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CHIESA DI SANTA MARIA DEL PIANTO AL GHETTO
LA CHIESA ROMANA DI SANTA MARIA DEL PIANTO AL GHETTO
Tra il 1608 e il 1612 la chiesetta, demolita, fu ricostruita da Nicola Segrebondi, rimanendo però incompleta, priva di facciata, inglobata nel palazzo Costaguti con accanto altri edifici (ingresso nella prima figura).
Figura n. 1
Risulta così poco evidente e inoltre apparentemente è sempre chiusa: con gioia ho appreso che vi si può accedere la domenica, per la messa delle 11, da un altro ingresso posto nella retrostante piazza delle Cinque Scole.
Una gradevolissima sorpresa l’interno: a croce greca, con cupola ottagonale, pareti decorate, frammento di paliotto gotico vicino all’ingresso (seconda figura).
Figura n. 2
Nell’altare maggiore, tra quattro colonne di alabastro, l’affresco del 1400 della Madonna del Pianto, che appare in forma di Madonna lactans, entro una ricca cornice e incoronata come il Bambino (v. terza figura).
Figura n. 3
Un cartiglio azzurro posto sotto la cornice riporta la frase: OCULI TUI SICUT PISCINAE IN HESEBON (Cantico dei Cantici, VII, 4). Nelle pareti laterali dipinti seicenteschi di Lazzaro Baldi, di Agostino Ciampelli.
L’immaginetta di Santa Maria del Pianto, reperibile all’interno della Chiesa, è riportata in alto.
Diversamente da altre fonti, nel suo volumetto Le Chiese di Roma Claudio Rendina attribuisce il pianto dell’immagine, situata ai margini del ghetto, alla ostinazione degli ebrei nel non volersi convertire. Data la sua posizione, era sede di una Confraternita, riconosciuta dal Pontefice Paolo III Farnese, dedita alla catechizzazione degli ebrei. |
Un episodio leggendario del 1546 è all’origine della chiesa: due nemici si incontrano, uno chiede perdono ma, disprezzato dall’altro, lo uccide. Su un antico dipinto murario escono lacrime dagli occhi della Madonna.
L’immagine ritenuta così miracolosa viene trasferita in via del Calderari nella vicina chiesa di San Salvatore de Cacaberis (chiamata così dal nome dei catini, vasi e caldaie di rame, fabbricati dai Calderari e dai Catinari).
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Tra il 1608 e il 1612 la chiesetta, demolita, fu ricostruita da Nicola Segrebondi, rimanendo però incompleta, priva di facciata, inglobata nel palazzo Costaguti con accanto altri edifici (ingresso nella prima figura). Risulta così poco evidente e inoltre apparentemente è sempre chiusa: con gioia ho appreso che vi si può accedere la domenica, per la messa delle 11, da un altro ingresso posto nella retrostante piazza delle Cinque Scole.
Una gradevolissima sorpresa l’interno: a croce greca, con cupola ottagonale, pareti decorate, frammento di paliotto gotico vicino all’ingresso (seconda figura).
Nell’altare maggiore, tra quattro colonne di alabastro, l’affresco del 1400 della Madonna del Pianto, che appare in forma di Madonna lactans, entro una ricca cornice e incoronata come il Bambino.
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Un cartiglio azzurro posto sotto la cornice riporta la frase: OCULI TUI SICUT PISCINAE IN HESEBON (Cantico dei Cantici, VII, 4). Nelle pareti laterali dipinti seicenteschi di Lazzaro Baldi, di Agostino Ciampelli.
L’immaginetta di Santa Maria del Pianto, reperibile all’interno della Chiesa, è riportata nella quarta figura.
Diversamente da altre fonti, nel suo volumetto Le Chiese di Roma Claudio Rendina attribuisce il pianto dell’immagine, situata ai margini del ghetto, alla ostinazione degli ebrei nel non volersi convertire. Data la sua posizione, era sede di una Confraternita, riconosciuta dal Pontefice Paolo III Farnese, dedita alla catechizzazione degli ebrei.
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