Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

 

TERZO GIORNO

Alle 8, come d'accordo, siamo riuniti nella cucina dove la donna, contrariamente a quanto ci aspettavamo, e' sola, il marito e' gia' partito all'alba per Ljubuski e cosi' pure i due figli piu' grandi, mentre il piccolo va a piedi in una scuola di Medjugorje.
Cosi' come ci hanno consigliato, vorremmo pregare insieme a quelli della casa, ma ora non vi e' che la vecchia malata e la donna che non ne fa accenno; ne' noi ci facciamo avanti coi gesti a ammentarglielo ma poi, dopo aver ascoltato gli altri del gruppo che hanno vissuto quest'esperienza con i loro ospiti e ne hanno ricavato un'inattesa beatitudine, ci porteremo dentro un'afflizione simile alla tristezza. Presto pero' essa scomparira' dai nostri cuori poiche', appena sistemati sul pullman, Marja viene a parlarci.

E' la giovane figlia d'uno degli ospiti di Miletina che conosce da vicino i veggenti e ne segue le ammonizioni, prendendo parte con costanza ed abnegazione ad uno dei gruppi di prghiera che si sono creati a Medjugorje, quello guidato da Jelena.
Marja e' giovane e bionda, indossa un paio di jeans e una maglietta bianca che mettono in evidenza un corpo ben formato, insomma sembra nient'affatto diversa da qualunque altra giovane della sua eta'. Ma basta guardarla in volto ed osservare i suoi occhi ed il suo sorriso per capire che in essa vi e' qualcosa di speciale: la luce della Grazia che erompe dall'interno e si comunica attraverso le sue parole anche a coloro che l'ascoltano.
Ci parla in italiano e ci illustra brevemente, quasi concitatamente, l'importanza della preghiera e del digiuno; ci esorta a raccoglierci in noi stessi senza distrazioni, con l'animo aperto ad ascoltare la voce di Dio e della Madonna e cerca di trasmetterci le sensazioni che prova quando si riunisce insieme agli altri giovani e la Vergine parla attraverso la veggente.

Su sua richiesta alcuni le pongono delle domande a cui lei risponde nel modo piu' semplice per essere compresa facilmente: domande sull'Angelo Custode, sul perche' ad alcuni tocca piu' sofferenza che ad altri, sulle vocazioni, sul problema delle altre religioni, sulla possibilita' di salvazione di chi non e' cristiano, ne' cattolico.
Essa risponde tranquilla, con quel bel viso gaio, sottolineando l'importanza dell'esser cristiani e della responsabilita' che a noi ne deriva, di fronte a Dio, dell'esserlo pienamente e coscientemente.
Marja ci saluta col suo sorriso speciale e discende per avviarsi nella sua giornata colma di Dio mentre noi prendiamo la via della montagna: il Krizevac e' vicino!

E' una salita difficile per via dei molti sassi che formano il sentiero, alcuni aguzzi, altri arrotondati dal continuo andirivieni dei pellegrini. C'incamminiamo tutti, giovani ed anziani, con impeto notevole che pian piano si affievolira' per dar posto ad un consapevole, e per questo meno faticoso, impegno che ci condurra' sino in cima.
Jozo, esile e giovane com'e', cosi' animato d'ardore spirituale, ci guida saltellando da un sasso all'altro come un'agile gazzella. Le due coppie d'anziani che toccano quasi l'ottantina, s'ingegnano per stare al passo con i piu' giovani, alcuni dei quali sembrano fare una gran fatica abituati come sono alla vita sedentaria della citta' e non avendo mai, prima d'ora, affrontato una scalata del genere. I vecchi, invece, previdenti e gia' esperti, si sono attrezzati con bastoni da montagna e non sembrano risentire della salita.
Francesca con la sua carrozzella viene portata a braccia da quattro uomini e precede il corteo per non intralciare il cammino, mentre Eliana per un primo tratto procede in braccio, ora a Francesco, ora a Leandro, ora a Giuseppe. Poi, come per una decisione improvvisa ma perentoria, esprime il desiderio di affrontare, malferma sui piedi, l'erta rocciosa, tenuta per la mano da Angela. Ci fermiamo ad ogni stazione della Via Crucis, dinanzi a cui una lapide scultorea in bronzo, donata da un artista italiano che ha ricevuto una grazia, ricorda gli avvenimenti dolorosi delle ultime ore del Cristo e sostiamo per qualche momento in preghiera, poi proseguiamo sgranando il Rosario.

Incontriamo altri gruppi di pellegrini sul sentiero: alcuni vengono giu' dalla vetta, altri come noi salgono e ci sorpassano; alcuni, forse per ringraziamento, si cimentano nella salita a piedi scalzi, ma a quanto possiamo constatare le pietre sia pure aguzze non procurano loro alcun disagio. C'e' gente di ogni nazionalita' e nell'incontrarci scambiamo un breve cenno di saluto.
La scalata dura circa due ore e solo pochissimi rinunciano a meta' strada, tutti vogliamo arrivare in cima e vedere la grande Croce bianca stagliarsi contro l'azzurro del cielo, anche gli anziani che si inerpicano lenti ma sicuri.
Eccoci finalmente sulla vetta: la Croce domina imponente e solenne su tutta la vallata sottostante da cui emerge il Santuario di Medjugorje. Nell'animo di tutti nasce un sentimento di soddisfazione e di pace al tempo stesso: e' come aver compiuto un'impresa impensabile, aver raggiunto una meta insperata.
Ci disperdiamo intorno al basamento della Croce lieti e ciarlieri e ci vuole un po' di tempo per raccoglierci di nuovo in gruppo per qualche foto che rimanga poi a rammentarci questa nostra piccola fatica.

La discesa ci sembra ormai piu' semplice, anche se ugualmente pericolosa poiche' i sassi sono levigati e i piu' giovani sono delegati a sostenere le persone piu' anziane; come Angeli Custodi impacciati essi si prendono cura dei loro protetti e li condurranno fino alle pendici del monte.
Io mi affianco alla signora Margherita, la mamma di padre Mario che con grinta prorompente si avvia, decisa e vigorosa sul sentiero, sondando il terreno col suo bastone da montagna. S'instaura subito un sentimento d'amicizia e ci diamo la mano per sostenerci a vicenda, raccontandoci aneddoti e qualche informazione sulle nostre esistenze. Accaldate e euforiche raggiungiamo la strada liscia e piana dove ci attende il pullman.

In questa discesa, che ci e' sembrata tanto breve, si sono cementate nuove amicizie, come quella tra me e Margherita che ammiro incondizionatamente per la sua grinta vivace, per quel suo modo di parlare schietto, senza fronzoli, per la ferma fede nella Provvidenza; si e' avuta conferma dell'affetto filiale di Gabriella D.A. di Giuliana M.. di Padre Mario, si sono avute dimostrazioni di volonta' da parte di Eliana che si e' impegnata, coi suoi piedini malati, a calarsi dal Krizevac ...
E si e' avuta la sorpresa di scoprire Cosimo, la cui opera silenziosa ma efficace era passata quasi inosservata: sempre paziente nonostante i cambiamenti di programma, solerte ad ogni richiesta, e' stato coinvolto anche lui dall'atmosfera di Medjugorje. Taciturno ed introverso per carattere, all'inizio sembrava quasi non fosse animato dallo stesso spirito che ispirava tutto il gruppo, quasi seccato del compito che gli era stato assegnato. Ma via via che le ore passavano e specialmente dopo l'arrivo al Santuario il suo atteggiamento era cambiato a tal punto che anche esteriormente si sono avvertite delle modifiche: il suo volto chiuso al sorriso si era disteso, cosi' come a poco a poco si andavano spianando anche le "rughe" dell'anima. Ci aveva seguito quieto nella grande chiesa brulicante di gente, nella passeggiata notturna sulla Collina delle Apparizioni ed ora era appena disceso dal Krizevac dove aveva aiutato gli anziani, senza spazientirsi mai.

Di corsa montiamo sul pullman per recarci al ristorante dove ci stanno gia' attendendo per il pasto, che si svolge piu' o meno come il giorno precedente.
Per primo sempre brodo, ma per secondo oggi assaggiamo uno dei piatti nazionali i cipavich, salsiccette saporitissime di cui non riusciamo a penetrare il segreto dell'impasto.

Torniamo a Miletina per una breve pausa presso le famiglie e per un caffe' che la nostra servizievole signora Neda ci offre amabilmente, poi di nuovo sul pullman rombante che ci condurra' davanti la casa di una delle Veggenti, Marja, che pare abbia acconsentito a ricevere il nostro gruppo per trasmetterci alcuni dei messaggi che la Madonna le affida.
Restera' a parlare con noi alcuni minuti e noi ne "approfitteremo" per raccomandarle due o tre casi particolari. Arriviamo nella stradina pietrosa e soleggiata ed attendiamo pochi attimi, giusto il tempo necessario a Jozo per salire la breve scalinata che porta alla casa della ragazza ed ecco lo vediamo ridiscendere parlottando tranquillo con una giovane dai capelli castani che, arricciandosi, le incorniciano il volto chiaro un po' largo.

E' Viska, l'altra veggente, quella che non si tira mai indietro quando si tratta di parlare in pubblico.
Scambia con Jozo, che conosce da tempo, alcune parole: e' calma, allegra, una ragazza come tante che indossa un paio di pantaloni ed una casacca a righe. Il suo volto che il sole, penetrando tra le chiome frondose degli alberi piantati nel piccolo spazio antistante la casa, copre d'ombre e', purtuttavia, luminoso e da esso traspare una serenita' che infonde pace e beatitudine. La sua voce, mentre ci parla, e' come il cinguettio di un uccello, armoniosa, gradevole e scorre sulla mia anima come un unguento che istantaneamente rimargini le cicatrici che il tempo e le vicende della vita vi hanno impresso.
Jozo traduce simultaneamente cio' che lei dice e riversa su di noi i messaggi della Madonna che chiede: Pace - Conversione - Preghiere - Digiuno; un piccolo malinteso tra i due giovani viene chiarito con una risata spontanea: il viso gia' splendente di Viska s'illumina ancora di piu' e riflette una sincera, cordiale ilarita'. Quello che di lei colpisce e rimane impresso nel mio ricordo - e cosi' penso per la maggior parte di noi - e' proprio quel suo sorriso che mette in mostra una fila di denti rilucenti, un sorriso che ancora conserva qualcosa di infantile e di candido, qualcosa di perenne e di celestiale e che ci rende sicuri che un essere cosi' puo' "vedere" la Madonna, puo' "parlarLe" ed "ascoltarLa".
Con gesti affettuosi ed incomprensibili frasi, ella s'accosta a confortare chi le si affolla intorno e le chiede di implorare Maria affinche' intervenga a favore dei piu' sfortunati; oggi s'e' impegnata a presentarLe non solo le istanze urgenti di alcune famiglie del nostro gruppo, ma anche quelle che ognuno di noi ha scritto in fretta su un piccolo pezzo di carta.


La breve udienza s'e' conclusa, Viska ci saluta guardandoci un'ultima volta e, precedendoci, esce dal cancelletto dell'abitazione, s'avvia per la strada scoscesa dove gia' l'attende un'altra piccola folla di gente, fedeli, curiosi che le vogliono parlare o solo toccarla, gente infelice o sofferente con richieste piccole o grandi, ugualmente importanti.
Lei se ne va per le strade di questo piccolo paese, in cui ogni giorno arriva una gran folla sempre diversa eppure uguale per patimenti, problemi e speranze; se ne va con quel suo sorriso sicuro ed ineffabile nonostante la miseria ed i dolori che vede, con quella sua faccia angelica, ilare a volte come oggi l'abbiamo vista mentre parlava con Jozo.
Tranquilla, nonostante la sua croce personale di malattia che essa porta con se' come un piccolo vessillo da sbandierare sulla terra, nonostante il gravoso impegno di parlare ai pellegrini che occupa gran parte delle sue giornate e a cui non si sottrae ...

Siamo di nuovo dinanzi alla grande chiesa; su un piccolo spiazzo si apre l'ufficio parrocchiale dove si vendono immaginette sacre e coroncine e dove una lunga fila di gente di varie nazionalita' attende il suo turno per entrare. E' una piccola stanza affollata in cui ognuno cerca un ricordino di questo straordinario luogo, che si creda o no nelle apparizioni. Anch'io mi tuffo nella mischia per conquistare medagliette e spilline che mi hanno commissionato, addirittura, alla mia partenza da Roma.
Nell'aria risuonano, attraverso gli altoparlanti, le voci dei fedeli che rispondono al Rosario ed il chiacchierio festante di centinaia di uccelli che brulicano tra i rami. Si dice che nel momento dell'apparizione della Madonna ai ragazzi, anch'essi tacciano, quieti ed assorti, per qualche attimo.
Intorno alla chiesa, il solito affollarsi dei fedeli seduti sull'erba a pregare, solitariamente o in piccoli gruppi o in attesa dei sacerdoti che arrivano nel piazzale, prendono da un apposito carrettino il cartello che indica le lingue in cui confessano e si siedono attendendo i pellegrini.

Il grosso del gruppo s'introduce in chiesa mentre molti altri, me compresa, ristanno all'aperto, come in attesa di qualcosa. Ma qualcosa, dentro, e' gia' accaduto in alcuni di noi ancora titubanti, timorosi quasi di scoprire in se un cambiamento radicale, il sovvertimento d'un mondo, dominato dai falsi idoli del progresso, consolidato da tempo scorrendo sui binari diretti verso l'egoismo, l'indifferenza, il rancore.
Dentro di me le sensazioni di ieri, di dubbio, di confusione, non sono quasi cambiate, s'alternano nel mio animo l'una dopo l'altra in una ridda disordinata che mi preme dall'interno e mi spinge a vagare attorno alla chiesa, accanto ai penitenti, lungo la fila dei sacerdoti in attesa dietro l'edificio dove ancora sostano folti gruppi di persone, dove il sole che sta tramontando irrora ogni cosa d'una luce arcana e il lieve vento della sera lambisce le fiamme delle candele accese che vibrano come canne d'organo.
M'attardo ancora un po', maturando dentro di me la decisione d'una Confessione piu' convinta e sincera possibile, cercando di mettere a nudo di fronte a me le molte manchevolezze; non trovo difficolta' - se non quel naturale disagio di inginocchiarsi dinanzi ad un altro essere umano - a riconoscere la mia pochezza dinanzi all'inviato di Dio, trovo che sia giusto cosi': rendersi piccolo dinanzi a Lui cosi' grande.
Molti provano, pero', nei confronti dell'atto penitenziale una certa resistenza, un moto di orgoglio e di superbia, non ammettendo di doversi umiliare innanzi ad un uomo simile a loro, poiche' non vedono nel sacerdote - e quindi in Dio stesso - un Amico, un Padre con un cuore immenso che tutto perdona a chi si presenta a Lui in tutta sincerita', davvero pentito d'averLo offeso, con la consapevolezza d'aver contravvenuto alle Sue leggi.
Quello che mi trattiene ora e' solo il non aver chiaro in me se credere o no a quanto qui si vive e si predica, a quest'atmosfera di estrema pace cosi' assurda per noi, provenienti dal caos e dall'angoscia che dominano nella nostra citta' ... Ma proprio da tutto cio' che ho visto e vissuto in queste poche ore mi deriva la necessita' incalzante di decidermi: mi inginocchio e tutto avviene semplicemente dentro e fuori di me, mentre il sacerdote con le sue parole rasserena la mia anima inquieta e le trasfonde sentimenti di mansuetudine e di levita'.
Ha un volto compatto color terracotta, due occhi azzurrissimi che sembrano rispecchiare la trasparenza imperturbabile del cielo e penetrare fino al fondo oscuro della mia coscienza dove affiorano i dubbi, le contraddizioni e le intemperanze che subito si acquietano.

Mi rituffo nella folla, felice e frastornata, placata e traboccante di serena fiducia, raggiungo il gruppo riunito in chiesa, partecipo al rito Eucaristico, mi comunico con piu' gioia d'ogni altra volta. I sacerdoti che hanno concelebrato la Messa scendono dall'altare e penetrano nella massa della folla, che si dilata e si allinea al loro passaggio in file ordinate; chi e' pronto a ricevere l'Ostia consacrata attende col viso rivolto a loro, altrimenti si gira, discretamente, su se stesso.
Alla fine della Messa, restiamo ancora un po' in chiesa per recitare i sette Pater, Ave e Gloria secondo le richieste della Vergine, poi assistiamo alla benedizione delle immaginette e dei ricordini, infine preghiamo per gli ammalati.

A tarda sera, ci dislochiamo, di nuovo a gruppi, nelle case di Miletina per la cena che come ieri e' ottima ed abbondante: minestrone con piccoli pezzi di carne, pomodori in insalata, carne, patate fritte ed una squisita pizza rustica imbottita di formaggio fresco, anche questo fatto in casa dalla donna che ci ospita.
I nostri anfitrioni accudiscono all'orto ed alla stalla dove hanno due mucche da cui ricavano latte, formaggio e burro, producono ortaggi e frutta; anche l'uva dolce e succosa ed i piccoli fichi verdi e saporiti che ci offre la signora Neda sono coltivati nel loro terreno.
Non vediamo mai il padrone di casa, e' sempre la donna (le ho chiesto come si chiamasse e lei mi ha risposto Branca, ma io sono rimasta nell'indecisione: questo sara' il suo nome di battesimo o il suo cognome?) a mantenere i rapporti con noi pellegrini, e' lei che cucina, che serve in tavola, che si sforza di capire i nostri desideri e i discorsi mentre siede accanto a noi, fumando un po' nervosamente le sigarette locali dal nome incomprensibile, Opatija.
Ad un tratto arriva Jozo che, finalmente, puo' tradurre i nostri pensieri e ringrazia da parte nostra per l'accoglienza che ci e' stata data; la signora Neda si schermisce e sorride imbarazzata. Certo questo per lei e' un lavoro e viene ricompensata adeguatamente poiche' nel prezzo da noi versato e' compresa la quota che le spetta per l'alloggio e il vitto; ad ogni famiglia di Miletina che ospita dei pellegrini verra' corrisposto un tanto che permettera' una vita tranquilla per un bel po' di tempo nonostante le difficili condizioni economiche in cui versa la Jugoslavia oggi.
Forse proprio i contadini sono i piu' favoriti in questa situazione, in quanto producono cio' che e' necessario a sfamarsi, ma in special modo costoro che abitano nel comprensorio di Medjugorje. La parrocchia e le famiglie sono abbastanza agiate - ci ha detto Jozo - non hanno bisogno di soldi, che gia' da piu' parti e attraverso diverse vie vi giungono, scarseggiano solo di alcuni generi particolari, come il caffe' per esempio, di cui ogni nucleo familiare italiano ha portato con se' un Kg, da dividere equamente tra gli ospiti di Miletina.
Non e' poco per la signora Neda guadagnare una bella sommetta in due giorni, ma e' anche molto il venir sloggiati dai propri letti ed arrangiarsi a dormire in casa della cognata per Marko, o dormire tutti in una sola stanza nonna, madre e tre figlioli di varie eta' che devono alzarsi presto la mattina per raggiungere le scuole lontane. Non e' poco davvero dover sobbalzare dalla sedia, come ha fatto stamane la donna all'apparire, nel piccolo orto, della Miljcia che eseguiva i controlli sugli stranieri. Essa non aveva ancora compilato il piccolo registro verde su cui doveva segnare i nostri nomi e si e' precipitata a farlo fremente di paura ...

La serata non finisce qui: a gruppi di due o tre, gli altri pellegrini giungono nella casa e ci confidano che i nostri ospiti attendono che noi usciamo per poter cenare, benche' la nostra Neda Branca ci assicuri di no col capo. Allora decidiamo di raggiungere gli altri, riuniti nella casa piu' grande di Miletina che ospita una decina di noi.
La cucina che ci accoglie tutti e' ampia, intorno al lungo tavolo sono seduti i nostri compagni che stanno dando fondo alla grappa locale fatta in casa ed ai biscotti che Margherita ha portato con se' dall'Italia.
I nostri anfitrioni, lui un omone alto, biondastro con una fisionomia larga e sorridente e lei magra, servizievole, ci accolgono con gesti amichevoli e ci invitano ad unirci all'allegra brigata che sta cantando alcune melodie italiane.
Con quanto fiato abbiamo in gola, tutti insieme intoniamo canzoni antiche e moderne, condotti dalla voce piena di Padre Antonio a cui si contrappone quella ancora esile di Dennis; i padroni di casa seguono il ritmo ondeggiando e lanciandoci lunghi sorrisi. Ma gia' sui loro volti s'insinua l'ombra della stanchezza, domattina debbono alzarsi al levar del sole, percio' li salutiamo e ci rituffiamo nel buio della notte, lungo corteo brulicante nelle strade sterrate.
C'e' un'altro gruppo di nostri compagni dinanzi alla casa di Anna, l'avvenente bionda presso cui sono ospitate Edda le sue sorelle e nipoti e verso di essa ci dirigiamo per concludere questa serata.
Padre Antonio non ha piu' voce, ma ci da' il la per attaccare stornelli romaneschi e canzoni napoletane, incitando Vincenzo a partecipare perche' pensiamo, erroneamente, che dovrebbe conoscere a memoria le melodie ma lui, forse perche' stonato, lascia a noi questo impegno. Arrivano ancora Franco e Graziella che si esibiscono rivelando eccellenti doti canore che non sospettavamo.
Anna, intanto, va avanti e indietro dalla casa alla cantina dando fondo alle riserve di vino che offre in giro ed aggiunge ebbrezza alla nostra euforia; tutti indistintamente cantiamo con gioia e dentro di noi proviamo una leggerezza d'animo, una serenita' cosi' prorompente che dobbiamo esternare in qualche modo ed il canto ci sembra il mezzo piu' naturale per comunicarci vicendevolmente queste sensazioni, poiche' le sole parole non basterebbero ad esprimere la gamma di sentimenti che ora ci riempiono.
L'aria ora s'e' fatta scura, e' giunto il momento di sciogliere il gioioso convivio e di salutare Anna e la sua famiglia, tornando ognuno al proprio letto per un meritato riposo.
In alto, nel cielo spazzato dalla bora, le stelle lucenti e misteriose, immobili ed eterne ascoltano le nostre voci ilari che si disperdono nella notte ...

 

 

 

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QUARTO GIORNO

 

E' una giornata splendida con questo sole caldo che il vento gia' stempera un po' e quest'aria pulita, tersa, cosi' differente dall'aria tumefatta di Roma.
Salutiamo le nostre famiglie con un pizzico di quella nostalgia malinconica che si prova lasciando qualcosa che ci ha riempito lo spirito di sensazioni meravigliose; ognuno porta con se dei doni che le famiglie hanno preparato: uva, formaggi freschi e bottiglie di grappa che stiviamo nel ventre accogliente del pullman gia' traboccante di souvenir (tappeti, pietre del Krizevac o della Collina delle Apparizioni).
Saliamo e prendiamo i nostri soliti posti, agitando le mani a salutare alcuni dei contadini di Miletina che restano a guardarci addossati alle case, pochi pero' poiche' la maggioranza e' al lavoro nelle fabbriche di Ljubuski o nei campi. Lasciamo questa piccola isola di semplicita' cosi' dissimile dall'ambiente in cui viviamo, cosi' pacifica, cosi' vera.

Cosimo si impegna al massimo della sua bravura penetrando col grosso pullman all'interno dei vicoli stretti e angolosi del piccolo sobborgo in cui vivono le veggenti, ai piedi della Collina delle Apparizioni, su cui fra poco saliremo.
A piedi costeggiamo le mura di pietre antiche delle case ed iniziamo questa nuova scalata piuttosto sveltamente e speditamente, sempre guidati da Jozo.
Il carrozzino di Francesca viene portato su con vigore dagli uomini tra cui bisogna ricordare Augusto, solerte e silente che a Franco e Graziella ha risparmiato, senza farsene un vanto, molto lavoro ed impegno, coadiuvato da Rina, sua moglie, ciarliera e battagliera eppure cosi' fragile ed emotiva.

La cima e' segnata dalla Croce con il piccolo Crocifisso e la statuetta della Madonna ma intorno, infisse tra i sassi s'innalzano altre Croci piccole e grandi su cui ignoti pelllegrini hanno inciso una data, una piccola frase.
Ci aggiriamo un po' tra le pietre aguzze, fermi dinanzi ad ognuno di questi segnali che scandiscono come inni solenni la fede di chi qui li ha lasciati.
Sotto di noi si estende l'ampia vallata verde che ora brulica di costruzioni e proprio alla nostra destra s'alza impervio, quasi glabro, il monte Krizevac su cui eravamo ieri.
L'ascesa alla collina, pero', e' stata molto piu' facile, e tanto piu' lo e' la discesa che percorriamo in un battibaleno.



Ma la nostra corsa - alle ore 11 ci attendono in chiesa per la Messa che verra' celebrata in italiano - si ferma di nuovo dinanzi alla casa di Viska dove lei, benchè impegnata a parlare con dei pellegrini francesi, ci rivolge uno sguardo ed un sorriso radiosi e ci saluta con un semplice gesto della mano, come se riconoscesse ognuno di noi.

La Chiesa e' meno affollata dei pomeriggi precedenti, la maggioranza dei fedeli e' costituita dai due gruppi di italiani e l'ampia volta bianca e' rischiarata dalla luce del giorno che pero' lascia l'angolo in cui e' situata la statua della Madonna in una lieve penombra; il Santuario e' ora meno suggestivo che nel tramonto quando il sole perfora le trasparenti vetrate coi suoi bagliori dorati e colpisce il quadro delle apparizioni posto proprio sul muro del coro.

Dinanzi alla statua della Vergine ininterrottamente pregano i fedeli; io mi avvicino e ne ammiro le mirabili fattezze, il lungo manto grigio, la corona di stelle posata sul suo capo ma non m'inginocchio lungo la balaustra, non scatto alcuna foto, quasi non formulo le preghiere che ho in cuore: mi sembra di disturbarLa, cosi' indaffarata com'e' ad ascoltare le richieste piu' disparate e forse piu' urgenti ed importanti delle mie.
Qualche anziano e dei poveri dementi sembrano aver stabilito nella chiesa la loro dimora abituale e seguono la Messa con attenzione anche se in una lingua sconosciuta.

Con una spina nel cuore seguo la Celebrazione: una povera donna dietro di me non connette e non ha freni; si agita di continuo e parla, gestiscola e parla a voce sempre più alta, presto condotta via da qualche pia conoscente. Mi angoscia il pensiero che la nostra mente superiore, intelligente sia cosi' debole, cosi' facilmente preda della malattia, della follia e che l'uomo - essere privilegiato da Dio - si riduca a volte ad uno stadio quasi animalesco.
La voce confortevole e potente di Padre Antonio mi rida' coraggio e canto anch'io, piccola voce nel brusio della folla, avviandomi alla Comunione, preceduta nella fila da Cosimo, nostra fedele ombra che tenta di passare inosservato.

Abbiamo un po' di tempo libero ora dopo la Messa e ci riversiamo sulla strada bianca dove le bancarelle si susseguono una all'altra vendendo souvenirs, artigianato locale e di provenienza turca, ricordini religiosi, orecchini e collane come in ogni mercato che si rispetti. Chi piu', chi meno, ognuno di noi acquista un qualche oggetto e con questi piccoli trofei ci raccogliamo, dopo poco, di nuovo davanti al Santuario per le ultime fotografie; ancora qualche ricordo da portar via, da conservare con cura in un bell'album che mostreremo agli amici ed ai parenti a cui racconteremo i particolari che, forse nel tempo, si faranno labili nella nostra mente tanto da confondere date, volti e luoghi, mentre nell'animo, invece godremo dei frutti tangibili di questa esperienza.

Ore 13. Durante la mattinata alcuni del gruppo hanno disertato ai nostri appuntamenti per raggiungere Jelena, l'altra veggente che possiede la locuzione interiore, non vede cioe' la Madonna ma ne ascolta la voce e gli ammonimenti. Ora ci ritroviamo tutti sull'ampio piazzale dove si ammucchiano i pullman, saliamo sul nostro e ripercorriamo le strette stradine per risalire nel paese vecchio, poiche' Jelena ha espresso la volonta' di riceverci tutti ma, purtroppo, data l'ora ormai tarda, la visita va a monte.
Un po' di delusione si dipinge sui nostri volti ma - come dice Jozo - non e' importante vedere ma credere.
Al ristorante, oltre al solito brodo ci servono trote, calamaretti, patate, pomodori, verza e caffe', espresso stavolta.
Dando un po' di fastidio, io approfitto di quest'attimo di pausa, per girare tra i tavoli chiedendo ai miei compagni una firma, un pensiero, l'indirizzo da riportare sul mio inseparabile libretto giallo paglierino su cui ho raccolto ricordi e idee e gentilmente tutti si prestano a soddisfare il mio desiderio.
Verso le 15 salutiamo i gestori del ristorante e ci dirigiamo all'interno. Mentre viaggiamo, Jozo di tanto in tanto ci ragguaglia sul suo Paese che e' formato da sei diverse nazioni, sui luoghi attraverso cui passiamo, sulla condizione politica che avversa la religione; la popolazione non e' unita ma smembrata a causa delle diverse origini, delle culture dissimili, dei costumi, delle religioni.
Il governo nel periodo attuale attraversa un momento di ristrettezze economiche e gradualmente sta dando via libera al cattolicesimo, chiudendo un occhio su Medjugorje che comincia a rappresentare per la Nazione una fonte di guadagno.

Ci fermiamo a Tihaljna dove vive Padre Jozo, il parroco di Medjugorje all'epoca delle prime apparizioni che in un primo momento aveva osteggiato i veggenti non credendo alle loro visioni.
Ma poi, dopo aver ricevuto anch'egli la "visita" della Madonna, si e' schierato con loro, e' diventato la voce di Medjugorje ed ha lottato personalmente scontando un anno e mezzo di carcere per l'ostilita' del governo jugoslavo.
A lui ora giungono i pellegrini che prima sostano al Santuario delle Apparizioni e poi vengono qui per un ulteriore conferma - se ce ne fosse bisogno - di cio' che hanno visto ed udito in quel luogo.
Ci ritroviamo immersi in un'atmosfera serena, in un oasi di pace e di fiori che contrasta con le vallate intorno, glabre e deserte; i pellegrini sostano attorno alle aiuole, girovagano sul piazzale asfaltato, attendono udienza.
Padre Jozo ora sta predicando ad un gruppo inglese e quando noi ci affacciamo alla porta della chiesa gia' pronti ad entrare, ci ricaccia indietro poiche' durante le omelie non vuole essere disturbato e diventa persino severo con gli intrusi.
E' giusto cosi': per pregare bisogna concentrarsi senza interferenze, senza distrazioni; il contatto con Dio e la Madonna non e' possibile se si e' mentalmente svagati.
Ma intanto si sta' facendo tardi, non possiamo far attendere il Vescovo che ci riceverà a Split e quindi rinunciamo a questa visita, riprendendo la nostra strada, attraversando varie localita' e facendo una piccola sosta in un paesino depresso dell'interno.
In pullman Mario M. propone di ascoltare la registrazione d'un discorso di Padre Jozo ai pellegrini, effettuata durante l'esperienza gia' vissuta a Medjugorje nel periodo pasquale. E' un surrogato della mancata udienza a Tihaljna, ma la voce calda, intensa del frate ci avvince, rimbomba nelle nostre orecchie e nei nostri animi invocando un rinnovamento dei cuori, la pace, la conversione ed incitando alla preghiera ...

Di nuovo il nostro giovane cicerone ci ragguaglia sulla sua terra, questa Croazia religiosa in cui fioriscono i santuari e le immagini miracolose, ma affascinati quasi dalla voce che poco prima ci indicava un cammino nuovo, chiediamo di ascoltare l'altra facciata della cassetta registrata.
Padre Jozo continua a parlare alle nostre anime, facendoci riflettere sulla tiepida fede che a malapena riscalda i nostri cuori occidentali cosi' frastornati, cosi' infedeli, cosi scaltriti, cosi' induriti dal benessere, dal consumismo, da questo che noi chiamiamo un vivere civile.

La presenza dei pellegrini a Medjugorje e' da lui considerata una "chiamata" a cui bisogna dar risposta. Anche la Madonna nell'accostare i veggenti ha detto loro: "Io te ho chiamato!"; parole su cui bisogna riflettere, non ora forse che siamo cosi' frastornati, ma piu' tardi, quando quest'euforia gioiosa passera' e resteremo a tu per tu con noi stessi e con la nostra coscienza, con le nostre abitudini e debolezze, con le nostre virtu' e i nostri desideri.

Padre Antonio, che ha animato il viaggio in pullman ora e' stanco per il troppo agire, cantare, parlare, star sempre in piedi cedendo il posto ora a questo ora a quello; si ferma un momento a sedere accanto a me e sembra appisolarsi. Ma forse sta solo meditando dentro di se' i fatti svoltisi in questi giorni.
Era rimasto d'accordo con gli organizzatori che a Spalato avrebbe preso il primo aereo utile per tornare a Roma, alla sua parrocchia, dove il daffare e' davvero molto ed i suoi confratelli ormai anziani si dovrebbero prodigare molto, domani, nella celebrazione di vari matrimoni; strada facendo pero' ha cambiato idea: ha iniziato questo cammino con noi e con noi vuole portarlo a termine. La Provvidenza aiutera' Padre Angelico e Padre Francesco, dando loro forza e salute bastevoli a portare a buon fine i loro impegni.

...In lontananza ci appare la citta'-fortezza situata in un punto strategico per coprire le spalle a Spalato poi eccola, finalmente, Split che si allunga sulla costa dalmata fronteggiata da piccole isole con nomi strani per noi.
Ecco la citta' antica di Salona, un cimitero paleocristiano ancora interrato, benche' saccheggiato a piu' riprese dagli Arabi.
Spalato è' una grande e moderna citta' di circa 300.000 abitanti di cui 15.000 disoccupati, quasi tutti giovani. Cemento, plastica, raffinerie, cantieri navali sono le risorse industriali che danno lavoro ma deturpano la sua estetica, poi ricompaiono i palazzi, i casermoni popolari, uguali in tutte le grandi metropoli ed ugualmente squallidi.
Qui il cielo non e' ne' terso ne' azzurro come a Medjugorje, e' di un grigio cinereo velato dai vapori delle fabbriche e dagli umori di tanta umanita'.
La cattedrale verso cui ci dirigiamo e' bassa, schiacciata dagli enormi grattacieli che la dominano, quasi a voler minimizzare l'importanza della Chiesa e dei suoi ministri nel laico mondo jugoslavo, ma all'interno del palazzo vescovile la sala e' ampia e moderna.
Jozo inizia a recitare il Rosario, subito dopo Padre Antonio da' il via al canto gioioso con cui accogliamo il Vescovo, Mons. Frane Franic.

E' un uomo grande, imponente con una gran croce d'oro al collo che c'intrattiene sulle parole di Paolo ai Corinzi, il cui apostolato s'e' servito prima di ammonimenti blandi per iniziare i pagani al Cristianesimo ma che, via via, ha preso toni e parole severe, forti.
Mons. Franic interrompe un attimo il suo discorso notando in prima fila Francesca che attira la sua attenzione e, commosso, si dirige verso di lei implorando la Vergine Maria ed imponendo sul suo capo le mani in segno di benedizione, cio' che ripetera' anche per Eliana.
Riprende poi a parlarci della Madonna che chiede amore, una grande disponibilita' d'animo nei confronti di tutti gli esseri umani prima di ogni altra cosa, prima ancora della preghiera e del digiuno.
E' disposto ad ascoltare e a rispondere alla domande che vorremo rivolgergli; si fa avanti Paolo R. che chiede cosa intende la Madonna per pace, una delle cose che Ella raccomanda con piu' fervore e trasmette senza sosta ai fedeli attraverso i veggenti. Si tratta - dice il Vescovo - non solo dell'antitesi della guerra, bensi' d'una tranquillita' dei cuori che porta purezza, serenita', amore ... "come quando ci sentiamo leggeri e felici e vorremmo abbracciare tutto il mondo!".
Mario M. gli pone il quesito di come debba comportarsi con chi non crede nei fatti di Medjugorje e Mons. Franic lo esorta a non voler convincere a tuttii costi gli increduli, ma a rendere testimonianza affermando: "Io ci credo!".
Lucilla, invece, e' preoccupata per il ritorno a casa dove, nello scorrere caotico della vita di tutti i giorni, non trovera' piu' forse la serenita' provata a Medjugorje, in questi luoghi dove la pace sembra esser di casa. Egli la incita ad una fede e ad un impegno maggiori, ad una conversione fatta di tenacia e di preghiera, di voglia di migliorarsi.
Padre Antonio, mettendo il dito sulla piaga, lo interroga sulla diatriba accesasi tra lui, Vescovo di Split, ed il Vescovo di Mostar che e' contrario ad accettare Medjugorje come realta' miracolosa, mentre il nostro interlocutore ne e' un assertore tenace. Tra i due e' nato un antagonismo affettuoso che durera' probabilmente fintanto che il Vaticano non emettera' il suo giudizio.
Nel continuare il suo discorso Mons. Franic accenna in sordina ai contrasti con le autorita' locali che osteggiano la religione e dalle sue parole traspare, oltre alla giusta indignazione, un pizzico di dispiacere e di timore insieme.
Ormai e' tardi e ci accalchiamo attorno a lui per baciargli la mano in segno di rispetto, per avere la sua benedizione e gli chiediamo ancora un attimo di pazienza, giusto il tempo per scattare alcune foto e chiedergli di pregare per noi, cosa che assicura avverra', esortandoci a fare altrettanto per Lui.
Domani, sapremo poco dopo, egli andra' in pensione - se cosi' si puo' dire - e quindi lo abbiamo colto in un momento delicato della sua vita sacerdotale.

Il pullman riparte in direzione del Convento delle suore che ci hanno gia' ospitato al nostro arrivo, lasciando a terra Aldo e la sua famiglia che avevano espresso il desiderio di passare fuori la serata.
Le suore hanno gia' preparato la cena a base di pesce ed insalate e persino di dolce. Jozo non tocca altro che pane ed acqua, rispettando la richiesta della Vergine di digiunare una, ma anche due volte a settimana "per liberare lo spirito" mi conferma lui. Anche Suor Alba e Giuliana hanno seguito il suo esempio, hanno compiuto questo piccolo sforzo di volonta' derivante non da una imposizione ma solo da una esortazione.
Ho alcune domande da porre a Jozo e lui, come sempre, risponde con quel suo tono pacato e rispettoso: gli chiedo conferma del fatto che il digiuno non e' inteso solo in senso strettamente alimentare. Digiuno e' infatti la rinuncia a qualcosa a cui teniamo particolarmente, oltreche' a un pasto o a un dolce, e' staccarsi dalle cose terrene per avvicinarsi di piu' alle cose spirituali; l'offerta di un dolce di cui siamo golosi, di alcune sigarette non accese per un fumatore accanito, d'uno spettacolo televisivo che attendevamo da tempo, rappresenta un sacrificio da dedicare alla Madonna e a Dio.
Voglio poi sapere se, non potendo effettuare con la famiglia la preghiera comunitaria mattutina, per gli orari ed il traffico che ci costringe a corse ed a stress, possiamo farla separatamente, durante l'attesa dell'autobus, durante il tragitto per raggiungere il posto di lavoro o la scuola, per esempio.
Lui risponde deciso che le orazioni in gruppo hanno senza dubbio piu' valore, non foss'altro per il fatto che l'eseguirle comporta un piccolo sforzo da parte di tutti ed inoltre rappresenta un momento di unione tra i vari componenti della famiglia.

Gli organizzatori parlottano ancora un po' per accordarsi sul da farsi e tirare un po' di conti quindi, ormai stanchi, c'invitano ad andare nelle nostre rispettive stanze.
Il piccolo gruppo che alloggia presso l'altro convento, rivive le peripezie della volta precedente e arriva ciarliero e rumoroso negli alloggi silenziosi.
Purtroppo il viaggio intrapreso insieme si sta avvicinando alla sua conclusione e si dà sfogo turbolentemente alle amicizie e simpatie che hanno preso corpo in questi pochi giorni.

 

- Diario di Medjugorje 1988 - TRE GIORNI IN PARADISO - Primo e secondo giorno

- Diario di Medjugorje 1988 - TRE GIORNI IN PARADISO - Quinto giorno


Per saperne di più:

 

- Messaggi della Madonna

- Messaggi di Mirjana

- Calendario 2010 dedicato a Medjugorje

 

 

- Meditazioni del Gruppo di Preghiera

 

- Poesie: Poema di Medjugorje

 

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