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TERZO GIORNO
Alle 8, come d'accordo, siamo riuniti nella
cucina dove la donna, contrariamente a quanto ci aspettavamo,
e' sola, il marito e' gia' partito all'alba per Ljubuski
e cosi' pure i due figli piu' grandi, mentre il piccolo
va a piedi in una scuola di Medjugorje.
Cosi' come ci hanno consigliato, vorremmo pregare insieme
a quelli della casa, ma ora non vi e' che la vecchia malata
e la donna che non ne fa accenno; ne' noi ci facciamo avanti
coi gesti a ammentarglielo ma poi, dopo aver ascoltato gli
altri del gruppo che hanno vissuto quest'esperienza con
i loro ospiti e ne hanno ricavato un'inattesa beatitudine,
ci porteremo dentro un'afflizione simile alla tristezza.
Presto pero' essa scomparira' dai nostri cuori poiche',
appena sistemati sul pullman, Marja viene a parlarci.
E' la giovane figlia d'uno degli ospiti
di Miletina che conosce da vicino i veggenti e ne segue
le ammonizioni, prendendo parte con costanza ed abnegazione
ad uno dei gruppi di prghiera che si sono creati a Medjugorje,
quello guidato da Jelena.
Marja e' giovane e bionda, indossa un paio di jeans e una
maglietta bianca che mettono in evidenza un corpo ben formato,
insomma sembra nient'affatto diversa da qualunque altra
giovane della sua eta'. Ma basta guardarla in volto ed osservare
i suoi occhi ed il suo sorriso per capire che in essa vi
e' qualcosa di speciale: la luce della Grazia che erompe
dall'interno e si comunica attraverso le sue parole anche
a coloro che l'ascoltano.
Ci parla in italiano e ci illustra brevemente, quasi concitatamente,
l'importanza della preghiera e del digiuno; ci esorta a
raccoglierci in noi stessi senza distrazioni, con l'animo
aperto ad ascoltare la voce di Dio e della Madonna e cerca
di trasmetterci le sensazioni che prova quando si riunisce
insieme agli altri giovani e la Vergine parla attraverso
la veggente.
Su sua richiesta alcuni le pongono delle
domande a cui lei risponde nel modo piu' semplice per essere
compresa facilmente: domande sull'Angelo Custode, sul perche'
ad alcuni tocca piu' sofferenza che ad altri, sulle vocazioni,
sul problema delle altre religioni, sulla possibilita' di
salvazione di chi non e' cristiano, ne' cattolico.
Essa risponde tranquilla, con quel bel viso gaio, sottolineando
l'importanza dell'esser cristiani e della responsabilita'
che a noi ne deriva, di fronte a Dio, dell'esserlo pienamente
e coscientemente.
Marja ci saluta col suo sorriso speciale e discende per
avviarsi nella sua giornata colma di Dio mentre noi prendiamo
la via della montagna: il Krizevac e' vicino!
E' una salita difficile per via dei molti
sassi che formano il sentiero, alcuni aguzzi, altri arrotondati
dal continuo andirivieni dei pellegrini. C'incamminiamo
tutti, giovani ed anziani, con impeto notevole che pian
piano si affievolira' per dar posto ad un consapevole, e
per questo meno faticoso, impegno che ci condurra' sino
in cima.
Jozo, esile e giovane com'e', cosi' animato d'ardore spirituale,
ci guida saltellando da un sasso all'altro come un'agile
gazzella. Le due coppie d'anziani che toccano quasi l'ottantina,
s'ingegnano per stare al passo con i piu' giovani, alcuni
dei quali sembrano fare una gran fatica abituati come sono
alla vita sedentaria della citta' e non avendo mai, prima
d'ora, affrontato una scalata del genere. I vecchi, invece,
previdenti e gia' esperti, si sono attrezzati con bastoni
da montagna e non sembrano risentire della salita.
Francesca con la sua carrozzella viene portata a braccia
da quattro uomini e precede il corteo per non intralciare
il cammino, mentre Eliana per un primo tratto procede in
braccio, ora a Francesco, ora a Leandro, ora a Giuseppe.
Poi, come per una decisione improvvisa ma perentoria, esprime
il desiderio di affrontare, malferma sui piedi, l'erta rocciosa,
tenuta per la mano da Angela. Ci fermiamo ad ogni stazione
della Via Crucis, dinanzi a cui una lapide scultorea in
bronzo, donata da un artista italiano che ha ricevuto una
grazia, ricorda gli avvenimenti dolorosi delle ultime ore
del Cristo e sostiamo per qualche momento in preghiera,
poi proseguiamo sgranando il Rosario.
Incontriamo altri gruppi di pellegrini sul sentiero:
alcuni vengono giu' dalla vetta, altri come noi salgono
e ci sorpassano; alcuni, forse per ringraziamento,
si cimentano nella salita a piedi scalzi, ma a quanto
possiamo constatare le pietre sia pure aguzze non
procurano loro alcun disagio. C'e' gente di ogni nazionalita'
e nell'incontrarci scambiamo un breve cenno di saluto.
La scalata dura circa due ore e solo pochissimi rinunciano
a meta' strada, tutti vogliamo arrivare in cima e
vedere la grande Croce bianca stagliarsi contro l'azzurro
del cielo, anche gli anziani che si inerpicano lenti
ma sicuri.
Eccoci finalmente sulla vetta: la Croce domina imponente
e solenne su tutta la vallata sottostante da cui emerge
il Santuario di Medjugorje. Nell'animo di tutti nasce
un sentimento di soddisfazione e di pace al tempo
stesso: e' come aver compiuto un'impresa impensabile,
aver raggiunto una meta insperata.
Ci disperdiamo intorno al basamento della Croce lieti
e ciarlieri e ci vuole un po' di tempo per raccoglierci
di nuovo in gruppo per qualche foto che rimanga poi
a rammentarci questa nostra piccola fatica. |
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La discesa ci sembra
ormai piu' semplice, anche se ugualmente pericolosa
poiche' i sassi sono levigati e i piu' giovani sono
delegati a sostenere le persone piu' anziane; come
Angeli Custodi impacciati essi si prendono cura dei
loro protetti e li condurranno fino alle pendici del
monte.
Io mi affianco alla signora Margherita, la mamma di
padre Mario che con grinta prorompente si avvia, decisa
e vigorosa sul sentiero, sondando il terreno col suo
bastone da montagna. S'instaura subito un sentimento
d'amicizia e ci diamo la mano per sostenerci a vicenda,
raccontandoci aneddoti e qualche informazione sulle
nostre esistenze. Accaldate e euforiche raggiungiamo
la strada liscia e piana dove ci attende il pullman.
In questa discesa, che ci e' sembrata
tanto breve, si sono cementate nuove amicizie, come
quella tra me e Margherita che ammiro incondizionatamente
per la sua grinta vivace, per quel suo modo di parlare
schietto, senza fronzoli, per la ferma fede nella
Provvidenza; si e' avuta conferma dell'affetto filiale
di Gabriella D.A. di Giuliana M.. di Padre Mario,
si sono avute dimostrazioni di volonta' da parte di
Eliana che si e' impegnata, coi suoi piedini malati,
a calarsi dal Krizevac ...
E si e' avuta la sorpresa di scoprire Cosimo, la cui
opera silenziosa ma efficace era passata quasi inosservata:
sempre paziente nonostante i cambiamenti di programma,
solerte ad ogni richiesta, e' stato coinvolto anche
lui dall'atmosfera di Medjugorje. Taciturno ed introverso
per carattere, all'inizio sembrava quasi non fosse
animato dallo stesso spirito che ispirava tutto il
gruppo, quasi seccato del compito che gli era stato
assegnato. Ma via via che le ore passavano e specialmente
dopo l'arrivo al Santuario il suo atteggiamento era
cambiato a tal punto che anche esteriormente si sono
avvertite delle modifiche: il suo volto chiuso al
sorriso si era disteso, cosi' come a poco a poco si
andavano spianando anche le "rughe" dell'anima. Ci
aveva seguito quieto nella grande chiesa brulicante
di gente, nella passeggiata notturna sulla Collina
delle Apparizioni ed ora era appena disceso dal Krizevac
dove aveva aiutato gli anziani, senza spazientirsi
mai.
Di corsa montiamo sul pullman per
recarci al ristorante dove ci stanno gia' attendendo
per il pasto, che si svolge piu' o meno come il giorno
precedente.
Per primo sempre brodo, ma per secondo oggi assaggiamo
uno dei piatti nazionali i cipavich, salsiccette saporitissime
di cui non riusciamo a penetrare il segreto dell'impasto. |
Torniamo a Miletina per una breve pausa
presso le famiglie e per un caffe' che la nostra servizievole
signora Neda ci offre amabilmente, poi di nuovo sul
pullman rombante che ci condurra' davanti la casa
di una delle Veggenti, Marja, che pare abbia acconsentito
a ricevere il nostro gruppo per trasmetterci alcuni
dei messaggi che la Madonna le affida.
Restera' a parlare con noi alcuni minuti e noi ne
"approfitteremo" per raccomandarle due o tre casi
particolari. Arriviamo nella stradina pietrosa e soleggiata
ed attendiamo pochi attimi, giusto il tempo necessario
a Jozo per salire la breve scalinata che porta alla
casa della ragazza ed ecco lo vediamo ridiscendere
parlottando tranquillo con una giovane dai capelli
castani che, arricciandosi, le incorniciano il volto
chiaro un po' largo.
E' Viska, l'altra veggente, quella che non si tira
mai indietro quando si tratta di parlare in pubblico.
Scambia con Jozo, che conosce da tempo, alcune parole:
e' calma, allegra, una ragazza come tante che indossa
un paio di pantaloni ed una casacca a righe. Il suo
volto che il sole, penetrando tra le chiome frondose
degli alberi piantati nel piccolo spazio antistante
la casa, copre d'ombre e', purtuttavia, luminoso e
da esso traspare una serenita' che infonde pace e
beatitudine. La sua voce, mentre ci parla, e' come
il cinguettio di un uccello, armoniosa, gradevole
e scorre sulla mia anima come un unguento che istantaneamente
rimargini le cicatrici che il tempo e le vicende della
vita vi hanno impresso.
Jozo traduce simultaneamente cio' che lei dice e riversa
su di noi i messaggi della Madonna che chiede: Pace
- Conversione - Preghiere - Digiuno; un piccolo malinteso
tra i due giovani viene chiarito con una risata spontanea:
il viso gia' splendente di Viska s'illumina ancora
di piu' e riflette una sincera, cordiale ilarita'.
Quello che di lei colpisce e rimane impresso nel mio
ricordo - e cosi' penso per la maggior parte di noi
- e' proprio quel suo sorriso che mette in mostra
una fila di denti rilucenti, un sorriso che ancora
conserva qualcosa di infantile e di candido, qualcosa
di perenne e di celestiale e che ci rende sicuri che
un essere cosi' puo' "vedere" la Madonna, puo' "parlarLe"
ed "ascoltarLa".
Con gesti affettuosi ed incomprensibili frasi, ella
s'accosta a confortare chi le si affolla intorno e
le chiede di implorare Maria affinche' intervenga
a favore dei piu' sfortunati; oggi s'e' impegnata
a presentarLe non solo le istanze urgenti di alcune
famiglie del nostro gruppo, ma anche quelle che ognuno
di noi ha scritto in fretta su un piccolo pezzo di
carta.
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La breve udienza s'e' conclusa, Viska ci saluta guardandoci
un'ultima volta e, precedendoci, esce dal cancelletto
dell'abitazione, s'avvia per la strada scoscesa dove
gia' l'attende un'altra piccola folla di gente, fedeli,
curiosi che le vogliono parlare o solo toccarla, gente
infelice o sofferente con richieste piccole o grandi,
ugualmente importanti.
Lei se ne va per le strade di questo piccolo paese,
in cui ogni giorno arriva una gran folla sempre diversa
eppure uguale per patimenti, problemi e speranze;
se ne va con quel suo sorriso sicuro ed ineffabile
nonostante la miseria ed i dolori che vede, con quella
sua faccia angelica, ilare a volte come oggi l'abbiamo
vista mentre parlava con Jozo.
Tranquilla, nonostante la sua croce personale di malattia
che essa porta con se' come un piccolo vessillo da
sbandierare sulla terra, nonostante il gravoso impegno
di parlare ai pellegrini che occupa gran parte delle
sue giornate e a cui non si sottrae ...
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Siamo di nuovo dinanzi alla grande chiesa;
su un piccolo spiazzo si apre l'ufficio parrocchiale dove
si vendono immaginette sacre e coroncine e dove una lunga
fila di gente di varie nazionalita' attende il suo turno
per entrare. E' una piccola stanza affollata in cui ognuno
cerca un ricordino di questo straordinario luogo, che si
creda o no nelle apparizioni. Anch'io mi tuffo nella mischia
per conquistare medagliette e spilline che mi hanno commissionato,
addirittura, alla mia partenza da Roma.
Nell'aria risuonano, attraverso gli altoparlanti, le voci
dei fedeli che rispondono al Rosario ed il chiacchierio
festante di centinaia di uccelli che brulicano tra i rami.
Si dice che nel momento dell'apparizione della Madonna ai
ragazzi, anch'essi tacciano, quieti ed assorti, per qualche
attimo.
Intorno alla chiesa, il solito affollarsi dei fedeli seduti
sull'erba a pregare, solitariamente o in piccoli gruppi
o in attesa dei sacerdoti che arrivano nel piazzale, prendono
da un apposito carrettino il cartello che indica le lingue
in cui confessano e si siedono attendendo i pellegrini.
Il grosso del gruppo s'introduce in chiesa
mentre molti altri, me compresa, ristanno all'aperto, come
in attesa di qualcosa. Ma qualcosa, dentro, e' gia' accaduto
in alcuni di noi ancora titubanti, timorosi quasi di scoprire
in se un cambiamento radicale, il sovvertimento d'un mondo,
dominato dai falsi idoli del progresso, consolidato da tempo
scorrendo sui binari diretti verso l'egoismo, l'indifferenza,
il rancore.
Dentro di me le sensazioni di ieri, di dubbio, di confusione,
non sono quasi cambiate, s'alternano nel mio animo l'una
dopo l'altra in una ridda disordinata che mi preme dall'interno
e mi spinge a vagare attorno alla chiesa, accanto ai penitenti,
lungo la fila dei sacerdoti in attesa dietro l'edificio
dove ancora sostano folti gruppi di persone, dove il sole
che sta tramontando irrora ogni cosa d'una luce arcana e
il lieve vento della sera lambisce le fiamme delle candele
accese che vibrano come canne d'organo.
M'attardo ancora un po', maturando dentro di me la decisione
d'una Confessione piu' convinta e sincera possibile, cercando
di mettere a nudo di fronte a me le molte manchevolezze;
non trovo difficolta' - se non quel naturale disagio di
inginocchiarsi dinanzi ad un altro essere umano - a riconoscere
la mia pochezza dinanzi all'inviato di Dio, trovo che sia
giusto cosi': rendersi piccolo dinanzi a Lui cosi' grande.
Molti provano, pero', nei confronti dell'atto penitenziale
una certa resistenza, un moto di orgoglio e di superbia,
non ammettendo di doversi umiliare innanzi ad un uomo simile
a loro, poiche' non vedono nel sacerdote - e quindi in Dio
stesso - un Amico, un Padre con un cuore immenso che tutto
perdona a chi si presenta a Lui in tutta sincerita', davvero
pentito d'averLo offeso, con la consapevolezza d'aver contravvenuto
alle Sue leggi.
Quello che mi trattiene ora e' solo il non aver chiaro in
me se credere o no a quanto qui si vive e si predica, a
quest'atmosfera di estrema pace cosi' assurda per noi, provenienti
dal caos e dall'angoscia che dominano nella nostra citta'
... Ma proprio da tutto cio' che ho visto e vissuto in queste
poche ore mi deriva la necessita' incalzante di decidermi:
mi inginocchio e tutto avviene semplicemente dentro e fuori
di me, mentre il sacerdote con le sue parole rasserena la
mia anima inquieta e le trasfonde sentimenti di mansuetudine
e di levita'.
Ha un volto compatto color terracotta, due occhi azzurrissimi
che sembrano rispecchiare la trasparenza imperturbabile
del cielo e penetrare fino al fondo oscuro della mia coscienza
dove affiorano i dubbi, le contraddizioni e le intemperanze
che subito si acquietano.
Mi rituffo nella folla, felice e frastornata,
placata e traboccante di serena fiducia, raggiungo il gruppo
riunito in chiesa, partecipo al rito Eucaristico, mi comunico
con piu' gioia d'ogni altra volta. I sacerdoti che hanno
concelebrato la Messa scendono dall'altare e penetrano nella
massa della folla, che si dilata e si allinea al loro passaggio
in file ordinate; chi e' pronto a ricevere l'Ostia consacrata
attende col viso rivolto a loro, altrimenti si gira, discretamente,
su se stesso.
Alla fine della Messa, restiamo ancora un po' in chiesa
per recitare i sette Pater, Ave e Gloria secondo le richieste
della Vergine, poi assistiamo alla benedizione delle immaginette
e dei ricordini, infine preghiamo per gli ammalati.
A tarda sera, ci dislochiamo, di nuovo a
gruppi, nelle case di Miletina per la cena che come ieri
e' ottima ed abbondante: minestrone con piccoli pezzi di
carne, pomodori in insalata, carne, patate fritte ed una
squisita pizza rustica imbottita di formaggio fresco, anche
questo fatto in casa dalla donna che ci ospita.
I nostri anfitrioni accudiscono all'orto ed alla stalla
dove hanno due mucche da cui ricavano latte, formaggio e
burro, producono ortaggi e frutta; anche l'uva dolce e succosa
ed i piccoli fichi verdi e saporiti che ci offre la signora
Neda sono coltivati nel loro terreno.
Non vediamo mai il padrone di casa, e' sempre la donna (le
ho chiesto come si chiamasse e lei mi ha risposto Branca,
ma io sono rimasta nell'indecisione: questo sara' il suo
nome di battesimo o il suo cognome?) a mantenere i rapporti
con noi pellegrini, e' lei che cucina, che serve in tavola,
che si sforza di capire i nostri desideri e i discorsi mentre
siede accanto a noi, fumando un po' nervosamente le sigarette
locali dal nome incomprensibile, Opatija.
Ad un tratto arriva Jozo che, finalmente, puo' tradurre
i nostri pensieri e ringrazia da parte nostra per l'accoglienza
che ci e' stata data; la signora Neda si schermisce e sorride
imbarazzata. Certo questo per lei e' un lavoro e viene ricompensata
adeguatamente poiche' nel prezzo da noi versato e' compresa
la quota che le spetta per l'alloggio e il vitto; ad ogni
famiglia di Miletina che ospita dei pellegrini verra' corrisposto
un tanto che permettera' una vita tranquilla per un bel
po' di tempo nonostante le difficili condizioni economiche
in cui versa la Jugoslavia oggi.
Forse proprio i contadini sono i piu' favoriti in questa
situazione, in quanto producono cio' che e' necessario a
sfamarsi, ma in special modo costoro che abitano nel comprensorio
di Medjugorje. La parrocchia e le famiglie sono abbastanza
agiate - ci ha detto Jozo - non hanno bisogno di soldi,
che gia' da piu' parti e attraverso diverse vie vi giungono,
scarseggiano solo di alcuni generi particolari, come il
caffe' per esempio, di cui ogni nucleo familiare italiano
ha portato con se' un Kg, da dividere equamente tra gli
ospiti di Miletina.
Non e' poco per la signora Neda guadagnare una bella sommetta
in due giorni, ma e' anche molto il venir sloggiati dai
propri letti ed arrangiarsi a dormire in casa della cognata
per Marko, o dormire tutti in una sola stanza nonna, madre
e tre figlioli di varie eta' che devono alzarsi presto la
mattina per raggiungere le scuole lontane. Non e' poco davvero
dover sobbalzare dalla sedia, come ha fatto stamane la donna
all'apparire, nel piccolo orto, della Miljcia che eseguiva
i controlli sugli stranieri. Essa non aveva ancora compilato
il piccolo registro verde su cui doveva segnare i nostri
nomi e si e' precipitata a farlo fremente di paura ...
La serata non finisce qui: a gruppi di
due o tre, gli altri pellegrini giungono nella casa e ci
confidano che i nostri ospiti attendono che noi usciamo
per poter cenare, benche' la nostra Neda Branca ci assicuri
di no col capo. Allora decidiamo di raggiungere gli altri,
riuniti nella casa piu' grande di Miletina che ospita una
decina di noi.
La cucina che ci accoglie tutti e' ampia, intorno al lungo
tavolo sono seduti i nostri compagni che stanno dando fondo
alla grappa locale fatta in casa ed ai biscotti che Margherita
ha portato con se' dall'Italia.
I nostri anfitrioni, lui un omone alto, biondastro con una
fisionomia larga e sorridente e lei magra, servizievole,
ci accolgono con gesti amichevoli e ci invitano ad unirci
all'allegra brigata che sta cantando alcune melodie italiane.
Con quanto fiato abbiamo in gola, tutti insieme intoniamo
canzoni antiche e moderne, condotti dalla voce piena di
Padre Antonio a cui si contrappone quella ancora esile di
Dennis; i padroni di casa seguono il ritmo ondeggiando e
lanciandoci lunghi sorrisi. Ma gia' sui loro volti s'insinua
l'ombra della stanchezza, domattina debbono alzarsi al levar
del sole, percio' li salutiamo e ci rituffiamo nel buio
della notte, lungo corteo brulicante nelle strade sterrate.
C'e' un'altro gruppo di nostri compagni dinanzi alla casa
di Anna, l'avvenente bionda presso cui sono ospitate Edda
le sue sorelle e nipoti e verso di essa ci dirigiamo per
concludere questa serata.
Padre Antonio non ha piu' voce, ma ci da' il la per attaccare
stornelli romaneschi e canzoni napoletane, incitando Vincenzo
a partecipare perche' pensiamo, erroneamente, che dovrebbe
conoscere a memoria le melodie ma lui, forse perche' stonato,
lascia a noi questo impegno. Arrivano ancora Franco e Graziella
che si esibiscono rivelando eccellenti doti canore che non
sospettavamo.
Anna, intanto, va avanti e indietro dalla casa alla cantina
dando fondo alle riserve di vino che offre in giro ed aggiunge
ebbrezza alla nostra euforia; tutti indistintamente cantiamo
con gioia e dentro di noi proviamo una leggerezza d'animo,
una serenita' cosi' prorompente che dobbiamo esternare in
qualche modo ed il canto ci sembra il mezzo piu' naturale
per comunicarci vicendevolmente queste sensazioni, poiche'
le sole parole non basterebbero ad esprimere la gamma di
sentimenti che ora ci riempiono.
L'aria ora s'e' fatta scura, e' giunto il momento di sciogliere
il gioioso convivio e di salutare Anna e la sua famiglia,
tornando ognuno al proprio letto per un meritato riposo.
In alto, nel cielo spazzato dalla bora, le stelle lucenti
e misteriose, immobili ed eterne ascoltano le nostre voci
ilari che si disperdono nella notte ...
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QUARTO GIORNO
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E' una giornata splendida con questo sole caldo
che il vento gia' stempera un po' e quest'aria pulita,
tersa, cosi' differente dall'aria tumefatta di Roma.
Salutiamo le nostre famiglie con un pizzico di quella
nostalgia malinconica che si prova lasciando qualcosa
che ci ha riempito lo spirito di sensazioni meravigliose;
ognuno porta con se dei doni che le famiglie hanno
preparato: uva, formaggi freschi e bottiglie di grappa
che stiviamo nel ventre accogliente del pullman gia'
traboccante di souvenir (tappeti, pietre del Krizevac
o della Collina delle Apparizioni).
Saliamo e prendiamo i nostri soliti posti, agitando
le mani a salutare alcuni dei contadini di Miletina
che restano a guardarci addossati alle case, pochi
pero' poiche' la maggioranza e' al lavoro nelle fabbriche
di Ljubuski o nei campi. Lasciamo questa piccola isola
di semplicita' cosi' dissimile dall'ambiente in cui
viviamo, cosi' pacifica, cosi' vera. |
Cosimo si impegna al massimo della
sua bravura penetrando col grosso pullman all'interno
dei vicoli stretti e angolosi del piccolo sobborgo
in cui vivono le veggenti, ai piedi della Collina
delle Apparizioni, su cui fra poco saliremo.
A piedi costeggiamo le mura di pietre antiche delle
case ed iniziamo questa nuova scalata piuttosto
sveltamente e speditamente, sempre guidati da Jozo.
Il carrozzino di Francesca viene portato su con
vigore dagli uomini tra cui bisogna ricordare Augusto,
solerte e silente che a Franco e Graziella ha risparmiato,
senza farsene un vanto, molto lavoro ed impegno,
coadiuvato da Rina, sua moglie, ciarliera e battagliera
eppure cosi' fragile ed emotiva.
La cima e' segnata dalla Croce con il piccolo
Crocifisso e la statuetta della Madonna ma intorno,
infisse tra i sassi s'innalzano altre Croci piccole
e grandi su cui ignoti pelllegrini hanno inciso
una data, una piccola frase.
Ci aggiriamo un po' tra le pietre aguzze, fermi
dinanzi ad ognuno di questi segnali che scandiscono
come inni solenni la fede di chi qui li ha lasciati.
Sotto di noi si estende l'ampia vallata verde
che ora brulica di costruzioni e proprio alla
nostra destra s'alza impervio, quasi glabro, il
monte Krizevac su cui eravamo ieri.
L'ascesa alla collina, pero', e' stata molto piu'
facile, e tanto piu' lo e' la discesa che percorriamo
in un battibaleno.
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Ma la nostra corsa - alle ore 11 ci attendono in chiesa
per la Messa che verra' celebrata in italiano - si ferma
di nuovo dinanzi alla casa di Viska dove lei, benchè
impegnata a parlare con dei pellegrini francesi, ci rivolge
uno sguardo ed un sorriso radiosi e ci saluta con un semplice
gesto della mano, come se riconoscesse ognuno di noi.
La Chiesa e' meno affollata dei pomeriggi
precedenti, la maggioranza dei fedeli e' costituita dai
due gruppi di italiani e l'ampia volta bianca e' rischiarata
dalla luce del giorno che pero' lascia l'angolo in cui e'
situata la statua della Madonna in una lieve penombra; il
Santuario e' ora meno suggestivo che nel tramonto quando
il sole perfora le trasparenti vetrate coi suoi bagliori
dorati e colpisce il quadro delle apparizioni posto proprio
sul muro del coro.
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Dinanzi alla statua della Vergine ininterrottamente
pregano i fedeli; io mi avvicino e ne ammiro le mirabili
fattezze, il lungo manto grigio, la corona di stelle
posata sul suo capo ma non m'inginocchio lungo la
balaustra, non scatto alcuna foto, quasi non formulo
le preghiere che ho in cuore: mi sembra di disturbarLa,
cosi' indaffarata com'e' ad ascoltare le richieste
piu' disparate e forse piu' urgenti ed importanti
delle mie.
Qualche anziano e dei poveri dementi sembrano aver
stabilito nella chiesa la loro dimora abituale e seguono
la Messa con attenzione anche se in una lingua sconosciuta.
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Con una spina nel cuore seguo la Celebrazione:
una povera donna dietro di me non connette e non ha freni;
si agita di continuo e parla, gestiscola e parla a voce
sempre più alta, presto condotta via da qualche pia
conoscente. Mi angoscia il pensiero che la nostra mente
superiore, intelligente sia cosi' debole, cosi' facilmente
preda della malattia, della follia e che l'uomo - essere
privilegiato da Dio - si riduca a volte ad uno stadio quasi
animalesco.
La voce confortevole e potente di Padre Antonio mi rida'
coraggio e canto anch'io, piccola voce nel brusio della
folla, avviandomi alla Comunione, preceduta nella fila da
Cosimo, nostra fedele ombra che tenta di passare inosservato.
Abbiamo un po' di tempo libero ora dopo la Messa e ci riversiamo
sulla strada bianca dove le bancarelle si susseguono una
all'altra vendendo souvenirs, artigianato locale e di provenienza
turca, ricordini religiosi, orecchini e collane come in
ogni mercato che si rispetti. Chi piu', chi meno, ognuno
di noi acquista un qualche oggetto e con questi piccoli
trofei ci raccogliamo, dopo poco, di nuovo davanti al Santuario
per le ultime fotografie; ancora qualche ricordo da portar
via, da conservare con cura in un bell'album che mostreremo
agli amici ed ai parenti a cui racconteremo i particolari
che, forse nel tempo, si faranno labili nella nostra mente
tanto da confondere date, volti e luoghi, mentre nell'animo,
invece godremo dei frutti tangibili di questa esperienza.
Ore 13. Durante la mattinata alcuni del gruppo hanno disertato
ai nostri appuntamenti per raggiungere Jelena, l'altra veggente
che possiede la locuzione interiore, non vede cioe' la Madonna
ma ne ascolta la voce e gli ammonimenti. Ora ci ritroviamo
tutti sull'ampio piazzale dove si ammucchiano i pullman,
saliamo sul nostro e ripercorriamo le strette stradine per
risalire nel paese vecchio, poiche' Jelena ha espresso la
volonta' di riceverci tutti ma, purtroppo, data l'ora ormai
tarda, la visita va a monte.
Un po' di delusione si dipinge sui nostri volti ma - come
dice Jozo - non e' importante vedere ma credere.
Al ristorante, oltre al solito brodo ci servono trote, calamaretti,
patate, pomodori, verza e caffe', espresso stavolta.
Dando un po' di fastidio, io approfitto di quest'attimo
di pausa, per girare tra i tavoli chiedendo ai miei compagni
una firma, un pensiero, l'indirizzo da riportare sul mio
inseparabile libretto giallo paglierino su cui ho raccolto
ricordi e idee e gentilmente tutti si prestano a soddisfare
il mio desiderio.
Verso le 15 salutiamo i gestori del ristorante e ci dirigiamo
all'interno. Mentre viaggiamo, Jozo di tanto in tanto ci
ragguaglia sul suo Paese che e' formato da sei diverse nazioni,
sui luoghi attraverso cui passiamo, sulla condizione politica
che avversa la religione; la popolazione non e' unita ma
smembrata a causa delle diverse origini, delle culture dissimili,
dei costumi, delle religioni.
Il governo nel periodo attuale attraversa un momento di
ristrettezze economiche e gradualmente sta dando via libera
al cattolicesimo, chiudendo un occhio su Medjugorje che
comincia a rappresentare per la Nazione una fonte di guadagno.
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Ci fermiamo a Tihaljna dove vive Padre Jozo, il
parroco di Medjugorje all'epoca delle prime apparizioni
che in un primo momento aveva osteggiato i veggenti
non credendo alle loro visioni.
Ma poi, dopo aver ricevuto anch'egli la "visita" della
Madonna, si e' schierato con loro, e' diventato la
voce di Medjugorje ed ha lottato personalmente scontando
un anno e mezzo di carcere per l'ostilita' del governo
jugoslavo.
A lui ora giungono i pellegrini che prima sostano
al Santuario delle Apparizioni e poi vengono qui per
un ulteriore conferma - se ce ne fosse bisogno - di
cio' che hanno visto ed udito in quel luogo.
Ci ritroviamo immersi in un'atmosfera serena, in un
oasi di pace e di fiori che contrasta con le vallate
intorno, glabre e deserte; i pellegrini sostano attorno
alle aiuole, girovagano sul piazzale asfaltato, attendono
udienza.
Padre Jozo ora sta predicando ad un gruppo inglese
e quando noi ci affacciamo alla porta della chiesa
gia' pronti ad entrare, ci ricaccia indietro poiche'
durante le omelie non vuole essere disturbato e diventa
persino severo con gli intrusi.
E' giusto cosi': per pregare bisogna concentrarsi
senza interferenze, senza distrazioni; il contatto
con Dio e la Madonna non e' possibile se si e' mentalmente
svagati.
Ma intanto si sta' facendo tardi, non possiamo far
attendere il Vescovo che ci riceverà a Split
e quindi rinunciamo a questa visita, riprendendo la
nostra strada, attraversando varie localita' e facendo
una piccola sosta in un paesino depresso dell'interno.
In pullman Mario M. propone di ascoltare la registrazione
d'un discorso di Padre Jozo ai pellegrini, effettuata
durante l'esperienza gia' vissuta a Medjugorje nel
periodo pasquale. E' un surrogato della mancata udienza
a Tihaljna, ma la voce calda, intensa del frate ci
avvince, rimbomba nelle nostre orecchie e nei nostri
animi invocando un rinnovamento dei cuori, la pace,
la conversione ed incitando alla preghiera ...
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Di nuovo il nostro giovane cicerone ci
ragguaglia sulla sua terra, questa Croazia religiosa in
cui fioriscono i santuari e le immagini miracolose, ma affascinati
quasi dalla voce che poco prima ci indicava un cammino nuovo,
chiediamo di ascoltare l'altra facciata della cassetta registrata.
Padre Jozo continua a parlare alle nostre anime, facendoci
riflettere sulla tiepida fede che a malapena riscalda i
nostri cuori occidentali cosi' frastornati, cosi' infedeli,
cosi scaltriti, cosi' induriti dal benessere, dal consumismo,
da questo che noi chiamiamo un vivere civile.
La presenza dei pellegrini a Medjugorje e' da lui considerata
una "chiamata" a cui bisogna dar risposta. Anche la Madonna
nell'accostare i veggenti ha detto loro: "Io te ho chiamato!";
parole su cui bisogna riflettere, non ora forse che siamo
cosi' frastornati, ma piu' tardi, quando quest'euforia gioiosa
passera' e resteremo a tu per tu con noi stessi e con la
nostra coscienza, con le nostre abitudini e debolezze, con
le nostre virtu' e i nostri desideri.
Padre Antonio, che ha animato il viaggio
in pullman ora e' stanco per il troppo agire, cantare, parlare,
star sempre in piedi cedendo il posto ora a questo ora a
quello; si ferma un momento a sedere accanto a me e sembra
appisolarsi. Ma forse sta solo meditando dentro di se' i
fatti svoltisi in questi giorni.
Era rimasto d'accordo con gli organizzatori che a Spalato
avrebbe preso il primo aereo utile per tornare a Roma, alla
sua parrocchia, dove il daffare e' davvero molto ed i suoi
confratelli ormai anziani si dovrebbero prodigare molto,
domani, nella celebrazione di vari matrimoni; strada facendo
pero' ha cambiato idea: ha iniziato questo cammino con noi
e con noi vuole portarlo a termine. La Provvidenza aiutera'
Padre Angelico e Padre Francesco, dando loro forza e salute
bastevoli a portare a buon fine i loro impegni.
...In lontananza ci appare la citta'-fortezza situata
in un punto strategico per coprire le spalle a Spalato
poi eccola, finalmente, Split che si allunga sulla
costa dalmata fronteggiata da piccole isole con nomi
strani per noi.
Ecco la citta' antica di Salona, un cimitero paleocristiano
ancora interrato, benche' saccheggiato a piu' riprese
dagli Arabi.
Spalato è' una grande e moderna citta' di circa
300.000 abitanti di cui 15.000 disoccupati, quasi
tutti giovani. Cemento, plastica, raffinerie, cantieri
navali sono le risorse industriali che danno lavoro
ma deturpano la sua estetica, poi ricompaiono i palazzi,
i casermoni popolari, uguali in tutte le grandi metropoli
ed ugualmente squallidi.
Qui il cielo non e' ne' terso ne' azzurro come a Medjugorje,
e' di un grigio cinereo velato dai vapori delle fabbriche
e dagli umori di tanta umanita'.
La cattedrale verso cui ci dirigiamo e' bassa, schiacciata
dagli enormi grattacieli che la dominano, quasi a
voler minimizzare l'importanza della Chiesa e dei
suoi ministri nel laico mondo jugoslavo, ma all'interno
del palazzo vescovile la sala e' ampia e moderna.
Jozo inizia a recitare il Rosario, subito dopo Padre
Antonio da' il via al canto gioioso con cui accogliamo
il Vescovo, Mons. Frane Franic. |
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E' un uomo grande, imponente con una gran
croce d'oro al collo che c'intrattiene sulle parole di Paolo
ai Corinzi, il cui apostolato s'e' servito prima di ammonimenti
blandi per iniziare i pagani al Cristianesimo ma che, via
via, ha preso toni e parole severe, forti.
Mons. Franic interrompe un attimo il suo discorso notando
in prima fila Francesca che attira la sua attenzione e,
commosso, si dirige verso di lei implorando la Vergine Maria
ed imponendo sul suo capo le mani in segno di benedizione,
cio' che ripetera' anche per Eliana.
Riprende poi a parlarci della Madonna che chiede amore,
una grande disponibilita' d'animo nei confronti di tutti
gli esseri umani prima di ogni altra cosa, prima ancora
della preghiera e del digiuno.
E' disposto ad ascoltare e a rispondere alla domande che
vorremo rivolgergli; si fa avanti Paolo R. che chiede cosa
intende la Madonna per pace, una delle cose che Ella raccomanda
con piu' fervore e trasmette senza sosta ai fedeli attraverso
i veggenti. Si tratta - dice il Vescovo - non solo dell'antitesi
della guerra, bensi' d'una tranquillita' dei cuori che porta
purezza, serenita', amore ... "come quando ci sentiamo leggeri
e felici e vorremmo abbracciare tutto il mondo!".
Mario M. gli pone il quesito di come debba comportarsi con
chi non crede nei fatti di Medjugorje e Mons. Franic lo
esorta a non voler convincere a tuttii costi gli increduli,
ma a rendere testimonianza affermando: "Io ci credo!".
Lucilla, invece, e' preoccupata per il ritorno a casa dove,
nello scorrere caotico della vita di tutti i giorni, non
trovera' piu' forse la serenita' provata a Medjugorje, in
questi luoghi dove la pace sembra esser di casa. Egli la
incita ad una fede e ad un impegno maggiori, ad una conversione
fatta di tenacia e di preghiera, di voglia di migliorarsi.
Padre Antonio, mettendo il dito sulla piaga, lo interroga
sulla diatriba accesasi tra lui, Vescovo di Split, ed il
Vescovo di Mostar che e' contrario ad accettare Medjugorje
come realta' miracolosa, mentre il nostro interlocutore
ne e' un assertore tenace. Tra i due e' nato un antagonismo
affettuoso che durera' probabilmente fintanto che il Vaticano
non emettera' il suo giudizio.
Nel continuare il suo discorso Mons. Franic accenna in sordina
ai contrasti con le autorita' locali che osteggiano la religione
e dalle sue parole traspare, oltre alla giusta indignazione,
un pizzico di dispiacere e di timore insieme.
Ormai e' tardi e ci accalchiamo attorno a lui per baciargli
la mano in segno di rispetto, per avere la sua benedizione
e gli chiediamo ancora un attimo di pazienza, giusto il
tempo per scattare alcune foto e chiedergli di pregare per
noi, cosa che assicura avverra', esortandoci a fare altrettanto
per Lui.
Domani, sapremo poco dopo, egli andra' in pensione - se
cosi' si puo' dire - e quindi lo abbiamo colto in un momento
delicato della sua vita sacerdotale.
Il pullman riparte in direzione del Convento
delle suore che ci hanno gia' ospitato al nostro arrivo,
lasciando a terra Aldo e la sua famiglia che avevano espresso
il desiderio di passare fuori la serata.
Le suore hanno gia' preparato la cena a base di pesce ed
insalate e persino di dolce. Jozo non tocca altro che pane
ed acqua, rispettando la richiesta della Vergine di digiunare
una, ma anche due volte a settimana "per liberare lo spirito"
mi conferma lui. Anche Suor Alba e Giuliana hanno seguito
il suo esempio, hanno compiuto questo piccolo sforzo di
volonta' derivante non da una imposizione ma solo da una
esortazione.
Ho alcune domande da porre a Jozo e lui, come sempre, risponde
con quel suo tono pacato e rispettoso: gli chiedo conferma
del fatto che il digiuno non e' inteso solo in senso strettamente
alimentare. Digiuno e' infatti la rinuncia a qualcosa a
cui teniamo particolarmente, oltreche' a un pasto o a un
dolce, e' staccarsi dalle cose terrene per avvicinarsi di
piu' alle cose spirituali; l'offerta di un dolce di cui
siamo golosi, di alcune sigarette non accese per un fumatore
accanito, d'uno spettacolo televisivo che attendevamo da
tempo, rappresenta un sacrificio da dedicare alla Madonna
e a Dio.
Voglio poi sapere se, non potendo effettuare con la famiglia
la preghiera comunitaria mattutina, per gli orari ed il
traffico che ci costringe a corse ed a stress, possiamo
farla separatamente, durante l'attesa dell'autobus, durante
il tragitto per raggiungere il posto di lavoro o la scuola,
per esempio.
Lui risponde deciso che le orazioni in gruppo hanno senza
dubbio piu' valore, non foss'altro per il fatto che l'eseguirle
comporta un piccolo sforzo da parte di tutti ed inoltre
rappresenta un momento di unione tra i vari componenti della
famiglia.
Gli organizzatori parlottano ancora un
po' per accordarsi sul da farsi e tirare un po' di conti
quindi, ormai stanchi, c'invitano ad andare nelle nostre
rispettive stanze.
Il piccolo gruppo che alloggia presso l'altro convento,
rivive le peripezie della volta precedente e arriva ciarliero
e rumoroso negli alloggi silenziosi.
Purtroppo il viaggio intrapreso insieme si sta avvicinando
alla sua conclusione e si dà sfogo turbolentemente
alle amicizie e simpatie che hanno preso corpo in questi
pochi giorni.
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