COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, il presente articolo è stato realizzato
dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università
di Udine, che ha fornito anche le immagini.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati
da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
su quanto fornito dai collaboratori.
"N.B.: L'Autore prescrive
che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa
o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi
(sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà
avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando
esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
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LE API NELL'ARTE UMANISTICA E RINASCIMENTALE (PARTE I)
di
Renzo Barbattini*,
Giuseppe Bergamini**
*Dipartimento di Biologia
e Protezione delle Piante, Università di Udine
** Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo, Udine
da Apitalia - Aprile 2009
Il nostro “viaggio” (L’ape nell’arte) continua ma con un “compagno di viaggio” diverso. Stefano Fugazza (direttore
della Galleria d’arte comunale “Ricci Oddi” di Piacenza) in
questo periodo è “fuori gioco” per motivi di salute.
A lui vanno i nostri auguri per una veloce e completa ripresa!
Diamo il benvenuto al professor Giuseppe Bergamini,
direttore del Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo
di Udine che a partire da questa puntata collaborerà con noi.
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Con il termine Umanesimo siamo soliti
indicare quel processo di trasformazione
della civiltà occidentale che ebbe inizio
in Italia tra la fine del Trecento e gli inizi
del Quattrocento e che successivamente
dominò tutta la cultura europea, prolungando
la sua influenza anche nei secoli
successivi, sino alla soglia dell’età moderna.
Fondamento dell’Umanesimo fu da un
lato l’ammirazione per la tradizione classica,
dall’altro la consapevolezza che solo
il ritorno allo studio delle humanae litterae
(da qui il nome “Umanesimo” in contrapposizione
agli studi teologici e
all’esperienza cristiana medioevale) e la
conoscenza dei grandi modelli del
mondo greco-romano, avrebbero portato
a un rinnovamento profondo nella vita
morale, artistica, religiosa e politica conforme
ai bisogni di una nuova società in
rapido sviluppo.
Al centro di questo
orientamento di pensiero l’Umanesimo
pose l’uomo, nel suo essere e nel rapportarsi
alla natura circostante, gli restituì dignità
e ne esaltò l’opera, frutto di razionalità
e autonoma libertà creatrice.
L’evoluzione e la maturazione del pensiero
umanista determinò nei secoli XV e XVI
il fiorire del Rinascimento, quel fenomeno
di portata europea - dalle Fiandre alla Germania,
dalla Francia alla Spagna - che soprattutto
nel campo delle arti figurative
raggiunse, in Italia principalmente a Firenze,
esiti altissimi tali da decretare il primato
sulle altre nazioni. La riscoperta della
classicità, e l’assimilazione dei principi e
delle regole che l’avevano resa grande, si
tradusse in forme assolutamente originali
di visione e di espressione, assai più perfezionate
di quelle umanistiche: la determinazione
logica dello spazio attraverso la
prospettiva scientifica, la costruzione proporzionata
delle forme, e più tardi la descrizione
attraverso il colore della luce,
dell’ambiente naturale.
In questo contributo si desidera segnalare,
procedendo in ordine alfabetico, alcuni
esempi di famosi pittori che realizzarono
opere con chiari riferimenti all’ape. |
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Fig. 1 -
Hieronymus Bosch, Trittico del carro di fieno (1500-1502) - (Museo del Prado, Madrid).
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HIERONYMUS BOSCH
Un posto di rilievo nel panorama dell’arte
rinascimentale dei Paesi Bassi è occupato
dal famoso pittore fiammingo Hieronymus
Bosch, pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon
van Aken, che derivò il nome con
cui è noto dalla città di Hertogenbosch
dove nacque nel 1450 circa e dove morì
nell’agosto del 1516.
Molti sono i dipinti
da lui realizzati; uno dei più noti è di certo
il grande Trittico del carro di fieno (1500-
1502) ora al Museo del Prado di Madrid
(Fig. 1).
Caratterizza l’opera dell’inquietante pittore
la capacità di immergersi nella vita cosmica,
carica di fermenti naturali e magici,
dando vita ad una pittura ricca di simbolismi non sempre facilmente comprensibili,
ma potentemente realistica, ad un paesaggismo
di sapore incantato ma nato da
un’osservazione diretta e oggettiva del
reale.
Sul pannello di sinistra (Fig. 2) sono
narrate storie della Genesi: la nascita della
donna, il peccato originale, la cacciata dal
Paradiso.
Interessa il nostro discorso la
parte alta, che mostra la caduta degli angeli
ribelli che, mentre precipitano, cambiano
forma e assumono l’aspetto d’insetti: tra
questi sono rappresentate anche le api.
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Fig. 2 -
Hieronymus Bosch, Pannello sinistro
(detto Paradiso) del Trittico del carro
di fieno
(Museo del Prado, Madrid).
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JEAN BOURDICHON
Jean Bourdichon detto Bourdichou
(1457-1521), fu pittore di corte di Luigi
IX, Carlo VIII, Luigi XII e Francesco I.
Allievo di Jean Fouquet, il Bourdichon, famoso
per le sue miniature, dipinse quasi
cinquanta scene a tutta pagina incorniciate
in oro.
La Fig. 3, Luigi XII di Francia
(1462-1515), riporta una miniatura tratta
dal manoscritto del 1532 intitolato Le Voyage
de Gênes (Il viaggio da Genova) di
Jean Marot (conservato nella Bibliothéque
Nationale de France di Parigi).
La conquista,
attuata velocemente, della città di Genova
da parte di Luigi XII nell’aprile
1507, colpì l’opinione pubblica in quanto
impresa militare inusuale, e fu oggetto di
numerosi scritti di cronisti dell’epoca e di
poeti di corte.
La relazione della spedizione
vittoriosa, scritta in versi dal poeta
ufficiale del re, Jean Marot (1450-1526), e
pubblicata nel 1532, fu destinata ad Anna
di Bretagna (1477-1514), sposa del sovrano
vittorioso.
Nella miniatura, il vestito
di Luigi XII (nato a Blois nel 1462, re di
Francia dal 1498 al 1515, anno in cui
morì a Parigi) e la bardatura del cavallo
sono ricoperti di numerose api; sono presenti
anche alcuni bugni di paglia.
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Fig. 3 -
Jean Bourdichon, Luigi XII di Francia.
Da Le Voyage de Gênes di Jean Marot
(Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi).
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AGNOLO BRONZINO
Agnolo Bronzino - soprannome di Agnolo
di Cosimo (Monticelli di Firenze, 17 novembre
1502 - Firenze, 23 novembre
1572) pur provenendo da una famiglia
umile (il padre era un modesto macellaio)
ebbe la fortuna di vivere a Firenze dove, in
quegli anni, le botteghe “d’arte” erano numerose
e tutte di elevata qualità.
Pittore noto per essere stato un grande ritrattista,
lavorò spesso e a lungo nell’ambito
della corte medicea.
Tra il 1540 ed il 1545, egli realizzò l’Allegoria del trionfo di Venere (Fig. 4), famoso
dipinto ad olio (conservato dal 1860
presso la National Gallery di Londra), la
cui potente sensualità erotica destò imbarazzo
nell’Ottocento, tanto che le nudità
di Venere nel basso ventre furono coperte
da un panno giallo, tolto solo nel Novecento
durante un restauro eseguito con ottimi
risultati.
Il dipinto venne inviato
come regalo di Cosimo I de’ Medici al re
Francesco I di Francia, e quindi assunse,
innanzitutto, un valore politico. Questo
capolavoro del manierismo (in auge all’epoca)è estremamente complesso ed è
caratterizzato da uno stile molto idealizzato,
sensuale ma ad un tempo freddo,
quasi marmoreo. Il soggetto è sicuramente
un’allegoria dell’amore e del sesso: Venere,
in primo piano, bacia sensualmente il figlio
Eros, mentre più complessa è l’interpretazione
delle figure sul retro.
Poiché la “lettura” di queste ultime non
rientra tra gli obiettivi di queste note, non
ci soffermeremo su di esse; colpisce tuttavia
la figura della fanciulla (Fig. 5), dietro al
putto con i campanelli alla caviglia, ben illuminata
sulla destra. Essa, appena in
ombra, pur presentandosi con un grazioso
volto, è una figura molto ambigua: la sua
natura ingannatrice è testimoniata dall’inversione
della mano destra con quella sinistra
e dal corpo di serpente.
Più in basso si
intravedono anche le zampe con gli artigli
della bella fanciulla, e la sua lunga coda, simile,
diremmo noi, a quella di un enorme
serpente a sonagli. Le sue mani, che afferrano
contemporaneamente i simboli del
piacere (una porzione di favo) e del dolore
(un serpente), sembrano contorte ma in realtà
sono volutamente invertite per confondere
le vittime delle sue simulazioni.
Simboleggia la frode che porta qualcosa di
dolce, ma che subito dopo colpirà con la
sua coda di serpente velenoso, coda che finisce
vicino alle due maschere alla base del
dipinto. Qualche critico, fermando l’attenzione
sulla pelle squamosa, ha ritenuto
che fosse un’Arpia, ma sono le mani, a svelare
l’identità: la mano cattiva che offre il
dono, la mano buona che nasconde il veleno:
una diabolica duplicità.
Il miele, quindi, viene visto dall’artista
quale impulso per attrarre i sensi e per
muovere le passioni.
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Fig. 4 -
Agnolo Allori detto Bronzino,
Allegoria del trionfo di Venere (1540-1545
circa)
- (National Gallery, Londra
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Fig. 5 -
Agnolo Allori detto Bronzino,
Allegoria del trionfo di Venere (1540-1545
circa)
- (National Gallery, Londra) (particolare).
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PIETER BRUEGEL IL VECCHIO
Fig. 6 -
Pieter Bruegel il Vecchio,
Gli apicoltori (1565) - (Staatliche Museen, Berlin).
Pieter Bruegel il Vecchio (Breda, 1526 -
Bruxelles, 1569) è uno dei principali esponenti
della pittura fiamminga, e senz’altro
il maggior pittore fiammingo del Cinquecento.
L’ortografia corretta del suo nome è “Brueghel”
(usata dall’artista fino al 1559), o “Bruegel” e non “Breug(h)el”, come invece
scrive il celebre pittore e scrittore d’arte
olandese Karel Van Mander (1548-1606)
nel suo Libro della pittura.
Poiché i dati forniti dagli storiografi sono
incompleti e talvolta anche contraddittori,
non è stato possibile identificare il luogo
preciso della sua nascita che, con molta
probabilità, si trova nel Brabante (Belgio).
La critica è d’accordo nel riconoscere le
sue incomparabili qualità artistiche e la sua influenza sull’evoluzione della pittura
paesaggistica e della stampa di quel periodo:
le stampe ricavate dai suoi disegni
occupano infatti un posto importante
nella storia dell’incisione nel XVI secolo.
Il disegno.
Gli apicoltori (Fig. 6) porta la
data del 1568 e mostra alcuni apicoltori,
con indosso un apposito camice, intenti al
recupero di sciami e alla loro collocazione
in arnie “a paniere”. E’ da notare come
questi apicoltori portassero sì una protezione
(il cappuccio era dotato di rete fatta
con filo di ferro) ma avessero le mani nude.
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PIERO DI COSIMO
Fig. 7 -
Piero di Cosimo, La scoperta del miele (1505-1510) - (Art Museum, Worcester,
Massachusetts
Il famoso pittore toscano Piero di Lorenzo
(Firenze, 1461 - 1521), meglio conosciuto
come Piero di Cosimo, nome che gli derivò
dal fatto di essere stato allievo di Cosimo
Rossetti, nel periodo 1505-1510
dipinse le Storie di Sileno; tra queste, nel
1507, realizzò una tavola dal soggetto allegorico
e mitologico intitolata La scoperta
del miele (Fig. 7).
Questo bizzarro quadro, dove centauri e
fauni, insieme a figure umane sono collocati
in un paesaggio immaginario, fu dipinto
per la decorazione della camera di
Giovanni Vespucci, nipote di Amerigo, il
grande navigatore; in esso sono raffigurati
Bacco e la sua corte intenti a generare
il rumore utile a far sciamare le api, per
poter raccogliere in tranquillità il miele.
Ciò testimonia come la raccolta e l’uso
del miele risalgano a molto prima dell’apicoltura,
a quando cioè l’uomo dava
la caccia ai nidi delle api selvatiche per
predarli del miele e, così, arricchire la sua
alimentazione.
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Venere e Amore |
LUCAS CRANACH IL VECCHIO
Lucas Cranach il Vecchio (Kronach,
1472 - Weimar, 1553) fu un protagonista
del Rinascimento tedesco con formazione
fiamminga e dipinse diverse versioni
dello stesso soggetto dal titolo Venere
ed Amore: quella del 1525 (National
Gallery, London), quella del 1530 (Statens
Museum for Kunst, Copenhagen)
quella del 1531 (Musées Royaux des
Beaux-Arts, Brussels), e quella, sempre
del 1531, conservata presso la Galleria
Borghese di Roma. Ci soffermeremo su
quest’ultimo dipinto (Fig. 8), il cui titolo
completo è Venere ed Amore con un favo.
Venere, coperta da un sottilissimo velo,
fissa l’osservatore e appare quasi avvolta
nel ritmo raffinato della linea.
Amore (Cupido), raffigurato dopo essere
stato punto da alcune api a cui ha rubato
un favo, si volge verso la madre.
Cranach
scelse di accompagnare la figura nuda
della dea con un distico moraleggiante
dell’umanista Chelidonio che ricorda
come la voluptas di poca durata sia accompagnata
dal dolore: è quanto accade
al piccolo Amore quando gusta il favo di
miele tra api pungenti.
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PARTE II
da Apitalia - Maggio 2009
Tra i tanti significati simbolici dell’ape e dell’alveare,
il Rinascimento europeo privilegia quelli profani:
piace soprattutto la figura di Cupido, il dio dell’amore,
inseguito dalle api dopo aver rubato un favo di miele,
oppure in lacrime accanto a Venere per essere stato punto,
o anche avvicinato da un orso, lui pure ghiotto di miele.
Non mancano tuttavia api ed alveari nella descrizione degli
ariosi paesaggi che fanno da sfondo a dipinti di carattere religioso |
ALBRECHT DÜRER
Fig. 9 - Albrecht Dürer, Cupido, ladro di miele (1514) (Kunsthistorisches Museum, Vienna)
Albrecht Dürer (Norimberga, 21 maggio
1471 - Norimberga, 6 aprile 1528),
pittore, incisore, matematico e xilografo
tedesco, figlio di un ungherese, è considerato
il massimo esponente della pittura
tedesca rinascimentale.
Nel 1514 dipinse un acquerello (Fig. 9)
dal titolo Venere con Cupido ladro di
miele, in cui è rappresentato Cupido che,
essendosi incautamente avvicinato ad alcuni
alveari, è aggredito dalle api; egli
tiene nella mano destra un favo rubato
mentre è inseguito dalle api provenienti
da un alveare rovesciato a terra, sotto lo
sguardo addolorato della madre Venere.
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PETER FLOTNER
Fig. 10 - Peter Flotner, L’Amore inseguito
dalle api (1540) (Musée du Louvre, Paris)
Peter Flotner, scultore e incisore tedesco
(1485-1546), è una figura importante
nello sviluppo del Rinascimento in Germania.
Titolo di questa placchetta in
bronzo, (Fig. 10) che testimonia del suo
stile fortemente influenzato dall’arte antica, è L’Amore inseguito dalle api e ritrae
Cupido che sta correndo tra le braccia
della madre.
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Fig. 11 - Genesio Liberale, incisione tratta da Discorsi…
sulli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo di P. A. Mattioli
(1544, Venezia) |
GENESIO LIBERALE
Nel 1544 il famoso medico e botanico
Pietro Andrea Mattioli (Siena 1501 -
Trento 1578), che fu medico di corte
degli imperatori Ferdinando e Massimiliano
II, pubblicò l’opera Discorsi… sulli
sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo
(Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis
de medica materia)1, importante
testo nel quale diede ordine a tutta la
botanica medica nota ai suoi tempi e descrisse
cento nuove specie di piante.
Affidò
il compito di illustrare i volumi al
pittore friulano Genesio Liberale, che
aveva conosciuto a Gorizia (Mattioli
visse a Gorizia, come medico condotto, dal 1542 al 1555) e che con lui avrebbe
compiuto numerosi viaggi in Austria e
in Boemia.
Anche se è ricordato nelle
Vite di Giorgio Vasari, che lo definisce “ottimo pittore”, il Liberale è poco conosciuto.
Ben duecento sono tuttavia
gli splendidi disegni di animali marini
conservati nella Oesterreichische National
Bibliothek di Vienna, e un migliaio
le incisioni nei libri del Mattioli.
Tra queste, due interessano il mondo
delle api: quella che compare nel frontespizio
(Fig. 11) (la prima edizione con
la traduzione in lingua italiana, anzi toscana,
fu pubblicata a Venezia dallo
stampatore Nicolò de Bascarini da Pavone),
e un’altra, all’interno del primo
libro (Fig. 12).
La prima incisione riporta un andirivieni
da un tronco di albero; le api, infatti,
quale sede per costruire il proprio
nido, preferiscono ad ogni altra cavità
naturale quelle che si rinvengono nei
tronchi d’albero. Istintivamente una colonia
sciamante si dirige di preferenza
verso una zona boschiva e prende possesso
dello spazio interno di un albero,
spazio comunicante con l’esterno attraverso
un foro o una piccola breccia.
In
esso le api si dedicheranno alla costruzione
dei favi e all’accumulo di miele e
di polline.
La seconda mostra in primo
piano un “bugno” (arnia non razionale “a favo fisso” detta anche “arnia villica”);
ciò dimostra come a quell’epoca ci si dedicasse
all’allevamento di api (Apis mellifera
L.).
Però, utizzando questo tipo di
arnie (costituite, spesso, da porzioni di
tronco), il recupero del miele si poteva effettuare solo ricorrendo all’apicidio2;
in secondo piano, dietro al bugno, si
nota un albero dai rami frondosi. |
Fig. 12 - Genesio Liberale, incisione tratta da Discorsi…
sulli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo di P. A. Mattioli (1544,
Venezia) |
ANDREA MANTEGNA
Fig. 13 - Andrea Mantegna, Pala di San Zeno (1457-1459) (Musée du Louvre, Paris -
Musée des Beaux Arts, Tours)
Andrea Mantegna, uno degli artisti più
celebri del primo Rinascimento, nacque a
Isola di Carturo (oggi Isola Mantegna,
prov. di Padova) agli inizi del 1431 e morì
a Mantova il 13 settembre del 1506.
Nel 1456 ricevette l’incarico della Pala
di San Zeno (Fig. 13), per il coro dell’omonima
chiesa a Verona.
L’opera, tra
i suoi massimi capolavori, fu nel 1797
trasferita in Francia come bottino napoleonico:
nel 1816 fu restituito soltanto il
trittico maggiore, mentre la predella 3 rimase
in Francia e, nell’originale ricollocato
nella chiesa di S. Zeno, venne
sostituita da copie ottocentesche.
La Pala fu commissionata da Gregorio
Correr, abate della chiesa e realizzata tra
il 1457 e il 1459.
La cornice reale viene
illusivamente continuata dal portico, delimitato
da colonne, in cui è ospitata la
Sacra Conversazione; il Mantegna fece
inoltre aprire una finestra che illuminasse
la pala da destra in modo da far
coincidere l’illuminazione naturale con
quella dipinta. Della predella fanno
parte le tre scene con Orazione nell’orto (a sinistra) e Resurrezione (a destra), oggi
a Tours, e Crocifissione (al centro), oggi
al Louvre.
Nell’Orazione nell’orto (Fig. 14) il paesaggio è pietrificato e desertico, quasi artificiale nella modellazione delle rocce;
Gesù, sulla destra, prega su una roccia
simile ad un altare. Dietro di lui si notano
due alveari rustici, simboli della
Resurrezione e dell’Eucarestia; sullo
sfondo la città di Gerusalemme.
A proposito
di questo famoso pittore è doveroso
aprire una parentesi per ricordare il
quadro "Noli me tangere" (4) (fig. 15), realizzato
tra il 1460 e il 1550 da un anonimo
suo imitatore. Il dipinto rappresenta
Cristo che appare a Maria Maddalena il
mattino dopo la resurrezione, quando la
invita a non toccarlo “poiché non sono
ancora asceso al Padre” (Giovanni 20:
14-18).
Questo dipinto, assieme ad altri
(Maria al sepolcro, La resurrezione) fa
parte di una serie di quadri realizzati secondo
lo stile adottato dal Mantegna
negli anni 1460-1470. Essi, infatti, ripropongono
molti dei suoi motivi: in
particolare, in questo lavoro l’albero, le
rocce e l’alveare sulla sinistra sono molto
simili a quelli che si rilevano nell’Orazione
nell’orto conservata a Tours.
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Fig. 14 - Andrea Mantegna, Pala di San Zeno, predella con Orazione
nell’orto (Musée des Beaux Arts, Tours)
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Fig. 15 - Autore anonimo (imitatore di Mantegna), Noli me
tangere (1460-1550) (National Gallery, Londra)
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POZZOSERRATO
Fig. 16 - Ludovico Toeput, (detto Pozzoserrato), appartamento dell’abate nell’Abbazia
di Praglia, ultimi anni del secolo XVI, Ne quid nimis
L’appartamento dell’abate, nell’Abbazia
di Praglia (5), fu decorato negli ultimi
anni del secolo XVI con un ciclo pittorico
raffigurante le virtù che deve possedere
il superiore di una comunità
monastica; tra le figure delle virtù sono
intercalati riquadri paesaggistici attribuiti
dalla critica al pittore fiammingo
Ludovico Toeput, meglio noto in Italia
con il nome di Pozzoserrato.
Nato verso il 1550 a Malines, in Belgio,
nel 1582 si trasferì in Italia e fissò la sua
dimora a Treviso ove morì nel 1610. Dei
riquadri paesaggistici delle pareti laterali dell’appartamento abbaziale, due raffigurano
le parabole del figliol prodigo e
del buon samaritano; altri due sono allegorici,
sempre riferiti alle virtù dell’abate:
in uno vi è l’allegoria della
chioccia, che difende i pulcini dallo
sparviero; nell’altro è raffigurato un
asino carico di sacchi sulla groppa, che
ha come motto: Ne quid nimis (Non esagerare).
In questo riquadro (Fig. 16), tra
campi, chiesa e case, compare un apiario,
costituito da sei alveari piuttosto
monumentali. Questa caratteristica costruttiva
ma anche la loro sistemazione
su un basamento
solido, per tenerli
in piano, rendono
bene l’idea di quanto
la coltura delle api
fosse tenuta in gran
considerazione in
quel tempo.
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Fig. 17 - Beham Hans Sebald (1500 - 1550), Amour assis sur
une pierre,(Musée du Louvre, Paris)
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BEHAM
HANS SEBALD
Il disegno riportato
nella Fig. 17, intitolato "Amour assis
sur une pierre" è
stato eseguito dal
famoso incisore tedesco
Beham Hans
Sebald (6) - (Norimberga
1500 - Francoforte
1550).
In esso viene rappresentato
un cherubino
che, come fanno i bambini, sta
giocando, seduto su una roccia, con “paletta
e secchiello”.
Molto presumibilmente
il “secchiello” contiene una
sostanza dolce: alcune api, infatti, dirigendosi
verso di esso, ne sembrano attratte
come pure un orsacchiotto,
notoriamente ghiotto di miele.
|
CONSIDERAZIONI
Gli esempi riportati indicano come l’ape
e l’attività apistica sono state spesso riprese
da artisti di primo piano. Piace
porre l’accento su un aspetto che emerge
da questo “viaggio apistico” nell’arte pittorica:
la cultura, cibo per la mente, si
contamina, dunque, con il miele, prodotto “mitico” e dolce che le api, insetti “sapienti”, elaborano. Il miele è anche
impulso per legare i sensi, per muovere
passioni: nell’Allegoria del trionfo di Venere
(di Agnolo Bronzino), infatti, la ragazza
ritratta nascosta dietro al putto
tiene in mano un favo di miele, simbolo
di dolcezza, seducente e ambiguo attributo
dell’amore.
RINGRAZIAMENTI
Sentitamente si ringraziano padre Eusebio
Dotti dell’Abbazia di Praglia, la
dottoressa Cristina Donazzolo della
Galleria dei Disegni e delle Stampe
(Civici Musei di Udine), il dottor Stefano
Fugazza della Galleria d’Arte Moderna “Ricci Oddi” (Piacenza), il
professor Franco Frilli dell’Università
di Udine per la collaborazione prestata.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
• BACCI M., 1976 - L’opera completa di Piero di Cosimo. Rizzoli, Milano: 103 pp
• BALDRIGA I., 1997 - I dipinti di soggetto rurale nell’opera di Pieter Bruegel il Vecchio. In DANESI SQUARZINA S., Tracce per lo studio della cultura figurativa fiamminga e olandese dal XV al XVII secolo. Apeiron Editori (Roma): 336 pp.
• CORONINI CRONBERG G., 1971 - Giorgio
Liberale e i suoi fratelli. In Studi di storia dell’arte in onore di Antonio Morassi, Venezia: 85-96.
• FRILLI F., 2002 - L’ape nella sacra scrittura. L’ape nostra amica, 24 (5): 16 pp.
• GONELLA B., 1997 - Umanesimo e Rinascimento. Edizioni San Paolo (MI): 112 pp.
• GROSSMANN F., 1956 Tutta la pittura di Bruegel, Sansoni (Firenze) -The Phaidon Press (Londra):
207 pp.
• Irblich E.e Trnek H., 1988i - Prag um 1600. Kunst und Kultur am Hofe Kaiser Rudolfs II, 2 Band, catalogo della mostra al Kunsthistorisches Museum di Vienna, Freren:
135-138.
• KOCK R.A., 1978 - Early German Masters: Barthel Beham, Hans Sebald Beham. In: STRAUSS W.L (a cura di) The Illustrated Bartsch, XV, BARZMAN, New York.
• LEEMAN
FWG., 1984 - A textual source for Cranach’s “Venus with Cupid the honey-tief”. The Burlington Magazine, 126 (974): 268 +274-275.
• LEVI D’ANCONA M., 2001 - Lo zoo del Rinascimento.
Il significato degli animali nella pittura italiana dal XIV al XVI secolo. Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca: 340 pp.
• MANDER K. VAN, 2000 - Le vite degli illustri pittori fiamminghi,
olandesi e tedeschi. Apeiron Editori (Roma): 392 pp.
• MARINI P., 2006 - La Pala di San Zeno, in Mantegna, Le Tre Venezie, 83: 42-49
• MENEGAZZI L., 1957 - Ludovico
Toeput (Il Pozzoserrato). Saggi e Memorie di Storia dell’arte
• I. ORIENTI S. e DE SOLIER R., 1989 - Hieronimus Bosch. ALFIERI & LACROIX, Milano: pp. 175
• PIPER D., 1991 - Dizionario
illustrato dell’arte e degli artisti. Gremese Editore, Roma.
• RÜDIGER W., 1977 - Ihr Name ist Apis. Kulturgeschichte der Biene. Ehrenwirth, München: 117 pp.
• SMITH G.,
1981 - Jealousy, Pleasure and Pain in Agnolo Bronzino’s “Allegory of Venus and Cupid”. Pantheon 39: 250-258.
NOTE
1 - Pedacio Dioscoride Anazarbeo, medico di lingua greca nato presso Tarso in Cilicia nel 1° secolo d.C., fu autore del più importante trattato di botanica medica
dell’antichità (Historia et materia medicinale).
2 - Tecnica finalizzata alla soppressione della colonia di api (ad es. mediante vapori di zolfo) per poi aprire l’arnia e prelevare il miele in essa contenuto.
3 - Dal dizionario De Mauro si prende la seguente definizione: per predella s’intende la tavola rettangolare, divisa in più riquadri con scene attinenti al soggetto
principale, che costituisce la base inferiore di un polittico o di una pala d’altare.
4 - Noli me tangere è una famosa locuzione latina che significa non mi toccare, attribuita a Gesù. Essa, però, ha sollevato qualche dubbio circa l’eventuale ragione
di questa presa di distanza e pertanto più d'uno fra gli esegeti (in filologia, l’esegesi - dal greco exéghìsis- è l’interpretazione critica di testi finalizzata alla
comprensione del significato) ha mostrato perplessità: le moderne traduzioni della Bibbia Nuova Riveduta e Bibbia CEI, infatti, portano non mi trattenere e
non più non mi toccare. La frase fu un tema ricorrente dell’iconografia dal tardo medioevo al rinascimento e ispirò diversi pittori sia in Italia, sia in area fiamminga,
sia in area tedesca.
5 - L’Abbazia di Praglia è un monastero benedettino situato nella campagna padovana, alle falde del Monte Lonzina nel comune di Teolo e in prossimità di Abano
Terme. La sua fondazione risale agli anni tra l’XI e il XII secolo; attualmente l’abbazia è anche un centro di eccellenza nel settore del restauro dei libri antichi.
6 - Le incisioni di quest’eclettico artista (è stato anche pittore e miniatore) sono molte, oltre 250, e coprono una vasta gamma d’argomenti. Beham Hans Sebald
è noto soprattutto per le scene di vita contadina e scene classiche (tra il mito e la storia).
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- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura" |
Clikkare qui sotto per altro articolo sugli Animali nella Bibbia, sotto la voce "Antico Testamento"
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