono pacato e rispettoso: gli chiedo conferma
del fatto che il digiuno non e' inteso solo in senso strettamente
alimentare. Digiuno e' infatti la rinuncia a qualcosa a
cui teniamo particolarmente, oltreche' a un pasto o a un
dolce, e' staccarsi dalle cose terrene per avvicinarsi di
piu' alle cose spirituali; l'offerta di un dolce di cui
siamo golosi, di alcune sigarette non accese per un fumatore
accanito, d'uno spettacolo televisivo che attendevamo da
tempo, rappresenta un sacrificio da dedicare alla Madonna
e a Dio.
Voglio poi sapere se, non potendo effettuare con la famiglia
la preghiera comunitaria mattutina, per gli orari ed il
traffico che ci costringe a corse ed a stress, possiamo
farla separatamente, durante l'attesa dell'autobus, durante
il tragitto per raggiungere il posto di lavoro o la scuola,
per esempio.
Lui risponde deciso che le orazioni in gruppo hanno senza
dubbio piu' valore, non foss'altro per il fatto che l'eseguirle
comporta un piccolo sforzo da parte di tutti ed inoltre
rappresenta un momento di unione tra i vari componenti della
famiglia.
Gli organizzatori parlottano ancora un
po' per accordarsi sul da farsi e tirare un po' di conti
quindi, ormai stanchi, c'invitano ad andare nelle nostre
rispettive stanze.
Il piccolo gruppo che alloggia presso l'altro convento,
rivive le peripezie della volta precedente e arriva ciarliero
e rumoroso negli alloggi silenziosi.
Purtroppo il viaggio intrapreso insieme si sta avvicinando
alla sua conclusione e si dà sfogo turbolentemente
alle amicizie e simpatie che hanno preso corpo in questi
pochi giorni.
Ma la nostra corsa - alle ore 11 ci attendono in chiesa
per la Messa che verra' celebrata in italiano - si ferma
di nuovo dinanzi alla casa di Viska dove lei, benchè
impegnata a parlare con dei pellegrini francesi, ci rivolge
uno sguardo ed un sorriso radiosi e ci saluta con un semplice
gesto della mano, come se riconoscesse ognuno di noi.
La Chiesa e' meno affollata dei pomeriggi
precedenti, la maggioranza dei fedeli e' costituita dai
due gruppi di italiani e l'ampia volta bianca e' rischiarata
dalla luce del giorno che pero' lascia l'angolo in cui e'
situata la statua della Madonna in una lieve penombra; il
Santuario e' ora meno suggestivo che nel tramonto quando
il sole perfora le trasparenti vetrate coi suoi bagliori
dorati e colpisce il quadro delle apparizioni posto proprio
sul muro del coro.
|
Dinanzi alla statua della Vergine ininterrottamente
pregano i fedeli; io mi avvicino e ne ammiro le mirabili
fattezze, il lungo manto grigio, la corona di stelle
posata sul suo capo ma non m'inginocchio lungo la
balaustra, non scatto alcuna foto, quasi non formulo
le preghiere che ho in cuore: mi sembra di disturbarLa,
cosi' indaffarata com'e' ad ascoltare le richieste
piu' disparate e forse piu' urgenti ed importanti
delle mie.
Qualche anziano e dei poveri dementi sembrano aver
stabilito nella chiesa la loro dimora abituale e seguono
la Messa con attenzione anche se in una lingua sconosciuta. |
Con una spina nel cuore seguo la Celebrazione:
una povera donna dietro di me non connette e non ha freni;
si agita di continuo e parla, gestiscola e parla a voce
sempre più alta, presto condotta via da qualche pia
conoscente. Mi angoscia il pensiero che la nostra mente
superiore, intelligente sia cosi' debole, cosi' facilmente
preda della malattia, della follia e che l'uomo - essere
privilegiato da Dio - si riduca a volte ad uno stadio quasi
animalesco.
La voce confortevole e potente di Padre Antonio mi rida'
coraggio e canto anch'io, piccola voce nel brusio della
folla, avviandomi alla Comunione, preceduta nella fila da
Cosimo, nostra fedele ombra che tenta di passare inosservato.
Abbiamo un po' di tempo libero ora dopo la Messa e ci riversiamo
sulla strada bianca dove le bancarelle si susseguono una
all'altra vendendo souvenirs, artigianato locale e di provenienza
turca, ricordini religiosi, orecchini e collane come in
ogni mercato che si rispetti. Chi piu', chi meno, ognuno
di noi acquista un qualche oggetto e con questi piccoli
trofei ci raccogliamo, dopo poco, di nuovo davanti al Santuario
per le ultime fotografie; ancora qualche ricordo da portar
via, da conservare con cura in un bell'album che mostreremo
agli amici ed ai parenti a cui racconteremo i particolari
che, forse nel tempo, si faranno labili nella nostra mente
tanto da confondere date, volti e luoghi, mentre nell'animo,
invece godremo dei frutti tangibili di questa esperienza.
Ore 13. Durante la mattinata alcuni del gruppo hanno disertato
ai nostri appuntamenti per raggiungere Jelena, l'altra veggente
che possiede la locuzione interiore, non vede cioe' la Madonna
ma ne ascolta la voce e gli ammonimenti. Ora ci ritroviamo
tutti sull'ampio piazzale dove si ammucchiano i pullman,
saliamo sul nostro e ripercorriamo le strette stradine per
risalire nel paese vecchio, poiche' Jelena ha espresso la
volonta' di riceverci tutti ma, purtroppo, data l'ora ormai
tarda, la visita va a monte.
Un po' di delusione si dipinge sui nostri volti ma - come
dice Jozo - non e' importante vedere ma credere.
Al ristorante, oltre al solito brodo ci servono trote, calamaretti,
patate, pomodori, verza e caffe', espresso stavolta.
Dando un po' di fastidio, io approfitto di quest'attimo
di pausa, per girare tra i tavoli chiedendo ai miei compagni
una firma, un pensiero, l'indirizzo da riportare sul mio
inseparabile libretto giallo paglierino su cui ho raccolto
ricordi e idee e gentilmente tutti si prestano a soddisfare
il mio desiderio.
Verso le 15 salutiamo i gestori del ristorante e ci dirigiamo
all'interno. Mentre viaggiamo, Jozo di tanto in tanto ci
ragguaglia sul suo Paese che e' formato da sei diverse nazioni,
sui luoghi attraverso cui passiamo, sulla condizione politica
che avversa la religione; la popolazione non e' unita ma
smembrata a causa delle diverse origini, delle culture dissimili,
dei costumi, delle religioni.
Il governo nel periodo attuale attraversa un momento di
ristrettezze economiche e gradualmente sta dando via libera
al cattolicesimo, chiudendo un occhio su Medjugorje che
comincia a rappresentare per la Nazione una fonte di guadagno.
|
Ci fermiamo a Tihaljna dove vive Padre Jozo, il
parroco di Medjugorje all'epoca delle prime apparizioni
che in un primo momento aveva osteggiato i veggenti
non credendo alle loro visioni.
Ma poi, dopo aver ricevuto anch'egli la "visita" della
Madonna, si e' schierato con loro, e' diventato la
voce di Medjugorje ed ha lottato personalmente scontando
un anno e mezzo di carcere per l'ostilita' del governo
jugoslavo.
A lui ora giungono i pellegrini che prima sostano
al Santuario delle Apparizioni e poi vengono qui per
un ulteriore conferma - se ce ne fosse bisogno - di
cio' che hanno visto ed udito in quel luogo.
Ci ritroviamo immersi in un'atmosfera serena, in un
oasi di pace e di fiori che contrasta con le vallate
intorno, glabre e deserte; i pellegrini sostano attorno
alle aiuole, girovagano sul piazzale asfaltato, attendono
udienza.
Padre Jozo ora sta predicando ad un gruppo inglese
e quando noi ci affacciamo alla porta della chiesa
gia' pronti ad entrare, ci ricaccia indietro poiche'
durante le omelie non vuole essere disturbato e diventa
persino severo con gli intrusi.
E' giusto cosi': per pregare bisogna concentrarsi
senza interferenze, senza distrazioni; il contatto
con Dio e la Madonna non e' possibile se si e' mentalmente
svagati.
Ma intanto si sta' facendo tardi, non possiamo far
attendere il Vescovo che ci riceverà a Split
e quindi rinunciamo a questa visita, riprendendo la
nostra strada, attraversando varie localita' e facendo
una piccola sosta in un paesino depresso dell'interno.
In pullman Mario M. propone di ascoltare la registrazione
d'un discorso di Padre Jozo ai pellegrini, effettuata
durante l'esperienza gia' vissuta a Medjugorje nel
periodo pasquale. E' un surrogato della mancata udienza
a Tihaljna, ma la voce calda, intensa del frate ci
avvince, rimbomba nelle nostre orecchie e nei nostri
animi invocando un rinnovamento dei cuori, la pace,
la conversione ed incitando alla preghiera ... |
Di nuovo il nostro giovane cicerone ci
ragguaglia sulla sua terra, questa Croazia religiosa in
cui fioriscono i santuari e le immagini miracolose, ma affascinati
quasi dalla voce che poco prima ci indicava un cammino nuovo,
chiediamo di ascoltare l'altra facciata della cassetta registrata.
Padre Jozo continua a parlare alle nostre anime, facendoci
riflettere sulla tiepida fede che a malapena riscalda i
nostri cuori occidentali cosi' frastornati, cosi' infedeli,
cosi scaltriti, cosi' induriti dal benessere, dal consumismo,
da questo che noi chiamiamo un vivere civile.
La presenza dei pellegrini a Medjugorje e' da lui considerata
una "chiamata" a cui bisogna dar risposta. Anche la Madonna
nell'accostare i veggenti ha detto loro: "Io te ho chiamato!";
parole su cui bisogna riflettere, non ora forse che siamo
cosi' frastornati, ma piu' tardi, quando quest'euforia gioiosa
passera' e resteremo a tu per tu con noi stessi e con la
nostra coscienza, con le nostre abitudini e debolezze, con
le nostre virtu' e i nostri desideri.
Padre Antonio, che ha animato il viaggio
in pullman ora e' stanco per il troppo agire, cantare, parlare,
star sempre in piedi cedendo il posto ora a questo ora a
quello; si ferma un momento a sedere accanto a me e sembra
appisolarsi. Ma forse sta solo meditando dentro di se' i
fatti svoltisi in questi giorni.
Era rimasto d'accordo con gli organizzatori che a Spalato
avrebbe preso il primo aereo utile per tornare a Roma, alla
sua parrocchia, dove il daffare e' davvero molto ed i suoi
confratelli ormai anziani si dovrebbero prodigare molto,
domani, nella celebrazione di vari matrimoni; strada facendo
pero' ha cambiato idea: ha iniziato questo cammino con noi
e con noi vuole portarlo a termine. La Provvidenza aiutera'
Padre Angelico e Padre Francesco, dando loro forza e salute
bastevoli a portare a buon fine i loro impegni.
...In lontananza ci appare la citta'-fortezza situata
in un punto strategico per coprire le spalle a Spalato
poi eccola, finalmente, Split che si allunga sulla
costa dalmata fronteggiata da piccole isole con nomi
strani per noi.
Ecco la citta' antica di Salona, un cimitero paleocristiano
ancora interrato, benche' saccheggiato a piu' riprese
dagli Arabi.
Spalato è' una grande e moderna citta' di circa
300.000 abitanti di cui 15.000 disoccupati, quasi
tutti giovani. Cemento, plastica, raffinerie, cantieri
navali sono le risorse industriali che danno lavoro
ma deturpano la sua estetica, poi ricompaiono i palazzi,
i casermoni popolari, uguali in tutte le grandi metropoli
ed ugualmente squallidi.
Qui il cielo non e' ne' terso ne' azzurro come a Medjugorje,
e' di un grigio cinereo velato dai vapori delle fabbriche
e dagli umori di tanta umanita'.
La cattedrale verso cui ci dirigiamo e' bassa, schiacciata
dagli enormi grattacieli che la dominano, quasi a
voler minimizzare l'importanza della Chiesa e dei
suoi ministri nel laico mondo jugoslavo, ma all'interno
del palazzo vescovile la sala e' ampia e moderna.
Jozo inizia a recitare il Rosario, subito dopo Padre
Antonio da' il via al canto gioioso con cui accogliamo
il Vescovo, Mons. Frane Franic. |
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E' un uomo grande, imponente con una gran
croce d'oro al collo che c'intrattiene sulle parole di Paolo
ai Corinzi, il cui apostolato s'e' servito prima di ammonimenti
blandi per iniziare i pagani al Cristianesimo ma che, via
via, ha preso toni e parole severe, forti.
Mons. Franic interrompe un attimo il suo discorso notando
in prima fila Francesca che attira la sua attenzione e,
commosso, si dirige verso di lei implorando la Vergine Maria
ed imponendo sul suo capo le mani in segno di benedizione,
cio' che ripetera' anche per Eliana.
Riprende poi a parlarci della Madonna che chiede amore,
una grande disponibilita' d'animo nei confronti di tutti
gli esseri umani prima di ogni altra cosa, prima ancora
della preghiera e del digiuno.
E' disposto ad ascoltare e a rispondere alla domande che
vorremo rivolgergli; si fa avanti Paolo R. che chiede cosa
intende la Madonna per pace, una delle cose che Ella raccomanda
con piu' fervore e trasmette senza sosta ai fedeli attraverso
i veggenti. Si tratta - dice il Vescovo - non solo dell'antitesi
della guerra, bensi' d'una tranquillita' dei cuori che porta
purezza, serenita', amore ... "come quando ci sentiamo leggeri
e felici e vorremmo abbracciare tutto il mondo!".
Mario M. gli pone il quesito di come debba comportarsi con
chi non crede nei fatti di Medjugorje e Mons. Franic lo
esorta a non voler convincere a tuttii costi gli increduli,
ma a rendere testimonianza affermando: "Io ci credo!".
Lucilla, invece, e' preoccupata per il ritorno a casa dove,
nello scorrere caotico della vita di tutti i giorni, non
trovera' piu' forse la serenita' provata a Medjugorje, in
questi luoghi dove la pace sembra esser di casa. Egli la
incita ad una fede e ad un impegno maggiori, ad una conversione
fatta di tenacia e di preghiera, di voglia di migliorarsi.
Padre Antonio, mettendo il dito sulla piaga, lo interroga
sulla diatriba accesasi tra lui, Vescovo di Split, ed il
Vescovo di Mostar che e' contrario ad accettare Medjugorje
come realta' miracolosa, mentre il nostro interlocutore
ne e' un assertore tenace. Tra i due e' nato un antagonismo
affettuoso che durera' probabilmente fintanto che il Vaticano
non emettera' il suo giudizio.
Nel continuare il suo discorso Mons. Franic accenna in sordina
ai contrasti con le autorita' locali che osteggiano la religione
e dalle sue parole traspare, oltre alla giusta indignazione,
un pizzico di dispiacere e di timore insieme.
Ormai e' tardi e ci accalchiamo attorno a lui per baciargli
la mano in segno di rispetto, per avere la sua benedizione
e gli chiediamo ancora un attimo di pazienza, giusto il
tempo per scattare alcune foto e chiedergli di pregare per
noi, cosa che assicura avverra', esortandoci a fare altrettanto
per Lui.
Domani, sapremo poco dopo, egli andra' in pensione - se
cosi' si puo' dire - e quindi lo abbiamo colto in un momento
delicato della sua vita sacerdotale.
Il pullman riparte in direzione del Convento
delle suore che ci hanno gia' ospitato al nostro arrivo,
lasciando a terra Aldo e la sua famiglia che avevano espresso
il desiderio di passare fuori la serata.
Le suore hanno gia' preparato la cena a base di pesce ed
insalate e persino di dolce. Jozo non tocca altro che pane
ed acqua, rispettando la richiesta della Vergine di digiunare
una, ma anche due volte a settimana "per liberare lo spirito"
mi conferma lui. Anche Suor Alba e Giuliana hanno seguito
il suo esempio, hanno compiuto questo piccolo sforzo di
volonta' derivante non da una imposizione ma solo da una
esortazione.
Ho alcune domande da porre a Jozo e lui, come sempre, risponde
con quel suo tono pacato e rispettoso: gli chiedo conferma
del fatto che il digiuno non e' inteso solo in senso strettamente
alimentare. Digiuno e' infatti la rinuncia a qualcosa a
cui teniamo particolarmente, oltreche' a un pasto o a un
dolce, e' staccarsi dalle cose terrene per avvicinarsi di
piu' alle cose spirituali; l'offerta di un dolce di cui
siamo golosi, di alcune sigarette non accese per un fumatore
accanito, d'uno spettacolo televisivo che attendevamo da
tempo, rappresenta un sacrificio da dedicare alla Madonna
e a Dio.
Voglio poi sapere se, non potendo effettuare con la famiglia
la preghiera comunitaria mattutina, per gli orari ed il
traffico che ci costringe a corse ed a stress, possiamo
farla separatamente, durante l'attesa dell'autobus, durante
il tragitto per raggiungere il posto di lavoro o la scuola,
per esempio.
Lui risponde deciso che le orazioni in gruppo hanno senza
dubbio piu' valore, non foss'altro per il fatto che l'eseguirle
comporta un piccolo sforzo da parte di tutti ed inoltre
rappresenta un momento di unione tra i vari componenti della
famiglia.
Gli organizzatori parlottano ancora un
po' per accordarsi sul da farsi e tirare un po' di conti
quindi, ormai stanchi, c'invitano ad andare nelle nostre
rispettive stanze.
Il piccolo gruppo che alloggia presso l'altro convento,
rivive le peripezie della volta precedente e arriva ciarliero
e rumoroso negli alloggi silenziosi.
Purtroppo il viaggio intrapreso insieme si sta avvicinando
alla sua conclusione e si dà sfogo turbolentemente
alle amicizie e simpatie che hanno preso corpo in questi
pochi giorni.
QUINTO GIORNO
Eccoci in piedi alle 7.30 per radunarci dopo poco nel grande
refettorio delle Suore della Misericordia dove consumiamo
la prima colazione. I volti di tutti appaiono piu' tirati
che nei giorni precedenti, quasi tristi, ognuno di noi pensa
con malinconia che ci staccheremo tra poco da questa terra,
ci allontaneremo sempre piu' da Medjugorje ...
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Ma poi ci troviamo nell'allegro caos della citta'
e del suo porto, c'inoltriamo nell'immenso, imponente
palazzo di Diocleziano dove la pietra prende forme
di donne, di capitelli, di statue di fattezze squisite.
Ci dividiamo perche' gli interessi sono diversi: chi
vuol comprare l'ultimo souvenir, chi vuol scattare
foto, chi visitare l'interno dell'edificio, chi girare
senza meta nelle viuzze adiacenti, per ritrovarci
poi al pullman con cui ci trasferiamo al punto d'imbarco.
Prendiamo d'assalto Jozo che sta per lasciarci, gli
chiediamo di pregare per noi, lo esortiamo a raggiungerci
presto a Roma, gli imponiamo di star fermo per scattare
alcune foto, lo assilliamo, insomma, ma lui sta al
gioco docile e gentile. |
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Lanciamo un ultimo saluto dalla ripida scaletta della
nave a questa citta' a meta' strada tra l'occidente
e l'oriente, poi la navigazione ed il paesaggio assorbono
tutta la nostra attenzione.
Le isole poco discoste da Spalato ci vengono incontro
verdi e ridenti, piccole imbarcazioni da diporto e
da pesca tentano di competere con la "Tiziano" in
una gara di velocita', il sole continua a splendere
in questo cielo terso di questa bella giornata, ma
in molti di noi e' costante un'uggia, una nostalgia
...
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Il pranzo - la fila al
Self-Service, la scelta del menu' e dei compagni di
tavolo - ci distrae e ci allieta di nuovo poi ripetiamo
per lo piu' gli stessi gesti, le stesse operazioni
del viaggio d'andata: si va al bar per un caffe',
ci si riposa sulle poltrone, ci si scalda sul ponte
prendendo il sole come Michela, che non s'e' vista
per quasi tutta la traversata, si prende aria come
le ragazze che smaltiscono una breve ebbrezza derivante
dall'aver bevuto un sorso di vino di troppo per imbastire
uno scherzo a Fra' Ignazio ...
Come nel viaggio precedente
viene celebrata la Messa sul piccolo Altare rimediato;
i Sacerdoti oggi sono quattro, poiche' a Padre Antonio
e Padre Mario se ne sono uniti altri due, come noi
italiani, come noi provenienti da Medjugorje, uno
sui quarantanni, una folta barba nera, desideroso
di comunicare, l'altro anziano, stempiato, introverso
e un po' rigido.
Durante il pranzo essi s'erano accordati per riunire
prima della Messa, i due gruppi di giovani e provare
i canti, ma poi l'intesa non si e' realizzata, ognuno
ha eseguito il proprio repertorio.
Il sacerdote piu' anziano, nonostante l'ora, inizia
il Rosario con tono quasi autoritario; la Messa quindi
si protrae oltre l'ora consentita - con visibile sofferenza
dei camerieri che gia' debbono preparare per la cena
- anche a causa della lunga omelia del giovane prete
che, pervaso di sacro furore, ci incita a non dimenticare
questa esperienza vissuta a Medjugorje, ci esorta
a far si' che il viaggio che abbiamo compiuto abbia
come fine la conversione ad un modo nuovo di pensare
e di vivere, che sia uno sprone a far meglio nella
vita quotidiana.
E nel dir cio' si esalta, mostrando il turbamento
della sua anima al contatto con la realta' mistica
che abbiamo appena lasciato, quando solo pochi giorni
prima, forse, il suo impegno sacerdotale s'era ridotto
nei limitati binari del vivere giornaliero e delle
incombenze, sopraffatto dalla negligenza degli uomini,
rimpicciolito di fronte al caos e alla follia di questa
societa' contemporanea.
Ora egli ha attinto forza e spiritualita', una nuova
energia fatta di beatitudine e d'allegrezza interiore
ed e' come rinnovato nella Fede, pronto a proseguire
il suo cammino, in compagnia di altri fratelli come
lui arricchiti spiritualmente e desiderosi di migliorare.
Ricomincia poi l'attesa dell'apertura
del Self-Service dove consumiamo anche la cena mentre
alcune notizie sconfortanti ci raggiungono dal piano
superiore, dalla cabina che Aldo ha prenotato per
far si' che sua sorella Edda, sofferente per una recente
malattia, potesse riposare un po' e ridurre al minimo
lo stress del viaggio. Per tutto il giorno Edda ha
lamentato dei disturbi dovuti, come presto si sapra'
non appena l'avra' visitata il medico di bordo, ad
un rialzo improvviso della pressione pericoloso nel
suo stato. Frattanto anche Federica, dal viso minuto
e gentile e dagli inconfondibili capelli lunghi lasciati
liberi sulla schiena, ha accusato malesseri di stomaco
e qualche linea di febbre, ma tutto sembra risolversi
con qualche pasticca che lentamente provoca un miglioramento
nelle condizioni delle due ammalate.
Nell'aria ora c'e' confusione: la
Polizia deve esaminare i passaporti ancor prima di
attraccare ad Ancona, gli organizzatori cercano di
tenere unito il gruppo che si disperde tra la folla
dei passeggeri, Mario urla ordini nel suo roboante
megafono ma e' difficile azzittirci; come una scolaresca
indisciplinata attendiamo un momento di disattenzione
per ciarlare senza posa, per andare alla toilette,
per raggiungere il bar.
Ma anche la prassi burocratica viene finalmente esaurita:
scendiamo per la traballante scaletta che ci porta
a terra, alle 21.30, ad Ancona dove il padre di Eliana
sta' gia' attendendola. Diamo quindi alla piccola
e a sua madre, che ritornano alla natia Salerno, il
nostro saluto d'addio. Passiamo la dogana senza alcun
problema, mentre un cane poliziotto annusa ben benino
il nostro pullman, su cui saliamo per percorrere gli
ultimi chilometri che ci separano da casa.
Riprendiamo il nostro cammino nella notte, mentre
Paolo G., con estrema correttezza ed un pizzico di
pignoleria, ci sottopone un resoconto economico: le
due bimbe, Francesca ed Eliana sono state esentate
dal pagamento della quota, per i due ragazzi al di
sotto dei 12 anni, Lino e Dennis, e' stata applicata,
sul biglietto della nave, una tariffa dimezzata, quanto
e' rimasto sara' destinato a Cosimo, per ringraziarlo
delle sue attenzioni. S'era parlato anche di fare
un regalo a Jozo, ma viene rimandato tutto alla sua
non troppo lontana venuta in Italia.
Terminato il suo rendiconto, Paolo
ci invita ad andare al microfono - se ce la sentiamo
- per comunicare agli altri la propria personale esperienza
ricavata dalla visita a Medjugorje.
L'invito viene raccolto per primo da Francesco che,
pur vincendo un naturale imbarazzo, ci confessa che
aveva intrapreso questo viaggio piu' per accontentare
Lucilla che altro; difatti da anni era in guerra con
Dio ed i suoi inviati ed anche il suo vivere quotidiano
era segnato d'inquietitudine e di incomprensioni in
casa, sul lavoro ... Non sa spiegare neanche lui come
sia avvenuto, ma l'impatto con la pace e la serenita'
che Medjugorje emanano, hanno provocato nel suo animo
una mutazione, una volonta' di cambiare, di sconvolgere,
migliorandolo, l'ordine dei valori con cui misurava
persone, avvenimenti, affetti del suo mondo quotidiano.
Eppoi, osservare Eliana che con volonta' ed impegno
s'e' inerpicata su per il Krizevac quando non aveva
mai fatto prima d'allora tanto moto, l'ha spronato
a "camminare" verso questa nuova sorprendente dimensione.
E, difatti, l'ho intravisto inginocchiato sul selciato
dinanzi al confessore, in fila con gli altri in attesa
della Comunione e sorridere festante, senza pensieri.
Dopo di lui Franco C. si fa avanti raccontando che
lui e Graziella avevano da molto tempo in mente di
andare a Medjugorje ma avevano scartato l'idea ritenendola
troppo azzardata, temendo fosse un'impresa troppo
gravosa da sostenere per Francesca e per loro stessi,
dovendo contare solo sulle proprie forze. Ma quando
Augusto e Rina li hanno informati del pellegrinaggio
organizzato da questi tre laici, le loro titubanze
si sono infrante misteriosamente e si sono sentiti
disposti ad affrontare quest'esperienza, a condividerla
con tante persone sconosciute che provvidenzialmente
si sono rivelate amichevoli e pronte alla cooperazione,
creando un'atmosfera gioiosa e di intensa spiritualita'.
Ci illustra poi la storia di Francesca e della sua
malattia, dei viaggi in America per tentare di recuperarla
ad una vita piu' normale, all'aiuto prestato giornalmente
alla bimba da parte di giovani volontari. Franco parla
con serenita' di questi suoi grandi problemi che pero'
gli hanno permesso di aiutare altri genitori in condizioni
simili alle sue, ringrazia la Madonna del sostegno
concesso a tutti durante il viaggio e, poiche' parla
anche a nome di Graziella, ambedue ci danno una grande
prova di fede e d'amore.
Al microfono c'e' ora Mario M. che ci aggredisce con
la stessa impetuosita' di sempre, per via di quel
suo vocione che soverchia ogni altro rumore ma che
ora si fa umile, quasi mesta, per scusarsi d'essere
stato a volte un po' aggressivo o chiassoso e ringrazia
tutti per la comprensione.
E' ora la volta di Paolo R. che quasi
si costringe a parlare, tanto e' schivo, per trasmettere
a tutti un saluto affettuoso e sottolineare con particolare
gratitudine le testimonianze di fede e di volonta'
che Franco, Graziella ed Eliana ci hanno regalato
in questi pochi giorni.
"E' finita troppo presto! - ci dice
ora Katia con voce commossa - Quando siamo partiti
ero un po' confusa ne' ero sicura di voler intraprendere
questo pellegrinaggio ma, ogni minuto che passava,
cambiava anche il mio atteggiamento interiore. A Medjugorje
ho ritrovato la serenita' che da qualche tempo non
avevo, a Medjugorje mi sono resa conto di come sono
stata fortunata!"
Sembra questa la nota dominante nel pensiero delle
giovani che ci hanno seguito in quest'esperienza e
che nell'animo ora portano impressa un'impronta nuova
e vivificante, qualcosa di speciale che forse le diversifichera'
dalle loro coetanee.
Poiche' Edda ha manifestato segni
evidenti di malessere, ci fermiamo ad un'area di servizio
dove gli organizzatori si consultano per poi decidere
di deviare per Giulianova, nel cui ospedale faremo
controllare la signora indisposta. Intanto, approfittiamo
tutti della sosta per sgranchirci le gambe o per ingollare
in fretta un caffe'.
Al bar mi trovo accanto Vincenzo
P., il nostro simpaticissimo napoletano che si da'
arie di ateo, frutto piu' delle prove della vita -
i lager nazisti, la malattia della moglie - che di
una convinzione. Gli chiedo se qualcosa e' cambiato
dentro di lui da questo contatto con Medjugorje ed
egli, con uno sguardo non piu' tanto faceto su quella
faccia clownesca e tragica ad un tempo, mi fa : "Se
son rose fioriranno! Certo, ho pregato la Madonna
di far alzare Francesca da quella carrozzella, sana
e felice, di far camminare speditamente Eliana ...
Allora si' avrei creduto! Anzi avrei dato la mia vita
in cambio, se fosse servito allo scopo!"
E' tutto
vero quel che dice, lo vedo cl pullman e ci dirigiamo
lentamente verso Giulianova, mentre Paolo G. prende
di nuovo il microfono e raccconta come, essendo gia'
stato a Medjugorje per due volte, aveva deciso di
non ripetere piu' questa esperienza ma, evidentemente,
la Madonna aveva disposto diversamente. L'ha chiamato
a guidare questo gruppo formatosi quasi per scommessa,
l'ha dolcemente piegato alla Sua volonta' ed ora ecco,
siamo sulla via del ritorno con l'animo gonfio di
tanti sentimenti. E personalmente, ci confida, che
in questo pellegrinaggio ha pregato di piu' che negli
altri; tutto e' stato una preghiera continua e sentita:
aiutare Eliana o un anziano, vivere gomito a gomito,
scalare il Krizevac portando su' anche Francesca e
anche tacere, in certi momenti, e' stato preghiera.
La sosta a Giulianova e' piuttosto lunga perche' la
visita ad Edda da parte dei medici e' stata accurata
ed e' stato appurato che i malesseri derivano da uno
stato di stress ipertensivo che consiglierebbe un
immediato ricovero. Ma lei vuol proseguire e cosi',
dopo aver firmato una liberatoria, riprendiamo l'autostrada,
che e' piu' comoda ed agevole, evitando curve e sbandamenti
che potrebbero recare danno all'ammalata.
Durante l'attesa forzata, rinunciando persino alle
sigarette, sono rimasta sul pullman dove avevo appena
imbastito un discorso con Padre Mario e Suor Alba
relativo alle differenze, nella terminologia religiosa,
tra Padre, Fratello e Don per i sacerdoti e tra Sorella
e Madre per le suore. Mi ragguagliano abbondantemente
sull'argomento e da qui poi ci ingolfiamo in un intrico
di discorsi sui cambiamenti e le innovazioni nella
liturgia dopo il Concilio Vaticano Secondo che ha
portato modifiche sostanziali nella celebrazione della
Messa ed in alcuni Sacramenti.
Laureato in Teologia e psicologia, Father Mario, vive
negli Stati Uniti da molto tempo ed ogni anno torna
in Italia a passare un mese coi suoi genitori, che
conduce con se' in qualche luogo sacro o santuario
Mariano. E' capitato quasi per caso in questo pellegrinaggio
romano col suo viso comunicativo, simpatico ed il
suo abbigliamento giovanile (camicia bianca con ghirigori
verdi, scarpe da ginnastica ed una giacca jeans anni
'60) che ricorda quegli atletici cinquantenni che
di continuo la TV ci propina nei serials televisivi.
Ed anche lui si e' sentito contagiato non solo dalla
mistica atmosfera di Medjugorje ma anche dallo spirito
amichevole che subito s'e' sviluppato tra i componenti
del gruppo, etereogenei eppure cosi' amalgamati, da
sentirsi accomunati non solo dalla Fede, ma anche
da simpatie ed interessi affini. Ha cosi' sfoderato
un sorriso aperto ed argomentazioni argute che provocano
ilarita', di nuovo immerso in una dimensione umana,
cosi' diversa da quella americana, edonistica ed alienata.
Nel buio dell'auto, la maggior parte
dei passeggeri se la dorme della grossa: i ragazzi
riposano addossati l'uno all'altro, Rina e Graziella
sfinite dalla stanchezza per le continue cure prestate
a Francesca, sono assopite in un dormiveglia da cui
si risvegliano di tanto in tanto, Fra' Ignazio e Mario
- quest'ultimo fiaccato dalla continua tensione -
ronfano beatamente
hiaramente dal suo sguardo
quasi triste e da una piega amara della bocca...
Risaliamo susognando, forse, un bel piatto
di spaghetti all'italiana.
Francesco e' piombato in un sonno sereno, il capo
coperto dal nero cappello di paglia, ciondolante sul
petto, mentre Leandro e Claudio Cuneo - l'uno col
suo tono indolente, a meta' strada tra la pigrizia
e l'indifferenza, l'altro con i suoi moti energici
- filosofeggiano senza tregua.
Sono cosi' diversi l'uno dall'altro, antitetici per
struttura fisica - imponente l'uno, smilzo l'altro
- e per carattere - zelante il primo, indisciplinato
il secondo - che e' difficile ipotizzare un interesse
in comune ad entrambi ... Eppure durante la scalata
al Krizevac, ho visto Leandro sobbarcarsi il peso
di Eliana finche' lei non ha insistito per proseguire
a piedi, ho ascoltato Claudio C. mentre si pregava
e si cantava all'unisono: conosce ogni preghiera,
ogni parola degli inni sacri.
Intanto Padre Antonio, infaticabile, cerca di tenere
sveglio Cosimo e in una breve sosta presso un autogrill,
sgambetta insieme a lui intorno al pullman; Aldo e
le sorelle pensano preoccupati a quest'epilogo dolente,
Maria Grazia ed il marito - il professore goliardico
ed inconfondibile con il suo panama bianco - parlottano
sereni, mentre gli anziani dormono il sonno del giusto
...
Dopo le ultime peripezie, e' notte
fonda quando arriviamo a Roma e ci fermiamo al San
Giovanni per una ulteriore visita ad Edda che scende
seguita dalle sue sorelle e dai nostri auguri piu'
fervidi; poi proseguiamo per fermarci - ormai definitivamente
- dinanzi alla chiesa di S. Martino.
Scendiamo ciarlieri nonostante l'ora - sono ormai
le 4 passate - temporeggiando per rimandare, anche
solo di qualche attimo, il momento dei saluti; ma
poi, dispiaciuti e melanconici, ci abbracciamo l'un
l'altro con la promessa di rivederci al piu' presto.
Il nostro pellegrinaggio si conclude
qui, proprio in questa accogliente piazzetta da cui
siamo partiti cinque giorni orsono, speranzosi o incerti,
dubbiosi o curiosi, entusiasmati da quel poco che
ci avevano comunicato coloro che ci avevano preceduto
a Medjugorje.
Quasi senza conoscersi, abbiamo vissuto assieme questa
"avventura", quest'evento che segnera' forse una tappa
storica nell'arco della nostra vita di comuni mortali;
abbiamo goduto della compagnia e della simpatia reciproca,
abbiamo condiviso disagi, pasti, stanze, le ore liete
della comunione dello spirito, dell'allegria, della
preghiera. Insieme siamo ritornati quasi innocenti,
sorpresi ed ilari, come bambini dinanzi alle meraviglie
del creato; ci siamo inginocchiati dinanzi alla Regina
della Pace ed abbiamo rinnovato i voti della Fede
e della Speranza ...
Ci salutiamo un po' tristi poiche' siamo alla fine
di questo pellegrinaggio, ma nel fondo dell'anima
sappiamo che non si tratta di una conclusione definitiva.
E' solo una tappa importante, questa, da cui ripartiremo
- domani stesso - per un viaggio piu' lungo e arduo
che di giorno in giorno ci impegnera' anima e corpo;
ma, passo dopo passo, se saremo sempre coerenti giungeremo
prima o poi alla nostra meta ultima: alla Medjugorje
celeste, all'Eden perduto ed ora ritrovato!
P.S.
Appena due ore e mezzo di sonno per me
e Paolo, poiche' stamani abbiamo un altro impegno: un appuntamento
con nostro figlio che ha vissuto in questa settimana un'altra
esperienza, quella della vita scout. Io, nonostante tutto,
mi sento benissimo, carica di vitalita' nel corpo e nello
spirito. Medjugorje e' ancora tangibile dentro di me come
una cosa viva e pulsante che mi trasmette calore e benessere.
Insieme con Paolo ripercorro qualche momento del nostro
pellegrinaggio, mentre usciamo dal Lazio e ci avviamo verso
le Marche. La sensazione che mi ha pervaso traversando la
mia citta' e' come una bella donna colma di fascino ma priva
d'Amore, gretta ed arrogante, corrotta e pervertitrice,
presto il suo aspetto si deteriorera' e di essa non resteranno
che le vestigia d'un passato splendore.
Ritorno col pensiero a Medjugorje, alla
sua Cattedrale imponente, a tutta quella gente che prega
incurante degli scherni, delle derisioni del mondo, al suo
cielo terso, alla pace che proviene da tutto cio' che la
circonda. Alle famiglie, ai volti di quei contadini ed operai
che abbiamo incontrato, rubicondi o incavati ma tutti trasfigurati,
alla loro pazienza imperturbabile, al loro pregare, alle
centinaia di giovani chini a parlare con Dio e la Madonna.
Agli anziani che con noi hanno camminato sul sentiero lastricato
di pietre aguzze del Krizevac e del Podbrdo, alle due bimbe
sfortunate che - ognuna a suo modo, Francesca con la sua
tranquillita', Eliana con la sua ferma volonta' - hanno
dimostrato che non ci si deve fermare dinanzi agli ostacoli.
Parliamo, io e Paolo, del giovane sacerdote barbuto che
ha concelebrato la Messa sulla nave e che nell'omelia ha
esultato con noi per la scoperta di Medjugorje; della figura
del giovane Jozo, mistica, quasi carismatica eppure cosi'
determinata, mentre intorno a noi genitori di altri scout
chiacchierano nel linguaggio corrente che domina questa
vita di inani corse, di questa esistenza greve e materialistica
in cui si parla di moda, di successo, di danaro, di lavoro.
E capisco che non posso rinchiudermi in me stessa, sprofondare
nella sensazione di benessere spirituale che la visita a
Medjugore ha prodotto nel mio animo; debbo anche agire,
altrimenti questo mio pellegrinaggio non dara' che frutti
stentati! E' necessario testimoniare ed io lo faccio cosi'
- per mezzo di questo dono che Dio mi ha elargito - parlando
al cuore di altri uomini con frasi semplici, come una bimba
ai primi balbettii, affinche la mia esperienza e quella
di altre persone che hanno come me intrapreso questo cammino
fino a Medjugorje non venga dimenticata.
Difficile compito questo che mi accingo
ad intraprendere, rientrando nell'atmosfera dantesca in
cui ho vissuto prima e che comunque e' quella in cui vivro',
ed impegnativo sara' il dover affrontare i mille problemi
giornalieri.
Ma grazie a questa nuova serenita' - che vorrei poter comunicare
non solo a parole, ma con il comportamento e la coerenza
agli insegnamenti recepiti - li risolvero', anche se dentro
di me vibrera' un desiderio infinito di fuggire e ritornare
laggiu' a Medjugorje dove regna l'essenzialita', la pace,
la tolleranza, l'amore a cui lo spirito dell'uomo aspira
da sempre, poiche' in esso non s'e' mai sopita l'indefinita
nostalgia della sua origine celeste.
Sempre su Medjugorje:
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