FIORI E ANIMALI NELLE IMMAGINETTE RELIGIOSE
ANIMALI
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Insieme ai fiori, o talvolta da soli,
nelle immaginette religiose, specialmente quelle dedicate
alla catechesi dei bambini, compaiono piccoli graziosi
animali che vegliano il sonno del Santo Bambino indifeso
o a cui il piccolo Gesù si accosta con amore,
per accudirli. |
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Primi fra tutti dei piccoli agnelli, che lo accompagneranno
dal primo momento di vita nella grotta di Betlemme fino
all'età adulta, per sottolineare sì il
suo amore per le creature più indifese, ma soprattutto
la simbologia che lo accomuna a tali bestiole, usate
all'epoca per i sacrifici al Signore.
Egli, infatti, è non solo il buon Pastore che
va alla ricerca della pecora smarrita anche su sentieri
impervii e che trovatala la raccoglie e la riconduce
all'ovile, ma riconferma di essere l'Agnello di Dio,
la vittima sacrificale per eccellenza, che volontariamente
si dona per la salvezza dell'umanità, a lui affidata.
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Ma ci sono anche asinelli che trasportano il piccolo
Gesù, in compagnia di angioletti, verso mete
natalizie...
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o che conducono Gesù adulto verso la sua ultima
meta...
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... e un frullio di ali di colombe e di uccellini
cinguettanti che allietano le ore dell'infanzia del
santo Bambino.
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Numerose le immagini
di Gesù Bambino che distribuisce il cibo a dei
piccoli uccelli o che sembra arringare ad essi con chissà
quali amorevoli parole
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Meno frequenti quelli della Madre, per
lo più ritratta con delle colombe, allegoria
dello Spirito Santo, mentre molto numerosi i santini
simbolici, usati sia per ricordare le Prime Comunioni,
le Ordinazioni Sacerdotali ed anche gli altri Sacramenti,
per lo più raffiguranti pecore, colombe o anche
cerbiatti. |
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SANTI E ANIMALI
I Santi e le Sante spesso nell'iconografia
religiosa vengono rappresentati con accanto ogni sorta di
animale domestico, tra cui cani, cavalli, buoi, uccellini.
Ma ve ne sono alcuni che vengono invece accompagnati da
cerbiatti, da aquile e persino da leoni.
Questo a motivo
di alcuni episodi delle loro vite, in cui la presenza di
tali bestie era stata importante per la loro esistenza o
perchè tali animali simboleggiano la loro purezza
o il mezzo del loro martirio.
Talvolta, come nel caso di
draghi o serpenti, il significato della loro rappresentazione
sembra puramente allegorico, cioè riferito alla lotta
dell'anima contro le forze del male, rappresentate appunto
da animali leggendari come il drago o dall'aspetto ripugnante
come il serpente, che si ricollegano "al dragone, al
serpente antico, cioè al diavolo..." come citato
nell'Apocalisse di Giovanni.
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CAVALLO
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Santa Giovanna d'Arco
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Sant'Ippolito
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Sant'Alessandro
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San Martino
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I santi, cosiddetti
"militari" ovviamente vengono rappresentati
in groppa alle loro cavalcature di servizio; così
San Martino, sant'Ippolito, sant'Alessandro e ovviamente
Giovanna d'Arco, la Pulzella d'Orleans e molti altri,
qui non citati...
Santa Giovanna d'Arco è spesso rappresenta nell'atteggiamento di curar le pecore del suo gregge L’eroina che, nel XV secolo, liberò la Francia dalla conquista inglese, era giustamente una di quelle anime che piacevano agli angeli ed ai santi.
Nel suo villaggio di Domrémy, ella fu dapprima una bambina dolcissima, molto pia, migliore delle altre. Le accadde di custodire le greggi nelle praterie in cui la Mosa disegna anelli verdi scuri, sottolineati dai pioppi; ella li menava anche nei gigliati del Bosco Chenu, su di una leggera scoscesa a qualche distanza dal fiume. Giovanna, che si chiamava Giannina, aveva delle amiche. Le preferite si chiamavano Mengette, Hauviette e Guglielmina. Ella aveva anche dei fratelli ed una sorella, a casa, in chiesa o nei campi, mai ella dava oggetto del minimo rimprovero.
Quando era sola al pascolo, pregava. |
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SANTI E DRAGHI |
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SAN MICHELE ARCANGELO
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SAN MICHELE
Michele (Chi come Dio?) è l'arcangelo più
citato nell'antico Testamento, come uno dei capi supremi
che vanno in aiuto del profeta Daniele; mentre nel nel Nuovo Testamento compare
nell'Apocalisse, alla testa dei suoi angeli mentre combatte
col nemico di sempre "il grande drago, il serpente antico"
che comunque verrà battuto.
San Michele, dunque ci protegge
dalle insidie del demonio - sempre teso ad approfittare
delle nostre debolezze, per farci cadere - ed è
costantemente in lotta con lui.
Il suo culto nacque in Asia
Minore e si diffuse soprattutto ad opera di Costantino,
che gli fece erigere un tempio chiamato "Michaelion"
e "Mikhael" era il grido di battaglia degli
ebrei.
Nel secolo VI esistevano già, in Costantinopoli
e nei dintorni, una diecina di chiese dedicate all'Arcangelo
mentre in Egitto era diventato protettore del Nilo.
Durante il Medio Evo, l'Arcangelo assunse le funzioni di guardiano armato delle chiese contro i
demoni e di difensore del popolo cristiano, ma anche
delle singole Nazioni (p. es. la Germania) e di varie
città come Bruxelles e Roma.
Molte in Italia le chiese a lui dedicate,
importante per il suo culto, soprattutto, il Santuario
di Monte Sant'Angelo, sul Gargano, mentre in Europa
il più frequentato è quello francese di
Mont Saint Michel.
L'Arcangelo, viene spesso raffigurato mentre uccide il drago oppure con in
mano una bilancia con cui "pesa" le anime. E' perciò Patrono anche di chi fa un mestiere in cui
viene usata la bilancia e cioè: :pasticceri,
droghieri, commercianti in genere ed è anche
il Patrono della Polizia e dei Paracadutisti.
Come conduttore delle anime al cielo (o psicopompo)
è anche invocato come Patrono delle Confraternite
seppellitrici. |
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SAN GIORGIO
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San Giorgio, poi, oltreché col cavallo,
viene raffigurato mentre uccide il mitico drago.
Patrono
della Cavalleria e dei militari in genere, è protettore
dell'inghilterra dal 1348 su nomina del re Edoardo III.
Forse nato in Cappadocia
attorno al 300, arruolatosi in giovane età
come soldato, si distinse per il suo valore ed il
suo coraggio. Cristiano, manifestò apertamente
la propria fede, opponendosi all'editto di Diocleziano
contro i seguaci di Cristo.
Venne così
sottoposto a varie torture da cui però
scampò, finchè fu decapitato e sepolto
proprio nella terra in cui era nato Gesù.
Si dice che San Giorgio in nome di Cristo e affinché tutti si convertissero, uccise un terribile drago che era in procinto di mangiare una giovane principessa. Ovviamente il drago rappresentava il demonio ed il peccato.
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SANTA MARTA
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SAN BERNARDO
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Quando si parla di Santa Marta, il
cui nome deriva dall' aramaico "Tamar",
che significa "palma", si allude essenzialmente
alla sorella di Lazzaro e Maria di Betania.
Il suo onomastico cade il 29 luglio ed è Patrona
delle cuoche, degli osti, degli ospizi, degli albergatori, dei padroni di casa, delle massaie e
casalinghe.
Il simbolo del drago, con cui essa spesso viene effigiata,
sembra però riferirsi ad altra non ben identificata
Santa Marta, che, venuta a sapere della presenza di
un drago che infestava le zone della Provenza, in
cui lei stava portando il Vangelo, lo seguì
nei boschi e, dopo averlo ammansito, lo portò
a Tarascona, dove esso venne ucciso. |
San Bernardo Abate o da Mentono o da Aosta, nato in Francia
verso la fine dell'anno 1000, entrò nei Circestensi,
di cui in seguito fu priore.
Viene festeggiato il
20 agosto ed è il patrono degli apicultori,
della Liguria e di Gibilterra.
Scrisse numerosi testi teologici e gli è stato
attribuito il titolo di Dottore della chiesa. Venne
chiamato "il monaco bianco" per il saio
che indossava ma anche per la luminosità del
fervore apostolico, comune a molti santi del Medio
Evo e per l'attiva predicazione che lo portò
nel Vallese e a Ginevra.
Fondò gli Ospizi del
Grande e Piccolo San Bernardo.
Morì a Novara nel 1081
San Bernardo è considerato il Patrono
degli alpinisti e degli scalatori. |
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SANTA MARGHERITA O MARINA DI ANTIOCHIA
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SAN MAGNO DI FUSSEN
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Santa Margherita (o Marina) di Antiochia (275-290 ca.), cristiana sin dalla tenera età per opera della balia che l'aveva allevata dopo la morte prematura della madre, venne martirizzata sotto Massimiano. La sua vita, un pò nebulosa per la verità, narra che ritornata a casa dal padre, ne venne scacciata per l'appartenenza al Cristianesimo ed essa tornò dalla balia che le affidò il suo gregge.
Vagando per la campagna con le pecore, venne notata da un giovane prefetto che venne però respinto e che la denunciò per la sua fede.
Imprigionata, essa venne tentata in cella dal demonio che prese le forme di un drago che la inghiottì, ma Margherita, armata di una croce gli trafisse il ventre ed uscì sana e salva.
La Passio narra di altre torture e prodigi mentre lei sosteneva spavaldamente la sua fede, fino alla morte per decapitazione, a soli 15 anni.
Santa Margherita è ricordata tra i 14 Santi Ausiliatori. E' invocata dalle partorienti e dai moribondi.
Protettrice contro le tempeste e contro le febbri malariche, è Patrona degli insegnanti, dei soldati e degli agricoltori. |
Magno di Füssen, nato nel 699 circa, era monaco ed eremita, fondatore e primo Abate dell'Abbazia di Füssen, quindi di origini tedesche, mentre altri confutano questo dato sostenendo che fosse un monaco irlandese, uno dei tre santi di Algovia, con San Gallo e San Colombano.
Per mancanza di fonti sicure, l'anno della sua morte viene indicato da alcuni col 772, mentre per altri isi tratta del 750.
Tra storia e leggenda, si narra che la sua vita, anche se un pò controversa per mancanza di fonti sicure, fu fattiva e piena di miracoli.
E' venerato soprattutto nei monasteri benedettini e lo si invoca contro piccoli animali come topi, bruchi, parassiti ed insetti nocivi alle piante ed ortaggi in genere, dando importanza alla benedizione con il "bastone di San Magnus" a cui venivano attribuite miracolose proprietà.
Questa, pratica nel tempo venne proibita ed abbandonata, con la confisca del suddetto bastone, che, nel 1822 venne però restituito ai monaci e ancor oggi il 6 settembre, nel giorno della memoria del Santo, il suo bastone viene portato in processione
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SAN FILIPPO APOSTOLO
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Nel Vangelo di Giovanni, Filippo viene ricordato in vari punti:
[43] Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi».
[44] Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
[45] Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
[46] Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
[47] Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità».
[48] Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
[49] Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!».
[50] Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
[51] Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo». Bethsaida di Galilea, fu uno dei primi apostoli e portò con sè uno della sua famiglia Natanaele (Bartolomeo), che Cristo disse di aver visto sotto un fico prima che glielo presentasse Filippo. Il nuovo Apostolo però non se ne era accorto, ma seguì subito il Maestro.
La moltiplicazione dei pani
[1] Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,
[2] e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.
[3] Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
[4] Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. [5] Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
[6] Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.
[7] Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
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e in quest'altro;
Gesù annunzia la sua glorificazione attraverso la morte
[20] Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. [21] Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». [22] Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.
[23] Gesù rispose: «E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.
L'addio
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
[9] Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
[10] Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
[11] Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
La leggenda posteriore lo vuole apostolo in Scizia e Frigia. In Scizia dove visse per circa 20 anni assieme alle due figlie vergini fu imprigionato da alcuni pagani che volevano obbligarlo a sacrificare alla statua di Marte; ma dal piedestallo della statua che si sgretolò, uscì un drago che terrorizzò tutti e ne uccise alcuni. Filippo cacciò il drago, resuscitò quelli uccisi, guarì gli intossicati dai fumi venefici dell'animale e convertì i presenti.
Filippo poi andò a Hierapolis dove opeerò molte conversioni, tra cui quella della moglie del proconsole che però lo fece arrestare e crocifiggere a testa in giù. Venne sepolto là vicino e la sua tomba divenne meta di venerazione da parte di molti.
«Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso».
Più tardi le sue ossa vennero portate a Costantinopoli e infine a Roma- |
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SAN CRESCENZIANO O CRESCENTINO MARTIRE
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Nessua notizia su di lui prima del secolo VII, nella passio coeava Crescentino o Crescenziano è descritto come un soldato romano che, fuggito nella campagna dell’antica ‘Tifernum’, avrebbe ucciso un dragone che terrorizzava la zona
Probabilmente di famiglia nobile romana, era arrivato a Città di Castello per evangelizzare ma, trovando la presenza di quel drago che infestava la città, lo affrontò a cavallo, uccidendolo-
Catturato però dai suoi inseguitori, durante la persecuzione di Diocleziano, ne sarebbe stato ucciso il 1° giugno 287 e sepolto nel luogo detto ‘Gaddi’ o ‘Saddi’.
Su quel luogo venne eretto un tempio presso cui abitarono il vescovo della città s. Florido ed il sacerdote s. Amanzio, che dopo la loro morte, vennero sepolti anch’essi nella chiesa.
Le sue reliquie, sepolte sulla via Ostiense, forse erano state trasferite - in un periodo imprecisato . a Città di Castello e deposte sotto l’altare della Basilica.
San Crescentino-Cressenziano comunque, è considerato un martire locale.
Nel 1500 Cesare Baronio lo inserì al 1° giugno nel ‘Martirologio Romano’, tenendo conto dell’antico culto che il santo martire godeva nella zona tifernate. |
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SAN RUFILLO O RUFFILLO
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Viene ricordato liturgicamente il 18 luglio.
San Rufillo o Ruffillo (IV - V sec) fu il primo Vescovo di Forlimpopoli.
E' noto per la sua lotta contro un drago che si nascondeva nella zona fra Forlimpopoli e Forlì e col suo fiato disgustoso appestava l'aria provocando la morte di molte persone.
Il vescovo Rufillo esortò i fedeli a fare digiuni e a pregare, per liberarsi da quel mostro e intanto invitò il vescovo di Forlì s. Mercuriale (30 aprile) a compartecipare all’impresa.
Tuti e due si recarono là dove viveva il drago e con le loro due stole lo strozzarono, gettandolo poi in un pozzo profondissimo di cui chiusero lo sbocco con un "Memoriale"’ (un monumento o un’iscrizione).
Questo episodio viene raccontato anche nella ‘Vita’ di s. Mercuriale e in quella dei santi Grato e Marcello.
Il drago rappresenta l’idolatria ancora abbastanza diffusa nella zona, che vide, contro di essa, l'impegno fortissimo del protovescovo di Forlimpopoli per debellarla con l'aiuto di altri santi vescovi della zona, suoi contemporanei, come Mercuriale di Forlì, Leo di Montefeltro, Gaudenzio di Rimini e Geminiano di Modena.
Oltre a ciò doveva contrastare anche l’eresia ariana, soprattutto a Rimini.
Sembra sia morto a Forlimpopoli più che novantenne.
Nel 1362, le sue reliquie vennerotrasportate a Forlì nella Chiesa di S. Giacomo in Strada e successivamente, nel maggio 1964 esse ritornarono nella Basilica collegiale di Forlimpopoli.
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PAPA SAN SILVESTRO I
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Si racconta che nel IV secolo dopo Cristo, a Roma, in una caverna sul Palatino presso un piccolo stagno, vivesse un drago che con il suo alito pestifero uccideva tutti quelli che abitavano o si trovavano a passare nelle sue vicinanze.
Papa Silvestro I, che aveva già sconfitto una simile bestia a Poggio Catino, decise quindi di intervenire recandosi presso la caverna dove viveva questo mostrp, con il mano il Crocifisso, come unica arma
. Alla vista di quel simbolo, mentreintanto il Papa invocava l'aiuto di Maria Vergine, il drago diventò completamente mansueto, tanto che il Papa lo poté legare con un filo della sua veste, portandolo al guinzaglio come un cagnolino ai suoi fedeli, che lo uccisero. Poi il mastodontico corpo venne portato al Foro Romano, presso il tempio di Castore Polluce, dove venne sepolto
I sacerdoti pagani che avevano assistito a quell'avvenimento, si convertirono al Cristianesimo.
Pare che fu il Pontefice ad edificare proprio là vicino la chiesa di S. Maria Liberatrice, detta anche di S. Maria libera nos a poenis inferni, ma poichè là attorno vennero creati altri complessi sacri non vi è certezza.
Sullo stemma del rione romano "Campitelli", è riprodotto proprio un drago con le fauci spalancate, a ricordo di questa leggenda, tratta dagli "Acta Silvestri". |
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http://www.nondisolopane.it/il-santo-del-giorno-10-febbraio-san-guglielmo-il-grande/
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SAN GUGLIELMO DI MALAVALLE
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Pur non conoscendo esattamente le sue origini, si ipotizza che potrebbe anche essere un conte o duca, convertitosi al Cristianesimo dopo aver conosciuto San Bernardo di Chiaravalle. Dopo la sua conversione, si recò subito in pellegrinaggio a Compostela e successivamente a Roma, dove ebbe un incontro con Papa Innocenzo II che gli suggerì di recarsi n Terra Santa, dove rimase fino al 1154.
Ritornato in Italia, a Pisa, si stabilì poi a Malavalle, presso Castiglion della Pescaia, dove affrontò un drago uccidendolo a bastonate.
Amava molto la meditazione, non fondò un ordine religioso, né scrisse una Regola, pur avendone abbozzata una, la "Regula sancti Guillelmi" e le "Consuetudines", che vennero poi riprese da Alberto, che si era messo al suo seguito nel 1156 e che lo aveva curato negli ultimi tempi della sua vita terrena.
Dal 1157, dopo la sua morte, la sua tomba divenne meta di pellegrinaggi da parte di molti fedeli provenienti dalla Toscana, dal Lazio e dall'Umbria. Alcuni di questi restarono a Malavalle cercando di imitare lo stile di vita eremitico e di penitenza di Guglielmo ed il suo culto si propagò anche grazie all'approvazione da parte di Papa Alessandro III, confermata poi da Papa Innocenzo III.
Gli eremitaggi a lui ispirati si propagarono dalla Toscana sotto il nome di “Ordine di S. Guglielmo” e più tardi si accorparono all'Ordine agostiniano, con la nascita di molti conventi in Francia, in Belgio, Boemia ed Ungheria. Tuttavia, successivamente, si ritrovarono a voler seguire la regola di San Benedetto più consona alle loro aspirazioni, almeno nelle province italiane, mentre all'estero si accorparono all'Ordine Circerstense. |
Riferimenti su Cartantica:
- In Collaborazioni
VARI ANIMALI
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SAN FRANCESCO DI PAOLA
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San Francesco di Paola viene alternativamente rappresentato
sia assieme ad una pecorella che con un piccolo cervo. Si
narra, infatti, che Francesco conduceva tranquillo
la sua vita eremitica, ma un giorno venne disturbato
da alcuni cacciatori che, inseguendo un cerbiatto,
avevano scoperto il suo rifugio. L'animaletto, impaurito
dai cani, si era nascosto dietro di lui, mentre i
cani si fermarono di fronte al Santo, smettendo di
latrare.
I cacciatori,stupiti da tale comportamento,ritornati
a Paola, narrarono l’accaduto. Questo diede
il via ad un continuo pellegrinaggio dei abitandi
dei dintorni, alla ricerca di conforto e di consiglio
da parte di quel giovane eremita - non aveva ancora
20 anni - che già sapevano innammorato di Dio.
E
gli rinunciò, quindi, alla sua contemplazione
solitaria per aderire alla volontà del Signore,
accogliendo amorevolmente chi chiedeva il suo aiuto. |
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SANT'ANTONIO ABATE
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Antonio, nato in Egitto attorno alla
seconda metà del II secolo, sentendosi chiamato
ad una vita eremitica, lasciò i suoi beni e si ritirò
a vivere in preghiera, povertà e castità.
Creò una piccola comunità nel vicino
deserto e poi si ritirò in una grotta fino
alla sua morte e viene per questo considerato il fondatore
degli Ordini Monastici e ricordato anche con il nome
di Sant'Antonio del deserto La sua festa liturgica
è celebrata il 17 gennaio.
E' raffigurato vestito
da frate, con il bastone e circondato da animali,
di cui è sempre stato il protettore
Ha anche
il Patronato sulle attività ad essi connessi
ed è considerato quindi il Patrono dei tosatori,
dei guantai, dei macellai, degli agricoltori, e degli
eremiti. Viene invocato contro tutte le malattie della
pelle e del "fuoco di Sant'Antonio" e contro
gli incendi. |
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MUCCHE, BUOI, VITELLINI
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SAN LUCA
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SAN SILVESTRO PAPA
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San Luca, unico tra gli apostoli
a non essere ebreo, è rappresentato con il bue, offerta abituale, perché
il suo Vangelo riferisce il sacrificio di Cristo.
Non aveva
potuto conoscere di persona Gesù, ma ha riferito
testimonianze ricevute dagli apostoli e dalle donne che lo seguivano,
sottolineando la Sua azione misericordiosa di medico delle anime
e del corpo, chino sulla sofferenza dell 'uomo.
Seguirà
San Paolo anche in prigione e verrà da lui definito
"compagno di lavoro, caro medico" e mentre
attende la morte, dirà: "Solo Luca è
con me".
Oltrechè abile medico e attento
narratore, San Luca sembra sia stato anche pittore,
validissimo autore di molte immagini della Vergine. Per questo
è Patrono delle Belle Arti, degli Artisti e
dei medici.
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Già ricordato per la sua lotta contro il drago, San Silvestro Papa, figlio di San Rufino e di Santa
Giusta, era noto in tutta Roma per la sua misericordia
verso i poveri.
Alla morte di Papa Melchiade e sarà Papa, a furor di popolo, dal 314 al 335, sotto l'impero
di Costantino che a quell'epoca ancora non era cristiano.
Ammalatosi di lebbra, l'imperatore ebbe una visione
di angeli e si recò dunque dal sant'uomo
affinchè lo guarisse. Cosa che avvenne subito
e Costantino si convertì al Cristianesimo.
A lui l'imperatore donerà il palazzo del Laterano che diventerà la sua residenza abituale e più tardi la basilica di San Giovanni e sarà lui ad iniziare i lavori per la prima basilica di San Pietro.
Viene ricordato il 31 dicembre.
E' Patrono dei muratori e dei tagliapietre.
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SANTA ILDEGARDA DI BINGEN
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Nata in Germania nel 1098, fu una religiosa benedettina, naturalista, scrittrice, poetessa, musicista e tante altre cose, ma soprattutto mistica, chiamata la profetessa del Reno, il fiume più importante della Germania.
Sin da bambina ebbe visioni, rivelazioni e profezie. Vedeva le cose con gli occhi di Dio.
Un giorno che camminava in un prato con la madre, raccogliendo dei fiori, guardando le mucche al pascolo, Ildegarda osservando una mucca più prosperosa delle altre disse alla madre di guardare il vitellino. Ma la madre non ne vedeva nessuno. La bimba continuava a sostenere che lei lo vedeva bene nella pancia della mucca. Così la donna capì che sua figlia aveva grandi potenzialità, era un'anima già scelta da Dio.
Poichè aveva una salute malferma, a 8 anni venne portata dai genitori, presso l'Abbazia di Disibodenberg dove fu educata da una giovane aristocratica che viveva nel monastero.
Prese i voti tra il 1112 e il 1115 dalle mani del vescovo Ottone di Bamberga e divenne badessa e per tutta la vita ebbe il dono dello Spirito Santo che le faceva vedere e vivere tante esperienze.
Studiava con impegno sui testi di Dionigi l'Areopagita e di Agostino. Lasciò molti scritti relativi a ciò che vedeva "visioni non del cuore o della mente, ma dell'anima", non solo esseri viventi ma anche stelle, pianeti ed altri misteri, di cui iniziò a parlare solo attorno al 1136.
Si trasferì poi nel monastero di Rupertsberg, da lei stessa fondato nel 1150 e tra il 1159 ed il 11170 effettuerà dei viaggi pastorali per predicare nelle cattedrali di Colonia, Treviri, Magonza e Liegi. Nel 1165 fonderà ad Eibingen un'altra abbazia, tuttora esistente, dove sono raccolti vari affreschi che rappresentano varie fasi della sua vita e del momento della sua morte, avvenuta il 17 settembre 1179. |
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https://metaldetectorhobby.forumfree.it/?t=73622188
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SANTA BRIGIDA D'IRLANDA
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Brigida nacque nei pressi Dundalk, nella contea di Louth, in Irlanda intorno al 451, si avvicinò giovanissima al Cristianesimo e, secondo una delle tante leggenda che sono fiorite attorno alla sua figura, ce n'è una che vuole che ella e sua madre siano state battezzate proprio da S. Patrizio, protettore dell'Irlanda.
Si fece suora e diventò badessa del monastero maschile e femminile di Kildare e diventò consigliera e guida spirituale per il prossimo, radunando attorno a sé numerosi discepoli e dando vita a vari monasteri.
Ella, comunque, visse sempre generosamente, dando ai poveri e ai malati il suo tempo ed i suoi averi, donando latte, burro e bestiame. Per questo, spesso viene rappresentata con una mucca accanto.
Un episodio curioso: le viene attribuito un miracolo particolare che riguarda la birra che fece scorrere a fiumi durante i giorni precedenti la Pasqua
La sua festa è il 1 febbraio e in questa ricorrenza viene realizzata la Croce di santa Brigida, che si ottiene legando insieme dei giunchi, paglia o vimini, per questo tutti e quattro i bracci sono su livelli diversi. Secondo la tradizione cristiana, venne realizzata dalla Santa per un capo pagano morente i cui parenti avevano chiamato Brigida perché provasse a convertirlo. Lei gli si sedette accanto, prendendo dal pavimento dei giunchi (o della paglia) e incominciò ad intrecciarli per formare una croce. L'uomo, incuriosito, le chiese cosa stesse facendo e lei iniziò a spiegargli il significato della croce cristiana e di come Gesù fosse morto per la salvezza di tutti, compreso lui. L'uomo si convertì e le chiese di essere battezzato prima di morire
Questa Croce viene tradizionalmente intrecciata la vigilia dell’1° febbraio, legando insieme cannucce di giunchi (o vimini) o fili di paglia, lunghi 25-30 cm., bagnati per alcune ore affinchè non si spezzino, cosicchè le quattro braccia sono su differenti livelli.
Viene di solito
messa in casa, sulla porta, per benedire tutti coloro che entrano o escono e per ottenere protezione alla casa contro il fuoco e le malattie.
https://www.santodelgiorno.it/santa-brigida-di-irlanda/
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http://www.famigliacristiana.it/articolo/santisidoro-lagricoltore.aspx
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SANT'ISIDORO
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Nato in Spagna durante la dominazione araba, Isidoro ascolta da bambino le gesta di tre grandi condottieri, ma lui, orfano, sin da piccolo deve arrabbattarsi nella vita ed andare a lavorare sotto padrone nelle campagna attorno alla capitale spagnola. Più tardi si trasferirà verso nord e si fermerà a Torrelaguna dove sposerà una contadina come lui.
Isidoro è un credente rispettoso, ogni mattina va a Messa e durante la giornata prega. Ma questo fa nascere antipatia negli altri e viene accusato di non lavorare abbastanza ma di sfruttare gli altri.
Alle accuse Isidoro non si ribella ed il padrone lo sorveglia pensando che queste siano vere, lo controlla, lo vede pregare, ma vede che alla sera il quantitativo di grano mietuto è lo stesso degli altri lavoranti e così pure durante l'aratura. Arriva, dunque, a sostenere che questo è un miracolo. Isidoro viene preso sotto la protezione del padrone, guadagna un pò di più ma il di più lo dona ai poveri.
Si occupa anche di dar da mangiare agli uccelli durante l'inverno dando loro un pò di grano che però miracolosamente ricompare nel suo sacco...
Isidoro, il santo agricoltore verrà ricordato in Spagna, nelle colonie, in Europa, in tutto il mondo e verrà santificato da Gregorio XV insieme a San Francesco Saverio e S. Ignazio di Loyola, mentre sua moglie verrà beatificata da papa Innocenzo II.
E' Patrono di Madrid e nella cattedrale di questa città sono venerate le sue reliquie. |
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CINGHIALE
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http://www.notonlyblack.it/s-basolo-ed-il-cinghiale
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SAN BASOLO
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Nei dintorni della città francese di Reims, un tempo ricoperti di foreste selvagge e frequentate per questo da religiosi che volevano isolarsi dal mondo ed imitare Gesù, Basolo, ricco e nobile signore delLimosino, dopo aver venduto tutto quanto aveva ed averlo donato ai poveri, si ritirò nel folto della foresta, costruendo in un anfratto una piccola cella, mettendo davanti ad essa una grande croce di pietra, da lui stesso costruita.
In quella piccola cella, un solo mobile, di pregio: un leggio, su cui il Santo poggiava il libro della Sacra Scrittura, che meditava tutti i giorni.
Un bel mattino egli aveva iniziato il canto dei salmi, tutto assorto in Dio, quando s’accorse che vicino ai suoi piedi s’era adagiata una massa scura.
Quale creatura poteva essere?
Era un cinghiale, grosso ed alto quasi un metro, lungo due, con le orecchie dritte e un codino attorcigliato che poggiava il grugno sulle zampe anteriori distese per terra. Era enorme e peloso, impressionante.
Stava finendo di mangiare l’ultimo boccone di ghiande raccolte sotto una quercia, quando era stato stanato dai cani di alcuni cacciatori della zona e dovette correr via e rifugiarsi presso il Santo..
I cacciatori, che l'avevano raggiunto, non si sentirono di intervenire su quella scena particolarmente straordinaria.
Fonito il canto, S. Basolo s’accorse della presenza dei cacciatori, che gli si avvicinarono riverenti, e, prima ancora che egli aprisse bocca, l’assicurarono che non avrebbero ucciso il cinghiale, che s’era rizzato in piedi e nascosto dietro l’ampia tonaca del Santo.
Quattrocento anni dopo, la memoria del fatto era ancora viva da quelle parti, e tutti gli animali che entravano nel bosco della croce di S. Basolo erano rispettati dai cani e dai cacciatori. |
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SAN CADOC, IL TOPOLINO E IL CINGHIALE
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https://www.ilcattolico.it/catechesi/studi/i-santi-e-gli-animali.html?eprivacy=1
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San Cadoc era originario del Galles, nato nel 570 d. C e viveva come tutti mangiando, bevendo, pregando...
Un giorno stava leggendo la Bibbia e pregando quando si accorse di avere fame, era da molto che non mangiava...
Avrebbe anche potuto far digiuno come aveva fatto Gesù per 40 giorni, ma non ce la faceva...
Improvisamente scorse un topolino, piccolo e bianco che si avvicinò ai piedi del tavolo e lasciò là sotto un chicco di grano... e scappò via... Poco più tardi ritornò lasciando un altri chicco di grano, epoi di nuovo... e ancora.
Cadoc, incuriosito cercò di percorrere la strada che faceva il topolino e si accorse che un mucchio di grano era proprio sul sentiero davanti casa sua... forse era caduto da un carretto che lo trasportava...
Cadoc capì che Dio aveva ascoltato la sua richiesta, ma che avrebbe dovuto dedicarsi di più
alla vita solitaria contemplativa. Dopo pochi mesi, ecco che Dio gli mise dinanzi un cinghiale dal pelo bianco che lo portò sio ad una radura.
Là. Cadoc, ebbe la visione di un convento pieno di monaci che pregavano e tante persone che tornavano a Dio. Il santo capì quello che Dio voleva e cominciò a costruirlo il convento, poco dopo già pieno di discepoli...
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CANI
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SANTA AGNESE DI BAGNI DI ROMAGNA
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Questa santa dal nome altisonante nient'altro è che la nota S. Agnese di Roma, trasformata ed adattata alla storia locale.
E', infatti, legata alle virtù terapeutiche delle acque termali di Bagno di Romagna, note ed apprezzate già dai Romani, che ne avevano fatto un luogo di abluzioni salutari, ampliando le vasche esistenti ed anche l'edificio dedicato ad una Ninfa, divinità di quelle acque.
Questo luogo, poi, passò sotto il controllo dei Cristiani che ne esaltarono ancor più le qualità taumaturgiche e depuratrici...
Cosicchè alla ninfa pagana subentrò Santa Agnese, non già di Roma, quella autentica, ma di Bagno di Romagna.
La storia della Santa Agnese romana, narra che Agnese, fanciulla cristiana di 13 anni, vissuta a Roma al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, tra la fine del 200 e gli inizi del 300, si era votata alla castità, preferendo il martirio al matrimonio con il figlio del Prefetto di Roma.
Anni dopo, Costantina, figlia dell'imperatore Costantino, recatasi a pregare sulla tomba di Agnese, ottenne la guarigione dalla lebbra, ed in suo onore fece erigere la basilica sulla via Nomentana.
Proprio questo miracolo, associato alle virtù taumaturgiche delle acque termali che curavano le malattie cutanee in Bagno di Romagna, trasformò la Santa Agnese romana in quella romagnola, con una sua vita ed una sua storia.
Che la vedeva, lei cristiana, destinata a sposare un giovane pagano che lei rifiutò, pregando Dio di essere sfigurata e quindi respinta dal pretendente.
Suo padre, accusandola di stregoneria, la destinò alla solitudine in una foresta ma i soldati che la accompagnarono poi la lasciarono libera, riportando al padre false prove della sua morte.
La giovane camminò a lungo nella foresta finchè incontrò un cagnolino che raspando la terra, fece scaturire dal terreno delle acque calde che la risanarano dalla lebbra.
Questa figura nuova, pur conservando le qualità originarie della santa romana, si intreccia sia con quella della beata Agnese di Sarsina, sepolta a Pereto, che con quella della beata Giovanna di Bagno di Romagna.
Insomma, un pò di confusione... |
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BEATA MARGHERITA DA CASTELLO
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SANTA MARGHERITA DA CORTONA
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Margherita, di famiglia nobile, nacque cieca e storpia, ma ricca di grazia e di intelligenza.
I suoi genitori, la condussero a Città di Castello per implorarne la guarigione ad un santo li molto venerato. Ma poichè non successe nulla, decisero di abbandonarla in chiesa.
Margherita riponendo tutta la sua fiducia in Dio, lo pregava ininterottamente e venne successivamente accolta nel Terz’Ordine di San Domenico, dedicandosi alla preghiera, alla penitenza e raggiungendo la santità.
Dopo la sua morte, nel 1320, nel suo cuore furono ritrovate 3 perle su cui si vedevano scolpite le immagini di Gesù, della Madonna e di S. Giuseppe.
Il suo corpo incorrotto si trova nella chiesa di San Domenico a Città di Castello. Nel 1988 il Vescovo di Urbino e Città di Castello l’ha proclamata Patrona Diocesana dei non vedenti. |
Si narra che la giovane Margherita, bella e nobile
fanciulla, contrariamente ai desideri della famiglia
si era innamorata di un cavaliere con cui convisse
per nove anni.
Quando il compagno si eclissò
senza lasciar tracce, il suo cane, a cui la giovane
era molto affezionata, cercò senza posa il
padrone, che era stato assassinato, finchè
non ne trovò il cadavere e, tornato da Margherita,
tirandola per la veste la portò nel luogo
in cui si trovava il corpo.
Essa tornò dai
suoi che però la respinsero, mentre il suo
cane non l'abbandonò mai e le diede grande
consolazione nella sua nuova vita dedicata alla
preghiera, alla carità e, alla contemplazione
di Dio. |
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SAN VITO
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SAN ROCCO
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Vito, martire siciliano, è annoverato tra
i Santi cosiddetti Taumaturghi o Ausiliatori ed è
invocato contro il morso di cani idrofobi. E' rappresentato per lo più con un cane
(o due) ai piedi.
A lui si ricorre anche contro il
morso di alcuni animali velenosi e contro il "ballo
di San Vito", malattia di tipo epilettico che
colpisce il sistema nervoso e che provoca gesti involontari
e tic.
Di conseguenza, è Patrono dei ballerini
e i contadini lo invocavano affinchè proteggesse
il loro raccolto contro i topi, mentre le madri affinchè
i bimbi che tardavano a prendere sonno, subito si
addormentassero. |
Si dice che San Rocco, nobile francese,
era nato con una croce rossa impressa sul petto e
che sin da giovane si era dedicato alle opere di carità,
rinunciando ai suoi averi e dirigendosi, come un pellegrino
qualsiasi alla volta di Roma, guarendo moltissimi
ammalati di peste nelle città che attraversava.
Egli viene per lo più ritratto con un cane,
poichè sembra che, contagiato anche lui da
quella malattia rifugiatosi in una grotta, un cane
che si era accorto di lui, lo aveva salvato poichè
ogni giorno gli portava un pezzo di pane con cui poteva
sfamarsi.
E' il Patrono dei farmacisti e di molte
nostre città e paesi e viene invocato contro
la peste. |
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SAN DONNINO
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SAN LAZZARO
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Soldato e martire sotto il regno
di Diocleziano venne decapitato con i suoi commilitoni
per aver aiutato i cristiani che venivano torturati.
Si narra che egli raccolse la sua testa e guadò
il vicino fiume, giungendo sull'altra sponda. Se non
viene rappresentato come Santo Cefaloforo, cioè
senza la testa o con la propria testa in mano,
San
Donnino viene quasi sempre ritratto con un cane accanto,
poichè aveva guarito una donna morsa da un
cane rabbioso.
Sulla base di questa leggenda, nella zona di Parma, nella
festa di questo Santo, per tradizione, si faceva mangiare
del pane benedetto ai cani per preservarli dalla rabbia. |
Da non confondere con Lazzaro, fratello
di Marta e Maria di Betania, amico di Gesù
e da Lui resuscitato.
Il santo in questione è
il povero della parabola del ricco e del lebbroso.
Lazzaro elemosinava alla sua porta, senza però destare in Epulone, il ricco, alcuna pietà, ma quando morì egli venne portato in cielo accanto al Padre, mentre alla sua morte, il ricco venne condannato alle pene infernali Vangelo di Luca, 16, 19-31).
Lazzaro è considerato il patrono dei lebbrosi,
e dal suo nome derivò la parola "lazzaretto",
cioè il luogo di ricovero e di cura per i lebbrosi
o comunque dei malati da tenere isolati. |
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SANTA GENEVIEVE O GENOVEFFA
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Genoveffa nacque a Nanterre nel 422 e morì a Parigi il 3 gennaio 512, venerata dalla Chiesa cattolica come santa e patrona della città di Parigi e della polizia.
Geneviève, il cui nome in celtico significa "dalle bianche guance", nacque in una famiglia nobile gallo-romana, il cui padre, Severus, era un magistrato di Nanterre, città vicina a Parigi.
Si dice che da bambina abbia incontrato i Santi Germano d'Auxerre e Lupo di Troyes che andavano a portare il Cristianesimo tra i pagani della Britannia e pare che da questo incontro sia nata la sua vocazione religiosa.
Alla morte dei genitori, la nonna la portò a Parigi e verso i 16 anni, Geneviève scelse di vivere una vita di ascesi e di santità. Si diede, dunque, ad opere di bene e fece costruire la prima chiesa sul sepolcro di san Dionigi, il vescovo protomartire di Parigi.
Successivamente incitò i parigini a rimanere in città e a contrastare gli Unni di Attila, che volevano occupare Parigi. I Parigini l'ascoltarono e difesero la loro capitale, incoraggiati dalle esortazioni e dalle preghiere di Geneviève, cosicchè Attila, scoraggiato dall'inattesa resistenza, deviò e si diresse verso Orléans, dove poi venne sconfitto dal generale romano Ezio.
Pochi anni dopo, Meroveo, re dei Franchi, mise sotto assedio Parigi, difesa ancora dai Romani, e dopo la sua morte l'assedio fu continuato dal figlio Childerico I, che dopo cinque anni la conquistò. Geneviève non gli si oppose, sperando che egli avrebbe diffuso su tutto il territorio la fede cristiana ma l'assedio e la guerra avevano portato agli abitanti difficoltà e carestia. Geneviéve allora, organizzò un gruppo di undici battelli che si fermavano in varie città, raccogliendo grano ed altri generi alimentari che portò a Parigi, salvando gli abitanti dalla fame.
Durante il viaggio Geneviève compì molti miracoli guarendo molti ammalati, liberando indemoniati ed altro e, tornata a Parigi, fece distribuire con saggezza il grano raccolto
Le sue opere e la sua santità si diffusero in tutto il mondo ed era rispettata anche dal re pagano Meroveo e da Childerico suo figlio. Poi nel 496 il figlio di questi, Clodoveo I, fondatore dei Merovingi, la cui moglie Clotilde era già cristiana, si convertì alla vera Fede.
Geneviève, intanto, si era ritirata in un piccolo convento in collina nel Quartiere latino, dove passava giorni e settimane in solitudine, digiuno e penitenza. Aveva visioni ed emetteva profezie Verso la fine della sua vita, convinse Clodoveo a costruire in quel luogo una chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo.
Morì nel 502 e là dove aveva vissuro fu sepolta. Accanto a lei vennero sepolti anche Re Clodoveo e la regina.
Accanto alla chiesa fu eretto un monastero, dato ai Benedettini eppoi agli Agostiniani che ne fecero un centro di cultura davvero apprezzabile. |
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Nelle immagini, il Santo è di solito accompagnato da un cagnolino bianco e nero con una fiaccola.
Si dice, infatti, che sua madre, mentre lo attendeva avesse avuto in sogno una visione in cui partoriva un cane che con una fiaccola in bocca incendiava il mondo.
Non a caso, quindi, San Domenico scelse come emblema il cane con la fiaccola e fece derivare il nome del suo Ordine da "Domini canes" ossia segugi di Dio, per indicare la loro fedeltà al Creatore e alla dottrina della chiesa.
Il suo Ordine fu ricco di spiritualità, di mistica, di cultura e di conoscenza, messi al servizio e a difesa della chiesa. Egli stesso
fu un predicatore instancabile che sin dall'iniziotentò di riparare i gravi effetti dell'eresia Catara che si era diffusa in mezza Europa.
Le sue parole ridestarono le anime, illuminandole col fuoco dell'amore a Cristo.
A lui è attribuita la
pia pratica del Rosario e solitamente la Madonna del Rosario è ritratta, in quadri ed immaginette, con il Rosario e ai piedi i due Santi i domenicani: San Domenico e Santa Caterina.
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SAN DOMENICO DI GUZMAN
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Il santo peruviano, offrì l'esempio di una vita tutta dedita agli altri, mettendo a frutto i molti doni spirituali di grazia e santità, dalla bilocazione alla profezia, alla carità e alle scienze infuse.
Era devotissimo all'Eucaristia.
Nelle immaginette è spesso accompagnato da animali, per lo straordinario amore e rispetto che riversava su di loro e fece vari miracoli legati ad animali d’ogni sorta con cui parlava e che curava.
Il cane, in particolare, è il ricordo di un cane resuscitato dopo che il procuratore del convento lo aveva fatto uccidere perchè troppo vecchio. |
SAN MARTINO DI PORRES
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ORSO
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SAN ROMEDIO
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SAN MASSIMINO DI TREVIRI
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San Romedio, o Remedius o Remegius, santo eremita, nacque nel 330 in una famiglia cristiana vicino ad Innsbruck.
Ormai adulto, si recò in pellegrinaggio a Roma con due compagni, Abramo e Davide e nel viaggio conobbe Vigilio, vescovo di Trento ed i futuri martiri Sisinio, Martirio e Alessandro. A Roma visitò le tombe dei Santi Pietro e Paolo, le catacombe dei martiri e conobbe il Papa.
Tornato a Trento, regalò al Vescovo le sue proprietà ed alri beni alla chiesa di Augusta in Baviera. Abitò presso il luogo dei martiri sopracitati, in Val di Non, sulla roccia che poi prese il suo nome, dove trascorse gli ultimi anni di vita come i monaci orientali. Morì nel 400 o 405 e fu sepolto in cima alla roccia.
Nell'VIII secolo, sulla sua tomba, venne costruita una cappella, che, verso la fine dell'anno 1000, venne ampliata
Varie le leggende legate alla sua figura, come quella di aver ammansito un orso che aveva attaccato il cavallo su cui stava montando per andare dal vescovo Vigilio di Trento e quella riguardante il fatto di aver informato Vigilio che, per avvertirlo della sua morte, avrebbe fatto suonare la campana della chiesa. |
Massimino di Treviri, tedesco, nato a Silly nel III secolo e morto a Poitiers, nel settembre del 349, fu vescovo di Treviri, al tempo del regno dei figli di Costantino. Fu un forte oppositore dell'arianesimo. E' venerato come santo.
A Treviri diede ospitalità a sant'Atanasio tra il 335 al 337.
Morì ritornando da un viaggio a Costantinopoli.
Nel VI sec., sulla sua tomba venne costruita un'abbazia benedettina divenuta poi l'Abbazia imperiale di San Massimino. La sua testa viene invece conservata in un'altra chiesa di Treviri.
Viene invocato come patrono contro i pericoli del mare, della pioggia e dello spergiuro e viene spesso rraffigurato in compagnia di un orso, che secondo una leggenda aveva ucciso l'animale da soma (cavallo, asino o mulo, non si sa) che trasportava il suo bagaglio durante un suo viaggio a Roma e che egli avrebbe costretto a sostituirsi alla bestia uccisa nel trasporto dei suoi bagagli.
Viene ricordato il 29 maggio. |
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SAN GALLO ABATE
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Sembra sia nato in Irlanda verso la metà del sec. VI, fu uno dei discepoli di s. Colombano, che lo accompagnarono nel continente.
Visse prima a Luxenil con lui, seguendolo poi in vari luoghi finanche quando partí per l'esilio nel 610, arrivando a Bregenz, sulle rive del lago di Costanza, ma quando Colombano si diresse in Italia, verso l'anno 612, si separò da lui, probabilmente perchè ammalato e si recò con altri monaci in Svevia, dove visse come eremita con altri monaci e dove probabilmente morí tra il 630-645.
Sulla sua tomba fu costruita una chiesa su cui poi venne fondata da Sant'Otmaro un'abbazia che venne poi denominata Abbazia di San Gallo.
Si dice che un giorno, mentre Gallo pregava, un orso si avvicinò per mangiare i resti del pasto. Gallo avrebbe tolto dal piede dell'orso una spina e questo lo avrebbe aiutato a costruire il suo romitorio.
Morì probabilmente ad Arbon, a novantacinque anni, e sarebbe stato sepolto ai piedi dell'altare del luogo in cui viveva. Per una strana deformazione poi, S. Gallo viene invocato
come protettore dei gallinacei e dei volatili in genere. |
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http://guidaaltoadige.blogspot.com/2010/10/san-corbiniano-di-frisinga.html
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In tempi antichi si viaggiava per lo più a cavallo chi aveva un pò di soldi, oppure direttamente a piedi.
Corbiniano, un monaco tedesco, volendo recarsi a Roma, per avere una benedizione dal Papa, scelse il cavallo, anzi due cavalli per poter cavalcarli a turno e partì.
In primavera percorse il suo lungo camino sulle Alpi, che a quei tempi erano popolate da branchi di lupi e di orsi e, giunto sui monti del Tirolo, gli capitò una brutta sorpresa.
Una sera, stanco del percorso fatto, aveva legato i due cavalli ad una pianta e si era riparato dal freddo della notte, poi s'era addormentato... Ma il suo sonno venne interrotto da un forte nitrito dei cavalli che, spaventati all'apparire di un orso che ne aveva già azzannato uno, stava per mangiarselo.
Corbiniano balzò in piedi e riuscì a catturare l'orso, mettendogli in groppa il cavallo morto e conducendolo fino a Roma. |
SAN CORBINIANO
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CERVO E LUPO
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SAN CALOGERO EREMITA
Il Santo viene raffigurato accanto
ad una cerva, poichè si dice che durante
la sua vecchiaia, non potendo più raccogliere
le erbe di cui nutrirsi, si cibava del latte di
quell'animale, mandatogli dal Signore.
Un giorno
però un cacciatore, detto Arcario perché
cacciava con l’arco e le frecce, involontariamente
colpì a morte la cerva e, addolorato,
divenne discepolo del santo, aiutandolo con amore
sino alla sua morte.
Egli lo seppellì in
una caverna sul monte, nota a lui soltanto, che
trasformò successivamente in una piccola
chiesa, dove alloggiò insieme ad altri discepoli.
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SANT'EGIDIO
Sant’Egidio (o Saint Gilles)
era abate nella Francia di Carlo Magno, superiore
di un convento benedettino di Saint Gilles, appunto.
L'iconografia lo ritrae con un cervo, talvolta ferito
da una freccia, che egli protegge.
Si narra, infattti,
che durante una battuta di caccia, Carlo Magno colpi
un tale animale, ma questi fuggì nella foresta e quando
l'imperatore lo ritrovò, vide che l’abate
Egidio lo proteggeva, abbracciandolo.
Per difenderlo,
si era fatto colpire dalla freccia a lui destinata.
E’ il patrono dei poveri, dei pazzi e dei paurosi. |
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SANTA GENOVEFFA DI BRABANTE
Genoveffa di Brabante, tra santità e leggenda.
Si narra, infatti, che lei, moglie integerrima del conte Sigfrido, vissuto probabilmente nel sec. VIII, resista, durante l'assenza del marito, alla corte spietata del maestro di palazzo e che per questo venga da lui condannata, assieme al figlioletto neonato, ad essere annegata.
Ma il servo, che ha ricevuto questo tristo incarico, lascia la donna in una foresta dove, aiutata da Dio e da una cerva che fornisce del latte a lei e al neonato, riesce a sopravvivere e poi ritrovata dal marito a cui racconterà ogni cosa.
Ma Genoveffa, in realtà, non è mai stata inserita nel Martirologio benchè alcuni la ritengano santa.
Si sono però trovate alcune tracce di culto a lei dedicato in un santuario dove è stata trovata una sepoltura che si crede dedicata a lei. |
SAN MEINULFO
Di San Meinulfo, diacono, nato a Paderborn in Sassonia, nell’odierna Germania, si sa davvero poco o nulla.
Si dice solo che abbia costruito ed abbellito il monastero di Böddeken, riservato ad una comunità femminile.
Secondo l'agiografia, prima di dedicarsi alla vita monastica, avrebbe avuto, tra le corna di un cervo, la visione di un Cristo in croce che lo invitava ad abbandonare la sua vita sregolata e a ravvedersi, dedicandosi alla fede ed ad una vita votata a Dio. |
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SANT'UBERTO
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SANT'AIDANO DI LINDSFARNE
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Sant' Uberto, chiamato anche "l'apostolo delle Ardenne" nacque a Tolosa forse nel 656 dalla dinastia merovingia.
Era il primogenito del duca Bertrando di Aquitania e nipote di re Cariberto II e crebbe a Metz, come conte palatino presso la corte di re Teodorico III di Neustria.
Poi si traferì in Austrasia, dove accolto benevolmente da Pipino di Herstal, nel 692 sposò la figlia del conte di Lovanio da cui ebbe un figlio, Floriberto.
Secondo l'agiografia, un Venerdì Santo, durante una battuta di caccia, avrebbe avuto la visione, tra le corna di un cervo, di un Crocifisso che lo invitava a convertirsi ad una vita più regolata.
Dopo poco, rimasto vedovo, si mise alla sequela di san Lamberto di Maastricht, rinunciando a titoli ed averi, a favore del fratello minore a cui affidò anche il figlio.
Si diede allo studio della teologia e fu poi consacrato sacerdote, coadiuvando Lamberto a cui poi succedette come Vescovo di Maastricht:, dedicandosi alla predicazione e facendo proseliti nel Brabante e nelle Ardenne ancora pagane, fondando la diocesi di Liegi, di cui divenne vescovo.
Era invocato contro i morsi dei cani rabbiosi e la sua tomba fu meta di numerosi pellegrinaggi.
E' ricordato il 3 novembre ed è ritenuto il Patrono dei cacciatori. |
Aidano, monaco irlandese dell'isola di Iona (Scozia) è detto l'Apostolo di Northumbria perchè fu missionario, fondatore e primo Vescovo del monastero di Lindisfarne, venerato come santo sia dalla Chiesa anglicana che dalla cattolica, che lo ricordano il 31 agosto.
E' citato da Beda il Venerabile nella sua Storia ecclesiastica del popolo inglese, in cui si narra che Oswald di Northumbria, vissuto nel monastero di Iona durante l'esilio, là convertito e battezzato, salendo al trono, volendo portare il Cattolicesimo in patria, ancora pagana, chiese missionari che dal monastero vicino infiammassero di fede i conterranei, ma il vescovo Corman affermava che la Northumbria non era facile alla conversione, perché i suoi abitanti erano troppo ostinati.
Aidano, che lo aveva criticato per il metodo usato verso popoli così digiuni di fede, venne messo al suo posto, nella diocesi di Lindsfarne, sia pur non conoscendo l'inglese che gli veniva tradotto in irlandese da Re Oswald. Quando il Re morì, Aidano si servì di re Oswine di Deira.
Sant'Aidano morì nel 651 ed il monastero da lui fondato divenne un centro di formazione.
Secondo le storie che lo vedono protagonista, Aidano avrebbe raggiunto tutti i villaggi, suscitando interesse per la vera religione.
Si dice che Oswine avesse regalato un cavallo ad Aidano ma che lui poi l'aveva donato ad un povero e spesso viene ritratto con un cervo perchè ne salvò uno dall'uccisione facendolo miracolosamente sparire. |
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SAN GIULIANO OSPITALIERE
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Giuliano l'Ospitaliere, è un santo, Patrono di Macerata, la cui festa cade il 31 agosto.
Secondo una leggenda di origine nordica, Giuliano era nato da una nobile famiglia, nel gennaio 631 d.c., ad Ath in Belgio. Violento di carattere, anche da giovane, si narra che durante una battuta di caccia, un cervo che stava per morire, gli predisse che avrebbe ucciso i suoi genitori.
Questa profezia, purtroppo, qualche anno dopo si avverrò, quando i genitori giunsero nel suo castello mentre lui era assente per una battuta di caccia e la moglie, una nobile vedova conosciuta in Spagna, offrì loro il letto nuziale per la notte. Rientrando in casa, Giuliano, credette ad un adulterio della moglie e uccise i due che stavano nel suo letto, cioè i propri genitori.
Disperato per aver commesso quest'orribile peccato, venne in Italia con la moglie, risalendo la penisola dalla Sicilia fino ad Aquileia, sulle rive del fiume Potenza, che in quel tempo era navigabile, dove per tutta la vita traghettò viandanti e pellegrini, offrendo loro la sua assistenza.
Durante una traversata la sua barca rischiò di capovolgersi e lui per tutto il tempo tenne stretto a sè un lebbroso per impedirgli di cadere fuori bordo. Questi, che passò poi la notte nel suo letto, si rivelò essere un Angelo mandato dal Signore a dirgli che aveva già scontato il suo peccato e la sua penitenza era stata accettata e che presto sarebbe stato ripagato ampiamente assieme a sua moglie.
Non si hanno notizie precise su quando questa storia venne resa nota per la prima volta, ma è sicuro che nel XIII secolo molti scrissero di lui, anche Jacopo da Varagine che lo inserì nella sua famosa Leggenda Aurea. In secoli a noi più vicino, anche Gustave Flaubert scrisse una leggenda su di lui.
Oltre che a Macerata, dove pare sia sepolto, san Giuliano l'Ospitaliere è venerato in Francia.
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SAN GILLES O EGIDIO
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Non si conosce l'età della sua nascita nè della morte, molti storici ritengono sia l'Egidio inviato a Roma da S. Cesario di Arles all'inizio del secolo VI, mentre altri lo ritengono aver vissuto un secolo e mezzo più tardi, mentre altri ancora dicono che la sua morte sia avvenuta tra il 720 e il 740.
La tomba del santo, venerata in un'abbazia della regione di Nimes, riporta una iscrizione non anteriore al secolo X, data in cui fu anche composta la Vita del santo abate.
Numerose sono le testimonianze del suo culto in Francia, Belgio e Olanda.
Tra i Francescani, il nome di Egidio è molto onorato, ricorato da vari beati, il più noto dei quali, è ifrate Egidi, compagno di S. Francesco, pieno id "perfetta letizia" e di arguzia.
Ma questo santo, molto popolare in Francia, non faceva parte deli Francescani, essendo nato in epoca precedente a S. Francesco.
L'abate Egidio (in francese Gilles) non si sa bene quando sia vissuto, alcuni storici lo iriconoscon in Egidio inviato a Roma da S. Cesario di Arles all'inizio del secolo VI; altri lo cclassicicano come vissuto un secolo e mezzo più tardi, mentre altri ancora datano la sua morte tra il 720 e il 740.
Tra i vari episodi della vita del santo si racconta anche ciò che venne riportato in due vetrate e da una scultura del portale della cattedrale di Chartres, dove è raffigurato questo Santo che celebra la Messa per ottenere il perdono di un peccato che l'imperatore Carlo Magno (768-814) non aveva osato confessare a nessun sacerdote.
Tra i racconti che hanno contribuito alla popolarità del santo vi è quello relativo ad una cerva mandata da Dio perportare latte al pio eremita, che viveva da anni in un bosco, lontano da tutti. Un giorno questa cervarimase intrappolata in una battuta di caccia condotta dal re in persona. Il re la inseguì, ma al momento di tirare la freccia non si rese conto che l'animale impaurito si era rifugiato presso l'eremita e cosù, il colpo destinato ad essa, ferì di striscio, il santuomo. Il re, si fece perdonare domandogli quell'intero territorio, sul quale più tardi sorse una grande abbazia.
E l'eremita ebbe la possibilità di veder prosperare un'attiva comunità di monaci, di cui lui era il fondatore. Numerose le testimonianze del culto resogli in Francia, Belgio e Olanda, per cui viene invocato contro il delirio della febbre, la paura e la follia.
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SANT'EUSTACHIO
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https://it.wikipedia.org/wiki/Eustachio_(martire
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La sua vita si rifà a fonti leggendarie e taluni dubitano che sia mai esistito, mentre secondo la Leggenda Aurea, visse a Roma sotto l'imperatore Traiano, identificato con il generale Placido, pagano, ma generoso verso i poveri e combattente vittorioso sui Parti.
Un giorno che era a caccia, mentre stava inseguendo un cervo, questo si fermò davanti ad un burrone e rivolto a lui, gli mostrò tra le corna una croce luminosa sormontata dalla figura di Gesù che gli diceva: "Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere".
Placido, impressionato, tornò a casa e raccontò il fatto alla moglie, che gli disse di aver avuto proprio quella notte una visione in cui uno sconosciuto le annunciava che il giorno dopo ella si sarebbe recata da lui con il marito.
Infati, essi, ormai convertiti, si recarono l'indomani dal vescovo, per farsi batezzare, prendendo Placido il nome di Eustachio (dal greco "che dà buone spighe"), la moglie quello di Teopista (cioè "credente in Dio"), ed i figli, uno Teopisto e l'altro Agapio (cioè "colui che vive di carità").
Nel luogo dell'apparizione, in cima alla rupe, venne eretta una cappella. Nel IV secolo, l'imperatore Costantino inviò alla Mentorella, allora territorio del comune di Poli, il papa San Silvestro I a consacrare la chiesa in onore del santo.
Si dice poi che Eustachio, lasciato l'esercito, venne perseguitato dalla sorte come Giobbe, perdendo prima tutti gli averi, poi la moglie ed infine i figli, ma che, come Giobbe, senza mai insultare la provvidenza e dopo anni di separazione, la famiglia si fosse miracolosamente riunita.
Richiamato sotto le armi come generale dall'imperatore Traiano, riprese servizio e si battè valorosamente contro i barbari. Invitato a Roma per ricevere onori, avendo l'imperatore Adriano saputo che egli era cristiano, lo fece arrestare e condannare a morte insieme alla moglie e ai figli.
Torturato assieme alla famiglia, ma tutti salvatisi misteriosamente, morirono poi, martiri, bruciati dentro un bue di bronzo.
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SAN LAUROMARO, LA CERVA E I LUPI
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Il santo monaco, Lauromaro, cantava a piena voce inni al Signore nella foresta di Perche, in Gallia.
Era un bel vecchio dalla lunga barba bianca che, scalzo e con una tunica nera camminava fra faggi edi abeti, cantando salmi ed inni. Gli uccellini gli svolazzavano intorno, anch'essi cinguettando..
Non si coosceva molto di questo sant'uomo che venne trovato poi da alcuni briganti che si aggiravano nei dintorni per rapinare i viandanti… e che credevano di poter convincere anche lui... ma fu lui a convincere loro... convertendoli tutti alla fede e ad una vita onesta, tantochè essi proclamarono la notizia della presenza del Santo in quel bosco e la gente accorse per avere da lui una benedizione e per raccomandarsi alle sue preghiere.
Ma questo servo di Dio si dava da fare anche con gli animali... Si dice, infatti, che un giorno, mentre passeggiava pregando, vide venirgli incontro, tutta tremante, una cerva inseguita dai lupi e lui, compassionevole, rivolto ai lupi, li esortò a lasciar perdere l'animale ed essi si fermarono e ritornarono indietro.
La cerva, avvicinatasi al Santo lo seguì fino alla sua capanna, mentre lui diceva: "Ecco: come i lupi non cessano mai di divorare le carni altrui, così il diavolo, lupo ancor più rapace, va in giro a divorare le anime!". |
http://www.notonlyblack.it/la-cerva-e-i-lupi
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LUPO
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SAN SIMPERTO DI MURBACH
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SAN FRANCESCO DI ASSISI
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Forse nipote di Carlo Magno visse nell'Abbazia di Murbach e ne divenne abate. Successivamente fu nominato Vescovo di Augsburg, ma si occupò sempre della Diocesi e del suo monastero, facendo fiorire nuove abbazie. Morì nell'807.
Sembra che abbia salvato un bambino dall'aggressione di un lupo e viene spesso ritratto in quest'atteggiamento accanto all'animale.
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La città di Gubbio era oggetto delle scorrerie
di un lupo selvaggio che incuteva un gran terrore
ai cittadini.
San Francesco lo incontrò fuori
delle mura e gli si avvicinò, ammansendolo
con parole e carezze, tanto da renderlo domestico.
Questo è ricordato come uno dei primi miracoli
del Santo.
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SAN GUGLIELMO DA VERCELLI
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Guglielmo, nato a Vercelli, nel 1085, da nobile famiglia, dopo un pellegrinaggio a Santiago di Compostela, dove fu ospite di un fabbro, gli chiese di realizzare un attrezzo per mortificare la carne, da usare durante il pellegrinaggio. Esso era così pesante da essere trascinato a malapena. Mentre effettuava il cammino, oltre al peso, San Guglielmo digiunò totalmente.
Tornato a casa, avrebbe voluto recarsi a Gerusalemme, per cui si recò nel sud Italia, ma venne rapinato e malmenato da alcuni ladri. Ciò fu interpretato dal Santo come fosse volontà di Dio che lui restasse là a diffondere il cristianesimo.
Si fermò, dunque, sulla catena montuosa che circonda Avellino e là trascorse alcuni anni da eremita, costruendo una piccola casa, dove poi ricevette alcuni discepoli che innalzarono una chiesa dedicata alla Madonna ed un monastero (Montevergine), dando vita, intanto, alla Congregazione dell'Ordine di S. Benedetto.
Molti i penitenti ed i fedeli che affluivano al Monastero, così lasciò quel luogo e si trasferì a Goleto, tra Campania e Basilicata, dando vita ad un nuovo monastero, continuando poi in quest'opera di fondazione di altri eremi.
Morì a Goleto nel 1142 ed il suo corpo fu successivamente trasferito a Montevergine.
E' noto per vari miracoli, tra cui quello del lupo, che avrebbe sbranato l'asinello di cui si serviva i santo. Egli allora si sarebbe rivolto all'animale e gli avrebbe intimato di prestarsi, da allora in poi, a tutte le mansioni delegate all'asino e da allora, questi sarebbe diventato mansueto e docile come un cagnolino.
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CIGNO
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SANT'UGO |
Sant'Ugo, su esempio del padre che si era ritirato in monastero quando aveva perso la moglie, portandolo con sè, continuò a vivere nella comunità, divenendo poi sacerdote nella Grande Chartreuse.
Venne mandato in Inghilterra dove svolse missioni diplomatiche e dove fu nominato Vescovo. Morì avvelenato da ignoti.
Si dice che un cigno annunciasse ogno volta il suo arrivo al palazzo vescovile svolazzando...
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RANA
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SAN RAINALDO |
1250 ca - 1321 - Vescovo di Vicenza e vicario papale a Forlì dove venne però aggredito e ferito gravamente.
Dopo esser fuggito, diventò Arcivescovo di Ravenna dove concluse un difficile processo contro i Templari accusati di varie falsità, pronunciandosi contro le torture ed ottenendo anche l'approvazione del Papa.
Viene ritratto con delle rane poichè si dice che riuscì ad indurre al silenzio una quantità enorme di rane che gracidavano in città, riuscendo così a tenere agli abitanti il suo sermone. |
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GALLINA
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SAN DOMENICO DELLA CALZADA |
Nato nell'omonimo comune spagnolo, Domingo diventò monaco, assumendo l'incarico di assistente del legato pontificio che poi lo ordinò sacerdote.
Alla morte di questi, si diede a vita eremitica sul Sentiero di Compostela e prese il nome "de la calzada" perchè cercava di rendere più agevole ai pellegrini il sentiero che portava a Santiago.
Fece costruire un ponte, una cappella, ostelli e ospedali e alla sua morte venne sepolto in quella che diventò una Cattedrale e che porta il suo nome.
Si dice che molti pellegrini vennero miracolati dinanzi alla sua tomba, come ad esempio, il figlio di due pellegrini ingiustamente giustiziato, che quando essi andarono per reclamarne il corpo, lo trovarono in buonissima salute ed egli andava raccontando che l'aveva salvato Santo Domingo.
Al sentire questo fatto, il governatore disse che il ragazzo era vivo come la gallina che stava mangiando in quel momento e all'improvviso questa, sia pur arrostita, cominciò a cantare...
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SAN KARILEF ED IL BUFALO
http://www.notonlyblack.it/karilef-e-il-bufalo/
Chidelberto, figlio di re Clodoveo, appassionato cacciatore, giunto sulle rive del Meno, venne a sapere dagli abitanti d'un villaggio che era stato visto un bufalo nella zona.
La notizia lo interessò e ordinò ai suoi servi di preparare una grande battuta di caccia per l’indomani. Gli uomini del seguito si diedero da fare, mettendo a posto archi, frecce, cani, cavalli, corni, viveri…
All’alba, tutto era pronto: il Principe, sul suo cavallo bianco, con arco e frecce e dietro di lui, una ventina di cavalieri e più di cento cani al guinzaglio...
A un cenno del principe, il corno avvertì l'inizio dela battuta e i cani vennero sguinzagliati, precipitandosi in avanti..
I cani, abbaiavano annusando il bufalo, i cavalieri erano pronti a colpire la preda con le frecce, mentre il bufalo si dirigeva verso la capanna del monaco Karilef.
Poco dopo, arrivò alla capanna anche il principe che rimase sconvolto nel vedere la bestia seduta ai piedi del monaco. Gli urlò che stava offendendo la sua nobiltà e quella dei suoi compagni... mentre il monaco tentava di placare la sua ira raccontandogli che egli voleva solo pregare in quel luogo e non aveva alcuna intenzione di disprezzare l’autorità del sovrano o turbare la caccia reale.
Il principe gli impose di andarsene subito senza più ritornare in quel luogo, dando uno strappo alla briglia del cavallo e facendo dietro front! Il cavallo però s’impennò e nonostante il principe desse dei colpi ai suoi fianchi, che cominciarono a sanguinare, restòferma al suo posto.
Un uomo del seguito avvicinatosi al principe, hli sussurrò qualcosa... così lui si avvicinò al monaco, domandandogli una benedizione…
Il vecchio benedisse il principe, offrendogli una coppa di vino della sua vigna e il principe, commosso, baciò la mano di Karilef, bevve il vino e per ringraziarlo, donò al monaco non solo il terreno su cui era costruita la capanna, ma tutto quello intorno per molti chilometri.
Il monaco rifiutò, ma poi, viste le insistenze accettò e su quel terreno venne poi costruito un grande convento e attorno ad esso venne innalzata la città di Saint-Calais.
La presenza del bufalo, aveva quindi reso al Santo e alla civiltà un grande servizio…
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CAVALLO, MULO, ASINO
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SANTA QUINTA DI ALESSANDRIA
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SANT'ELIGIO
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Eusebio di Cesarea, in una lettera del vescovo alessandrino San Dionigi al vescovo Fabio di Antiochia circa le troppe e violente uccisioni di vari martiri ad Alessandria d’Egitto, sotto l’imperatore Decio, dice che:
“Condussero in un tempio pagano una donna cristiana chiamata Quinta (o Cointa), cercando di costringerla ad adorare un dio pagano, ma essa, si rifiutò con grande resistenza.
Allora le legarono i piedi aggiogandola ad un cavallo e, la trascinarono per la città facendola sbattere contro delle grosse pietre poste su quel cammino.
Poi la flagellarono e, ritornati infine al tempio del dio Metra, la la pidarono, uccidendola, poichè si rifiutava di riconoscere quello come suo dio..
Secondo altre fonti, Quinta venne legata ad un cavallo e trascinata per strada finchè non morì.
Venerata dunque come santa martire, viene ricordata l'8 febbraio. |
Sant' Eligio, (Noyon 588 ca-il 1º dicembre 660), fu abile orafo e funzionario presso la corte dei re merovingi. Sembra che il re Clotario II gli avesse chiesto di realizzargli un trono tutto d'oro e che lui, con il prezioso materiale affidatogli ne avesse realizzati due.
Il Re, meravigliato per la sua onestà e bravura, lo nominò orafo di corte e maestro della zecca; egli continuò a lavorare indefessamente, realizzando vari capolavori (purtroppo molti dispersi) ed opere per varie chiese di Francia, tra cui notre Dame e Saint Denis.
Sotto Dagoberto, successo a Clotario, fu tesoriere e si occupò anche di diplomazia, per ristabilire la pace tra Franchi e Bretoni e presso la corte franca conobbe vari santi personaggi come Sulpizio, Desiderio e Audoeno.
Generoso coi poveri, solerte coi malati, pagava di tasca sua il riscatto dei prigionieri e faceva costruire chiese e monasteri.
Dopo la morte del re venne eletto Vescovo della diocesi di Tournai e Noyon e si dedicò alla conversione dei pagani, incoraggiando il culto dei santi di cui rinvenne alcuni corpi (San Quintino e San Luciano di Beauvais), per cui poi, realizzò dei reliquiari.
È, patrono di orafi, numismatici, dei maniscalchi e dei veterinari poichè avrebbe riattaccato la zampa ad un cavallo, con cui viene spesso ritratto nelle immagini sacre.
Viene ricordato il 1° dicembre.
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MULO
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SANT'ANTONIO E IL MULO
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Con il mulo andò così…
C'era un uomo, padrone di un mulo, che non ne voleva sapere di confessarsi, né di fare la comunione, dicendo che erano cose di poco conto, da bambini e da donne!
Antonio provò a spiegargli l'importanza dei sacramenti, ma lui non ne voleva sapere. Sant'Antonio allora ebbe una idea ed indicò il mulo. L'uomo guardò la sua bestia, dicendo che avrebbe fattto in modo che il mulo restasse per tre interi giorni senza mangiare, poi lo avrebbe riportato dinanzi al Santo, in piazza, mettendogli davanti un mucchio di fieno, mentre Antonio avrebbe messo davanti al mulo l'Ostia consacrata... Così avrebbero visto quelo che il mulo avrebbe scelto…-.
Antonio, comprendendo che questa era un'occasione irripetibile per convertire non solo il padrone del mulo ma tanti, pregò Dio che tutto andasse bene e tre giorni dopo si ritrovarono in piazza: Antonio con il suo Ostensorio e l'uomo con il suo mulo ed intorno una gran folla.
Antonio si mise da una parte e dall'altra venne posata una balla di fieno. il mulo era al centro della scena, tenuto con una corda dal padrone e quando questi lasciò la corda, l'animale per un pò restò fermo, poi, invece di andare a mangiare il fieno, si diresse verso Antonio, inginocchiandosi ai suoi piedi e inginocchiandosi dinanzi a Gesù Eucarestia... Poi si rialzò e andò a mangiare il fieno. A questa mirabile scena, moltissimi si convertirono, anche il padrone dell'animale. |
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TORO
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SANTA MARCIANA DI CESAREA
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SANTA SERENA
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Originaria della Mauritania, dopo aver deciso di dedicarsi a Dio, si ritirò conducendo vita di penitenza a Cesarea.
Fermamente contraria al paganesimo, durante la persecuzione di Diocleziano, una volta distrusse una statua della dea Diana venerata in città e venne arrestata, sottoposta a varie torture corporali e minacciata di essere disonorata.
Ma ella non cedette e quindi venne condannata ad essere uccisa da belve feroci.
Condotta nell'arena venne caricata da un toro che la ferì eppoi venne uccisa da un leopardo.
Viene ricordata l'11 luglio nel Martirologio Geronimiano e in quello Romano il 9 gennaio e a Toledo viene festeggiata il 12 luglio.
Prima si riteneva che questa seconda Santa Marciana, venerata a Toledo, fosse una santa omonima, ma poi si è appurato che ne esiste solo una, quella mauritana.
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Serena, venerata come santa e martire del III secolo, sarebbe stata la prima moglie dell'imperatore Diocleziano.
Si narra che l'imperatrice Serena si fosse battuta a favore dei cristiani per difenderli dalla furiosa persecuzione fomentata dal marito. Secondo fonti agiografiche ella stessa, ripudiata da Diocleziano, sarebbe stata condannata a morire nell'arena.
Altre fonti ci dicono che ella non fu martirizzata ma inviata in esilio a Foggia, dove esistono ancora i suoi resti mortali, mentre altri sostengono che la vera moglie di Diocleziano non fosse lei ma Prisca.
Molti dubbi, dunque, su questa presunta martire, tolta anche nell'ultimo Martirologio romano. anche perchè forse confusa con un'altra dallo stesso nome, proveniente da Spoleto, caritatevole ed affezionata al suo Vescovo, martirizzata sotto Diocleziano e la cui memoria liturgica è ricordata il 7 dicembre, assieme a San Savino che sosteneva che ella fosse originaria di Spoleto, morta, appunto, sotto l'imperatore citato.
Le sue reliquie, che si trovavano a Spoleto, vennero trasferite a Metz. Viene ricordata il 16 agosto.
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FALCO, AQUILA, UCCELLI VARI
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SAN GIOVANNI APOSTOLO
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SAN BAVONE DI GAND
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Apostolo di Gesù, con il fratello
Giacomo - i due che il Maestro aveva definito "figli
del tuono" - ebbe l'altissimo onore di vedersi
affidata, sotto la Croce, la vita di Maria Santissima.
Viene per lo più rappresentato con Gesù
o con il libro, in quanto autore del quarto Vangelo
e della visione dell''Apocalisse e con l'aquila.
Già
nei primi secoli, infatti, egli veniva definito come
"aquila spirituale".
Tale rapace, che si
eleva a grandi altezze e può fissare la luce
del sole, è la simbologia più adatta
per sintetizzare l'opera di San Giovanni che ha saputo
elevarsi alle più grandi altezze spirituali,
fino a fissare la luce beata della Santissima Trinità.
E' Protettore dei teologi, degli scrittori e degli
stampatori. |
Nacque da nobile famiglia in Belgio, alla fine del VI sec. ed ecco perchè viene spesso raffigurato vestiuto con abiti eleganti e con un falco.
Dopo una vita dissoluta e la morte della moglie, si recò da s. Amando che predicava alle popolazioni pagane della regione di Gand e per suo consiglio distribuì ai poveri le sue terre, entrando poi nel monastero di Gand, appena fondato da s. Amando e che in seguito si chiamerà "S. Bavone di Gand".
Divenne discepolo del santo missionario, che seguì nei suoi viaggi apostolici nelle Fiandre; poi ritornò a Gand, dove si fece costruire una piccola cella nel cavo di un grosso albero, dove si rintanò vivendo per tre anni una vita eremitica ed ascetica, che però minò il suo fisico. Morì tra il 655 e il 659 e il suo corpo venne sepolto nel monastero di Gand.
Le sue reliquie sono in parte nella cattedrale di Gand e in parte nell’abbazia benedettina di Nesle-la-Reposte, là dove si erano rifugiati i monaci fuggiti da Gand, invasa dai normanni, verso l’882-83. |
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SAN PAOLO, EREMITA
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SANTA OPPORTUNA
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Paolo di Tebe, ricordato come il Primo Eremita (Egitto, 230 ca – Tebaide, 335 ca), è venerato sia dalla Chiesa cattolica che da quella Ortodossa e copta e la sua storia fu redatta verso la seconda metà del IV secolo, da san Girolamo durante il suo soggiorno nel deserto della Calcide, nel 375-377.
Durante la persecuzione degli imperatori Decio e Valeriano, Paolo, proveniente da ricca e colta famiglia egiziana, ma cristiano, fu costretto a lasciare la città, per rifugiarsi nel deserto
della Tebaide, in una grotta vicina ad una sorgente e ad un albero di palma, da cui prendeva le foglie per realizzare abiti e datteri per nutrirsi. Così fino ai 43 anni, quando un corvo cominciò a portargli ogni giorno un pezzo di pane.
Avvicinandosi l'ora della morte, gli venne in visita S. Antonio, altro grande eremita-monaco a cui espresse il desiderio di essere sepolto avvolto nel mantello che Antonio aveva ricevuto in dono dal vescovo Atanasio. Antonio lo seppellì proprio in quel mantello, in una fossa scavata, sempre secondo quanto narrato, da due leoni.
In base a tali fatti, nell'iconografia è generalmente rappresentato vestito con un abito di foglie di palma intrecciate, un corvo e due leoni.
La sua festa cade il 15 gennaio |
Santa Opportuna, nata a Exmes era una badessa del monastero di Montreuil la Cambe o di d'Almenêches.
Era invocata dalle coppie sterili che desideravano un figlio.
Molti sarebbero i miracoli a lei attribuiti, tanto da definirla "La Taumaturga della Normandia". Era nata da una famiglia nobile. anche suo fratello godenardo aveva intrapreso la vita monastica e venne eletto Vescovo e che si avviò a Roma come pellegrino restandovi molti anni.
Sarebbe morta nel 770, dopo una vita di tanta astinenza e di austerità, portando per tutta la vita un duro cilicio, sopportando a fatica la morte dell'adorato fratello..
I suoi resti mortali, trasferiti in una piccola cappella costruita con le offerte dei pellegrini e successivamente portati nella chiesa di Moussy-le-Neuf, costruita verso il 1220-12221.
Viene spesso rappresentata con uccello che le si appoggia su di una spalla perchè ella si dedicava all'orticoltura e a tentare di farsi capire dagli uccellini.
La sua festa si celebra il 22 aprile. |
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PECORE, AGNELLI
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SANTA AGNESE
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Nobile romana, decise di consacrarsi
a Dio sin da fanciulla e rifiutò le proposte
di un giovane patrizio, probabilmente figlio del Prefetto di Roma..
Il padre del giovane respinto, la fece rinchiudere tra le vestali che professavano il culto della dea Roma e al suo rifiuto di sacrificare alla dea, la rinchiuse in una casa di tolleranza dove nessuno però le si avvicinò per farle del male.
Si dice anche che la giovane venne accusata di stregoneria e condannata quindi al rogo ma che le fiamme non la lambirono nemmeno e che i suoi lunghi capelli nascosero a tutti la sua nudità.
Infine,
venne martirizzata e sgozzata come un agnello, simbolo di innocenza e di purezza, animale con cui viene spesso ritratta nelle immagini religiose.
Il suo corpo fu sepolto a Roma, sulla via Nomentana, in un cimitero cristiano preesistente, noto come Catacombe di Sant'Agnese.
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SAN GIOVANNI BATTISTA
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La sua nascita viene annunciata da Gabriele Arcangelo, lo stesso che porterà l'annuncio a Maria della nascita di Gesù. Figlio di Zaccaria ed Elisabetta, parente di Maria, predicatore e precursore di Cristo, è anche il più grande dei Profeti.
Vivrà nel deserto una vita di preghiera e penitenza, convertendo, battezzando in attesa del Messia.
Gesù andrà da lui per farsi battezzare nelle acque del Giordano ed il Santo lo definirà come "l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo".
Dopo aver visto lo Spirito Santo aleggiare su Gesù ed aver ascoltato la voce di Dio, egli continua la sua missione e si spinge a condannare il matrimonio tra Erode e Erodiade, il che porterà il Santo alla morte, per taglio della testa, tanto che verrà chiamato anche San Giovanni Decollato.
San Giovanni, sia da bambino che da adulto viene raffigurato con un lungo bastone sulla cui punta c'è una piccola croce con la scritta Ecce agnus Dei e con l' agnello, che prefigura il Cristo immolato. |
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SANTA GEMMA
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Nata verso il 1375 in Abruzzo, in una famiglia dedita alla pastorizia, aiutò sin da piccola i suoi genitori e lo continuò a fare anche quando essi morirono precocemente.
Altri informano invece che
Santa Gemma si trasferì nel paese di Goriano, presso una comare.
La casa dove santa Gemma visse, oggi ospita la confraternita a Lei dedicata.
Di lei e della sua bellezza si invaghì il conte di Celano che, respinto, rimase però poi colpito dalla sua religiosità, tanto che le fece erigere un piccolo eremo dove lei visse una vita di preghiera e di ascesi, studiando la Bibbia, consigliando e aiutando chi a lei si rivolgeva per consiglio. Altre fonti ci fanno sapere, invece, che Santa Gemma visse per 42 anni in perfetta clausura.
Morì forse nel 1439 e subito si verificarono dei miracoli.
Il suo corpo ancora intatto venne posto sotto l'altare della chiesa a lei dedicata che si trova a Goriano, in Abruzzo.
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GIACINTA E FRANCESCO, I PASTORELLI DI FATIMA
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Giacinta e Francesco, i pastorelli di Fatima, fatti santi da Papa Giovanni Paolo II, hanno aderito senza tentennamenti al messaggio di Maria SS.ma, comparsa a Fatima nel 1917.
Breve vita la loro,
ma intensa e piena di slancio. Di 7 e 9 anni, non avevano ancora nemmeno fatto la Comunione (solo Lucia l'aveva già fatta), quando la "bella signora" comparve loro quel 13 maggio...
Non sapevano leggere e non erano così devoti come sembrerebbe; recitando il Rosario a volte saltavano dal Padre nostro all'Ave Maria, per sbrigarsi ed andare a giocare. Ma quel 13 maggio, nella Cova de Iria, mentre radunavano le loro pecore per tornare a casa, giacchè i lampi dardeggiano in cielo, ecco apparire una bella signora che li guardava amorevolmente, invitandoli a recitare quanti più rosari potevano...
Tornando a casa vorrebbero tacere, ma Giacinta non sa tenere il segreto: la notizia trapela e si diffonde, tra consensi, scetticismo e minacce.
I bimbi vengono addirittura imprigionati perchè le autorità vogliono sapere ciò che è accaduto, ma essi tengono duro, volendo rivedere la Madonna, il 13 di ogni mese.
Il 13 ottobre sarà l'ultima volta, dopo i due pregheranno per ore per i peccatori, per le anime che vanno all'inferno perchè nessuno si occupa di loro... Regalano le loro merende ai bimbi più poveri, mangiando di contro radici, ghiande, frutti selvatici.
Sanno che, come ha annunciato Maria, la loro vita sarà breve e preferiscono passarla contemplando Gesù Sacramentato, che fare quello che bimbi della loro età fanno.
Giacinta ha indossato un cilicio attorno alla vita per la salvezza delle anime e accetta ogni contrarietà, anche di restare e morire da sola nell'ospedale, in cui verrà ricoverata, contagiata dalla "spagnola". La Madonna le apparirà spesso dandole conforto fino alla morte, avvenuta il 20 febbraio 1920, a 10 anni.
Francesco riceverà la sua Prima Comunione il giorno prima di morire, a 11 anni, nel 1919.
I due bimbi, quindi, sono per noi modelli di santità e ci mostrano la loro breve vita come un'opera d'arte compiuta.
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LEONE, TIGRE
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SANTA MARTINA
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SAN PONZIANO
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Nella vita di Martina, nobile romana del III secolo, realtà e leggenda si confondono:
secondo la sua Passio era una diaconessa, arrestata per la sua appartenenza alla fede cristiana, che venne condotta a sacrificare agli dei romani.
Ma ella si rifiutò di farlo, facendo crollare la statua ed il tempio, nell'imperversare di un terremoto e di tuoni e fulmini.
Portata nell'arena per esser data in pasto alle belve feroci, ella venne risparmiata dai leoni che diventarono mansueti, ma poi torturata con uncini di ferro ed infine decapitata sulla via Ostiense, là dove poi venne edificata una chiesa in cui erano conservate le sue reliquie.
Durante il VI sec. papa Onorio I le fece costruire una chiesa vicino al Foro Romano, che oggi è intitolata a Luca e Martina, più tardi restaurata ed abbellita da Piero da Cortona.
Papa Urbano VIII la nominò tra le compatrone di Roma e la sua festa venne stabilita al 30 gennaio. |
Ponziano di Spoleto, di nobile famiglia durante il regno di Anonino, avrebbe veduto in sogno il Signore che gli chiese di diventare cristiano e subito si mise alla sua sequela, predicando e convertendo, nonostante le persecuzioni.
Arrestato, venne gettato in una gabbia con dei leoni che però con lui si comportarono come animali domestici, venne poi fatto passare sui carboni infuocati, ma non ne rimase bruciato e venne tenuto lungamente a digiuno ma degli angeli si occuparono del suo sostentamento.
Infine, gli venne tagliata la testa e si dice che in quel momento la terra tremò - e per questo è uno dei patroni del terremoto - ed il suo capo rimbalzando fece scaturire una fonte miracolosa.
Là dov'era morto venne poi eretta una chiesa e più tardi anche un monastero.
Viene ricordato il 14 gennaio, giorno della sua morte. |
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SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA
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SAN MARCO APOSTOLO
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Sant'Ignazio, secondo dopo Pietro
alla guida della solerte comunità cristiana
di Antiochia, all'inizio del II secolo, fu autore di
molte
Lettere giunte sino ai nostri giorni, da cui
si sprigiona un grande amore per Cristo e per la Sua
Chiesa.
Sotto Traiano fu imprigionato e portato a
Roma dove fu dato in pasto alle belve feroci.
La sua
festa è il 17 Ottobre. |
Il leone è simbolo di San
Marco, autore del più breve dei Vangeli, in
cui si narrano soprattutto le azioni ed i miracoli
di Gesù, per dimostrare che Egli è il
Figlio di Dio.
Questo perché come il leone domina con il suo
ruggito sugli animali della foresta, così Marco
proclama a gran voce che Gesù è Figlio
di Dio. |
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SAN GERONIMO
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San Gerolamo o Geronimo, nacque a Stridone, in Illiria, nel 347.
E' un importante teologo romano, Padre e dottore della Chiesa che, dal greco al latino in parte tradusse l'Antico Testamento e, in un periodo successivo tutta l'intera Scrittura ebraica.
Studiò a Roma, dedicandosi anche alla retorica, poi raggiunse Treviri, per seguire Sant'Atanasio che durante il suo esilio insegnava l'anacoresi egiziana, poi, si trasferì ad Aquileia, per far parte di un gruppo di asceti che vivevano sotto il patronato di Valeriano Arcivescovo, ma non trovandosi dopo un pò a suo agio, partì per l'Oriente e si appartò nel deserto della Calcide, dove rimase per un paio d'anni, vivendo di stenti e duramente, come anacoreta.
Infatti, spesso le immagini lo ritraggono in questa fase della sua vita eremitica, come penitente in una landa solitaria.
A questo periodo risale il famoso episodio del leone che, avendo una spina nella zampa s'era affiatato con lui che gliela aveva tolta.
Ma anche tra gli eremiti non trovò la ricercata pace e tornò ad Antiochia, dove rimase fino al 378, frequentando le lezioni di Apollinare di Laodicea e divenendo presbitero, ordinato dal vescovo Paolino di Antiochia.
Si trasferì poi a Costantinopoli, dove perfezionò il greco sotto la guida di Gregorio Nazianzeno e quando questi lasciò la città, Girolamo tornò a Roma, nel 382, dove fu segretario di papa Damaso I e dove divenne padre spirituale di un gruppo di vergini e vedove che si dedicarono ad una vita
di preghiera, meditazione, astinenza e penitenza.
La sua intransigenza morale, per cui era favorevole al celibato dewi sacerdoti, estirpando il fenomeno delle agapete, donne che volevano vivere in castità ma che abitavano con ecclesiastici, originariamente buona come esperienza ma poi rivelatasi un fiasco, a dispetto della spiritualità originaria, perchè dava adito a molte degenerazioni, aberrazioni e scandali. Quindi Gerolamo non era ben visto da gran parte del clero.
Alla morte di papa Damaso I, la curia romana osteggiò fortemente l'elezione di Girolamo a Papa attribuendo a lui grande responsabilità nella morte della discepola Blesilla, una ragazza rimasta vedova già da tempo che seguiva la rigida vita monastica secondo le regole di Girolamo e che, forse, a causa, dei digiuni, morì. Il caso sollevò grande clamore e, ovviamente, gli avversari di Girolamo gli diedero contro sulle mortificazioni troppo al limite, che potevano portare alla morte. Caduta la sua candidatura, sul finire del 384, fu eletto papa il diacono Siricio.
Girolamo, intanto, col fratello Paoliniano ed il prete Vincenzo ed alcuni monaci a lui fedeli, s'imbarcò da Ostia nell'agosto del 385 seguito poco dopo anche da alcune delle sue discepole della comunità romana e tornò in Oriente, dove continuò sempre battagliando per il celibato clericale e, grazie ai fondi messi a disposizione dalle sue "ancelle", fondò a Betlemme un monastero femminile ed uno maschile dove visse dal 385 fino alla morte, dedicandosi alla traduzione biblica, alla redazione di alcune opere e all'insegnamento ai giovani.
Nel 404 morì la sua discepola Paola, che verrà poi venerata come santa, ed alla quale egli dedicò post mortem l'Epitaphium sanctae Paulae.
Morì nel 419/420, a Betlemme, il 30 settembre proprio nell'anno in cui il celibato venne imposto al clero da una legge dell'imperatore Onorio.
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SAN MAMANTE
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SANTA TECLA
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San Mamante (o Mamas o Mammete) è
un santo poco conosciuto.
Di origine orientale, pare vivesse
come umile pastore, tra boschi e montagne, in tutta
semplicità, fedele a Cristo e alla sua Fede,
per la quale, sotto il regno di Aurealiano, venne
martirizzato.
A causa del suo nome latino, che ricordava la parola
"Mamma", il Santo venne designato come Patrono
delle nutrici. |
Di lei si hanno poche incerte notizie,
ma è definita "protomartire" e tuttavia
la sua devozione è molto diffusa. Il suo nome, significa "lucente".
Quasi sempre
viene raffigurata assieme ad un leone, simbolo del
martirio subito.
Pare sia stata, ma forse è
leggenda, discepola di San Paolo. |
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SAN GERMANICO
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SAN FLOCELLO
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Sembra sia stato martirizzato, poco più che fanciullo, a Smirne assieme ad altri 10 compagni, poco prima di San Policarpo.
Venne destinato alla morte nel circo, sbranato dalle belve feroci, ma il suo atteggiamento fiero e forte dava consolazione e vigore anche ai compagni.
Il proconsole tentò di salvarlo per la sua giovane età ma egli andò incontro al suo destino, provocando la zampata del leone per poter al più presto arrivare in cielo. |
S. Flocello, un fanciullo che viveva ad Autun, città della Borgogna, venne dilaniato da una tigre nel circo per essersi dichiarato cristiano.
Viene ricordato come martire il 17 settembre. |
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SAN GENNARO
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https://it.wikipedia.org/wiki/San_Gennaro
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San Gennaro, Vescovo di Benevento, venne martirizzato all'inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore Diocleziano.
Egli si era recato, con Desiderio ed il Diacono Festo, a Pozzuoli dove era stato arrestato il suo amico, il Diacono Sossio. Gennaro, assieme ai suoi due accoliti, si era recato n prigione per intercedere affinchè egli venisse liberato, ma venne arrestato anche lui coi suoi amici e condannato ad essere sbranato dai leoni nell'anfiteatro di Pozzuoli.
Ma la condanna non ebbe subito seguito perchè i condannati erano tutti amati dal popolo, ma si dice anche che essa non avvenne perchè i leoni, dopo una benedizione di San Gennaro, si sarebbero inginocchiati davanti alle loro vittime.
Allora venne autorizzata la decapitazione dei condannati che, portati sul luogo della Solfatara di Pozzuoli vennero uccisi col taglio della testa.
Su quel luogo venne costruita una chiesa, ma il corpo di San Gennaro venne sepolto nell'Agro Pontino e solo nel V secolo portato a Napoli nelle Catacombe a lui intitolate.
Un capitolo a parte, poi, si dovrebbe dedicare al sangue del Santo, poi raccolto in due ampolle... che ancor oggi è oggetto di devozione e mistero... |
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http://www.notonlyblack.it/santi-anacoreti-e-bestie-feroci/
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Sulpicio Severo narra che un giorno volendo visitare, in compagnia di un santo monaco, alcuni anacoreti che vivevano nelle varie grotte sparse sulle colline, i due decisero di fermarsi all’ombra di alcune palme per riposarsi, ed ecco comparire un leone, che, vedendo il monaco, lanciò un ruggito spaventoso.
Sulpicio Severo, si sentì gelare il sangue, ma il monaco lo tranquillizzò dicendogli che quello era un specie di benvenuto da parte leone ai monaci suoi amici. Egli, infatti, s’alzò sorridente, staccò un frutto da una palma è l’offrì al leone, che s’era avvicinato. L'animale prese il frutto dalla mano del monaco, come un e animale domestico e se n’andò via tranquillo e soddisfatto…
Lo stesso Sulpicio racconta poi che nei giorni successivi, mentre era ospite d’uno di quei monaci, in una grotta, al tramonto, ora in cui essi mangiavano, parlando delle cose che riguardavano Dio e l’anima, all’ingresso della grotta si affacciò il muso nero di un lupo che tutte le sere si recava alla grotta del monaco per ricevere gli avanzi della povera cena, attendendo con pazienza sull’uscio. E il monaco s’alzò, andando ad offrire all'animale quel poco avanzato.
La bestia inghiottì il boccone leccando affettuosamente la mano del monaco, attendendo le sue carezze, eppoi scappò via. |
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SERPENTE
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SAN PATRIZIO
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SANTA VERDIANA O VIRIDIANA
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Nato in Scozia nel III secolo da una famiglia di origini
romane e morto in Irlanda nel IV, è Patrono
delll'Irlanda.
La sua vita ha dei tratti a dir poco leggendari: sembra che da fanciullo fosse stato rapito da pirati
irlandesi, poi venduto schiavo e che, riuscito a scappare,
si fosse imbarcato, fermandosi in varie nazioni europee
e approdando alla fine in Irlanda, dove divenne Vescovo.
Cercò, con una vasta attività e con
grande fervore missionario di convertire alla fede
di Cristo l'isola, che viveva in pieno paganesimo.
Attorno a lui sono nate molte leggende, come quella
relativa al fatto che in Irlanda non ci sono serpenti,
poichè lui li avrebbe ricacciati in mare. |
Nata a Castelfiorentino, nel 1182, Verdiana, da famiglia nobile ma decaduta, da ragazza amministrò gli averi di un suo ricco parente e spesso donava ai poveri quello che c'era nei magazzini.
Una volta, poichè aveva regalato ai poveri dei prodotti, pregò lo zio di pazientare per qualche ora e, il giorno successivo, quanto mancava riapparve.
Si recò, poi, pellegrina a Santiago di Compostela.
Nel 1221 entrò, con approvazione di S. Francesco, nel terz'Ordine, in penitenza e solitudine, vivendo in una celletta costruita da alcuni suoi conterranei, in riva al fiume Elsa, dove rimase per 34 anni, assistendo alla Messa da una piccola finestra, attraverso cui riceveva anche il cibo.
Un'altra leggenda narra che negli ultimi anni condivise la cella con due vipere, che cercarono invano di farla uscire, ma ella ne uscì solo dopo la morte.
Sempre secondo tradizione, quando morì, le campane di Castelfiorentino si misero a suonare tutte insieme.
La sua festa è il 1° febbraio. |
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SAN DOMENICO ABATE
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San Domenico, detto da Foligno o di Sora, nacque nel 951 a Foligno, fu un abate riformatore della vita monastica tra il X e l'XI secolo.
In quel periodo storico stavano prendendo forma le cause che avrebbero portato alla lotta cittadina fra guelfi e ghibellini.
San Domenco fu predicatore e riformatore dei costumi in un'ampia zona che comprendeva l'Umbria, il Lazio, L'Abruzzo, ma anche la Campania e il Molise.
E' ammentato soprattutto come mistico, predicatore e taumaturgo, per la sua obbedienza e devozione.
Fu affidato sin da fanciullo ai monaci benedettini e qui seguì studi di retorica, musica ed aritmetica, poi cominciò il suo cammino spirituale in Sabina e visse per un pò da eremita
Nel 974 divenne monaco benedetttino a Montecassino eppoi sacerdote, dedicandosi alla predicazione, ma rinchiudendosi poco dopo nella zona di Farfa per un lungo periodo e successivamente costruì un monastero dedicato a San Salvatore.
Con un altro compagno, divenuto suo biografo, il Monaco Giovanni, riprese la vita solitaria, ma più tardi si dedicò soprattuto alla fondazione di altri monasteri, tra cui quello dedicato alla Santissima Trinità
Successivamente si impegnò per la costruzione di un altro eremo intitolato a Maria Santissima, realizzando vicino a Scanno due altri monasteri.
Si recò poi in Molise, dove diede vita ad altre fondazioni, sempre conducendo vita eremitica w arrivando, infine, in Campania, dove eresse un monastero dedicato a San Bartolomeo - ora diventato l'Abbazia di Trisulti - e quello di San Michele Arcangelo.
Infine,
sui resti della villa di Cicerone, creò l'abbazia di Maria SS. Assunta, oggi intitolata anche a lui, dove il santo morì nel 1031 e dove venne sepolto.
I fedeli lo ritengono un guaritore dai morsi dei serpenti e a Cocullo, il primo di maggio la sua statua, ricoperta di serpenti viene portata in processione.
Viene festeggiato liturgicamente il 22 gennaio.
Il Santo viene ricordato anche assieme ad un lupo, perchè, secondo tradizione, mettendosi in viaggio verso il paese di Cocullo, avrebbe trovato per strada alcune persone spaventate dall'apparire di un lupo che aveva rapito un bambino.
San Domenico aveva subito interpellato l'animale intimandogli di lasciare la preda.
Il lupo ascoltò il Santo e depose a terra il bambino senza fargli alcun male. |
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RAGNO
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Il Vescovo di Nola, Massimiano, si era rifugiato in una foresta dove viveva fra gli stenti, finchè non giunse il prete Felice a soccorrerlo. Felice era tutto dedicato a Dio e non desiderava altro che offrirgli tutta la sua vita, anche col martirio.
Venne alfine imprigionato in una piccola cella cosparsa di vetri e cocci taglienti, finchè una notte gli apparve un angelo che lo spinse ad occuparsi di Massimiano. Le catene che lo imprigionavano caddero, si apersero le porte e Felice uscì per realizzare quel progetto.
Dopo molto camino si fermò ai piedi di un albero per riposare e quando stava per rialzarsi s'accorse che un ragno aveva cominciato a tessere la sua ragnatela sul suo bastone. Con un sorriso,lo lasciò là dov'era, raggiungendo ben presto il rifugio di Massimiano, trovandolo però svenuto a terra e moribondo.
Vedendo appeso ad un arbusto un grappolo d'uva lo prese e lo diede con pazienza al Vescovo che riapre gli occhi e gli sorrise.
Felice se lo caricò in spalla e gli trovò un rifugio sicuro, tornando poi a proclamare a tutti la Parola di Dio. Alla fine i soldati lo cercarono, lo inseguirono, gli furono vicini... ma Felice si nascose
in una caverna dove però venne occultato da una grande tela di ragno che comparve all'imboccatura della caverna. I soldati, quindi, pensarono che là non vi si potesse essere nascosto nessuno...
Il ragno, dunque, gli aveva ricambiato la cortesia...
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UCCELLI
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SAN LIBERATO
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SAN FRANCESCO
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Sulla vita di Liberato si hanno poche notizie,
ma a questa nebulosità si contrappone
un’eccezionale fama di santità.
Viene,
infatti, ritenuto perfetto modello di osservanza delle
regole di San Francesco.
Il suo corpo venne seppellito
dai suoi confratelli in una cappellina di proprietà
dei signori di Brunforte e forse, proprio per questo,
nacque la leggenda ch'egli fosse erede di questa casata
e che, attirato da Francesco e dalla sua santità,
lo avesse seguito in tutto e per tutto, rinunciando
ai suoi averi e ritirandosi in un piccolo eremo a
Loro, dove visse santamente e umilmente.
"Non parla che per lodare Dio ", si diceva
di lui.
E quando morì, ancora giovane, dopo
aver ricevuto la visione della Madonna, di tre Vergini
e degli angeli, si disse che aveva vissuto da angelo.
Liberato da Loro, è identificato con il santo Anonimo
di cui parlano i Fioretti di s. Francesco. |
Dirigendosi verso Cannara,
San Francesco venne preso dal dubbio se ritirarsi
in eremitaggio o predicare, ma sollecitato dai
compagni, raccolse intorno a
sè molte persone e si accinse a pronunciare
uno dei suoi sermoni.
Molte rondini sfrecciavano in cielo con garruli stridii ed
egli comandò loro di stare in silenzio mentre
lui predicava.
Così fu e san Francesco riuscì a concludere la predica.
"E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli. E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch'erano in terra; e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare [...]
Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la croce c'aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti [...] e ciascuna schiera n'andava cantando maravigliosi canti." (Anonimo, I fioretti di San Francesco)
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SAN MARTINO
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San Martino, conosciuto per lo più per aver donato metà del suo mantello ad un povero che poi gli si rivelò essere Cristo in persona, famoso per essere apostolo della Gallia ed il primo padre del monachesimo in Occidente, è noto anche per il suo rapporto con degli gli smerghi, uccelli dalle dita palmate, piuttosto alti, con grandi ali, ciuffo di piume in testa, bianchi nella parte inferiore e tra occhi e becco ed una macchia nera sul collo, sotto il petto, lungo le ali e sulla schiena.
Si annidano lungo i grandi fiumi o alle foci, e mettono la testa sott’acqua per cacciare i pesciolini di cui si nutrono.
Sulpicio Severo racconta che, un giorno, il Vescovo S. Martino camminava lungo le rive del fiume Loira, seguito da una moltitudine di gente, ad un certo punto incontrò uno stormo di smerghi che erano intenti a cacciare i pesciolini.
Il Santo si fermò e, rivolto alla folla esclamò: «Ecco come fa il demonio! Anch’egli dà la caccia alle anime e le divora, e non è mai sazio!». Era tanto grande il suo amore per le anime, che volle salvare anche quei poveri pesciolini essendo anch'esse creature di Dio; perciò diede subito ordine agli smerghi di rispettare i pesci e di andarsene nella vicina foresta.
E subito lo stormo degli uccelli si alzò in volo, sotto gli occhi della folla stupita che non finiva di applaudire e si diresse verso il bosco...
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http://www.notonlyblack.it/san-benedetto-il-corvo-ed-il-pane-avvelenato/ |
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S. Benedetto, che si era stabilito nella spelonca di Subiaco per tre anni, venne trovato da alcuni monaci che lo elessero Superiore del loro monastero.
Era ritenuto ormai santo e ricercato da molti giovani che raggiungevanoil suo eremo per seguirlo nella Fede e farsi monaci, mettendosi sotto il suo comando.
Ma il demonio, geloso della sua santità voleva farlo fuori ed istigò un uomo malvagio che abitava in quella zona, per preparare un pane avvelenato da portare in dono al Santo.
Ma S. Benedetto, che aveva capito tutto, lo accettò ma lo mise da parte, intuendo che c’era sotto qualche cosa…
Ogni giorno, all’ora del pranzo, un corvo si posava sul davanzale della finestra della cella del Santo, aspettandosi un po’ di pane dalle sue mani e quel giorno il Santo gli mise davanti il pane avvelenato e gli disse di portarlo, nel nome di Gesù Cristo, in un luogo dove nessuno potesse trovarlo.
Il corvo svolazzò di qua e di là, girando intorno al pane avvelenato, gracchiando come se volesse rispondergli che voleva obbedire ma allo stesso momento aveva una gran paura.
Il santo gli chiese di nuovo di prenderlo e di gettarlo in un luogo inaccessibile a tutti.
Il corvo gli svolazzò ancora intorno, poi prese il pane e scomparve dalla sua vista.
Tre ore dopo si ripresentò al Santo, battendo allegramente le ali.
San Benedetto prese un pezzetto di pane e glielo diede.
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LEPRE
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http://www.notonlyblack.it/san-marculfo-e-la-lepre/
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San Marculfo viveva nel nord della Francia, vicino allo stretto della Manica, nel 550 d.C. Molti fedeli cristiani andavano nelle campagne, lontano dalle zone abitate, per cercare la semplicità, la povertà ed umiltà, in armonia con gli animali ed il creato che gli stavano intorno.
Il Santo aveva costruito grandi monasteri, fondato città, e dissodato territori immensi della Gallia settentrionale lungo il fiume Oise. Era ormai vecchio, ma prima di morire voleva fare ancora un lungo viaggio a piedi, per andare dal re Childeberto, a Compiègne, per farsi consegnare l'atto di conferma del possesso dei territori dov’egli aveva fondato i conventi.
Un mattino di luglio, prese le sue poche cose e col suo Angelo custode si incamminò lungo il corso del fiume. Dopo varie ore di cammino, sentendosi affaticato, si fermò in una radura dove dei cacciatori stavano inseguendo una lepre spaventata che si in un attimo si rifugiò tra le sue braccia.
Uno dei cacciatori minacciò il Santo ma il cavallo lo scaraventò a terra lasciandolo tramortito.
I suoi amici di caccia, che erano cristiani e non volevano offendere il monaco, lo pregarono di guarire il loro amico. Marculfo subito si alzò, si avvicinò al ferito e pregò Gesù di guarirlo, cosa che accadde subito.
Compiuto il miracolo, il santo si rimise in viaggio ed il Re Childeberto, venuto a conoscenza del fatto, si diresse verso di lui e, incontratolo, lo abbracciò commosso, pregandolo di salire sul cavallo d’uno del seguito, per condurlo con sé al castello di Compiègne e passarvi la notte
Gli concesse poi tutto quanto egli domandava e sottoscrisse il documento di donazione perpetua, firmato pure dalla regina e dai vassalli presenti. L’atto di carità verso la povera lepre non rimase, quindi, senza premio.
La sua festa ricorre il 1 maggio
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MAIALI
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Arresto di S. Biagio e restituzione di un maiale ad una vedova
Dipinto di
Allegretto Nuzi
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SAN BIAGIO |
A una poveretta, a cui non era rimasto altro che un maiale, un giorno un lupo glielo sottrasse. Era l'unica cosa che possedeva ed ella si rivolse a san Biagio per farselo restituire. Il Santo la rassicurò, dicendole che presto avrebbe riavuto quanto le era stato sottratto.
Subito dopo ritornò il lupo rendendo quanto aveva preso.
Questo episodio, che è stato rappresentato da molti artisti, pittori o scultori, ha ispirato il suo patronato sugli animali e sugli agricoltori. |
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http://www.notonlyblack.it/san-deicolo-e-i-porci/
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SAN DEICOLO E I PORCI
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S. Colombano, quando venne cacciato da Luxeil, porto con sè alcuni compagni irlandesi ed uno di questi, un vecchio monaco di nome Deicolo, dopo tanto cammino sulla strada che conduceva a a Besançon, supplicò Colombano di farlo restare in quel luogo, perchè non ce la faceva più. Là dove si sarebbe fermato, egli avrebbe concluso la sua vita, attendendo serenamente la morte.
Colombano gli diede il permesso e lui, abbracciandolo, assieme agli altri compagni, lo salutò commosso, poichè non si sarebbero più incontrati su questa terra…
Il luogo dove Deicolo si era fermato, era deserto e pieno di prunaie, poi c'erano boschi sconfinati. Riposatosi un pò, egli riprese da solo il cammino, con grande sforzo. Ma, dove poteva andare?
Piantò allora per terra il suo bastone e si mise a pregare con impegno la Provvidenza, quando avvertl un fruscio lontano e il grugnito di alcuni porci.
Deicolo non si era ingannato. Dopo pochi minuti, infatti, ecco spuntare, tra gli alberi, la testa d’un uomo dai capelli lunghi ed arruffati, con la barba incolta ed un bastone in mano. Era un mandriano che conduceva al pascolo una grossa mandria di maiali.
L'uomo gli si avvicinò, domandandogli chi fosse e cosa stesse facendo. Deicolo gli rispose che era solo un vecchio frate che stava cercando un luogo in cui fermarsi. Il mandriano gli rispose che c'era il posto giusto ma che apparteneva a potente Werfario, ma lui non poteva condurvelo perchè altrimenti i maiali si sarebbero dspersi.
Deicolo gli rispose di non aver alcun timore perchè se gi avesse questa carità, nessuno dei suoi porci si sarebbe perduto. Il suo bastone l'avrebbe sostituito.
Così dicendo, piantò in terra il bastone ed i maiali vi si raccolsero intorno… Il mandriano, stupefatto acconsentì, accompagnando Deicolo al castello di Werfario… |
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PESCI, CROSTACEI
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SAN FRANCESCO SAVERIO
Spesso nelle chiese dedicate a San Francesco Saverio si trovano dei bassorilievi che riproducono un granchio con una croce e nelle immaginette il Santo viene talvolta ritratto chino sulla riva di un fiume o sulla riva del mare, mentre un piccolo granchio gli porge una croce.
Tali immagini alludono alla leggenda che racconta di un l granchio che restituì al Santo il crocifisso che Egli aveva perduto nelle acque dove viveva l'animale.
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https://www.taccuinistorici.it/ita/news/
medioevale/busi---curiosita/Santo-Andrea-dei-pesci.html
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https://www.stilearte.it/san-zeno-o-san-zenone-vita-e-immagini-dellafricano-che-divento-santo-dei-lombardo-veneti1/
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SANT'ANDREA APOSTOLO
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SAN ZENO O ZENONE
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Andrea, fratello di Simon Pietro, nati a Betsaida di Galilea, più di altri citato nei Vangeli, :fu uno dei primi discepoli ad essere chiamato da Gesù mentre lui camminava lungo le rive ed essi gettavano le loro reti in mare.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono”. Mt 4, 18-21.
Egli era già discepolo di Giovanni Battista, il quale , fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!".
E i suoi due discepoli sentendolo parlare cosi, seguirono Gesù che si voltò verso di loro e disse: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì – che tradotto significa Maestro -, dove dimori?".
Disse loro: "Venite e vedrete". Lo seguirono e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui fino al pomeriggio inoltrato.
Uno dei due era Andrea, fratello di Simon Pietro che, avendolo incontrato gli disse: "Abbiamo trovato il Messia – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù”.Gv 1, 35-42.
Prima della moltiplicazione dei pani, durante la grande adunata, circa cinquemila uomini seduti sull'erba, si diede a cercare un pò di cibo per sfamarli: "C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?" Rispose Gesù: "Fateli sedere".
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano”.
Eppoi: “Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!". Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta".
Sul monte degli Ulivi, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea l'interrogavano in disparte: "Dì a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?".
"Dalla pianta del fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre. Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento”. Mc 13, 1
Poi, poco prima della Passione del Signore, si erano radunati per la festa dei Greci che si rivolsero a Filippo per poter avvicinare Gesù e Filippo interpellò Andrea ed insieme andarono a dirlo a Gesù, che rispose loro:
"E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto."”. Gv 12, 20-25 .
In questo modo Gesù profetizza la nascita della Chiesa come frutto della sua Pasqua.
Anche lui sarà condannato ad essere crocifisso come Pietro, chiese di esserlo in modo diverso da Gesù. La “sua” fu una croce a forma di “X”, detta appunto croce decussata o croce di Sant’Andrea. Viene riferito che Andrea predicò prima in Scozia e poi in Acaia e proprio della Scozia egli è Patrono e la Nazione ha adottato la croce del suo martirio come emblema della propria bandiera.
Denominato dalla Chiesa bizantina il Protoclito, che significa “primo chiamato”, viene riconosciuto anche apostolo dei greci e, si racconta della morte di Andrea a Patrasso, in Acaia, avvenuta il 30 novembre del 60 circa dopo Cristo.
Nel IV secolo ca. le reliquie del Santo verranno portate a Costantinopoli, eppoi trasferite ad Amalfi, mentre il capo resterà a Patrasso fino al 1460, dopo l'invasione della Grecia da parte dei Turchi, verrà portato a Roma e custodito in San Pietro fino al 1964 e infine, riconsegnate a Patrasso, da Papa Paolo VI.
Secondo un racconto del VI secolo, andando verso la croce, l’Apostolo avrebbe pronunciato parole di benedizione e di lode nei confronti del Redentore e Maestro Gesù, per insegnarci a portare le nostre croci come dono. |
La maggior parte della sua vita è avvolta nella leggenda, ma pare sia nato nel IV secolo, originario della Mauritania, e per questo vi si fa spesso ancora riferimento come al "Vescovo Moro".
Fu difatti vescovo di Verona dal 362 al 371 o 372 o 380, anno della sua morte.
Aveva grande cultura, formata alla scuola di retorica africana, da cui provenivano Apuleio di Madaura, Tertulliano, Cipriano e Lattanzio.
E' possibile leggere qualcuno dei suoi sermoni, 16 lunghi e 77 brevi, uno dei quali fa un parallelo tra la figura di Giobbe e quella di Cristo, che testimoniano la sua opera di evangelizzazione, la sua lotta contro il paganesimo ancora diffuso e contro l'arianesimo.
L'imperatore Giuliano l'Apostata cercava, contrastando il Cristianesimo, di riabilitare il culto agli dei pagani. I primi barbari invasori dell'Impero erano invece ariani, cristiani eretici avversi al Cattolicesimo.
Era, dunque, un tempo difficile per la Chiesa e per i suoi fedeli. Ma la predicazione di San Zeno si dice che abbia dato molti frutti ed il suo esempio fu di grande aiuto ai fedeli cristiani e a molti pagani ed eretici che si convertirono.
San Zeno è spesso rappresentato con un pesce in mano. Questo curioso simbolo ha un duplice significato. Avendo egli rinunciato alle sue ricchezze, per distribuirle ai poveri, anch'egli, dunque, era povero e per mangiare si accontentava di quello che gli offriva il fiume, cioè pescava egli stesso nell'Adige per procurarsi il pasto.
Per questo egli è considerato Patrono dei pescatori d'acqua dolce.
Ma il simbolo del pesce ricorda anche la frase che Gesù disse agli Apostoli, prima d'inviarli in tutto il mondo a battezzare e a predicare il Vangelo. " Sarete pescatori d'uomini". Anche San Zenone, come gli Apostoli, fu pescatore infaticabile, e le anime da lui tratte nella rete della Grazia furono infinitamente più numerose dei pochi pesci destinati a sfamarlo.
Il suo corpo è sepolto a Verona.
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SANT'ANTONIO
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La predica di Sant'Antonio da Padova ai pesci sarebbe avvenuta a Rimini.
La città era ormai invasa da un gruppo di eretici e quando il santo vi giunse, questi avvertirono i cittadini di restare a casa e di non andare ad ascoltare le prediche di Antonio.
Egli, quindi, non trovò le solite folle di fedeli che volevano ascoltare le sue parole, le piazze e le chiese erano deserte, sembrava che nessuno fosse interessato a lui e ai suoi sermoni...
Un pò frastornato da questo fatto, si avviò verso il mare, si chinò sull'acqua e cominciò a parlare, dicendo:
"Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità".
I pesci affiorarono improvvisamente a centinaia e sembrò davvero che ascoltassero attentamente le sue parole... |
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SAN RUGGERO E IL PESCE NELLA SECCHIA
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http://www.notonlyblack.it/san-ruggero-e-il-pesce-nella-secchia
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SAN RUGGERO E IL PESCE
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S. Ruggero, abate di Ellanzio, vicino a Reims, era di origine inglese, ma si era trasferito n Francia molti anni prima.
Una mattina venne pregato di andare a trovare un malato che voleva la sua benedizione e che abitava molto lontano. Il vecchio sacerdote si fece accompagnare da un giovane monaco e si incamminò, senza neanche una provvista, armato solo di bastone e fidando nella Provvidenza.
Dopo aver camminato per varie ore, la fame si fece sentire anche nel veccchio che però si immergeva in sante meditazioni mentre il giovane sacerdote si spazientì. Ruggero lo esortò ad aver fede, il Signore avrebbe certamente provveduto...
Alla svolta di una strada che portava nel bosco, trovarono una baracca costruita con tronchi d'albero da qualche boscaiolo. Entrarono e trovarono un uomo di mezza età che li salutò chiedendo il motivo della visita.
Il sant'uomo disse che avevano fame e cercavano un pò di pane ed il loro ospite disse di avere del pane d'orzo e tanta acqua fresca del ruscello che si trovava là vicino e di cui sarebbe andato a prendere un secchio.
Il giovane sacerdote si offrì di andare a prendere l'acqua, prese il secchio e si avviò secondo le indicazioni del boscaiolo verso il torrente dietro la baracca. Allungò il secchio nell'acqua e lo ritirò su e subito vide un grosso pesce sguazzarvi dentro.
Il boscaiolo era stupefatto perchè in tanti anni non ne aveva mai visto uno in quella sorgente. San Ruggero sorridendo disse che quella era Provvidenza di Dio.
E come cuocerlo? Ma con tutta quella legna là attorno, non vi era problema... accesero un fuoco e sulla brace arrostirono il grosso pesce che bastò per tutti e tre.
Dopo il pasto ed una preghiera comune di ringraziamento, san Ruggero ed il compagno salutarono ringraziando vivamente il boscaiolo e ripartirono per la loro strada.
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SANTI E API
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SANTA RITA DA CASCIA
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Si parla di una leggenda che riguarda Rita
da Cascia, per cui, al Sud è diffusa la sua devozione
tra gli apicoltori.
" Sa di presagio - fecondità, dolcezza
- un fatto strano. Leggenda? Vada per la leggenda, ma
questo non vuol dire solo e sempre una fantasia campata
in aria. Se c'è, su qualcosa poggia. e i supercritici
occhialuti mi facciano il piacere di stare zitti.
Un giorno, dunque - in casa? in campagna? non so - la
piccola giace nella sua cullina di vimini. E' desta?
Dorme? Non so. So che uno sciame di api sembra divertitissimo
a fare di quella boccuccia rosa un alveare. entrano,
escono, ronzano intorno. Rientrano, riescono, ronzano
ancora. Ma non le fanno male. Non la pungono.
Dicono che un mietitore insanguinato da un taglio di
falce che correva verso l'acqua per lavarsi la ferita,
vedesse quella scena; e nell'atto di scacciare le api
per paura che facessero male alla bambina, si sentisse
sanato sull'istante! E' vero?
O è vero invece che l'episodio sia avvenuto in
casa e Amata e le sue amiche stessero là come
sorprese, tra stupore ed estasi, lungamente?
Può darsi anche questo.
Gli artisti hanno reso la scena nell'uno e nell'altro
modo. Certo è che quella bimba sarà industriosa
e feconda come un'ape. E che dalla sua anima sgorgherà
molta dolcezza.
DAL LIBRO "SANTA RITA" DI PADRE ANGELINI
- TIP- DONNINI, 1953
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SANT'AMBROGIO
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Anche S. Ambrogio è protettore degli apicoltori
in quanto una leggenda narra che quand'era ancora lattante, venne assalito nella culla da uno sciame di api che
però non gli fecero nulla.
Da questa leggenda, nasce anche la sua iconografia. E', infatti, spesso
ritratto con accanto un favo e delle api.
Sant’Ambrogio paragonò la Chiesa proprio ad un alveare e il cristiano a un’ape che lavora con zelo e fedeltà... |
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MADONNOC E LE API
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da "Santi e animali" edito
dalla Figlie della Chiesa, 1947, testo di Domenico Casagrande,
ho trovato la storia di "Madonnoc e le api":
"... Volete conoscere chi portò
in Irlanda l'apicoltura e l'industria del miele? Fu
Madonnoc, discepolo di San David. Ecco come avvenne
il fatto.
Questo Madonnoc da principio era un uomo tutt'altro
che santo, anzi era uno di quegli uomini rozzi e grossolani,
che non incontrano mai le simpatie delle gente per bene.
Ma dopo che fu alla scuola di S. David divenne uno dei
suoi migliori discepoli, e passò tutta la sua
vita in unmonastero, ad accudire agli alveari e i monaci
raccoglievano ogni anno quantità enormi di miele
che distribuivano ai poveri ed agli ammalati
Ormai vecchio e ricco di tanti meriti, Madonnoc domandò
al suo superiore di ritornare in Irlanda, sua patria.
Lo credereste? tutte le api del monastero di s. David
lo seguirono... egli ritornò due e tre volte
al monastero
per riportare le migliaia di animaletti ai loro alveari,
ma non ci fu verso.
Dovette lasciarle in pace e accontentarsi
che lo seguissero. Ve l'immaginate questo sant'uomo,
curvo sul suo bastone, con quell'accompagnamento di
sciami d'api?
Così anche l'Irlanda conobbe l'apicultura, che
divenne poi una vera ricchezza per il paese. Il vecchio
Madonnoc continuò fino alla morte a raccogliere
il miele ed a spalmare con esso il pane da offrire ai
poverelli di Cristo...
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SAN MACARIO E LA IENA
http://www.notonlyblack.it/san-macario-e-la-iena/
S. Macario era un omino piccolo e magro con una barbetta rada e pochi capelli in testa, vestito di un lungo abito nero, piedi scalzi, ed una cocolla di capra, La cocolla è l'abito monastico composto da un'ampia cappa chiusa con o senza maniche e col cappuccio.
Macario una sera era nella sua grotta, in preghiera, quando udì alcuni colpi all’uscio, si fa per dire, erano tre pezzi di legno poggiati all’imboccatura della caverna.
Era una iena, dal pelo lungo di color grigio giallastro, e striato di nero sui fianchi e sulle zampe, animale dal collo tozzo e massiccio, una testa stretta nel cranio e larga agli zigomi e due orecchie spelacchiate… La bestia teneva fra i denti per la pelle della schiena un suo nato, cieco d’entrambi gli occhi.
La iena continuava a battere con il capo, finchè una delle tavole cadde, lascinadole spazio per entrare nella grotta e deporre il suo piccolo ai piedi di Macario.
Il monaco guardava incuriosito l'animale che emetteva dei lamenti pietosi e fissando il suo piccolo, s’accorse che esso era cieco.
Amorevolmente lo prese, gli bagnò gli occhi con un po’ di saliva ed essa subito risanata, corse verso la madre per succhiarne il latte. Macario osservava, compiaciuto, la scena finchè la iena, scuotendo festosamente la coda, si riprese il suo piccolo e s’allontanò nella notte…
Il giorno seguente, Macario se ne stava seduto vicino alla caverna, intrecciando giunchi e pregando quand’ecco ritornare la iena della notte innanzi essa aveva in bocca una pelle di pecora che depose ai suoi piedi, come un donodi riconoscenza al Santo per la grazia ricevuta il giorno prima.
Ma lui, appena la vide, esclamò: «Come ti sei procurato quella pelle? Hai forse mangiato la pecora? Non voglio di questi regali! Accetterò questo regalo solo se mi prometterai che non farai più danni, rubando e mangiando le pecore!».
La iena iniziò a far segno di sì, promettendo di comportarsi seriamente.
Il Santo, infine, accettò il dono e benedisse la iena, che lanciando un grido di gioia, corse a gambe levate verso la sua tana… |
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UNA STORIA CURIOSA. LA MADONNA DELLE GALLINE
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Restando in tema di animali, pur non trattandosi di santi o sante, si parla invece della Madonna.
Un’immagine della Madonna del Carmelo, quasi simile
a quella detta “La Bruna”, venne ritrovata a Pagani
( Sa) ed è all’origine del culto di quella che
viene definita “La Madonna delle Galline”, ritrovata
appunto da alcuni di questi volatili che razzolavano sempre
in un posto, benché sembri che sin dal VII secolo i
contadini dei dintorni offrissero in dono, come atto di devozione
alla Vergine, delle galline (che in realtà era l’unica
cosa che potessero regalare data la realtà contadina
presente in quel luogo).
L’ immagine era su tavola, forse risalente al 1200,
e attorno ad essa venne costruita un’edicola sul muro
adiacente un oratorio appartenente ad una Confraternita. L’immagine
venne quasi dimenticata, finchè nel 1609 un povero
storpio che s’era addormentato sotto di essa sentì
una voce che gli diceva di alzarsi perché era guarito.
Da quel momento la Madonna venne fatta oggetto di venerazione
e la piccola icona diventò meta di pellegrinaggi e
molti furono i miracoli riconosciuti anche dalla chiesa. In
un tempo brevissimo venne costruito un Santuario e sin dall’inizio
i pellegrini portavano in dono alla sacra immagine delle galline,
oche, volatili in genere. Da qui l’appellativo di “Madonna
delle Galline” e anche sopra un affresco apposto sul
portale del santuario, Maria appariva dentro una nuvola, contornata
da un piccolo stuolo di galline.
Nel giorno dell’ottava di Pasqua si partiva in processione
verso il Santuario con una statua della Madonna appositamente
realizzata, posta su un piedistallo girevole, vestita di ricche
stoffe e con la corona, a cui i fedeli “gettavano”
i loro volatili ornati di nastri, creando uno svolazzio di
colori, di ali, di piume. Alla fine della processione questi
animali venivano poi “riscattati” in cambio di
un lascito in denaro che veniva devoluto alla Confraternita
presso cui sorgeva il Santuario. |
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Alcune note e foto sono tratte da:
http://www.wikipedia.org e da Santi e beati.it
http://www.preguntasantoral.es/2015/02/los-santos-y-el-oso-i/
http://www.incamminocongiulio.it/san-francesco-di-paola-al-via-le-celebrazioni-per-il-vi-centenario-della-sua-nascita/
Alcuni testi sono stati tratti da :Santi e animali, di Domenico Casagrande, Roma 1955,
https://www.vaticano.com/santandrea-croce-decussata-discepolo-giovanni-battista/
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I Riferimenti sugli animali nella Bibbia e nei
Vangeli li troverete nell'articolo "Animali nella Bibbia" sotto la voce "Antico Testamento"
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