Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

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LA FINE DEL POTERE TEMPORALE DEI PAPI - LA BRECCIA DI PORTA PIA

 

Donazione Costantiniana

 

L’episodio che sto per narrare ebbe come conseguenza non solo la fine del potere temporale dei Papi, ma anche decenni di contrasti e violente contrapposizioni che minacciarono seriamente le fondamenta del nuovo Regno appena costituito e che terminarono solamente nel 1929 con i Patti Lateranensi.

Per "potere temporale“ si intende quel periodo storico in cui il Papa, oltre che esercitare autorità in campo spirituale, esercitava anche il potere nel campo civile quale sovrano assoluto dello Stato della Chiesa.
Questa mescolanza di ruoli, portò talvolta a situazioni paradossali, in cui il Papa nella sua qualità di sovrano conduceva guerre contro altri Stati, servendosi anche di armi spirituali quali la scomunica e l’interdetto. Storicamente l’inizio del potere temporale si fa risalire alla famosa “Donazione di Costantino“ (che qualche secolo più tardi si appurò essere un falso), con la quale l’imperatore Costantino faceva dono al Papa della città di Roma e di alcuni possedimenti.
Detto questo, cerchiamo ora di comprendere perché un tale evento, solo pochi anni prima ritenuto impossibile, sia potuto avvenire e come ciò sia avvenuto.

Alcuni avvenimenti storici ci hanno insegnato che spesso grandi cambiamenti politici e sociali scaturiscono dalla comparsa - anche qualche anno prima - di eventi inaspettati, che evidenziano problematiche interne non completamente risolte, che poi rendono possibili mutamenti a volte epocali.
Nel nostro caso l’evento imponderabile, la scintilla che rese possibile la fine del potere temporale dei Papi fu il conflitto franco–prussiano. Ma andiamo con ordine ed analizziamo gli avvenimenti.


Pellegrino Rossi

Il contrasto fra Pio IX ed il Regno Sabaudo ebbe origine anni prima, quando il Papa, che durante la prima guerra d’indipendenza aveva inviato truppe a combattere a fianco dei Piemontesi, avvertendo il pericolo che correva l’unità della Chiesa se avesse continuato la guerra contro il cattolico Impero Asburgico, decise di tirarsi fuori dall’alleanza e ritirare le proprie truppe.

Questa decisione, ritenuta un tradimento dal Governo Piemontese e da quasi tutto il popolo, scatenò un’ondata di anticlericalismo e di odio verso il Papa che doveva aumentare di intensità con il passare degli anni.

Ma anche nello stato pontificio l’ostilità contro il Papa ed il governo clericale andò aumentando gradualmente, fino a raggiungere picchi di violenza molto alti.

A Roma nel novembre 1848, un gruppo di cospiratori assassinò il primo ministro pontificio Pellegrino Rossi e questo gravissimo atto terroristico indusse il Papa ad abbandonare la città ed a rifugiarsi a Gaeta, sotto la protezione del re Ferdinando di Borbone.


 

Nella capitale rimasta senza governo, presero il sopravvento gruppi “democratici“ i quali nel gennaio 1849 indirono in tutti i territori dello Stato Pontificio elezioni per istituire un Assemblea Costituente.
Eletta tale Assemblea, il 9 febbraio 1849, il primo atto di governo fu la proclamazione della decadenza dello Stato Pontificio e quindi del potere temporale dei Papi, creando nel contempo la “Repubblica Romana“, al cui vertice fu posto un triumvirato composto da Mazzini, Armellini e Saffi.

 

Mazzini

Il Triumvirato

Aurelio Saffi

 

Intanto Pio IX, dal suo esilio di Gaet, si era rivolto alle potenze cattoliche per ottenere un aiuto che gli permettesse di riconquistare i suoi territori. Al suo accorato appello avevano risposto l’Austria, la Spagna, il Regno di Napoli e la Repubblica Francese che ormai era dominata da forze clerico-conservatrici.


Colui che più di ogni altro si adoperò nell’aiutare il Papa fu il presidente Luigi Bonaparte che, per ingraziarsi l’elettorato cattolico, decise di inviare un corpo di spedizione di 10.000 soldati al comando del generale Oudinot, che sbarcò il 24 aprile nel porto di Civitavecchia, marciando velocemente verso Roma.


Dopo un primo sfortunato attacco in cui furono respinti, i francesi riprovarono il 3 giugno attaccando con forze preponderanti e con numerosa artiglieria, riuscendo a sconfiggere i pur valorosi difensori e occupando Roma il 4 luglio 1849.

 

Le truppe francesi però con una certa difficoltà riuscirono a far cessare le ultime sacche di resistenza che ancora di nascosto si opponevano all’occupante, per cui solo il 12 aprile 1850 il Papa potè ritornare da vincitore a Roma.

 

Luigi Bonaparte

Papa Pio IX

 

Nicolas Charles Oudinot

 

Nel dicembre 1851 il Bonaparte effettuò un colpo di Stato che lo portò ad esercitare un potere dittatoriale, potere che fu avallato un anno dopo da un plebiscito popolare che, oltre ad una nuova costituzione, approvò la restaurazione dell’impero: Luigi Napoleone Bonaparte assumeva il nome di NAPOLEONE III.

Intanto il conte di Cavour lavorava alacremente per far si che l’Italia si unificasse sotto la sovranità dei Savoia ed a tal fine non perdeva occasione per creare delle provocazioni nei confronti dell’Austria (quali ad esempio diverse manovre militari ai confini), nella speranza che essa, allarmata, si decidesse a dichiarare guerra che, come da trattato, avrebbe provocato il coinvolgimento della Francia a fianco del Piemonte.

 

L’Austria cadde nel tranello trasmettendo il 23 aprile 1859 un ultimatum al Piemonte, prontamente respinto, che ebbe come conseguenza una dichiarazione di guerra (II guerra d’indipendenza).

 

La Francia intervenne nel conflitto a fianco del Piemonte e le truppe franco-Piemontesi inflissero agli austriaci una serie di sconfitt, tra cui le più sanguinose furono quelle di Solferino e San Martino (24 giugno 1859).

Ma proprio nel momento militarmente più favorevole, Napoleone III decise unilateralmente di far cessare la guerra e propose un’armistizio agli austriaci che accettato, fu firmato l’11 luglio 1859 a Villafranca. Con l’accordo, la Lombardia veniva ceduta alla Francia che l’avrebbe “girata“ al Piemonte.

 

Nonostante ciò, grande fu lo sdegno nel Regno sabaudo, tanto che questo armistizio segnò la fine dell’alleanza con la Francia ed anche una nuova libertà di azione da parte del governo piemontese.
Qualche mese più tardi, tra il 5 e il 6 maggio 1860, iniziò l’avventura dei ”Mille“ con a capo GIUSEPPE GARIBALDI che, dopo una serie di vittorie militari e con l’appoggio delle popolazioni autoctone, riuscì a conquistare tutta l’Italia meridionale e cacciare i Borboni.

 

Napoleone III

Giuseppe Garibaldi

Armistizio di Villafranca

 

Nel frattempo Cavour, preoccupato che Garibaldi sull’onda della vittoria potesse proclamarsi dittatore dell’ex regno borbonico, fece intervenire le truppe piemontesi che, scendendo verso il sud d’Italia, si incontrarono con le truppe garibaldine.
Il 25 ottobre 1860 a Teano, Garibaldi proclamò Vittorio Emanuele II Re d’Italia e si sottomise al suo potere, cedendo al governo sabaudo ogni responsabilità nel governo delle province liberate, le popolazioni delle quali sottoposte a Plebisciti accettarono in blocco l’annessione allo Stato sabaudo con la sua forma di governo, i suoi ordinamenti e le sue leggi.

Il 17 marzo 1861, il primo Parlamento nazionale riunito a Torino, proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia, ma di questo nuovo regno ancora non facevano parte né Venezia né Roma ed il problema delle terre irredente costituiva una fonte di tensione costante per la politica interna italiana.
Nel giugno del 1866 l'Italia si trovò di nuovo in guerra contro l’Austria avendo come alleata la Prussia (III guerra d’indipendenza) e questa alleanza era dovuta al fatto che ambedue gli alleati avevano interesse a sconfiggere l’Austria, che rappresentava un ostacolo alla loro completa unificazione nazionale.
L’Austria fu sconfitta grazie alle vittorie prussiane, mentre l’Italia subì solo sconfitte ad opera degli austriaci, sia per terra - come ad esempio a Custoza, il 24 giugno 1866 - e soprattutto nella battaglia navale di Lissa il 20 luglio 1866.

La cessazione delle ostilità venne sancita dall’armistizio di Cormons il 12 agosto 1866, seguito il 3 ottobre 1866 dal trattato di Vienna. Grazie a questo trattato di pace, l’Italia riuscì ad annettersi il Veneto, lasciando in mani austriache solo il Trentino ed il Friuli-Venezia Giulia.

Come per il passato l’annessione venne sancita da un plebiscito (21 ottobre 1866) con cui il Veneto venne definitivamente incorporato al Regno d’Italia. Mancava ora solo Roma, la preda più ambita, ma di non facile cattura! Il governo italiano era sempre in attesa dell’occasione propizia per sferrare l’attacco finale e questa occasione gli si presentò con il deteriorarsi dei rapporti franco –prussiani.


La Battaglia di Lissa
C. Frederik Sorenson



La Battaglia di Custoza
Giovanni Fattori


LA PRESA DI ROMA

 

 

La conclusione disonorevole della III guerra d’indipendenza creò notevole scontento tra le forze politiche, soprattutto tra i mazziniani, che non perdevano occasione per lanciare potenti bordate contro il governo Ricasoli che alla fine fu costretto a dimettersi, sostituito dal Rattazzi.
Fu in questo clima politico, avvelenato da innumerevoli polemiche e dalla crescente impopolarità del governo, che maturò l’impresa di Garibaldi che tentò di nuovo la conquista di Roma.

Al comando di circa 10.000 volontari marciò verso Roma con l’obiettivo di occuparla e renderla capitale d’Italia. Ma questa sua intenzione fu ostacolata da un nuovo intervento dell’esercito francese che riuscì a sconfiggerlo il 3 novembre 1867 a Mentana, costringendolo a fuggire in territorio italiano dove fu arrestato dalle truppe regie e rinviato a Caprera.

L’ondata di indignazione contro il governo e la Francia fu fortissimo, tanto che il governo cadde e fu sostituito il 14 dicembre 1869 da quello presieduto da GIOVANNI LANZA. E fu proprio il governo Lanza che godendo di una situazione internazionale particolarmente favorevole ne approfittò, risolvendo in modo definitivo la questione romana.

Il 19 luglio 1870 la Francia, cadendo in un tranello abilmente preparato da BISMARCK, dichiarò guerra alla Prussia in un clima di grande entusiasmo ma, bisogna dirlo, con scarsa preparazione militare.
Il 1° settembre 1870 l’esercito francese fu sonoramente sconfitto a Sedan presso il confine col Belgio e lo stesso imperatore fu fatto prigioniero.
Il 28 gennaio 1871, dopo una serie di altre sconfitte, il governo francese fu costretto a firmare a Parigi un’armistizio. Umiliazione nell’umiliazione, qualche giorno prima il 18 gennaio 1871 nella reggia di Versailles, luogo simbolo della potenza dei re di Francia, GUGLIELMO I re di Prussia era stato incoronato imperatore tedesco. Era nata la nazione Germanica !

Dopo la sconfitta militare di Sedan, non sentendosi più vincolato ai precedenti patti sottoscritti con l’imperatore, il governo italiano approfittando delle notevoli difficoltà francesi, decise all’unanimità di procedere all’occupazione di Roma.

 

Generale Cadorna

 



Roma Capitale

Prima di iniziare l’attacco militare, il conte Gustavo Ponza di S. Martino fu inviato nella Capitale con l’incarico di tentare di concordare una soluzione pacifica con Pio IX ed evitare un’inutile spargimento di sangue, offrendo tutte le garanzie necessarie all’indipendenza spirituale della Santa Sede. Ma Pio IX rifiutò ogni accordo, deciso a mostrare al mondo intero di essere stato costretto a cedere alla forza delle armi.

Il 20 settembre 1870 le truppe italiane, dopo aver aperto con l’artiglieria una breccia nelle mura che in quel tempo cingevano la città e dopo aver sostenuto un breve combattimento con le truppe pontificie, entrarono in Roma presso Porta Pia, accolte calorosamente dalla popolazione.
Il Papa, al fine di evitare stragi inutili, ordinò al generale papalino Kanzler di arrendersi al generale Raffaele Cadorna, comandante delle truppe italiane.
Sulle ragioni per cui Pio IX non volle una estrema resistenza alle truppe italiane sono state fatte varie ipotesi; ma la tesi più accreditata è che essendo ben consapevole dell’enorme inferiorità delle sue forze rispetto a quelle italiane tendesse a figurare agli occhi del mondo come aggredito ed ottenere aiuti dagli altri stati cattolici.
Egli condannò aspramente quell’ atto di prepotenza e si ritirò in Vaticano rifiutando di riconoscere il nuovo Stato e dichiarandosi “prigioniero politico“. Un mese più tardi emanò l’enciclica “Respicientes“ con cui dichiarò ingiusta e invalida l’occupazione italiana e scomunicò il re d’Italia e tutti quelli che avevano contribuito in qualunque modo alla conquista di Roma.

Come per le altre volte, il 2 ottobre 1870, si tenne un plebiscito popolare che sancì in modo definitivo l’annessione di Roma all’Italia. Successivamente il senato italiano votò il 27 gennaio 1871 il trasferimento della capitale da Firenze a Roma con 94 voti favorevoli e 39 contrari.

Il potere temporale dei papi era definitivamente cessato.

Giovanni Lanza

Otto Von Bismarck

Guglielmo I di Prussia

 

Subito dopo la conquista e l’insediamento del Governo italiano a Roma, il ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti del governo Lanza, Matteo Raeli, ricevette l’incarico di redigere una legge per disciplinare i rapporti tra il Regno d’Italia e il Vaticano e che passò alla storia col nome di Legge delle Guarentigie.
La legge era formata da venti articoli e si divideva in due parti: la prima riguardava i diritti del Pontefice, disponendo che avesse prerogative sovrane per cui la sua persona era sacra ed inviolabile; la seconda regolava i rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica, stabilendo per quest’ultima oltre ad una rendita annua di 750.000 lire, anche l’extraterritorialità del Vaticano con l’usufrutto del Laterano e di Castel Gandolfo.

Questa legge fu sdegnosamente respinta dal Papa che la definì “mostruoso prodotto della giurisprudenza rivoluzionaria“, giungendo addirittura a sollecitare un intervento all’allora cancelliere tedesco Otto von Bismarck. A questa intransigenza del Papa, lo Stato rispose con altrettanta intransigenza, ispirata sia dalla sinistra anticlericale che da una Massoneria ferocemente anticlericale ed anticristiana, sopprimendo tutte le facoltà di teologia dalle università italiane e sottoponendo a controllo statale tutti i seminari.

I rapporti tra la Chiesa e lo Stato liberale andarono peggiorando quando il 10 settembre 1874 la Curia romana emanò un decreto, il famoso “non expedit“, con cui si vietava ai cattolici la partecipazione alla vita politica e quindi alle elezioni e che fu interpretata dal mondo laico come un atto di rancore e di odio verso il neo-stato italiano.
Questo scontro a volte feroce fra Stato e Chiesa Cattolica continuò fino all’11 febbraio 1929, quando Mussolini ed il Cardinal Gasparri apposero le loro firme ai Patti Lateranensi, facendo terminare definitivamente un contrasto che andava avanti ormai da troppo tempo.


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