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PARLIAMO DI ETICHETTE
ETICHETTE VARIE
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Il mondo delle Etichette è davvero
etereogeneo e spazia per ogni dove, rappresentando e
pubblicizzando ogni cosa: prodotti alimentari di ogni
genere, compresa la frutta e gli agrumi, gli zuccheri,
il caffè, i biscotti, le bibite e le bevande
varie, specialmente i vini, i liquori, per passare poi
a prodotti dei più svariati generi: i tessili,
i tabacchi, i profumi, i pennini, i fiammiferi, le lamette
e chi più ne ha più ne metta.
Così pure le forme e la composizione di queste
etichette sono davvero diverse ed incredibili, come
quelle realizzate per incartare le arance, ornate di
pizzi e merletti di carta pregiata, con al centro piccole
cromolitografie ancora ornate con filini argentati.
Anche per quanto riguarda la grafica bisogna spendere
due parole: molti dei più grandi illustratori
degli anni 20-40, si sono cimentati in campo pubblicitario,
realizzando etichette "preziose" relative
ai più svariati prodotti, che oggi sono ricercatissime
dai collezionisti.
L'immensa quantità di etichette prodotte costituisce
un campionario vastissimo ed impossibile ad essere visualizzato
ed elencato più approfonditamente, per cui in
questa sede diamo solo un piccolo "assaggio"
per stimolare la curiosità e la ricerca. |
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ETICHETTE DI VINI
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Si può dire che
la storia delle etichette dei vini vada di pari passo
con la storia dell'uomo.
Difatti, si è riscontrato
l'uso - già da tempi antichissimi - di" etichettare"
i vini nelle anfore, specificando non solo il contenuto,
ma anche il nome del proprietario della vigna o del
commerciante, insomma un "identikit" del liquido imbottigliato
anche più dettagliato di quanto non sia nei
tempi moderni; rara, invece, la precisazione dell'annata.
L'uso delle giare o anfore in terracotta si protrasse
sino al 1670 ca, poiché in seguito vennero
utilizzati contenitori in vetro, usati quindi anche
per altre bevande o liquidi, il chè rendeva
necessaria un'etichetta che riportasse le caratteristiche
principali della bevanda imbottigliata.
La scoperta del metodo per la fermentazione "champenois"
da parte di Dom Perignon, che consentì allo
Champagne e al suo indivisibile contenitore, di dominare
il mondo dei vini, liquori ed affini, facendo nascere,
in contemporanea, anche l'etichettatura con l'indicazione
dell'annata, della provenienza e della qualità,
decretò il "boom" del vino in bottiglia.
L'utilizzo
della stampa a torchio contribuì, ovviamente,
alla diffusione delle etichette nei Paesi produttori
di vino, dapprima soprattutto in Francia e in Germania
e successivamente in Italia. Quelle nazionali più
antiche sono dei produttori piemontesi, fornitori
di Casa Savoia e quelle dei siciliani produttori del
Marsala, divenuto ben presto un valido concorrente
del Porto, prediletto dagli inglesi. |
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Le etichette italiane ottocentesche, sia di vini
che di liquori, sono spesso curiose poiché
in esse veniva dato poco spazio alle caratteristiche
organolettiche del vino; veniva, invece, privilegiato
il disegno, dai vivaci colori e dagli intenti simbolici.
Successivamente, esse si ispirarono a tutte le tematiche
possibili: moda - costume - eventi bellici, sportivi,
politici - personaggi della storia, gastronomia, ecc
e quindi moltissime sono le tematiche da seguire in
un'eventuale collezione, tenendo presente che però
ci si può ispirare ad uno specifico vino, ad
una singola regione di produzione, a una casa vinicola
e così via.
Molte, inoltre, le etichette "inventate" da piccoli
produttori che, ovviamente, sfuggono a qualsiasi tentativo
di catalogazione.
In questa tematica possono rientrare anche le etichette
dei liquori, vermouth, aperitivi, ecc., anch'esse
di grafica eccellente per quanto riguarda i pezzi
più antichi, alcune di grandi illustratori. |
Come conservarle
Se si tratta di etichette usate, quindi provenienti
da bottiglie, il problema maggiore è quello
di staccarle in modo corretto: il sistema migliore
è quello di immergere
nell'acqua la bottiglia e attendere che l'etichetta
si stacchi. Poi andrà poggiata dalla parte
esterna su una carta assorbente fino a completa asciugatura.
Si possono conservare in taschine di plastica trasparente
o nei soliti album per fotografie di cui in commercio
c'è un'ampia scelta di misure. Si sconsiglia,
comunque, di attaccarle su cartoncini o albums. |
e in Di tutto un pò, Mostre al Machiavelli's Club:
Bibliografia: COLLEZIONISMO ITALIANO - VOLUME IV - Compagnia Gen. Editoriale - 1980
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ETICHETTE DA VALIGIA
Le etichette da valigia nacquero verso la fine dell'Ottocento
quando, grazie ai nuovi mezzi di trasporto, diventò
più agevole effettuare viaggi in tutto il mondo.
Esse da sole, raccontavano di trasferimenti verso luoghi più
o meno esotici non a tutti accessibili e comunque costosi,
in cui per lo più si ritrovavano personaggi famosi
e tutti i principali esponenti della nobiltà e dell'alta
borghesia, finanzieri e magnati, avventurieri, divi del cinema,
ecc. che facevano tappa nei migliori alberghi, interdetti
alle classi medie o meno abbienti.
Le etichette, dunque, erano sinonimo di lusso e di distinzione,
uno status symbol da mostrare, con vanità sulle valigie.
Generalmente esse vi erano applicate dai facchini quando i
bagagli venivano ritirati dalle stazioni e dagli aeroporti.
Essendo però poi diventata un'abitudine inveterata
quella di attaccare le etichette sulle valigie, per evitare
che se ne rovinasse il costoso cuoio con l'utilizzo smodato
di colla, si ricoprirono i bagagli di una pesante tela che
li preservava da ogni danno.
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Agli inizi del 900 la distribuzione
fu incoraggiata anche dagli enti nazionali del turismo
poichè, alla fine, l'etichetta era una specie
di dépliant illustrativo delle bellezze turistiche
o di un albergo.
Infatti, molte di esse rappresentavano il monumento
più importante della Città, legato spesso
alle tradizioni e alle caratteristiche dei luoghi:
il Colosseo per Roma, la Lanterna per Genova, Palazzo
della Signoria per Firenze, mulini a vento, qualche
volta la struttura architettonica dell'albergo e così
via...
Per gli albergatori esse erano un eccezionale veicolo
di pubblicità che, attraverso il flusso della
clientela, diffondevano la loro immagine nel mondo,
raggiungendo quindi anche piccolissimi e sconosciuti
luoghi che, però, potevano essere nuovi bacini
di utenza. |
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Le più pregiate, frutto di una grafica accurata
e significativa, disegnate dai più valenti
illustratori dell'epoca, vennero stampate tra gli
anni 1019-1925, con colori vivaci, mentre successivamente
la produzione tenderà a privilegiare (come
dimensione) il nome del'albergo e della località
a scapito dell'immagine che negli esemplari più
antichi è invece curata e più fantasiosa.
La più grande stamperia del settore fu la Cromolitografia
Richter di Napoli.
L'uso delle etichette da valigia venne abbandonato
dopo gli anni 50 - resistendo ancora un pò
nell'America Latina e in Spagna - a seguito degli
sviluppi tecnologici e del boom economico che rese
sempre più abbordabile i viaggi in tutto il
globo, diventando oggi come oggi, un fenomeno di massa.
Senza contare che oggi vanno per la maggiore... le
valigie firmate!
Rimangono, comunque, testimoni di un'epoca non troppo
lontana nel tempo e di luoghi conosciuti ma ormai
differenti da quelli odierni. |
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ETICHETTE PROFUMATE
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Un altro settore del "cartaceo"
interessante è quello riguardante le etichette
da profumeria: bei disegni, bei colori, nomi musicali
e carichi di suggestione, donnine eleganti e leziose...
Insomma, un mondo piccolo ma prezioso, popolato
di silhouettes eleganti e di fiori, creato anche
da illustri disegnatori dell'epoca per reclamizzare
saponi, acque da toletta, talchi, ciprie e profumi.
Sin dagli inizi del secolo, le
fabbriche produttrici di prodotti di bellezza e
profumi, realizzarono carte di questo genere sia
da applicare su singole confezioni, saponie ciprie
in particolare, che sulle scatole che potevano contenere
più pezzi (varie saponette, sapone e profumo
coordinato, ecc.).
La ditta Kamp & Co. di Offenbach realizzava
una vasta gamma di etichette con motivi Liberty
e Déco che personalizzava poi per le singole
ditte.
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In esse viene soprattutto evidenziato il fiore
corrispettivo alla profumazione del prodotto che si
andava a pubblicizzare: la Violetta per il famoso
Profumo di Parma, la rosa, il mughetto, il gelsomino
o essenze esotiche ed altri fiori che poi col passare
del tempo e delle mode verranno dimenticati, quali
la reseda e l'eliotropio. |
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Forse non tutti sanno che la creazione dei profumi
è avvenuta proprio in Italia ad opera di alcuni
monaci e la loro "esportazione" fu attuata da Caterina
de' Medici, figlia del Magnifico, che diventata regina
di Francia, ne diffuse l'uso presso la sua nuova Corte.
Anche la famosa Acqua di Colonia venne "inventata"
da un italiano nel 1600. Verso la fine del 1700, a
Milano nacque la famosa ditta Migone e successivamente
le altre quali Borsari, Bertelli, Vidal, Bortolotti,
Paglieri, ecc. |
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Molte di queste ditte pubblicizzarono
i loro prodotti anche attraverso i calendarietti profumati
- vedi in home Page la sezione Calendarietti per notizie
relative a tali oggetti - sempre eleganti, dotati
di immagine raffinate e molto ricercati dai collezionisti.
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- Per un approfondimento più serio su questo argomento guardare:
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ETICHETTE DEI FIAMMIFERI
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Anche per la storia dei
fiammiferi, si può dire che essa sia cominciata
con la storia dell'uomo, il quale, appena scoperto
il fuoco, tentò in tutti i modi di trovare
un sistema per accenderlo più agevolmente:
dapprima sfregando insieme i primi rudimentali mezzi,
successivamente sfregando la pietra focaia, nel Medio
Evo con l'acciarino e finalmente, quando vennero scoperte
le sostanze incendiarie, con i fiammiferi. |
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Nel 1827, infatti, John Walker mise in
commercio l'ultimo ritrovato, confezionato in scatole
con la carta vetrata per permettere l'accensione dei
fiammiferi. La sua idea venne sfruttata su scala industriale
e perfezionata definitivamente nel 1850 per merito
di uno svedese, che produsse quelli che poi verranno
chiamati "svedesi". La produzione dei fiammiferi diventerà
poi esclusività dei vari Monopoli di Stato.
I fiammiferi venivano venduti in
scatole di varie dimensioni su cui venivano applicate
delle etichette dalle immagini e dai colori accattivanti
e dunque ci si pose il problema di rendere tali
confezioni graficamente sempre più accettabili.
In Italia vennero usate etichette con figure caricaturali,
con maschere, con immagini di uomini illustri e
donnine, monumenti, personaggi di Casa Savoia e
paesaggi.. |
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Successivamente nacquero delle confezioni
ancora più commerciabili, in cui non si utilizzavano
più le scatoline ma del cartoncino ripiegato
contenente all'interno una quantità relativa
di fiammiferi, da noi chiamati Minerva.
Il cartoncino diverrà subito oggetto di una
massiccia pubblicità da parte di ditte produttrici
di numerosissimi prodotti e durante la seconda guerra
mondiale, le due piccole facciate saranno utilizzate
per fini propagandistici. |
Bibliografia: COLLEZIONISMO ITALIANO - Volume III - compagnia Gen. Editoriale 1979
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BUSTINE PER LAMETTE
Possiamo far rientrare in questa sede anche
le Bustine delle Lamette, in quanto il collezionista cartaceo
di esse apprezza non tanto la lama d'acciaio, quanto la confezione
che la contiene, usualmente molto colorata e graficamente
valida e d'impatto. Si parla sempre di materiale ormai d'epoca,
con immagini relative ad argomenti sportivi, politici e storici
che vanno dagli anni 20 agli anni 50.
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La prima lametta vide la luce negli
Stati uniti nel 1903, insieme al primo rasoio di
sicurezza, ideata da King Campbell Gillette che
la mise in vendita - a singoli pezzi - con la sua
immagine stampata sull'involucro (Gillette blade),
creando nel contempo la "Safety Razor Co.,
con sede in Boston. La confezione di lamette e rasoio
con 12 lamette, contenuta in un astuccio venne messa
in vendita nelle ferramenta e nelle farmacie. Dal
1932 in poi le lamette verranno distribuite in confezioni
da 5 o 10 pezzi.
L'inizio non fu molto positivo ma, grazie ad una
campagna pubblicitaria, l'uso delle lamette si diffuse
a macchia d'olio, suscitando l'interesse dei produttori
di acciaio di altri Paesi che crearono confezioni
da 5 o 10 pezzi dai nomi esotici ed accattivanti.
Anche alcuni fabbricanti di sigarette ne sponsorizzeranno
la produzione (Morris, Camel, ecc.), come pure alcune
ditte produttrici di Saponi da Barba o cosmetici
(Palmolive, Gibbs). |
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In Italia la prima lametta prodotta
sembra essere stata quella denominata "Luna"
che non ebbe però un gran successo, subito
soppiantata dalla ricercata "Croce di Malta"
che anch'essa sparì quasi subito dal mercato,
soppiantata dalla "Italia" e dalla "Sport".
Grande diffusione ebbero le Lame Bolzano e le Tre
Teste.
Attorno agli anni 20 i fabbricanti
italiani si interessarono, oltrechè alla
realizzazione di un ottimo prodotto anche e soprattutto
alla ideazione di un incarto variopinto e ben disegnato,
che colpisse la fantasia del potenziale acquirente.
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Le illustrazioni delle bustine
spaziarono in tutti i campi, toccando ogni argomento:
alcune si ispirarono allo charme femminile (Cleopatra
- Garbo - Juanita) altre agli idoli del calcio o
del ciclismo - come Coppi e Bartali), altre si riferivano
al mondo animale ( Puma - Colibrì - Sparviero
- Toro) o a quello floreale (Edelweiss, Palma -
Giglio), altre ancora alle città o ai monumenti
(Colosseo - Etnea - Bologna), agli uomini illustri
(Dante - cicerone - Nerone) e ad ogni altro genere
di prodotto che poteva essere pubblicizzato (Riccadonna
- Banfi). |
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Numerose anche quelle prodotte durante il Ventennio
che, ovviamente, inneggiavano ad eroiche imprese aviatorie
(Armata Azzurra - Stormo) o evocavano, con nomi esotici
le conquiste territoriali (Sahariana gold - Palma
- Oasis - Adua - Africa Orientale - Etiopia - Faccetta
nera), che esaltavano l'amor patrio e la bandiera
(Italianissima - Lama Regale, Lama Italia) o comunque
si ispiravano ai dettami correnti (Super Vir - Impero
- Lama Balilla - Ardita - Littoria, ecc).
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COME CONSERVARLE
La catalogazione potrà avvenire sistemando le bustine, chiuse e con la lame ancora inserita, negli appositi fogli a taschine in plastica, raggruppati in contenitori ad hoc, oppure collezionando solo le bustine senza lama che si potranno conservare aperte ed eventualmente applicandole su fogli di cartoncino.
Per maggiori e più approfondite informazioni
si consiglia di consultare le varie pubblicazioni sull'argomento
redatte dal maggior collezionista italiano, sig. Alfonso Tozzi
che, tra l'altro è autore di un preziosissimo Catalogo
delle lamette italiane - Roma,1990.
Bibliografia: COLLEZIONISMO ITALIANO - Volume 4 - Compagnia Gen. Editoriale - 1980
Per altre notizie sull'argomento vedere l'articolo di Giancarlo Gualtieri in Collaborazioni
Per altri articolii sul Collezionismo Cartaceo:
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