COLLABORAZIONI
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RACHELE, UNA GRANDE MATRIARCA DELLA BIBBIA
RACHELE: IL NOME
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Il nome di derivazione ebraica, Rahel, in greco si esprime Rhachel, in latino
Rachel. Significa “pecorella”: la discendenza di Rachele, come tramandano
testimonianze leggendarie, avrebbe dato origine agli allevatori di ovini. Secondo
altre fonti il termine rappresenta “maternità”: la Rachele biblica avrebbe atteso a
lungo prima di divenire madre.
La bella vetrata della chiesa di s. Maria Bambina
di Milano, nella figura in apertura (foto di don Marco Damiano Grenci), ne
illustra i simboli iconografici.
La terminazione “ele” si riferisce a Dio, nella tradizione onomastica “eloista”
indicato Elohim, Dio Creatore, forte e onnipotente, affiancata dalla tradizione del
nome personale di Dio Jahveh, Colui che è, che era vietato pronunciare per gli
ebrei. Rachele dunque è pecora di Dio, ovvero la sua maternità viene concessa da
Dio.
Rachele, santa al pari di tutti i personaggi biblici dell’Antico Testamento,
ricordati il 24 dicembre, avrebbe il suo onomastico il 30 settembre (Bibl., 4),
secondo altre fonti l’11 luglio, date tuttavia non ufficialmente riconosciute. Infatti,
nelle più recenti edizioni del Martirologio Romano e nella Bibliotheca Sanctorum non risultano
riferimenti al culto di santa Rachele.
E’ considerata patrona delle madri che hanno perso un figlio. |
RACHELE: IL RACCONTO BIBLICO, MIDRASHIN E TRADIZIONE HAGGADICA
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La storia è nota dalla lettura della Bibbia (Gen 29). I genitori Isacco e Rebecca, dopo che Giacobbe
ebbe carpito la primogenitura al fratello Esaù, lo inviarono dal padre di Rebecca Betel e dal fratello
di lei Labano nella loro città di origine Carrar, nella regione di Haram, in Mesopotamia, per trovare
una sposa. In particolare la madre spinse il figlio a sfuggire in tal modo la possibile ira e vendetta
del fratello (Figura 1).
Durante una sosta del viaggio Giacobbe ebbe in sogno la famosa poetica visione della scala che
univa la terra al cielo, percorsa da creature angeliche, significative messaggere, al pari delle nuvole,
del fuoco, manifesti in altre occasioni visuali o iconografiche, della Shekhinah, la presenza di Dio
rivelata (Figure 2 e 3).
In prossimità della meta egli arrivò presso il pozzo, dove avvenne il magico incontro con la figlia
dello zio Labano, che conduceva le pecore ad abbeverarsi, e ne rimase incantato, “per eleggerla
eternamente a prediletta del proprio cuore e amarla per sempre e nel futuro, oltre la sua stessa
persona, nei figli che ella avrebbe donato alla sua tenerezza” (Bibl., 10). Là intervenne per la
rimozione della pietra che ostruiva l’imboccatura del pozzo. “Poi Giacobbe baciò Rachele, alzò la
voce e pianse” (Gen 29,11), (Figure 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11).
Ma Labano, dopo avere ottenuto da Giacobbe sette anni e successivamente altri sette (numero
emblematico nell’arabesco numerologico dei testi sacri) di lavoro prima di concedergli in sposa la
figlia Rachele della quale si era innamorato, la notte delle nozze mandò la figlia maggiore Lia in sua
vece, che divenne così la prima moglie di Giacobbe. Conclusione auspicata e provocata non solo
dall’astuto e cinico inganno di Labano, ma anche grazie alla complicità della stessa Rachele, che, in
riguardo alla sorella maggiore, le rivelò il segreto segnale di riconoscimento che aveva concordato
con il suo amato futuro marito. Così, secondo la tradizione haggadica (s’intende relativa ai racconti
storiografici dell’Antico Testamento), mentre Rachele conquista con la sua generosità il merito, che
infine la premierà con una pur lungamente sospirata maternità, voluta da Dio per la discendenza di
Israele, nei confronti di Giacobbe si riscontra una sorta di nemesi-punizione per la sua precedente
scorrettezza nei confronti del fratello Esaù. Il sacrificio di Rachele delinea la sua personalità,
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realizzandosi in lei la difficile scelta di responsabilità verso la sorella, anteposta all’amore, la
misericordia per “l’altro”, anteposta all’egoismo. Stupisce l’accettazione di Lia, solo parzialmente
giustificata dalla possibilità di sfuggire alle nozze con il malvagio e violento Esaù, alle quali era
destinata: si ravvisa, secondo il Midrash, nella modalità tipica di approccio rabbinico e omiletico
alla storia, principalmente la premonizione profetica del futuro vincente riservato ai suoi figli,
particolarmente Giuda, per la realizzazione dell’Alleanza.
Finalmente per Giacobbe anche l’amata divenne la sua sposa, rimanendo per sempre la preferita:
espressione simbolica della “grazia”, a confronto con la “giustizia” della sorella.
Lia partorì quattro figli Ruben, Simeone, Levi e Giuda, la sorella invece, non riuscendo a rimanere
incinta, dovette delegare alla schiava Bila il compito di dare a Giacobbe ben due figli, Dan e
Neftali. Cose normali per quei tempi. Seguì la nascita di altri quattro figli di Giacobbe, due dalla
schiava di Lia Zilpa, Gad e Aser, e due ancora da Lia stessa Issacar e Zabulon, oltre a una figlia
femmina Dina.
Il profondo dolore di Rachele per la mancata maternità, fondamentale all’epoca per la realizzazione
piena e soddisfacente del matrimonio, ma in particolare essenziale per il futuro del popolo ebraico,
la rende protagonista di un secondo, toccante episodio. Le mandragore, procurate da Ruben per la
madre Lia, ansiosa di completare la discendenza, furono richieste da Rachele ed a lei consegnate in
cambio della concessione alla sorella di una notte con Giacobbe, diritto normalmente a lei precluso
e riservato a Rachele. Secondo il Midrash, l’episodio si interpreta come una “annunciazione” di una
nascita benedetta da Dio, in sintonia con la Bibbia, che afferma “Dio si ricordò di Rachele”: la
nascita di Giuseppe, il primogenito. Attraverso l’effusione prodigiosa delle mandragore, tramandata
anche nel Cantico dei cantici (Ct 7,14), le preghiere di Rachele furono esaudite (Figura 12).
Quando Giacobbe volle ritornare con la famiglia, le due mogli e gli undici figli, nella terra di
Canaan, partendo di nascosto (Figura 13), Rachele fu ancora artefice di una iniziativa, occupandosi
della sottrazione degli idoli pagani, i “terafim”, dalla casa di Labano (Figura 14).
Nei Midrashim, i racconti edificanti arricchiti da metodi di interpretazione delle sacre scritture,
l’esegesi biblica spiega l’azione non soltanto con il desiderio di nascondere la loro fuga al padre,
che aveva a lungo trattenuto e sfruttato il nipote, ma altresì con l’importante, meritorio obiettivo di
eliminare definitivamente quei simboli, retaggio di paganesimo e idolatria.
Quasi al termine del viaggio, a Efrata, presso Betlemme, Rachele diede alla luce Beniamino, il
dodicesimo figlio di Giacobbe (arabesco numerologico: dodici saranno le tribù di Israele, dodici
saranno gli apostoli), chiudendo il ciclo del contributo all’Alleanza, essenziale e proficuo, delle
quattro Matriarche dell’Antico Testamento, Sara, Rebecca, Lia e Rachele. Nel Talmud, la Torah
ebraica orale codificata, in due redazioni, quella babilonese e quella palestinese o di Gerusalemme,
e nel commento alla Genesi di Bereshit Rabbah, il loro apporto è particolarmente evidenziato ed
enfatizzato, dall’iniziale “riso di Sara”, moglie di Abramo, per l’annuncio della sua prima tardiva
maternità, fino alla nascita di Beniamino, con la morte prematura (forse a 36 anni?) di Rachele per
il parto e con la sua sepoltura nello stesso luogo (Figure 18 e 20).
L’emblematica tomba acquisirà un epocale significato, futuro obbligato punto di passaggio per gli
Ebrei al ritorno dall’esilio, mantenendo in vigore il senso messianico della grande donna, anche
dopo al sua morte. |
RACHELE L'ICONOGRAFIA
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Fig. 1
Basilica S. Maria Nuova in Monreale.
Mosaici sec. XII -
(Riproduzione su cartolina d’epoca.)
Rebecca dice al figlio Giacobbe di partire
per Haran, dove incontrerà Rachele, per
sfuggire l’ira di Esaù.
La raffigurazione stilizzata, sullo sfondo
dorato, spicca per la vivacità dei colori e la
delicatezza delle decorazioni floreali delle
bordure.
La partenza appare frettolosa, con bagaglio minimo, verso le montagne della
Mesopotamia.
Rebecca si mostra decisa e ferma sull’uscio
della casa, mentre la didascalia evidenzia le
parole rivolte al figlio, quasi in un fumetto.
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Fig. 2
Xilografia su incunabolo del XV secolo -
(Collezione Ennio Belotti, Lovere)
Il sogno di Giacobbe.
Le tre figure angeliche, amplificate
dalle enormi ali, percorrendo la scala
ancorata al cielo, comunicano al
patriarca la presenza di Dio nelle sue
scelte. Il numero tre, ricorrente
nell’arabesco numerologico, si
ricollega alla Trinità dell’Antico
Testamento, nella Bibbia già
evidenziata nell’apparizione dei tre
angeli ad Abramo.Lo stile è
semplice, quasi arcaico, con figure
che campiscono la scena, limitando
gli elementi illustrativi ad una
essenzialità che non ne riduce
comunque l’efficacia. |
Figura 3
Paul e Matthijs Brill (XVI sec.). Archivio Segreto Vaticano, Torre dei Venti, Sala dei Patriarchi.
Il sogno di Giacobbe.
La Torre dei Venti fu affrescata, fra il 1580 e il 1582, con scene bibliche, inserite in paesaggi di
Roma o immaginari, realizzate dai fratelli fiamminghi Brill, che introdussero uno stile innovativo
nella paesaggistica dell’epoca. La colorazione pastello, il cielo elaborato, quasi tempestoso, gli
alberi in movimento, le figurine solo accennate suggeriscono l’idea di un acquerello. La immagine
di Dio irradiante luce in cima alla scala, che Egli sembra sostenere con le mani, è immersa in una
nuvola gigante, che amplifica l’importanza della Sua simbolica presenza.
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Fig. 4
Gustave Dorè (Strasburgo, 6 gennaio 1832 –
Parigi, 23 gennaio 1883), straordinario pittore
ed incisore francese, ha illustrato la Divina
Commedia e la Bibbia.
Rachele al pozzo.
Rachele è colta nella attività di pastorizia
assegnatale dal padre Labano, in prossimità del
pozzo, che presentava l’imboccatura chiusa da
una pesante pietra. L’incisione la mostra con
una slanciata e imponente figura in primo
piano ed in controluce, mentre con eleganza e
grazia sostiene l’anfora. In secondo piano,
sfumati, appaiono le pecore e un pastore,
elementi pittorici al pari delle striature del
cielo e del terreno, solo spettatori del
personaggio principale, con la simbolica Luce-
Sapienza alle spalle, quasi a volerne suggerire
l’interpretazione di Dante
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Figura 5
Maestro dei Dodici Apostoli (Pittore anonimo di Ferrara del XVI secolo). Fondazione Cassa di
Risparmio di Ferrara.
Giacobbe rimuove la pietra dal pozzo (1530 - 40).
Dall’episodio, con Rachele e Giacobbe, hanno tratto ispirazione i cicli paleocristiani e medievali,
ma anche i dipinti dal 1500 al 1800. Il pozzo (o la sorgente) è simbolo della vita nell’Antico
Testamento e della “vera vita”, il Paradiso, nel mondo cristiano.
La rappresentazione si presenta in stile tipicamente rinascimentale, con il paesaggio, tra elementi
naturalistici ed antropici, in lontananza al centro, con la simmetria delle due quinte laterali, di roccia
e piante scure, con i cinque personaggi in primo piano abilmente delineati in attitudini e cadenze
quasi coreografiche, con il gusto dell’insistenza descrittiva nei particolari accessori, caprette,
cagnolini, uccellino, corde, pastorali, bisacce.
Sorprendente è la particolare attenzione agli strumenti musicali dell’epoca (Bibl., 6),
minuziosamente ed efficacemente dipinti: il Phagotus (in basso a sinistra, con sacca rossa, mantice,
lacci con chiavi e due colonne, canne tornite in legno dorato), il cromorno soprano (canna a fiato
curva legata alla cintola del pastore inginocchiato, di spalle) e un cordofono (a sinistra in secondo
piano, simile a una viola da mano). Il quadro costituisce una importante testimonianza sul Phagotus,
ideato e costruito per la prima volta nel 1516 dal canonico Afranio alla corte degli Estensi di
Ferrara, simile a una zampogna, strumento raffinato e innovativo, inserito qui in un ambito
pastorale e in un’epoca remota. |
Fig. 6
Frontespizio (cm 15x18 che rappresenta Mosè con le tavole
della legge, di una serie di incisioni calcografiche francesi del
1600,
DESS. P. LANGLOIS DE SEZ. D’AP. PH. de
CHAMPAGNE
(Collezione Ennio Belotti, Lovere)
Fig. 7
L’incontro di Rachele e Giacobbe, realizzato sulla base del
dipinto di Raffaello della Loggia Vaticana, dall’incisore
Manceau, costituisce la parte inferiore di una delle stampe, fig.
18, planche 9 (cm 7x6). L’episodio appare festoso, Giacobbe ha
reso libero il pozzo, sul quale le pecore si ammassano per
dissetarsi, e si mostra forte, trionfante, lieto e incantato dalla
visione della donna, che qui è accompagnata dalla inseparabile
sorella Lia (figure simboli della Ecclesia cristiana e della
Sinagoga ebraica). Il disegno è molto dinamico e dettagliato,
reso con tratto particolarmente efficace e raffinato. Il paesaggio
e le piante creano una avvincente atmosfera ricca di poesia, che
trascende la severità del colore scuro della stampa.
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Figura 8
Paul e Matthijs Brill (XVI sec.). Archivio Segreto Vaticano, Torre dei Venti, Sala dei Patriarchi.
Giacobbe rimuove la pietra dal pozzo.
Nella pittoresca scena campestre, Giacobbe solleva la pietra, aiutando i pastori, che gli presentano
la avvenente cugina, in arrivo con gli animali assetati. Lo stile spiccatamente originale si riconosce
nella colorazione e nella pennellata veloce, dall’effetto quasi impressionistico, con i caratteristici
alberi enormi e gli scoscendimenti del terreno, le chiazze di colore nel cielo e nel paesaggio.
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Fig. 9
Teodoro (Chieti 1699 - 1779)
Lanciano. Santuario del miracolo,
Affresco del catino.
La pietra è stata rimossa. Ai lati del pozzo
Giacobbe e Rachele, l’uno di fronte
all’altra, si guardano salutandosi. La
colorazione piuttosto scura dei personaggi è rischiarata da un intenso azzurro del
cielo dal contorno a semicerchio, che
quasi amplifica l’imboccatura del pozzo,
da cui si attinge l’acqua mediante una
fune con carrucola. E’ l’unica ricchezza
offerta in dono alla cugina dal futuro
marito appena giunto.
L’enfasi scenografica rivela l’influenza
del tardo barocco napoletano.
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Figura 10
Pacecco De Rosa (Napoli,1607 – 1656). Pinacoteca di Capodimonte.
Incontro di Giacobbe e Rachele.
Lo stile seicentesco napoletano ci presenta i personaggi con colori vivacissimi, garbatamente
deliziati e ottimisticamente sorridenti, sì da creare una gustosa godibile scenetta bucolica.
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Figura 11
Pittore emiliano del XVIII secolo. Archivio della Banca Popolare di Sondrio.
Giacobbe e Rachele al pozzo.
Qui il pittore settecentesco racconta la scena con un plasticismo quasi neoclassico, giocando
abilmente con gli effetti luminosi sulle donne e sui panneggi, che risaltano segnatamente
nell’atmosfera notturna un poco livida e seriosa, quasi surreale.
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Figura 12
Francesco Furini (Firenze, 10 aprile 1603 – Firenze, 19 agosto 1646). Villa Reale della Petraia.
Rachele diviene madre.
Una raffigurazione molto morbida e sensuale è trasmessa nei soggetti femminili del dipinto,
secondo lo stile che contraddistingue il pittore. Il gioco di luce è enfatizzato dai toni di rosso, che
sembrano alludere al parto appena passato. Il languore della madre biancheggia in evidenza, mentre
il neonato è quasi nascosto tra le braccia di una donna, con effetti di un sentimentalismo quasi
eccessivo.
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Figura 13
Giovanni Battista Castiglione detto il Grechetto (Genova, 1609 – Mantova, 1664). Genova,
Ospedale di san Martino. Partenza di Giacobbe con le mogli e i figli.
Il pittore genovese, esponente della corrente naturalistico - descrittiva seicentesca, predilige le
scene con raffigurazioni di animali, molto efficacemente delineati nel dipinto. |
Figura 14
Giambattista Tiepolo (1696-1770). PalazzoPatriarcale di Udine. Galleria di mons. Patr. Dolfin.
Dipinto centrale: Labano, Giacobbe e Rachele con il piccolo Giuseppe sul monte Galdan.
L’opera complessiva costituisce un campione eccezionale, per estensione, ricchezza e completezza
(pareti e soffitto della galleria), della pittura barocca italiana, scandito ed arricchito da cornici, fregi
e dorature.
“L’interpretazione di Tiepolo del tema, reso con spirito e leggerezza, evidenzia gli aspetti banali
della scena, raccontata con umorismo e in maniera ermetica.” (Bibl., 12).
La figura di Giacobbe, forse l’autoritratto del pittore, con uno strano copricapo, risulta marginale
rispetto alla discussione tra Rachele e Labano sulla scomparsa degli idoli, in quanto, all’oscuro
dell’azione della moglie, ha promesso vendetta sul colpevole appena sarà individuato. Del resto
non risulta proprio ideale la valutazione sul comportamento di Giacobbe fino a questo momento,
oggetto di sfruttamento dello zio, vittima inconsapevole dei vari inganni ed infine strumento delle
varie donne per la discendenza!
L’originalità del Tiepolo consiste nella ”linea contorta e spezzata, talvolta stentata; questa scena è
una pastorelleria di schietta marca settecentesca, che ricorda le pitture francesi” (Antonio Maria
Zanetti). Inoltre egli conosceva bene “la grand’arte dei contrapposti”, avvicinando tinte basse e
sporche (quelle dei personaggi secondari) con altre brillanti e nette (quelle delle quattro figure
centrali, Labano, Giacobbe, Rachele e il piccolo Giuseppe) con insoliti effetti coloristici contrastanti
e iridescenti (Bibl., 9).
L’episodio è prediletto nell’iconografia barocca di Rachele (Bibl., 2).
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Figura 15
Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 – Birchington, 1882) è stato un pittore e poeta inglese, tra i
fondatori del movimento artistico dei Preraffaelliti. Tate Gallery, Londra. Acquerello su carta.
Visione di Dante di Rachele e Lia. La vita contemplativa e la vita attiva
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La vita contemplativa (Rachele) |
La vita attiva (Lia)
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Figure 16 e 17
Michelangelo Buonarroti (Caprese 1475 - Roma 1564). Tomba di Giulio II, Roma, Chiesa di san
Pietro in Vincoli. Le due statue ai lati del Mosè.
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Figura 18
Giambettino Cignaroli, veronese (1706-1770 ). Accademia di Venezia.
La morte di Rachele con la nascita di Beniamino.
Esempio di pittura leziosa e languida, uniformato al gusto del suo tempo, con effetti luminosi ben
dosati nella drammatica scena, che già testimoniano un superamento dello stile tardo-barocco, verso
un linguaggio neoclassico più maturo.
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Figura 19
La Kabbalah -
Il braccialetto di Rachele
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Figura 20
Paul e Matthijs Brill (XVI sec.). Archivio Segreto Vaticano, Torre dei Venti, Sala dei Patriarchi.
Morte di Rachele.
Alla strada in salita nel terreno, brulicante di vita di animali e persone, si affianca la simbolica
desolata e scura via ascensionale, scandita dall’altura, dall’albero, dalle nuvole e dalle striature del
cielo, che sembra alludere al transito e all’ascesa dell’anima della matriarca. In primo piano la
centralità luminosa è del bambino appena nato accudito dalle donne.
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RACHELE: LA DOTTRINA DI SANT’AGOSTINO
S. Agostino, nella sua opera “Contra Faustum”, espresse per primo l’interpretazione simbolica di Rachele come personificazione della “Sapienza che vede Iddio” (Bibl., 1).
La sua teoria filosofica considerava l’anima umana una composizione di ragione e intelletto.
La “ragione”, cioè senso, memoria e pensiero, è atta a conseguire la “scienza”, o conoscenza e
utilizzazione delle cose terrene per realizzare la vita attiva (il personaggio di Lea, o Lia, vedi
Figura 17); l’ intelletto è atto a conseguire la “sapienza”, o cognizione delle cose assolute e
immutabili per accedere alla vita contemplativa (Rachele, vedi Figura 16).
Gli studi di Guglielmo di Auxerre, teologo di fiducia del papa Gregorio IX, a Parigi nel XIII secolo,
confermano “la superiorità della vita contemplativa, simboleggiata dalla bella Rachele e propria
dell’animo purgato, rispetto alla vita attiva, rappresentata dalla figura di Lia e considerata come
preludio dello stato contemplativo, in quanto finalizzata alla conoscenza di Dio” (Bibl., 11).
Secondo tale interpretazione “Giacobbe pertanto rappresenta l'animo umano; Lia la volontà
conforme a giustizia; Rachele la mente illustrata dalla Sapienza” (Bibl., 8).
Questo conflitto filosofico platonico, tra la giustizia della vita attiva e la grazia della vita
contemplativa, ci sarà trasmesso nella Divina Commedia da Dante Alighieri, essendo Beatrice la
sua guida come “Sapienza mistica, come Rachele lo fu di Giacobbe” (ibidem). La concezione
simbolica sarà anche una chiave di lettura per la figura della “donna angelicata” cantata dai poeti
medievali, faro e guida esemplare per loro stessi.
Eloquenti sono i versi di Giovanni Boccaccio, ispirati al doppio aspetto dei sentimenti dell’anima,
testimoniato dalle due sorelle matriarche:
Amor vol fede e con lui son legate
Speranza con timor e gelosia
E sempre con leanza humanitate.
Onde sovente per Rachele e Lia
Fa star suggetta l'anima servendo
Con dolce voglia e con la mente pia.
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RACHELE: LA DIVINA COMMEDIA
Nella Commedia dantesca in più occasioni il riferimento a Rachele ne evidenzia l’importanza
simbolica metafisica, quasi una luce del sole, che illumina, regalando enfasi all’immagine rivelata
di Dio, mentre appare significativo l’accostamento alla spiritualità angelica del personaggio
Beatrice come simbolo della Fede (Bibl., 14).
In Inf., IV, 58 Virgilio, su richiesta di Dante, racconta come il passaggio di Gesù, nel tempo
intercorso tra la morte e la Resurrezione, ottenesse la liberazione dal Limbo, non essendo battezzati,
di Adamo, Abele, Noè, Mosè, Abramo, Davide, Giacobbe con il padre Isacco, con i suoi figli, e con
la moglie Rachele “per cui tanto fe’, e altri molti e [Gesù] feceli beati”.
I sette più sette anni attesi da Giacobbe si trasformano nei sette più sette cerchi percorsi da Dante
per giungere a Beatrice - Rachele, la Sapienza o Verbo o Spes aeternae contemplationis.
Nel XXVII canto del Purgatorio (vv. 97-108) Dante, superate con apprensione e difficoltà le
fiamme del settimo cerchio, con Virgilio e Stazio, si ferma per riposarsi e, osservando il
firmamento, si addormenta. Sogna una donna bellissima che, raccogliendo fiori, si rivolge al poeta,
presentandosi come Lia, incline, con appagamento, alla vita attiva, indicando Rachele come
appassionatamente dedita alla vita contemplativa (Figura 15).
Giovane e bella in sogno mi parea
donna vedere andar per una landa
cogliendo fiori; e cantando dicea:
«Sappia qualunque il mio nome dimanda
ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno
le belle mani a farmi una ghirlanda.
Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;
ma mia suora Rachel mai non si smaga
dal suo miraglio, e siede tutto giorno.
Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga
com'io de l'addornarmi con le mani;
lei lo vedere, e me l'ovrare appaga».
Infine Virgilio, al risveglio, dichiara terminato il suo compito di guida, poiché Dante proseguirà
verso il Paradiso, accompagnato dal poeta latino Stazio e sarà accolto nel giardino celeste del
Paradiso terrestre da Matelda, personaggio simbolico che cancella nei beati, con la purificazione
nelle acque del fiume Lete, anche il ricordo del peccato, per una completa felicità.
Finalmente Dante incontrerà Beatrice.
Nella Divina Commedia Rachele e Beatrice siedono, in Paradiso, nello stesso scanno, avvicinate dal
profondo significato della loro vita di Sapienza e della loro morte mistica, che le eleva alla
trascendenza, alla vera eterna contemplazione di Dio.
Nel canto II dell’Inferno (vv. 97-102) Beatrice, invitata da santa Lucia (personaggio interpretato
come la grazia illuminante) a soccorrere il poeta per guidarlo nel suo difficile viaggio, racconta la
chiamata ricevuta, mentre si trovava, appunto, accanto a Rachele-Grazia e Sapienza:
Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov' i' era,
che mi sedea con l'antica Rachele.
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RACHELE: LA KABBALAH
Conclude la presente sintetica esposizione dei molteplici profondi e sorprendenti aspetti esegetici
dell’affascinante personaggio biblico di Rachele un breve richiamo informativo alla Kabbalah, in
ebraico “ricevere la tradizione”, legata al significato nascosto, misterico, più che propriamente
religioso, della Torah ebraica: quarto livello di lettura, oltre quello superficiale del testo, oltre quello
simbolico - allegorico, oltre quello interpretativo, rabbinico.
In questo contesto si legge del “braccialetto di Rachele” (Figura 19), piccolo gioiello portafortuna, legato all’evento, infine fortunato, della nascita del dodicesimo figlio di Giacobbe, espresso anche
nel nome Beniamino, che significa “figlio della fortuna e della prosperità”. Fu deciso dallo stesso
Giacobbe in luogo di Ben-Oni, quello suggerito da Rachele morente, dal significato più triste “figlio
del mio dolore”, per augurare al bambino una speranza vincente per un futuro felice, al quale era
destinato.
Il filo rosso viene avvolto intorno alla tomba di Rachele, che si trova sulla strada tra Gerusalemme e
Betlemme, poi benedetto con l’accompagnamento di preghiere ed infine tagliato. Con l’intreccio di
sette fili rossi (simbolismo numerologico: i sei giorni della creazione più il settimo di riposo) si
compone il braccialetto, poi rivestito con maglie di argento, da portare al polso sinistro, secondo
una antica tradizione che riterrebbe la parte sinistra del corpo più ricettiva, per tenere lontani
influssi ed energie negative ed ottenere protezione dalle avversità.
Anche in questa convinzione ai limiti della superstizione, credenza popolare antica, Rachele
manifesta una connotazione di simbolica positività.
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RACHELE: LE IMMAGINETTE
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Immaginetta n. 1, stampata a Cesena
da Alberto Boccali, socio della
Associazione AICIS.
Il santino riproduce una parte di uno
degli affreschi dell’imponente ciclo
mariano eseguito da Ludovico Seitz
nel 1902 nella Cappella Tedesca di
Loreto.
La figura evidenzia in modo
insolito l’aspetto di una bellezza quasi
sensuale, enfatizzata dal morbido e
cangiante drappeggio dell’abito, dalla
accurata acconciatura, dalla doppia
collana, ma anche dalla ricchezza del
contorno di colonne e dello sfondo di
decorazioni, realizzazione di un
preziosismo in pieno stile Liberty.
Il frutto afrodisiaco di mandragola, da
Rachele ben proposto all’osservazione
con la mano destra, si riferisce
all’episodio biblico.
Collezione di Luigi Zanot, Roma.
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Immaginetta n. 2 di Rachele con la pecorella, stampata nel 2002 a cura dell’AICIS (Associazione
Italiana Cultori di Immaginette Sacre), come riportato sul verso. Riproduce una opera di Irio
Ottavio Fantini, abile illustratore e ritrattista di Papi, inoltre molto stimato autore di francobolli del
Vaticano.
Collezione di Luigi Zanot, Roma. |
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Immaginette n. 3 e n. 4, stampate a colori dal socio
dell’ AICIS Alberto Boccali di Cesena, che
rappresentano due versioni dell’incontro di Rachele
con suo cugino e futuro marito Giacobbe.
Collezione di Luigi Zanot, Roma. |
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La immaginetta n.5, stampata in scala di grigi dal socio
dell’AICIS Alberto Boccali di Cesena, riproduce la
incisione di Gustave Dorè (vedi anche Figura n. 4).
I santini riportano come festività di santa Rachele il giorno
11 luglio, mentre da altre fonti risulterebbe il 30 settembre,
oltre al 24 dicembre in comune con gli altri personaggi
della Bibbia.
Collezione di Luigi Zanot, Roma. |
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La immaginetta n. 6, stampata nel 2004 da Anna May McCallum, espone sul verso la storia di
Rachele in lingua inglese, con la ipotetica data della festività dichiarata al 28 dicembre.
L’impianto iconografico appare molto particolare, di una evidenza quasi raccapricciante, esaltata
dai colori accesi delle figure e dal livore del cielo. Sulla costruzione a mattoni, la tomba di Rachele, è inginocchiata una donna in lacrime, che ha di fronte una moltitudine di bambini morti, allusione
forse alla Strage degli Innocenti, ma anche espressione del patronato di Rachele, quello delle madri
che hanno perduto un figlio. Rachele, la donna ammantata di bianco, dolcemente abbraccia in un
gesto consolatorio la madre-simbolo addolorata.
Collezione di don Marco Damiano Grenci, Sesto San Giovanni.
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BIBLIOGRAFIA
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1994.
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