COLLABORAZIONI
In questo Settore vengono riportate notizie
e immagini fornite da altri redattori. Nello specifico, i
testi sono stati realizzati da Maria Gabriella Alessandroni,
che ha trasmesso anche le foto, mentre Cartantica ha curato
la grafica e la rielaborazione delle immagini.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati
da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità
su quanto fornito dai collaboratori.
"N.B.: L'Autore prescrive
che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa
o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi
(sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà
avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando
esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo,
Periodico) ."
******
CHIESA E MONASTERO DI SANTA MARIA DEL ROSARIO AL TRIONFALE - ROMA
|
Sulle pendici di Monte Mario a Roma, percorrendo in salita la via Trionfale, si scopre sulla sinistra una suggestiva visuale della chiesa, seminascosta tra gli alberi, alla quale si accede dalla traversa via Cadlolo, costeggiando l’adiacente Monastero Domenicano dei Ss. Domenico e Sisto.
Un recente completo restauro la ha resa splendente al sole, nel biancore esteso della facciata, visibile nella successiva foto, che sporge tra due ali simmetriche del convento. Edificata nel 1600, fu rinnovata nel 1730 (architetto Filippo Raguzzini). La scalinata di accesso fu realizzata nell’800.
L’interno a pianta ellittica è arricchito, nell’arcone di accesso all’abside ed in ognuna delle quattro cappelle laterali, da dipinti ed affreschi settecenteschi, con raffigurazioni della Madonna, ma anche celebrative dei santi domenicani, san Domenico e santa Caterina, inseriti con sobrietà e leggerezza nel luminoso bianco con il brillante azzurro dell’intonaco e delle decorazioni, lesene, volute, putti ed animali in stucco e cornici marmoree o dorate (vedi le tre figure). |
|
|
|
|
|
La Madonna del Rosario è inserita in una nicchia dal fondo in oro al centro dell’abside, nella forma di una coloratissima statua dalla simbolica cromia, con l’abito rosso (la natura umana) e con il manto azzurro intenso (la sovraimposta natura divina), mentre tiene la appariscente corona per la preghiera tra le mani (vedi figura).
Il culto della Madonna del Rosario ebbe origine dall’apparizione di Maria a san Domenico, durante la sua permanenza nel convento di Prouille, in Linguadoca (1205-1216), mentre egli si dedicava alla lotta contro le eresie.
Il Rosario come preghiera si diffuse nel XV secolo.
Il 7 ottobre, data della battaglia di Lepanto (1571), nella quale l’esercito dell’impero ottomano fu sconfitto dalla Lega Santa, fu conseguentemente dedicato alla Madonna della Vittoria.
Il successivo pontefice Gregorio XIII (papato 1572-1585) decise di intitolarlo alla Madonna del Rosario, poiché tale preghiera fu recitata in quella occasione prima del combattimento.
|
|
La parete alla sinistra dell’abside separa l’interno della chiesa dalla sala nella quale le suore seguono la Messa intonando i canti.
Da una finestra, attraverso una grata metallica, è possibile ammirare la famosa icona più antica conservata a Roma.
L’Icona, detta di San Luca, solitamente è rivolta verso il coro delle suore, ma durante la Messa una rotazione della tavola ne permette la visione da parte dei fedeli presenti in chiesa.
Risale al VII-VIII secolo, ma la tradizione la tramanda miracolosamente dipinta da san Luca, quindi risulterebbe acheropita (non toccata da mano umana).
Si ritiene trasportata a Roma da Costantinopoli nel IX secolo, conservata inizialmente nel convento delle suore domenicane sull’Appia, poi dal 1575 nel Monastero domenicano a Magnanapoli ed infine nella sede attuale del convento.
L’immaginetta a pagellina (nella figura la I e la IV pagina con la preghiera) riproduce l’Icona con Maria SS.ma, che ha l’attributo Haghiosoritissa. Il termine letteralmente ha il significato di Madonna della Santa Urna, per ricordare che l’immagine, a Costantinopoli, era annessa ad una reliquia della Vergine, la cintura, racchiusa in una piccola urna.
L’iconografia mariana del dipinto si riscontra applicata in altre opere con datazioni posteriori, essendone questa la più antica testimonianza: senza Bambino, a mezzo busto, rivolta a tre quarti rispetto all’osservatore, con le mani sollevate in preghiera protese in avanti, quindi una Madonna orante, mediatrice e avvocata del genere umano. |
|
|
Altre immaginette, come la precedente acquisibili nella visita alla chiesa, si possono ammirare nelle due figure, dedicate a san Domenico, con la stessa preghiera, ma con didascalie stampate sul verso, esplicative l’una del significato della reliquia conservata nel monastero e l’altra dell’autore dello splendido affresco, il Beato Angelico (Vicchio 1395 – Roma 1455), del quale nel santino è riportato un particolare.
Durante la sua permanenza nel Convento di san Marco a Firenze, oggi sede dell’omonimo Museo, l’artista, su incarico di Cosimo dei Medici, si occupò della decorazione delle sale e delle celle del dormitorio, nel 1538-40, qualche anno prima del suo trasferimento a Roma per dedicarsi alla Basilica di san Pietro.
L’affresco completo collocato nella parete di una delle celle, il Cristo deriso, visibile nella seguente illustrazione, mostra una spettacolare originalità nell’interpretazione della drammatica scena. Gesù appare statico ed imperturbabile nella sua imponente Maestà, enfatizzata dallo sfondo verde brillante, ancorché bendato, incoronato di spine e circondato da simboli che manifestano le torture inflitte: mani invadenti, con strumenti offensivi, un volto in atteggiamento sprezzante, nell’atto di togliersi il cappello e con lo sputo in atto, mentre uno scettro simile al bastone ed un globo in forma di una massa giallastra sono stati posti nelle mani di Gesù, che tuttavia rimane trionfante nella veste bianchissima. Ai lati in primo piano, ai piedi della pedana, le due figure di Maria e san Domenico, seduti e come estranei alla scena.
La Madonna appare triste e Domenico è intento alla lettura, quale figura didascalica come modello da seguire per i frati. Il triangolo descritto dalle tre persone è inserito in un ambiente semplice e privo di altri particolari, che ne potenzia l’efficacia espressiva.
|
|
|
Della stessa Autrice:
e in Collaborazioni altro articolo di don Damiano Grenci sui:
|