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COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, il presente articolo è stato realizzato
dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università
di Udine, che ha fornito anche le immagini.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati
da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
su quanto fornito dai collaboratori.
"N.B.: L'Autore prescrive
che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa
o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi
(sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà
avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando
esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
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LE API NELL'ARTE MEDIEVALE
di Renzo Barbattini (*) e Stefano Fugazza (**)
*Dipartimento di Biologia applicata alla Difesa delle Piante –
Università di Udine
(**) Galleria d'ARte "Ricci Oddi" - Piacenza
I PARTE
Nel Medioevo tutta la realtà veniva letta secondo una chiave
allegorica. Dunque agevolmente l’ape diventava una trasparente
immagine di virtù. Una sopra le altre: l’operosità.
E’ vero che gli animali sono una presenza costante nell’arte
e nell’illustrazione medievale, ma l’ape la fa da padrona
visto che è uno dei soggetti più rappresentati.
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L’uso allegorico degli animali è una
tendenza costante dell’arte e dell’illustrazione
medievale (1).
L’ape è uno dei soggetti più rappresentati:
dai Bestiari (McCulloch, 1962) si
giunge sino agli Exultet (Dini e Dal
Poggetto, 1972) prodotti tra il X e il
XIV secolo, quasi esclusivamente nell’Italia
meridionale; esempi “apistici”
si ritrovano anche in numerose miniature
dell’epoca.
BESTIARI
I Bestiari (il Physiologus (2) è il capostipite
dei Bestiari medievali) erano trattati
con testi - a volte anche in versi - sempre
corredati da illustrazioni che descrivevano
le caratteristiche d’animali
reali o fantastici; queste decrizioni venivano
usate come pretesto per impartire
insegnamenti morali (Zambon,
1975). Attribuendo agli animali un carattere
morale connesso alle loro abitudini (la
volpe cacciatrice, la lepre veloce, il
cane fedele, l’ape solerte, ecc.) si poteva
facilmente classificare il mondo
animale e, al tempo stesso, sceneggiare
esempi da imitare o da evitare.
Quindi i Bestiari, composti nelle lingue
romanze, possono essere considerati
una sorta di enciclopedie allegorico-didattiche
sul mondo degli animali assai
diffuse in Età medievale (XII-XIII secolo)
(Maggioni, 2000).
Del resto, durante il Medioevo non
solo gli animali ma ogni oggetto materiale
possiede la funzione di essere
anche segno di qualcos’altro, specchio
di insegnamenti universali o di insegnamenti
spirituali e morali. In questo
senso, l’universo è un enorme repertorio
di simboli e dunque si configura
come un libro sacro, scritto da Dio
nell’atto stesso della creazione. Come
scrive il teologo Ugo di San Vittore
nella prima metà del XII secolo, “l’intero
universo sensibile è come un libro
scritto dalla mano di Dio”.
EXULTET
Il termine Exultet corrisponde alla
prima parola del canto liturgico che,
dall’alto del pulpito, veniva intonato
dal diacono nel corso della celebrazione
della notte del Sabato Santo.
Tale canto, denominato Praechonium
paschale, aveva la funzione di annunciare
alla comunità dei fedeli il mistero
della Resurrezione e di celebrare il rito
dell’offerta del cero pasquale (Barbattini,
2004). Per esteso, lo stesso termine è passato ad indicare anche i
rotoli sui quali il testo dell’inno è stato
più volte trascritto e illustrato.
Dal punto di vista esteriore un Exultetè una pergamena avvolta attorno a un
asse di legno (detto omfalo o ombelico),
spesso finemente ornato; esso è costituito
da un testo musicato di contenuto dottrinale corredato da figure colorate che esplicitano il senso del testo e che, con il loro ricco simbolismo, lo ampliano (Maitilasso, 2000).
Negli Exultet sono spesso presenti raffigurazioni riguardanti le api e l’apicoltura, a illustrazione del passo scritturale dell’Elogio delle api. Si tratta di numerose immagini, di varia qualità e natura iconografica (Orofino, 1996); tra le molte ci piace richiamare le seguenti.
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Figura 1
Exultet, seconda metà del secolo XII, realizzato a Troia (FG) (Archivio Capitolare di Troia) |
Figura 2
Exultet, secolo XII, prodotto a Benevento (Biblioteca Casanatense
di Roma) |
L’illustrazione della fig. 1 è tratta da un
rotolo della seconda metà del XII secolo
conservato presso l’Archivio Capitolare
di Troia (FG). Ricca di vivaci
colori, questa miniatura rappresenta a
sinistra un verde albero, con infiorescenze
gialle e rosse, in un prato ripieno
di fiori policromi. Numerose api sono posate sui fiori, altre volano tra i rami dell’albero, altre ancora si dirigono in file ordinate verso sette arnie colorate disposte l’una sull’altra.
Tra i rotoli giunti fino a noi, l’Exultet della Biblioteca Casanatense di Roma, prodotto a Benevento nel XII secolo, costituisce uno degli esempi di straordinario impatto visuale per la grandiosità del ciclo iconografico, la finezza del disegno, l’elegante accostamento dei colori.
Nell’immagine riportata dalla fig. 2 (3), gli alveari (ricordiamo che le arnie sono solo le “case” delle api, i ricoveri vuoti offerti dall’uomo, mentre gli alveari sono le “case abitate dalle api”) sono disposti su tre piani a formare una costruzione che poggia su pali biforcati.
Accanto ad essa cresce una pianta stilizzata, attorno alla quale volano diverse api. |
Figura 3
Exultet, 1136, realizzato a Fondi (LT)
(Biblioteca Nazionale di
Francia, Parigi) |
Figura 4
Exultet, 981-987, prodotto a Benevento (Biblioteca Apostolica
Vaticana, Città del Vaticano) |
Da un Exultet del 1136, realizzato a Fondi (LT) e conservato presso la Biblioteca Nazionale di Francia (Parigi), è tratta l’immagine della fig. 3. Nella parte superiore si riconoscono quattro arnie lambite dalle chiome dei tre alberi che si ergono più in basso.
La povertà iconografica dell’insieme è compensata da una certa esuberanza decorativa. Lo spazio della scena è quasi interamente coperto dalle figurine degli insetti in volo, assimilati a piccoli uccelli.
La scena rappresentata nella fig. 4 è riportata in un rotolo, datato 981-987, prodotto a Benevento e conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Città del Vaticano).
Essa, pur illustrando l’Elogio delle api con sinteticità, lo fa con efficacia espressiva: sui fiori di due piante, cresciute su un terreno fiorito e collocate fra arnie stilizzate nelle quali si riconoscono i favi, si posano le api per raccogliere il nettare e il polline.
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Figura 5
Exultet, secolo XI
(Archivio dell’Abbazia di Montecassino, FR) |
Figura 6
Exultet, secolo XI (1087?)
realizzato a Montecassino (FR)
(BibliotecaApostolica Vaticana, Città del Vaticano) |
La fig. 5 riporta un’illustrazione provienenteda un Exultet del XI secolo, attualmente presente nell’Archivio dell’Abbazia di Montecassino. Essa traduce visivamente il parallelo istituito dal testo tra la nascita virginale di Cristo e la verginità delle api. Infatti, in base alla credenza popolare che le api si riproducessero per partenogenesi, ad esse è stato attribuito anche il significato di castità. La scena è dominata dalla Natività, fulcro di una composizione che raggruppa più episodi, mentre nella parte superiore della stessa, a destra e a sinistra, sono rappresentati due alveari sostenuti da colonne e da cui escono gli insetti.
Nell’immagine, quindi, le api sono ridotte ad un ruolo secondario; quelle di destra, però, sono affiancate da un angelo.
Questa compresenza di angelo e api non è casuale. Virtù quali l’operosità, la purezza e la castità che caratterizzano le api, sono attribuite anche agli angeli (Camerini, 1998).
La scena di fig. 6 segnala l’inizio dell’Elogio delle api dell’Exultet Barberini realizzato nell’XI secolo (1087?)
presso l’Abbazia di Montecassino e conservato, anche questo, nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Città del Vaticano).
Essa appare divisa in due zone ben distinte: a sinistra, due apicoltori tagliano i favi, li mettono in un catino pronto per raccogliere il miele; a destra, altri due apicoltori, aiutandosi con il fumo proveniente da un turibolo, sono impegnati nella raccolta di uno sciame appeso al ramo di un albero.
Occorre rimarcare che qui sono bene illustrate alcune precauazioni da prendere quando ci si avvicina alle api; infatti, mentre i primi apicoltori operano a gambe nude, i secondi hanno calzari ai piedi e fasce alle gambe (Camerini, 1995).
Figura 7
Exultet, secolo XI, realizzato a Bari
(Archivio del Capitolo Metropolitano di Bari)
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La fig. 7 (da un Exultet dell’inizio del secondo venticinquennio del XI secolo, fatto a Bari e conservato presso l’Archivio del Capitolo Metropolitano della stessa città) riporta un’immagine che precede il passo della benedictio cerei nel quale si tesse l’elogio delle api, produttrici della cera di cui è fatto il cero pasquale.
Al centro della vivace e realistica scena vi è la figura di un uomo, forse barbuto, che avanza ricurvo sotto il peso di un’arnia piena di api; nella mano destra egli tiene un legno con il quale ha, probabilmente, appena scosso i rami dell’albero alle sue spalle per recuperare uno sciame di api. Sulla destra si vede un altro apicoltore che, a sua volta, sta scrollando la chioma della medesima pianta provocando la caduta dello sciame in un’arnia che egli regge. Sulla sinistra, sotto a un albero al quale è appeso un altro grappolo di api, c’è un terzo personaggio che con un coltello intaglia un tronco (del tutto simile a quello presente a terra) per ricavarne un’arnia; altre api svolazzano tra un albero e l’altro.
Immagini gentilmente fornite da
Viella libreria editrice (Roma) |
NOTE
(1) Il Medioevo è il periodo storico intermedio tra l’età antica e quella moderna, convenzionalmente compreso tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente
(anno 476 d.C.) e la scoperta dell’America (anno 1492).
(2) Il Fisiologo è un testo scritto tra il II e il III sec. d.C. allo scopo di aiutare i cristiani d’Egitto a interpretare la natura secondo i principi della religione. Questo volume enciclopedico fu ripreso nell’Alto Medioevo (476 d.C.-1000 d.C.) per via della visione fortemente religiosa della vita che si era diffusa in tutta l’Europa centro-meridionale
(3) Le arnie rappresentate in entrambe le immagini soprariportate (figg. 1 e 2) sono di tipo orizzontale. Curiosamente questo modello è del tutto simile almodello di arnia denominato “Kranjič” diffuso nell’800 in Slovenia (100 anni fa venne sostituita dalla arnia moderna Žnideršič) (Šivic, 2003; Barbattini et al., 2008).
BARBATTINI R., FUGAZZA S., 2008 - L'ape nell'Arte Medievale (I Parte). Apitalia, 7-8-2008 -38-41.
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API NELL'ARTE MEDIEVALE II
di Renzo Barbattini* e Stefano Fugazza**
*Dipartimento di Biologia applicata alla Difesa delle Piante – Università di Udine
** Galleria d’Arte Moderna “Ricci Oddi” – Piacenza
MINIATURE
L’ape compare innumerevoli volte in quelle anticipazioni
delle moderne illustrazioni librarie che sono le miniature,
occasione sia di descrizioni più puntuali e documentarie
sia di liberi sviluppi favolistici, in cui l’ape - al solito -
diventa simbolo trasparente di virtù.
Veniamo a sapere, attraverso una carrellata di immagini e scene,
come nel Medioevo l’apicoltura fosse un’attività molto seguita
e un’importante forma di sostentamento.
Nel Medioevo ci fu una prodigiosa fioritura della miniatura, cioè dell’illustrazione dei codici manoscritti: il termine deriva da minio, il colore rosso con cui in un testo si sottolineavano certe parole, ad esempio quelle iniziali, o i titoli dei vari paragrafi o capitoli.
Ne uscivano libri di grande pregio e di alto costo, in cui alla parte scritta (talora ornata con elementi figurativi) si aggiungevano pagine miniate con immagini anche complesse, di estrema raffinatezza. Si tratta di testimonianze importanti, anche perché a volte, per certi periodi del Medioevo in cui scarseggiano gli affreschi e i mosaici, proprio la miniatura diventa il documento più significativo della pittura del tempo.
E’ per questo che la pratica della miniatura è oggi particolarmente studiata, e analizzata non tanto in sé ma soprattutto nel rapporto strettissimo che essa instaura con la parte scritta, mentre un tempo veniva considerata come un esempio di arte minore, come una forma di artigianato più preziosa di altre.
La lavorazione del libro avveniva per lo più nello scriptorium, un ambiente annesso al monastero in cui ciascun conventuale aveva la sua specializzazione: c’erano gli amanuensi che pazientemente trascrivevano i codici, i decoratori di iniziali e i calligrafi, i pittori cui spettava di dipingere le splendide miniature, gli artigiani impegnati nell’operazione di rilegatura dei codici stessi (le rilegature erano spesso, infatti, sontuose opere di oreficeria, impreziosite da pietre preziose ).
Lo scriptorium serviva innanzitutto per le esigenze del monastero cui era annesso e dunque confezionava testi liturgici e di carattere religioso, ma lavorava anche su commissione delle chiese urbane, delle corti vescovili e dei potentati laici: grazie a questa immane opera di trascrizione, come si sa, venne salvata la parte della letteratura classica che è giunta fino a noi. Di seguito si riportano alcune tra le numerosissime miniature conservate nelle più importanti biblioteche.
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Fig. 1 -
Miniatura da un manoscritto francese
del 1400
(Biblioteca Estense, Modena). |
Fig. 2
Miniatura dall’opera Theatrum Sanitatis
di Ububchasym de Baldach. Codice 4182
della Biblioteca Casanatense di Roma (II
metà del XIV secolo). Ristampa anastatica a
cura di Franco Maria Ricci editore in Parma
(1970), (Bibliotheca Antiqua di Aboca Museum,
Sansepolcro, Arezzo). |
L’illustrazione della fig. 1 proviene da un manoscritto francese del 1400 relativo al Tractatus de herbis di Dioscoride(4) , oggi conservato presso la Biblioteca Estense di Modena. (MARCHENAY, 1986; CRANE, 1999). Essa mostra una donna che sta prelevando miele da due alveari; mentre compie quest’operazione si protegge – con scarso successo, diciamo noi! – il volto con una mano. Ai suoi piedi sta un piccolo orso, noto nemico delle api perché goloso del loro miele (FREDIANI, 1991; CONTESSI, 2004).
La miniatura riportata dalla fig. 2 è tratta dall’opera Theatrum Sanitatis di Ububchasym de Baldach (5) (Codice 4182 della Biblioteca Casanatense di Roma) (PAZZINI et al., 1970; RÜDIGER, 1977). Tutte le miniature presenti in essa sono attribuite alla scuola pittorica lombarda, in particolare a Giovannino de’ Grassi, Franco e Filippo de’ Veris e Anovelo da Imbonate.
L’epoca di esecuzione, quindi, si può far risalire alla II metà del XIV secolo. In particolare, la miniatura evidenzia tre alveari di paglia, sostenuti da un ripiano di legno, attorno ai quali volano numerose api bottinatrici”; accanto alle porticine, si notano alcune api “guardiane”. |
Fig. 3
Miniatura del XV secolo (Biblioteca Municipale
di Digone, Francia).
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Fig. 4
Miniatura tratta dal manoscritto Luttrell
Psalter (1325-1335) (British Museum, Londra).
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La fig. 3 riporta una miniatura che è a corredo iconografico di una versione del XV secolo delle Georgiche (6) di Virgilio; in essa si vede il poeta stesso che annota le caratteristiche morfologiche e comprtamentali di api fuoriuscenti da due alveari rustici.
Il IV Libro, infatti, riporta una buona descrizione dell’apicoltura: addirittura Virgilio spiega qual è la stagione migliore per prelevare il miele e come curare le malattie “apistiche”.
L’Autore mostra le api come metafora sociale: esse hanno un’organizzazione comunitaria, segnata dalla fedeltà alla casa e alle leggi, dalla condivisione delle risorse e dalla dedizione al lavoro, in una tipica visione stoica della società. Le api sono disposte anche al sacrificio personale per il bene comune (BARBATTINI e FRILLI, 2004) e mantengono l’assoluta dedizione al capo: tutti elementi del più puro idealismo augusteo. Tutta l’opera è un’esaltazione di un ideale mondo campestre, ma più che impartire precetti tecnici, essa vuole richiamare il lettore a godere della serenità della natura, considerata rifugio ideale dello spirito, in un momento di crisi gravissima per il mondo romano.
La miniatura rappresentata dalla fig. 4 è tratta dal famoso manoscritto Luttrell Psalter (oggi conservato al British Museum di Londra) scritto e illustrato da scrivani e da artisti anonimi nel decennio 1325-1335. Essa mostra l’antica arnia in paglia (veniva costruita anche con il vimini) molto diffusa nei secoli scorsi, ma ancora presente in alcune realtà apistiche (CASELLA, 1991; GAUDES et al., 2002).
Fig. 5
Miniatura tratta dalla versione in francese, effettuata all’inizio del
XIV secolo dell’opera De simplici medicina (Le Livre des simples médecines)
di Matthäus Platearius (Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi).
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Della scena rappresentata nella fig. 5, “balzano agli occhi” gli animali in primo piano: un elefante e un cervo; essi appartengono ad ambienti molto lontani, non solo tra loro, ma anche da quello in cui vive il contadino ritratto al centro. In secondo piano si nota un’arnia in paglia, su un ripiano sostenuto da piedi, da cui escono alcune api dotate di un paio di ali (notoriamente le api, come tutti gli imenotteri, hanno due paia di ali!). L’immagine è tratta dalla versione in francese, effettuata all’inizio del XIV secolo dell’opera De simplici medicina (Le livre des simples médecines) (7) di Matthäus Platearius (Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi).
Un manoscritto inglese del 1326 sull’arte militare (Walter de Milemete, De Nobilitatibus, Sapientiis et Prudentiis Regum. Oxford, Christ Church, n. 92, ff. 74, 75) si sofferma sull’utilizzo delle api come arma di guerra (CRANE, 1999).
Fig. 6
Miniatura tratta da un manoscritto inglese del 1326 (Chiesa di
Cristo, Oxford.
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La fig. 6 riporta due disegni; in quello di sinistra si nota una macchina (simile a un mulino a vento) con la quale si potevano lanciare alveari dentro a fortezze assediate. Nel disegno di destra viene rappresentato un alveare, lanciato dalla macchina citata e caduto entro alle cinta murarie, e alcuni soldati intenti a difendersi dalle api (JAMES, 1913).
Il manoscritto, capolavoro della cultura francese del Medioevo, Les Très Riches Heures du Duc de Berry (8) del XV secolo, conteneva numerose miniature, una per ogni mese dell’anno. Ogni illustrazione è composta da un timpano, a forma di semicerchio, che contiene i due segni zodicali del mese, e da una scena “agreste” che spesso ha sul fondo uno dei castelli di proprietà del Duca (CAMERINI, 1998).
Quella rappresentata (fig. 7), del 1416, fa riferimento al mese di febbraio e riporta una scena invernale; oltre all’ovile e alla piccionaia, si notano quattro alveari di paglia, sorretti da un ripiano, coperti dalla neve. |
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Da questa carrellata di immagini e scene emerge come nel Medioevo l’apicoltura fosse un’attività molto seguita. Infatti essa era un’importante forma di sostentamento; il miele ottenuto veniva utilizzato soprattutto come dolcificante ma anche per ottenere una bevanda alcolica di largo uso: l’idromele.
E’ doveroso sottolineare come la presenza dell’ape e di altri animali nei Bestiari medievali si colleghi alle favole letterarie moderne come quelle di Charles Perrault (1628-1703), di Jean de La Fontaine (1621-1698), di Hans Christian Andersen (1895-1875) e di Walt Disney (1901-1966). Quest’ultime sono dunque solo esempi più recenti di una tradizione molto antica che ha saputo “animare” il mondo della natura, vedendo in essa un repertorio di modelli per la vita sociale degli uomini.
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L’Elogio delle api
Laus Apium in latino: “Apis ceteris, quae subiecta sunt homini animantibus antecellit. Cum sit minima corporis parvitate, ingentes animos angusto versat in pectore, viribus imbecilla sed fortis ingenio. Haec explorata temporum vice, cum canitiem pruinosa hiberna posuerint, et glaciale senium verni temporis moderata deterserint, statim prodeundi ad laborem cura succedit; dispersaque per agros, libratis paululum pinnibus, cruribus suspensis insidunt, prati ore legere flosculos; oneratis victualibus suis, ad castra remeant, ibique aliae inaestimabili arte cellulas tenaci glutino instruunt, aliae liquantia mella stipant, aliae vertunt flores in ceram, aliae ore natos fingunt, aliae collectis et foliis nectar includunt. O vere beata et mirabilis apis, cuius nec sexum masculi violant, foetus non quessant, nec filii destruunt castitatem; sicut sancta concepit virgo Maria, virgo peperit et virgo permansit.”
Anche se talune affermazioni sono state sconfessate dalla ricerca scientifica, si riporta la traduzione letterale del brano: “L’ape è superiore a tutti gli altri esseri viventi che sono soggetti all’uomo.
Pur molto piccola di corpo, rivolge tuttavia nell’angusto petto alti propositi; debole di forze ma forte d’ingegno.
Essa, dopo aver esplorato l’alternare delle stagioni, allorché il gelido inverno smise l’imbiancamento e poi il clima moderato della primavera spazzò via il torpore glaciale, subito sente la preoccupazione di uscire al lavoro; e le api sparse per i campi, librando leggermente le ali, si posano appena con le agili zampe per cogliere con la bocca i piccoli fiori del prato, cariche del loro cibo rientrano negli alveari e qui alcune con arte inestimabile costruiscono cellette con tenace cera, altre immagazzinano il fluido miele, altre tramutano in cera i fiori, altre danno forma ai loro piccoli lambendoli con la bocca, altre incamerano il nettare delle foglie raccolte.
O ape veramente beata e mirabile, di cui i maschi non violano il sesso, né lo turbano i feti, né i figli distruggono la castità; così come, nella sua santità, Maria concepì vergine, partorì vergine e vergine rimase.“ |
Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare:
- la dott. ssa Maria Giulia Costagli del Centro Studi Aboca Museum (Sansepolcro di Arezzo)
-
la dott.ssa Livia Persano Oddo dell’ISZA Sez. op. di Apicoltura (oggi CRA-ISZA, Roma)
-
la prof.ssa Giulia Orfino dell’Università di Cassino
-
le dott.sse Anna Gloria Sabatini e Alessanda Ferro del CRA-INA (Bologna)
- il Sig. Fausto Ridolfi (S. Pietro in Campiano, Ravenna)
-
la casa editrice Viella (Roma)
nonché i proff. Caterina Furlan, Italo Pin, Pietro Zandigiacomo e Franco Frilli dell’Università di Udine per la collaborazione prestata.
NOTE
(4) Pedanius Dioscoride (nato nel 40 d.C. a Anazarbe in Turchia e morto nel 90 d.C.) era un medico greco la cui opera, scritta in lingua greca, De materia medica, è stata basilare nell’antichità per la conoscenza delle piante medicinali esercitando profonda influenza nella storia della medicina. Essa rimase in uso, con
traduzioni e commenti, almeno fino al XVII secolo.
(5) Si hanno poche notizie di Ububchasym de Baldach, studioso arabo che ha scritto il trattato Theatrum Sanitatis dal 1052 al 1063. Una copia anastatica di
questo prezioso trattato è conservata presso la Bibliotheca Aboca (Sansepolcro, Arezzo).
(6) Poema agreste in esametri scritto da Virgilio, su invito di Mecenate, negli anni dal 37 al 29 a.C. L’opera si compone di quattro libri: il primo tratta della
coltivazione dei campi, il secondo degli alberi, specialmente della vite e dell’olivo, il terzo dell’allevamento del bestiame, il quarto è dedicato all’apicoltura.
(7) Membro di una famiglia di medici, Platearius era professore di botanica presso l’Università di Salerno nel XII secolo. Il suo trattato è un vero e proprio dizionario delle piante, dei minerali e delle sostanze d’origine animale che costituivano la farmacopea del Medioevo.
(8) Quest’opera rappresenta il “libro delle ore” in uso durante il Medioevo; si trattava di una collezione di testi da leggere e recitare nei momenti liturgici dellagiornata. Essa comprendeva oltre che alle preghiere e ai salmi anche calendari.
BIBLIOGRAFIA
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punge: come e perché. Notiziario ERSA, 17 (1): 42-45.
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Medio Evo. Apitalia, 27 (6): 31-33.
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• ZAMBON F., 1975 - Il Fisiologo. Adelphi, Milano: 111 pp.
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