UNA MOSTRA... APPETITOSA
Nell'ambito dell'Associazione culturale Club Machiavelli di Roma, nata nel 1998, come luogo di "ricreazione" culturale musicale, teatrale e di arti varie ma anche come ritrovo gastronomico per la promozione di culturale dell'eno-gastronomia, è stata allestita una mostra davvero accattivante ed appetitosa...
.. Ma per prima cosa desidero condividere alcune impressioni su questo localino che di recente ha cambiato gestione, guadagnandone in simpatia, in arte culinaria, in fantasia, in attività culturali...
... E' nascosto in un cortiletto prospiciente l'antica Piazza Vittorio di Roma, un'area piccola ma curata a cui Mauro, il gestore, imprimerà in futuro un carattere ancor più personale. Ma già da ora vi si respira un'aria di casa; sarà per l'arredamento semplice ma curato, per le luci soffuse, per quel caldo colore dei mattoni che promana dal soffitto e dal pavimento, sarà per il delizioso profumo di intingoli che permea l'aria, sarà per l'accoglienza di Mauro che dopo pochi minuti ti sembra di aver conosciuto da tutta una vita...
Mauro è un ragazzo allegro e disponibile, che sta profondendo in questa sua nuova attività tutte le sue molteplici energie, tutta la sua cultura non solo eno-gastronomica, dando fondo ad una miniera di idee che gli balenano dirompenti come un continuo fuoco d'artificio...
Non gli è da meno il giovane cuoco, Giuseppe, che s'impegna a fondo e con passione a rendere i clienti più che soddisfatti, sfornando piatti dagli ingredienti semplici e delicati ma arricchiti con maestria con un "quid" personale di fantasia e con un gusto estetico che rende ogni piatto, visivamente, un piccolo capolavoro di architettura gastronomica.
Simpatici, disponibili e servizievoli gli altri "aiutanti" che danno loro una mano in cucina e nel servizio. I prezzi, per la qualità del menù e dei vini, sono equi, se non addirittura economici.
Potrete forse condividere almeno in parte questa mia euforia nel descrivere atmosfere, personaggi e manicaretti, guardando queste immagini relative ai loro raffinati piatti che, soprattutto nelle serate dedicate alle manifestazioni, diventano superlativi... Peccato non averli potuti riprendere tutti!
Cominciamo da due superbi antipasti:
Saccottino di pasta fillo ripieno di gorgonzola, mascarpone e pere al miele di castagno del Collio
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Cartoccio di pasta fillo ripieno di castagne con pancetta croccante
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Lasagnette con radicchio e taleggio |
Tonnarelli, cipolla di Tropea e guanciale croccante
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Galletto arrosto con salsa alla melagrana
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Babà con crema Chantilly e salsa al rhum
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Profiterol al cioccolato fondente
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Mille veli con crema Chantilly
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Ora, dopo questa carrellata di prelibatezze, passiamo a cose più impegnative, attinenti la Mostra effettuata nei locali del Machiavelli's Club:
"DAL CHICCO DI GRANO AL PIATTO DI PASTA....una storia tutta italiana".
Si tratta di un affascinante viaggio nella storia della pasta, visto attraverso curiosi documenti e pubblicità d'epoca, esposti in quadri nei locali del Club dal 1° al 15 ottobre 2010.
I pannelli espositivi "raccontano" attraverso le figurine Liebig la storia della pasta dal 1200 circa ai giorni nostri...
STORIA DELLA PASTA
Fig. 1 - Benchè la pasta sia il cibo italiano per eccellenza, le sue origini sono ignote ed neppure i Romani, grandi mangiatori di focacce e di polente di cereali, specie di farro, sembra non la conoscessero. Le prime testimonianze letterarie sulla pasta si hanno attorno alla prima metà del 1100, da uno scritto di S. Guglielmo Eremita, in cui si parla di un banchetto a base di “maccheroni”e da una poesia di Walter Von der Vogelweide (1170 ca – 1230 ca), famoso poeta tedesco dell’epoca, che parlava dei “maccheroni dal sugo dolce” mangiati dagli italiani. A seguire, una satira di Jacopone da Todi parla di “lasagne” e nel Decamerone, Boccaccio pone nel paese di Bengodi una montagna di cacio grattugiato dalla cui cima gli abitanti gettavano maccheroni e ravioli.
E’ risaputo che da secoli i Cinesi mangiano anch’essi spaghetti, non di grano ma di farine di riso e soia e questo, forse, ha creato la leggenda, diffusa soprattutto in America, che la pasta sia originaria della Cina e che Marco Polo, di ritorno in Italia ne avesse portata la ricetta. Tuttavia nel suo libro Il Milione, egli non accenna a tale scoperta e, pur ammettendo che abbia assaggiato gli spaghetti cinesi, quelli italiani venivano già citati prima del suo viaggio, dimostrando che la pasta era già nota in Italia. Probabilmente i due paesi, indipendentemente l’uno dall’altro erano approdati alla stessa “scoperta”.
- Fig. 2 - L’utilizzo della pasta si diffonde e verso la fine del XV secolo cominciano a comparire dei libri di cucina.
Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, autore di saggi e scritti storici, nel 1487 pubblica “Della Honesta Voluptatis”, un trattato di cucina in cui si evidenzia una “Vivanda dicta Vermicelli” poco dissimile da quella attuale, eccezion fatta per il pomodoro che verrà importato dal Perù solo dopo la scoperta dell’America che avverrà di lì a poco.
Anche altri cuochi del XVI secolo, specie al servizio di personaggi importanti, realizzarono ricettari di notevole interesse in cui fanno spicco maccheroni e vermicelli; tra gli altri Cristoforo da Messisburgo che lavorava presso la Corte Estense nel periodo in cui presso di essa soggiornava Ludovico Ariosto.
- Fig. 3 - Le ricette dei trattati di cucina riportano come si realizzava, attorno al 1600, la pasta:
- nelle famiglie nobili erano i cuochi ed i loro aiutanti a prepararla servendosi di arnesi appositi (la pasta veniva arrotolata attorno a dei bastoni per realizzare, ad esempio, i maccheroni),
- mentre le famiglie meno abbienti si potevano rifornire dai bottegai, detti “vermicellari” o “fidellari” che fabbricavano la pasta con un torchio denominato “ingegno” e che la mettevano ad essiccare affinchè si conservasse più a lungo.
Anche i Vermicellari facevano parte di Corporazioni o Università che davano loro la possibilità di produrre e vendere la pasta.
Le più importanti Università erano quelle di Roma, Napoli e Palermo che avevano continui contrasti con i fornaii che avrebbero voluto anch’essi vendere la pasta nelle loro panetterie.
- Fig. 4 - Il primo vero libro sulla lavorazione della pasta venne pubblicato nel 1768 dal francese Malouin, che riferiva il procedimento seguito fino ad allora:
si mescolava la semola con acqua tiepida e tale composto veniva reso omogeneo e compatto con la “gramolazione”, utilizzando vari tipi di gramole:
“a stanga” dove alcune persone venivano fatte sedere per premere col loro peso sull’impasto
o “a ruota di pietra”
o “molazza” che pressava la pasta in un grande contenitore di legno.
L’impasto veniva poi depositato in un ampio cilindro dove un pistone lo spingeva verso un disco (trafila) con dei buchi di diversa forma attraverso cui esso passava, uscendone di diverse tipologie. A seguire, poi, c’erano il taglio e l’essiccazione.
Durante la rivoluzione Francese e l’Impero di Napoleone, i francesi già mangiavano vari tipi di “pasta all’italiana”.
- Fig. 5 - Considerata fino ad allora un alimento per soli ricchi, la pasta – soprattutto gli spaghetti - nell’Ottocento diventa un cibo popolare.
Nel XVI secolo si parlava soprattutto di “maccheroni di Roma, di Sicilia e di Cagliari”, ma nel XIX secolo la produzione ed i pastifici, più ampi ed innovativi, si spostano verso località dove l’essiccazione all’aria è favorita da un clima caldo, ventilato e da scarse piogge.
Attorno a Napoli sorgono vari, importanti pastifici dove gli spaghetti vengono essiccati al sole di grandi terrazze su lunghe canne rette da speciali supporti.
Queste caratteristiche contribuiscono all’eccezionale bontà della maggior parte delle paste prodotte in quei luoghi.
Anche sulla Riviera Ligure, più o meno con le solite condizioni atmosferiche, operano molti pastifici che creano un nuovo tipo di pasta, le “trenette”, paste lunghe a sezione lenticolare, essiccate avvolte a matasse su telai.
- Fig. 6 - La lavorazione della pasta subisce un radicale cambiamento nella lavorazione sia con l’avvento dell’essiccazione in camere chiuse dove la temperatura e il grado di umidità sono costantemente controllate, che col diffondersi di macchine che hanno riunito le tre operazioni fondamentali di lavorazione:
impasto, gramolazione e trafilatura.
Ciò consente una migliore e più rapida produzione.
Un pastificio moderno, come quello raffigurato nella figurina e che si trova in Liguria (si parla del 1950), può produrre 1200 quintali di pasta nelle 24 ore (lavorazione continua).
Materia prima della buona pasta è la “semola”, una farina color ambra ricavata dal grano duro.
La pasta italiana è diventata ormai universalmente nota ed apprezzata ed è considerata il piatto principe della cucina degli italiani che, secondo le ultime statistiche, restano i maggiori consumatori di spaghetti, bucatini, rigatoni, lasagne, cannelloni e quant’altro: oltre 28 kg. pro- capite l’anno.
Contrariamente a quel che si pensa, non è un alimento ipercalorico o “grasso”, non è quindi pericolosa né per la linea né per il cuore.
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Altri pannelli illustrano con pubblicità d'epoca e una breve descrizione varie case italiane produttrici di paste alimentari:
PASTE ALIMENTARI GIOVANNI DI COLA & FIGLI
L’antico mulino, sede dello stabilimento “Giovanni Di Cola & Figli” di Termini Imerese in Sicilia, ora in disuso e in stato di abbandono e per cui si auspica una nuova vita, magari trasformato in un Museo delle Paste Alimentari, è quanto resta di questa prestigiosa ditta produttrice di pasta sin dal 1861 ed attiva per circa 100 anni.
Oltre a molte etichette pubblicitarie e scatole, notevoli dal punto di vista grafico, come si può vedere dagli esemplari qui in mostra e che ben pubblicizzavano i prodotti soprattutto sui mercati internazionali.
Tali mezzi pubblicitari - per lo più realizzati dallo Stabilimento di Arti Grafiche A. Bernardi di Verona - ben rappresentavano il prodotto “principe” italiano, con la figura di Cerere con un fascio di grano dorato tra le mani che campeggiava in primo piano su uno sfondo bucolico e quei colori caldi, brillanti e definiti che suggerivano l’origine mediterranea del prodotto ed invogliavano i consumatori all’acquisto. Ai margini dell’immagine alcune monete d’oro e stemmi attestavano la vetustà della ditta produttrice.
Molte di queste pubblicità sono rimaste per anni nei magazzini ma poi hanno cominciato a circolare sui banchi dei mercatini dell’antiquariato dove vengono apprezzate ed acquistate dai collezionisti di questo genere cartaceo. |
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LA PASTA DI GRAGNANO
Una tradizione secolare
La città di Gragnano è nota in tutto il mondo per la produzione della pasta.
Grazie alle condizioni microclimatiche e alle conoscenze professionali tramandate di padre in figlio, già dall’inizio dell’800 Gragnano contava oltre 70 pastifici, ed era famosa nel mondo per la qualità dei suoi maccheroni.
Uno dei più importanti è il:
PASTIFICIO LIGUORI
Attivo sin dal 1820 per opera di Vincenzo Liguori, ha contribuito con i suoi ottimi prodotti al prestigio della città.
Liguori, peraltro, aveva ereditato questa passione dal suo avo Gaetano che già nel 1796 aveva richiesto ed ottenuto dal "Consiglio della Municipalità", pagando ben centoventi ducati, la licenza di produrre e vendere i "maccaroni", che fino ad allora erano destinati solo ad un consumo familiare.
Con l’avvento dell’industrializzazione e di mezzi innovativi coniugati abilmente con la serietà, e la passione, i prodotti del pastificio Liguori attraverso gli anni hanno conservato la sostanza, il sapore antico e la loro essenza più profonda eppure sempre attuale.
PASTIFICIO FRANCESCO D’APUZZO
E’ uno dei più antichi pastifici italiani realizzato da Francesco D’Apuzzo nel 1848, dopo essere stato eletto sindaco.
Per l’ottima qualità del prodotto, all’Esposizione di Parigi del 1878, gli venne conferita la medaglia d’oro.
All’industria paterna collaborarono i suoi cinque figli: Luigi, Gaetano, Raffaele, Guglielmo e Arturo e ben presto i loro prodotti vennero considerati anche all’estero. Furono, infatti, tra i primi in Italia ad esportare la pasta negli Stati Uniti e in ogni parte del mondo.
Nel 1927 Luigi aprirà un suo pastificio a Castellammare di Stabia mantenendo sempre alto il livello dei suoi prodotti, tanto da divenire fornitore della Real Casa. Re Vittorio Emanuele III lo premierà nel 1939 con un “attestato di benevola considerazione”.
Il pastificio è ancora attivo ad opera dei pronipoti Francesco e Luca che, fedeli alle antiche tecniche di lavorazione e alle tradizioni di famiglia e, servendosi di grani di alta qualità e di innovazioni, mantengono un alto standard di produzione.
Il loro motto è:
CON LA SPERANZA CHE NULLA VADA PERDUTO
Pannello con pubblicità dei Pastifici Liguori, di Francesco e Gaetano d'Apuzzo |
PREMIATO PASTIFICIO “SAN VINCENZO” DI GAETANO D’APUZZO
Il Pastificio venne fondato verso il 1920 dal figlio di Don Francesco, Gaetano D'Apuzzo in un vecchio opificio.
Le sue etichette colorate e ben disegnate che mostrano una contadina con in mano un fascio di spighe e sullo sfondo il Vesuvio fumante, hanno fatto il giro del mondo.
La sua attività passò ai figli Guido e Renato che successivamente cedettero i loro marchio, che comunque è ancora oggi utilizzato, alla famiglia Casillo, già titolare del marchio "Liguori".
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STABILIMENT0 INDUSTRIALE GHIRLANDA – MASSA MARITTIMA
Di questo stabilimento sorto nella zona di Massa Marittima (Gr) non si hanno, purtroppo, notizie ma si deve ritenere che all’epoca fosse molto attivo e produttivo.
Interessante il materiale pubblicitario reperito.
LAGANA’ & POJERO – PALERMO
Dei fondatori di questa ditta, pure attiva visto che ne esistono le prove cartacee, non si sono potute reperire notizie tranne che su un certo Michele Pojero, mercante, che faceva smercio di agrumi nel 1814. Può trattarsi di lui oppure di un omonimo?
In quanto al Laganà non se ne sono trovate tracce, comunque sia tale cognome ci sembra assolutamente attinente alla nostra ricerca, visto che il termine làganum, derivante dal greco laganoz, designava una schiacciata di farina, senza lievito, cotta in acqua e la cui forma plurale làgana indicava strisce di pasta sottile fatte in farina e acqua, da cui derivano le nostre lasagne.
Già 100 anni prima di Cristo, sia Cicerone che Orazio, ne decantavano la ghiottoneria...
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ANCORA PASTA…
…MA PER BAMBINI
LA PASTA BUITONI
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Dal 1827 la Buitoni é stata uno dei capisaldi dell’industria alimentare italiana.
Con sacrifici sorprendenti, Giulia e Giovanni Battista Buitoni attrezzarono un piccolo laboratorio artigianale con pochi operai che manualmente realizzavano la pasta - ed ecco la novità – con il grano duro proveniente dalla lontana, per quell’epoca, Puglia. Altra innovazione, fu quella di produrre pasta secca che durasse nel tempo.
Difficile sfida questa, in cui i Buitoni s’impegnarono seriamente a promuovere i loro prodotti anche in altre regioni italiane e in cui, più tardi, vennero appoggiati dal figlio Giovanni che aprirà una nuova azienda a Città di Castello, meccanizzando la produzione che darà decisamente maggiori frutti. Inizia quindi la produzione commerciale di farina, semolino e pastina glutinata destinata soprattutto ai bambini, uno dei punto forti della produzione, che porteranno la ditta a diventare fornitrice della Real Casa. Nel 1861 parteciperà all’Esposizione Italiana Agraria Industriale di Firenze con le sue “paste per minestra“.
Negli anni successivi la Buitoni diventa una Snc sotto la dicitura “Giovanni e Fratelli Buitoni” e più tardi, nel 1907, il figlio di Giovanni, Francesco, costituirà con altri soci la “Società Perugina per la fabbricazione di confetti”.
In seguito, anche i figli di Francesco interverranno nell’azienda paterna apportando il loro contributo alla ditta, ma sarà soprattutto un altro Giovanni a prendere le redini dell’azienda, mettendo tra l’altro in produzione - assieme a Luisa Spagnoli, cofondatrice della Perugina - anche il famoso “Bacio” di cioccolato, in vetta alle classifiche di apprezzamento ancora oggi.
Negli anni 30 inizia al scalata al mercato estero, dapprima in Francia, poi negli USA dove avrà notevole successo e dopo varie fusioni si arriverà all’inglobamento della Buitoni nella Perugina (1969).
Successivamente ci sarà una notevole flessione ed un calo della produttività dovuta anche ai molti concorrenti, finchè la ditta verrà assorbita, nel 1988 dalla Nestlè e più tardi, pur restando in essere il marchio Buitoni, essa verrà comunque smembrata in vari tronconi.
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Un altro punto decisivo per la commercializzazione della Buitoni fu l’utilizzo di mezzi pubblicitari di prima qualità quali manifesti, etichette, pubblicità sulle maggiori riviste del periodo, utilizzando la mano di grandi illustratori quali Federico Seneca, uno dei maggiori cartellonisti che dal 1919 al ’35 collaborerà con la Buitoni e la Perugina come direttore artistico e dello svizzero Enrico Hartmann che firmò soprattutto le etichette. |
E UN PO' DI CONDIMENTO...
Olio, Pomodori, Pepe, Spezie, Parmigiano...
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L’EVENTO STORICO - LA" BATTAGLIA DEL GRANO“
Il pane e la pasta sono da sempre gli alimenti più importanti e caratteristici della cultura alimentare del nostro paese. Entrambi hanno in comune il componente principale che è la farina che deriva dal grano.
Se consideriamo la storia dell’Italia del secolo scorso si nota che sin dai primi del 1900 il Governo italiano incentivò con azioni energiche ed incisive la politica a favore dell’agricoltura che rappresentava quasi esclusivamente, il sostentamento del paese.
Un dato per tutti dimostra l’efficacia della campagna incentivante: il reddito annuo dell’agricoltura che nel 1881 era valutato intorno ai tre miliardi di lire, supererà nel 1910 i sette miliardi.
Per tale motivo essa veniva pubblicizzata ed incentivata con ogni mezzo possibile. In questa breve presentazione verranno presi in esame proprio due aspetti della pubblicità realizzata a tale scopo: i chiudilettera (chiamati più propriamente erinnofili) e gli annulli postali pubblicitari.
Si tratta certamente di due aspetti molto marginali della questione, ma utili a dimostrare l'importanza dell’argomento trattato e che presentano i sistemi pubblicitari adottati all'epoca per gli eventi relativi al settore agrario, in particolare alla storia del grano, realizzati con la massima cura.
Successivamente tali mezzi pubblicitari verranno poi sostituiti dalla radio, dalla televisione, dall’informatica, ecc.
I chiudilettera o erinnofili sono piccole vignette dentellate simili ai francobolli che però non hanno alcun valore postale e pertanto non sono valide per assolvere le spese di trasporto e riconsegna della corrispondenza. Essi nascono come sigilli che venivano utilizzati per chiudere le lettere e successivamente trasformati in “messaggi” pubblicitari che sfruttavano le missive come mezzo di divulgazione del messaggio che recavano impresso. In generale va detto che la riuscita della pubblicità era affidata – all’epoca – all'abilità dei disegnatori, alcuni dei quali si cimentarono anche nella realizzazione dei chiudilettera, lasciando notevoli esempi della loro bravura.
Tornando all’argomento "alimentare", si mostrano alcuni esempi di questi chiudilettera che pubblicizzano le “fiere” sull’Agricoltura che rappresentavano un appuntamento obbligato per gli addetti del settore.
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A sinistra: Erinnofilo del 1900 emesso in occasione della Fiera di Verona.
Si trovano affiancate con pari dignità l’Agricoltura, l’Industria e l’Arte.
A destra : Il messaggio è più completo, oltre al luogo e data (Brescia da Maggio a Settembre del 1904) ed alle attività presenti (industria agraria, armi, sport e previdenza) vi è citato il Re d’Italia quale Patrono - cosa che dà lustro all’evento - ed infine la possibilità di fruire di facilitazioni sui prezzi dei viaggi per recarsi all'Esposizione, il che sottolinea il prestigio dell’evento a cui sono chiamati a partecipare tutti, in particolare agli addetti al settore. |
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Gli esempi sopra riportati mettono in evidenza l’importanza del messaggio sia nel testo che, seppur conciso, contiene tutti gli elementi che si vogliono fornire, ma anche dell'immagine che tende a colpire la curiosità dell'osservatore e a rendere accattivante l'evento, sottolineandone la rilevanza.
In quest'ottica si comprende come anche l’uso del colore abbia una parte attiva nella realizzazione degli erinnofili che spesso vengono stampati in vari colori. |
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Siamo al 1910, il disegno si affina e prende il sopravvento sulla parte descrittiva che si limita all’essenziale : l’importante è catturare visivamente l’osservatore con il disegno che sintetizza l’evento e con i colori che devono destare la curiosità e magari invogliare alla “collezione” degli esemplari.
Disegni di Cecchetto |
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Altri erinnofili dedicati alle esposizioni agricole : |
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1912
Gli agricoltori si riuniscono in società.
Si comincia a parlare di “novità “ agrarie.
L’immagine è delicata e in puro stile di inizio secolo.
La figura femminile adornata e contornata dalle spighe del grano sembra voler alleggerire e ingentilire il duro lavoro del contadino durante la semina e prelude e annuncia il successivo raccolto delle spighe mature. |
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La piaga delle paludi diffusa su gran parte del territorio nazionale fu un problema affrontato con le cosidette “bonifiche”, che oltre a riscattare vasti appezzamenti di terreno resi improduttivi dalle acque stagnanti, prosciugarono le aree coperte dagli acquitrini purificando l’aria e conseguentemente limitarono l’altrettanto grave problema della malaria.
Si ampliarono e perfezionarono anche le opere di irrigazione con la costruzione di grandi bacini montani e di estesi acquedotti. |
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Durante gli anni ’20 il Governo fascista pose una particolare attenzione allo sviluppo agricolo. La parola d’ordine su questo punto fu : “…il grano che l’Italia consuma dev’essere prodotto in Italia…”.
Al di là dei vari aspetti politici-organizzativi-sociali ciò che qui interessa sono la pubblicità e i sistemi di incentivazione messi in essere per raggiungere tutti gli italiani, sensibilizzandoli a mantener viva tale esigenza e a raggiungere l’obiettivo agognato.
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Ecco un esempio di un erinnofilo disegnato da un grande illustratore dell’epoca, Marcello Dudovich, che riassume in una immagine molto densa di significato lo stemma della città luogo della mostra (il giglio di Firenze), l’oggetto della mostra ( le spighe di grano ) e l’autorità (il saluto fascista).
Per permettere la partecipazione al maggior numero di persone era stata concordata una riduzione del 70% sui trasporti in treno, il che conferma l’importanza data all’avvenimento. |
Sorsero le scuole di Agraria e le Cattedre Ambulanti di Agricoltura che incentivarono e concorsero alla formazione e diffusione della cultura nel settore agricolo.
Alle Cattedre Ambulanti di Agricoltura facevano riferimento le varie iniziative del settore.
Il governo incentivò in vari modi l’intensificazione della coltivazione e la produzione agricola con massicce azioni di informazione e di propaganda con sovvenzioni, premi, campagne pubblicitarie e gare fra le varie province. Nel campo dell’Agricoltura la maggiore attenzione fu rivolta al Grano.
Le varie iniziative adottate in questo settore possono essere sintetizzate in quella che fu denominata e passata alla storia come “ La Battaglia del Grano ”.
Lo scopo fondamentale di questa azione di propaganda era quella di indurre gli agricoltori a produrre più intensamente, promettendo in cambio dei premi per gli eventuali traguardi raggiunti. Per tenere desta l’attenzione su questo obiettivo del regime, furono emessi anche degli erinnofili, per i quali si mobilitarono valenti disegnatori e grafici dell’epoca.
Foto: parte del pannello dedicato alla
"Battaglia del grano" |
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A sinistra:
1926 – Erinnofilo emesso in occasione della Prima Campagna della “Battaglia del Grano”.
I premi in palio ammontavano a un milione e mezzo ! Cifra enorme per il periodo.
Al centro:
1927 – IV Concorso
A Destra:
1928 – V Concorso |
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A Sinistra:
1929 – VI Concorso - Disegno di Busi
Al Centro:
1930 – VII Concorso
A Destra:
1934 – VIII Concorso - Disegno di Busi
Un esempio dell’impegno profuso dai disegnatori a favore della pubblicità è l'ideazione di vignette utilizzate per realizzare erinnofili, cartoline, manifesti ecc. come nell’esempio sotto riportato:
E’ doveroso, anche se sinteticamente, fare un cenno ai concimi, fertilizzanti ed anticrittogamici utilizzati in agricoltura. Tali preparati, per lo più chimici, venivano utilizzati sia per ottenere una maggiore resa dei prodotti, sia per una protezione adeguata ai vari attacchi di agenti patogeni esterni. I prodotti più usati ( ed anche consigliati ) furono i concimi fosfatici utilizzati come fertilizzanti e quelli azotati e nitrati per ottenere una maggiore produzione del raccolto. |
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Anche il Riso trova nei chiudilettera un valido ausilio pubblicitario.
Anche se non rientra tra i prodotti e derivati del grano merita un posto tra i prodotti alimentari italiani. Soprattutto quando il bozzetto è di un famoso disegnatore dell’epoca : Mario Gros.
Nel caso sottostante il bozzetto è stato utilizzato sia per il chiudilettere che per la cartolina pubblicitaria. |
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Fino alla fine del 1800 i francobolli venivano annullati con un timbro (che negli anni ha assunto varie forme e dimensioni); nel 1901, in alcune città d’Italia, verrà sperimentato il timbro con targhetta pubblicitaria. Esso era tondo con datario, affiancato da una targhetta con una scritta o un piccolo disegno che “pubblicizzava” un evento, un prodotto, una località, ecc. Piano piano con il progredire dell' alfabetizzazione e della cultura del popolo, crebbe l’esigenza di portare un breve messaggio pubblicitario in tutte le case. L'utilizzo della corrispondenza rispondeva benissimo a questa istanza e quindi l’utilizzo della targhetta pubblicitaria fu esteso a tutti gli uffici postali, prima del Regno e poi della Repubblica.
Anche in occasione della Battaglia del Grano vennero utilizzati questi annulli con etichetta pubblicitaria per divulgare la campagna in atto a favore della coltivazione del grano. |
E' DOVERE DI TUTTI GLI AGRICOLTORI ITALIANI CONTRIBUIRE ALLA VITTORIA DEL GRANO |
Anno VI -
TERZO ANNO DELLA BATTAGLIA DEL GRANO |
AGRICOLTORI, BISOGNA VINCERE LA BATTAGLIA DEL GRANO
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INTERVISTA rilasciata al Periodico dell'Ass.ne Culturale Machiavelli's Club
"Dal chicco di grano a un piatto di pasta... una storia tutta italiana"
Successo di critica per la mostra allestita al Machiavelli’s Club. In una intervista a Patrizia di www.cartantica.it ripercorriamo le tappe che hanno portato alla realizzazione dell’evento
Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo. Prendiamo in prestito una celebre frase di Henry Ford per fotografare, come in un’istantanea, lo spirito che ha animato la collaborazione tra il Machiavelli’s Club e Patrizia di Cartantica.it. Grazie alla sua preziosa professionalità siamo riusciti a realizzare una mostra unica nel suo genere offrendo ai soci la possibilità di un affascinante viaggio nella storia della pasta visto attraverso curiosi documenti e pubblicità d'epoca. Per completare il quadro d’insieme, abbiamo voluto conoscere più da vicino il mondo del collezionismo: immancabile la disponibilità di Patrizia che non ha esitato ad illustrarci anche alcuni particolari sulla mostra.
Come nasce l'idea di una mostra sul 'chicco di grano'?
Avendo a disposizione varie curiosità cartacee sull'argomento, ritenendo che l'argomento potesse essere interessante per chi gestisce un ritrovo che si occupa di "ristoro" dell'anima e del corpo, è sembrato naturale, a me e a mio marito proporre dei "quadri" che raccontassero in breve la storia della pasta. Via via l'idea, che era in germe anche in Mauro, ha preso consistenza, allargando il discorso alle ditte produttrici di pasta di cui avevamo alcune etichette, cartoline ed altre pubblicità d'epoca, compresi i condimenti (parmigiano, olio, spezie...). Pezzo forte della mostra, ci è sembrata poi la storia della cosiddetta "Battaglia del grano", una campagna pubblicitaria indetta al tempo del fascismo per incentivare la produzione del grano e consolidare l'autarchia.
L'oggetto più curioso esposto al Machiavelli's Club?
Una delle curiosità che ritengo degna di nota sono i chiudilettera. Parenti stretti dei francobolli, i chiudilettera o erinnofili o vignette sono "curiosi" ed importanti sia dal punto di vista puramente grafico che da quello storico.
Ce ne può parlare?
Nati per sostituire la ceralacca usata per chiudere le lettere quando le buste ancora non esistevano, questi dischetti di carta rossa e gommata riportavano a stampa il nome del mittente (una ditta, un professionista...). Dopo l'avvento delle buste e la dentellatura dei francobolli applicata anche ai chiudilettera, essi vennero stampati in vari formati, diventando quadrati, tondi, rettangolari o triangolari. Dalla fine dell'800 fino agli anni 20, in sintonia con le cartoline illustrate, anche i chiudilettera risentirono positivamente dell'interesse del pubblico. Spesso sul chiudilettera veniva riprodotta un'immagine già stampata su una cartolina, su un manifesto o su una locandina realizzati in occasione di manifestazioni culturali, commemorative, espositive, ecc. Questi ultimi oggetti erano molto più difficili da collezionare, mentre le piccole dimensioni dei chiudilettera ne consentiva la raccolta in album
Dove si diffusero maggiormente?
Prodotti, utilizzati e collezionati soprattutto in Germania che aveva degli ottimi illustratori - ma l'Italia non fu da meno con artisti famosissimi quali Dudovich, Codognato, Morbiducci, ecc. - commemoravano e celebravano pontificati, commemorazioni civili, politiche, sportive, manifestazioni fieristiche e culturali, azioni di assistenza a favore di varie calamità o aiuto alla Croce Rossa o pubblicizzavano, con belle immagini di stile Liberty e Deco qualsiasi prodotto. (Molto interessanti e davvero belle alcune serie tedesche emesse dalla ditta Tobler, produttrice di cioccolato, per cui è quasi "d'obbligo" una mostra ad hoc...).
Semplici chiudilettera o cosa altro?
Non va sottovalutata la loro rilevante azione propagandistica, educativa, divulgativa e soprattutto patriottica. Varie serie di vignette di alta qualità grafica ed artistica vennero realizzate appunto in favore dell'agricoltura, per incrementare la produzione soprattutto del grano, sollecitando l'attenzione di tutti verso un solo obiettivo, quello di una politica autarchica che permettesse alla nazione di consumare solo ciò che essa stessa produceva. I chiudilettera vengono stampati ancor oggi, soprattutto a fini commemorativi, ma qualità e bellezza sono ormai alquanto mediocri rispetto a quelli d'epoca.
Un’altra curiosità tra gli oggetti in esposizione?
Direi la serie di figurine Liebig dedicate proprio alla Storia della Pasta, quanto di meglio per illustrare la tematica della mostra. Stampate verso la fine del 1800 su idea del Barone Justus Von Liebig - che adottò tale forma di pubblicità per i suoi famosi prodotti, introducendone la distribuzione gratuita ai consumatori, in cambio di "punti" acquistiti comprando i suoi dadi da brodo - erano realizzate in cromolitografia, su disegni di valenti illustratori, con gran cura dei particolari, in serie di 6-12 o 18 pezzi. Sul retro, le figurine riportavano notizie dell'argomento illustrato sul recto, creando così una sorta di piccola enciclopedia a puntate. In totale, vennero emesse 1900 serie circa nell'arco di un secolo.
Quando ci si scopre collezionisti per passione?
Il mondo del collezionismo è talmente vario ed interessante per le mille sfaccettature che presenta e si dirama in moltissime direzioni, dall'oggetto d'arte ai francobolli, dalle immagini sacre alle figurine di varia natura, dai carillon alle bambole... E' una "passione" che può nascere in gioventù, connaturata al soggetto, o che nasce per caso da adulto forse ritrovando in un mercatino dell'antiquariato un oggetto che risveglia il ricordo del passato, un oggetto simile ad uno che ci era appartenuto e a cui eravamo davvero affezionati...
Un amore all’improvviso potremmo dire… e poi?
Questa spinta iniziale può indurre quindi a raccogliere altri oggetti del medesimo tipo ma ovviamente diversi, inducendo il collezionista a visitare mercatini dell'antiquariato o siti internet sempre alla ricerca del "pezzo" ambito o mancante, a frequentare associazioni ed altri collezionisti con cui parlare della proprie collezioni e con cui scambiare idee ed oggetti. Insomma è un mondo affascinante che coinvolge a poco a poco . Nel caso mio e di mio marito (è stato lui ad introdurmi in questo mondo eterogeneo e straordinario) è la carta in genere che ci affascina, coi suoi colori, con la sua storia, con la sua varietà...
Ricerca, raccolta, vendita, scambio... può diventare un lavoro?
Sicuramente si, se si trova una buona fonte d'approvvigionamento e soprattutto se si scelgono pezzi di un certo interesse da rivendere, mantenendo prezzi non troppo esosi. Ma bisogna avere costanza, alcuni si vendono solo dopo molte "presentazioni", un pizzico di eleganza nel proporre i propri oggetti (anche quelli di carta), buone maniere e pazienza perchè nei mercatini o altrove si incontrano veri collezionisti ma anche dei perditempo. Tuttavia, secondo me, credo che il collezionista "doc" non sia un vero rivenditore ma solo un amante dello scambio, della chiacchierata attorno all'oggetto in esame, dell'atmosfera del luogo di vendita, sia esso un negozio vero e proprio sia invece un mercatino dell'antiquariato. Insomma che sia un rivenditore più per diletto che per denaro.
Come spiega il successo del suo sito cartantica.it?
Successo mi sembra una parola grossa ma Cartantica piace perchè è vario. E' nato più che altro dall'incontro della mia passione per lo scrivere (ma anche grazie alla facilità con cui riesco a farlo) e dal fatto che Simone (mio figlio) fa proprio il web designer ed ha realizzato (anche se nel 2000 ancora alle prime armi e con qualche aiuto) la parte grafica e strutturale del sito, rinnovata nella forma in cui si vede ora, quando ormai lui aveva raggiunto una considerevole esperienza. Ma è nato non solo per merito di quella ma anche grazie al vasto bagaglio di informazioni, nozioni, curiosità che avevo accumulato riguardo al collezionismo in genere e soprattutto riguardo alle immaginette religiose. Questo, unitamente ad alcune esperienze di fede, mi hanno convinto a fare di Cartantica, oltrechè un sito di notizie riguardanti il collezionismo, la poesia e curiosità varie, un sito che in qualche modo potesse dare aiuto su argomenti che sembrano scontati e che in realtà non lo sono perchè li abbiamo dimenticati oppure perchè ormai la nostra cultura non è più fondata su quegli "ideali", ricordando così le basi della nostra Fede.
Patrizia, può descriverci grosso modo qual è l’utente tipo del sito?
Suore, sacerdoti, catechisti che vi trovano o chiedono spunto per le attività parrocchiali di catechesi, collezionisti di immaginette sacre o comunque interessati alle tematiche presenti o che chiedono notizie sui santi patroni o protettori di persone, arti, mestieri, ecc., persone che chiedono un conforto spirituale, una preghiera, una risposta ai loro dubbi e tante altre cose ancora. Forse io sono la persona più incoerente e la meno qualificata per rispondere, ma l'importante è che io rispondo a tutti - tutti infatti aspettano una risposta - anche alle domande più insensate che talora mi pongono e questo, credo, sia importante. Il sito, inoltre, negli ultimi due settori si avvale (a carattere gratuito da ambedue le parti) di valenti collaboratori, tra cui giornalisti e scrittori che lo hanno arricchito di interessanti interventi e contributi.
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