|
COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori. Nello specifico, i
testi sono stati realizzati da Massimo Melli,
mentre le immagini e la grafica sono state curate da Cartantica.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati
da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
su quanto fornito dai collaboratori.
"N.B.: L'Autore prescrive
che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa
o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi
(sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà
avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando
esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
******
LA FINE DEL POTERE TEMPORALE DEI PAPI - LA
BRECCIA DI PORTA PIA
Donazione Costantiniana
|
L’episodio che sto per narrare ebbe come conseguenza
non solo la fine del potere temporale dei Papi, ma anche decenni
di contrasti e violente contrapposizioni che minacciarono
seriamente le fondamenta del nuovo Regno appena costituito
e che terminarono solamente nel 1929 con i Patti Lateranensi.
Per "potere temporale“ si intende
quel periodo storico in cui il Papa, oltre che esercitare
autorità in campo spirituale, esercitava anche il potere
nel campo civile quale sovrano assoluto dello Stato della
Chiesa.
Questa mescolanza di ruoli, portò talvolta
a situazioni paradossali, in cui il Papa nella sua qualità
di sovrano conduceva guerre contro altri Stati, servendosi
anche di armi spirituali quali la scomunica e l’interdetto.
Storicamente l’inizio del potere temporale si fa risalire
alla famosa “Donazione di Costantino“ (che qualche
secolo più tardi si appurò essere un falso),
con la quale l’imperatore Costantino faceva dono al
Papa della città di Roma e di alcuni possedimenti.
Detto questo, cerchiamo ora di comprendere perché un
tale evento, solo pochi anni prima ritenuto impossibile, sia
potuto avvenire e come ciò sia avvenuto.
Alcuni avvenimenti storici ci hanno insegnato che spesso grandi
cambiamenti politici e sociali scaturiscono dalla comparsa
- anche qualche anno prima - di eventi inaspettati, che evidenziano
problematiche interne non completamente risolte, che poi rendono
possibili mutamenti a volte epocali.
Nel nostro caso l’evento imponderabile, la scintilla
che rese possibile la fine del potere temporale dei Papi fu
il conflitto franco–prussiano. Ma andiamo con ordine
ed analizziamo gli avvenimenti.
Pellegrino Rossi
|
Il contrasto fra Pio IX ed il Regno
Sabaudo ebbe origine anni prima, quando il Papa, che
durante la prima guerra d’indipendenza aveva
inviato truppe a combattere a fianco dei Piemontesi,
avvertendo il pericolo che correva l’unità
della Chiesa se avesse continuato la guerra contro
il cattolico Impero Asburgico, decise di tirarsi fuori
dall’alleanza e ritirare le proprie truppe.
Questa decisione, ritenuta un tradimento dal Governo
Piemontese e da quasi tutto il popolo, scatenò
un’ondata di anticlericalismo e di odio verso
il Papa che doveva aumentare di intensità con
il passare degli anni.
Ma anche nello stato pontificio l’ostilità
contro il Papa ed il governo clericale andò
aumentando gradualmente, fino a raggiungere picchi
di violenza molto alti.
A Roma nel novembre 1848, un gruppo di cospiratori
assassinò il primo ministro pontificio Pellegrino
Rossi e questo gravissimo atto terroristico indusse
il Papa ad abbandonare la città ed a rifugiarsi
a Gaeta, sotto la protezione del re Ferdinando di Borbone.
|
Nella capitale rimasta senza governo, presero il sopravvento
gruppi “democratici“ i quali nel gennaio 1849
indirono in tutti i territori dello Stato Pontificio elezioni
per istituire un Assemblea Costituente.
Eletta tale Assemblea, il 9 febbraio 1849, il primo atto di
governo fu la proclamazione della decadenza dello Stato Pontificio
e quindi del potere temporale dei Papi, creando nel contempo
la “Repubblica Romana“, al cui vertice fu posto
un triumvirato composto da Mazzini, Armellini e Saffi.
Mazzini
|
Il Triumvirato
|
Aurelio Saffi |
Intanto Pio IX, dal suo esilio di Gaet, si era rivolto alle
potenze cattoliche per ottenere un aiuto che gli permettesse
di riconquistare i suoi territori. Al suo accorato appello
avevano risposto l’Austria, la Spagna, il Regno di Napoli
e la Repubblica Francese che ormai era dominata da forze clerico-conservatrici.
Colui che più di ogni altro si adoperò nell’aiutare
il Papa fu il presidente Luigi Bonaparte che, per ingraziarsi
l’elettorato cattolico, decise di inviare un corpo di
spedizione di 10.000 soldati al comando del generale Oudinot, che sbarcò il 24 aprile nel porto di Civitavecchia,
marciando velocemente verso Roma.
Dopo un primo sfortunato
attacco in cui furono respinti, i francesi riprovarono il
3 giugno attaccando con forze preponderanti e con numerosa
artiglieria, riuscendo a sconfiggere i pur valorosi difensori
e occupando Roma il 4 luglio 1849.
Le truppe francesi però
con una certa difficoltà riuscirono a far cessare le
ultime sacche di resistenza che ancora di nascosto si opponevano
all’occupante, per cui solo il 12 aprile 1850 il Papa
potè ritornare da vincitore a Roma.
Luigi Bonaparte
|
Papa Pio IX
|
Nicolas Charles Oudinot
|
Nel dicembre 1851 il Bonaparte effettuò un colpo di
Stato che lo portò ad esercitare un potere dittatoriale,
potere che fu avallato un anno dopo da un plebiscito popolare
che, oltre ad una nuova costituzione, approvò la restaurazione
dell’impero: Luigi Napoleone Bonaparte assumeva il nome
di NAPOLEONE III.
Intanto il conte di Cavour lavorava alacremente per far si
che l’Italia si unificasse sotto la sovranità
dei Savoia ed a tal fine non perdeva occasione per creare
delle provocazioni nei confronti dell’Austria (quali
ad esempio diverse manovre militari ai confini), nella speranza
che essa, allarmata, si decidesse a dichiarare guerra che,
come da trattato, avrebbe provocato il coinvolgimento della
Francia a fianco del Piemonte.
L’Austria cadde nel tranello trasmettendo il 23 aprile
1859 un ultimatum al Piemonte, prontamente respinto, che
ebbe come conseguenza una dichiarazione di guerra (II guerra
d’indipendenza).
La Francia intervenne nel conflitto
a fianco del Piemonte e le truppe franco-Piemontesi inflissero
agli austriaci una serie di sconfitt, tra cui le più
sanguinose furono quelle di Solferino e San Martino (24 giugno
1859).
Ma proprio nel momento militarmente più favorevole,
Napoleone III decise unilateralmente di far cessare la
guerra e propose un’armistizio agli austriaci che accettato,
fu firmato l’11 luglio 1859 a Villafranca. Con l’accordo,
la Lombardia veniva ceduta alla Francia che l’avrebbe
“girata“ al Piemonte.
Nonostante ciò,
grande fu lo sdegno nel Regno sabaudo, tanto che questo armistizio
segnò la fine dell’alleanza con la Francia ed
anche una nuova libertà di azione da parte del governo
piemontese.
Qualche mese più tardi, tra il 5 e il 6
maggio 1860, iniziò l’avventura dei ”Mille“ con a capo GIUSEPPE GARIBALDI che, dopo una serie di vittorie militari e con l’appoggio
delle popolazioni autoctone, riuscì a conquistare tutta
l’Italia meridionale e cacciare i Borboni.
Napoleone III
|
Giuseppe Garibaldi
|
Armistizio di Villafranca
|
Nel frattempo Cavour, preoccupato che Garibaldi sull’onda
della vittoria potesse proclamarsi dittatore dell’ex
regno borbonico, fece intervenire le truppe piemontesi che,
scendendo verso il sud d’Italia, si incontrarono con
le truppe garibaldine.
Il 25 ottobre 1860 a Teano, Garibaldi proclamò Vittorio
Emanuele II Re d’Italia e si sottomise al suo potere,
cedendo al governo sabaudo ogni responsabilità nel
governo delle province liberate, le popolazioni delle quali
sottoposte a Plebisciti accettarono in blocco l’annessione
allo Stato sabaudo con la sua forma di governo, i suoi ordinamenti
e le sue leggi.
Il 17 marzo 1861, il primo Parlamento nazionale riunito a
Torino, proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia,
ma di questo nuovo regno ancora non facevano parte né
Venezia né Roma ed il problema delle terre irredente
costituiva una fonte di tensione costante per la politica
interna italiana.
Nel giugno del 1866 l'Italia si trovò di nuovo in guerra
contro l’Austria avendo come alleata la Prussia (III
guerra d’indipendenza) e questa alleanza era dovuta
al fatto che ambedue gli alleati avevano interesse a sconfiggere
l’Austria, che rappresentava un ostacolo alla loro completa
unificazione nazionale.
L’Austria fu sconfitta grazie alle vittorie prussiane,
mentre l’Italia subì solo sconfitte ad opera
degli austriaci, sia per terra - come ad esempio a Custoza,
il 24 giugno 1866 - e soprattutto nella battaglia navale di
Lissa il 20 luglio 1866.
La cessazione delle ostilità venne sancita dall’armistizio
di Cormons il 12 agosto 1866, seguito il 3 ottobre 1866 dal
trattato di Vienna. Grazie a questo trattato di pace, l’Italia
riuscì ad annettersi il Veneto, lasciando in mani austriache
solo il Trentino ed il Friuli-Venezia Giulia.
Come per il passato l’annessione venne sancita da un
plebiscito (21 ottobre 1866) con cui il Veneto venne definitivamente
incorporato al Regno d’Italia. Mancava ora solo Roma,
la preda più ambita, ma di non facile cattura! Il governo
italiano era sempre in attesa dell’occasione propizia
per sferrare l’attacco finale e questa occasione gli
si presentò con il deteriorarsi dei rapporti franco
–prussiani.
La Battaglia di Lissa
C. Frederik Sorenson
|
La Battaglia di Custoza
Giovanni Fattori
|
LA PRESA DI ROMA
La conclusione disonorevole della III guerra
d’indipendenza creò notevole scontento tra le
forze politiche, soprattutto tra i mazziniani, che non perdevano
occasione per lanciare potenti bordate contro il governo Ricasoli
che alla fine fu costretto a dimettersi, sostituito dal Rattazzi.
Fu in questo clima politico, avvelenato da innumerevoli polemiche
e dalla crescente impopolarità del governo, che maturò
l’impresa di Garibaldi che tentò di nuovo la
conquista di Roma.
Al comando di circa 10.000 volontari marciò
verso Roma con l’obiettivo di occuparla e renderla capitale
d’Italia. Ma questa sua intenzione fu ostacolata da
un nuovo intervento dell’esercito francese che riuscì
a sconfiggerlo il 3 novembre 1867 a Mentana, costringendolo
a fuggire in territorio italiano dove fu arrestato dalle truppe
regie e rinviato a Caprera.
L’ondata di indignazione contro il governo e la Francia
fu fortissimo, tanto che il governo cadde e fu sostituito
il 14 dicembre 1869 da quello presieduto da GIOVANNI
LANZA. E fu proprio il governo Lanza che godendo
di una situazione internazionale particolarmente favorevole
ne approfittò, risolvendo in modo definitivo la questione
romana.
Il 19 luglio 1870 la Francia, cadendo in un tranello abilmente
preparato da BISMARCK, dichiarò guerra
alla Prussia in un clima di grande entusiasmo ma, bisogna
dirlo, con scarsa preparazione militare.
Il 1° settembre
1870 l’esercito francese fu sonoramente sconfitto a
Sedan presso il confine col Belgio e lo stesso imperatore
fu fatto prigioniero.
Il 28 gennaio 1871, dopo una serie di
altre sconfitte, il governo francese fu costretto a firmare
a Parigi un’armistizio. Umiliazione nell’umiliazione,
qualche giorno prima il 18 gennaio 1871 nella reggia di Versailles,
luogo simbolo della potenza dei re di Francia, GUGLIELMO I re di Prussia era stato incoronato imperatore
tedesco. Era nata la nazione Germanica !
Dopo la sconfitta militare di Sedan, non sentendosi più
vincolato ai precedenti patti sottoscritti con l’imperatore,
il governo italiano approfittando delle notevoli difficoltà
francesi, decise all’unanimità di procedere all’occupazione
di Roma.
Generale Cadorna
|
Roma Capitale
|
Prima di iniziare l’attacco militare,
il conte Gustavo Ponza di S. Martino fu inviato nella Capitale
con l’incarico di tentare di concordare una soluzione
pacifica con Pio IX ed evitare un’inutile spargimento
di sangue, offrendo tutte le garanzie necessarie all’indipendenza
spirituale della Santa Sede. Ma Pio IX rifiutò
ogni accordo, deciso a mostrare al mondo intero di essere
stato costretto a cedere alla forza delle armi.
Il 20 settembre 1870 le truppe italiane, dopo aver aperto
con l’artiglieria una breccia nelle mura che in quel
tempo cingevano la città e dopo aver sostenuto un breve
combattimento con le truppe pontificie, entrarono in Roma
presso Porta Pia, accolte calorosamente dalla popolazione.
Il Papa, al fine di evitare stragi inutili, ordinò al
generale papalino Kanzler di arrendersi al generale Raffaele
Cadorna, comandante delle truppe italiane.
Sulle ragioni per
cui Pio IX non volle una estrema resistenza alle truppe
italiane sono state fatte varie ipotesi; ma la tesi più
accreditata è che essendo ben consapevole dell’enorme
inferiorità delle sue forze rispetto a quelle italiane
tendesse a figurare agli occhi del mondo come aggredito ed
ottenere aiuti dagli altri stati cattolici.
Egli condannò aspramente quell’ atto di prepotenza
e si ritirò in Vaticano rifiutando di riconoscere il
nuovo Stato e dichiarandosi “prigioniero politico“.
Un mese più tardi emanò l’enciclica “Respicientes“ con cui dichiarò ingiusta e invalida l’occupazione
italiana e scomunicò il re d’Italia e tutti quelli
che avevano contribuito in qualunque modo alla conquista di
Roma.
Come per le altre volte, il 2 ottobre 1870, si tenne un plebiscito
popolare che sancì in modo definitivo l’annessione
di Roma all’Italia. Successivamente il senato italiano
votò il 27 gennaio 1871 il trasferimento della capitale
da Firenze a Roma con 94 voti favorevoli e 39 contrari.
Il potere temporale dei papi era definitivamente cessato.
Giovanni Lanza |
Otto Von Bismarck
|
Guglielmo I di Prussia |
Subito dopo la conquista e l’insediamento del
Governo italiano a Roma, il ministro di Grazia e Giustizia
e dei Culti del governo Lanza, Matteo Raeli, ricevette l’incarico
di redigere una legge per disciplinare i rapporti tra il Regno
d’Italia e il Vaticano e che passò alla storia
col nome di Legge delle Guarentigie.
La legge
era formata da venti articoli e si divideva in due parti:
la prima riguardava i diritti del Pontefice, disponendo che
avesse prerogative sovrane per cui la sua persona era sacra
ed inviolabile; la seconda regolava i rapporti fra Stato e
Chiesa Cattolica, stabilendo per quest’ultima oltre
ad una rendita annua di 750.000 lire, anche l’extraterritorialità
del Vaticano con l’usufrutto del Laterano e di Castel
Gandolfo.
Questa legge fu sdegnosamente respinta dal Papa che la definì
“mostruoso prodotto della giurisprudenza rivoluzionaria“, giungendo addirittura a sollecitare un intervento
all’allora cancelliere tedesco Otto von Bismarck. A
questa intransigenza del Papa, lo Stato rispose con altrettanta
intransigenza, ispirata sia dalla sinistra anticlericale che
da una Massoneria ferocemente anticlericale ed anticristiana,
sopprimendo tutte le facoltà di teologia dalle università
italiane e sottoponendo a controllo statale tutti i seminari.
I rapporti tra la Chiesa e lo Stato liberale andarono peggiorando
quando il 10 settembre 1874 la Curia romana emanò un
decreto, il famoso “non expedit“,
con cui si vietava ai cattolici la partecipazione alla vita
politica e quindi alle elezioni e che fu interpretata dal
mondo laico come un atto di rancore e di odio verso il neo-stato
italiano.
Questo scontro a volte feroce fra Stato e Chiesa Cattolica
continuò fino all’11 febbraio 1929, quando Mussolini
ed il Cardinal Gasparri apposero le loro firme ai Patti Lateranensi,
facendo terminare definitivamente un contrasto che andava
avanti ormai da troppo tempo.
Foto fornite da Cartantica
dello stesso Autore:
|
|