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Verduno, piccolo borgo delle Langhe poco distante da Alba, diede i natali a Sebastiano Valfrè il 9 marzo 1629.
Nacque in una numerosa famiglia contadina, ma poté ricevere un po’ di istruzione da un sacerdote e, dotato di intelligenza vivace, a dodici anni già voleva diventare prete. Studiò ad Alba, dai Minori Conventuali, poi entrò in seminario a Bra.
A 16 anni, dopo aver ricevuto gli ordini minori, si trasferì a Torino per studiare al Collegio dei Gesuiti. Era una scuola prestigiosa, la frequentò da esterno, mantenendosi copiando, nottetempo, libri e lettere. A 22 anni, affascinato dal carisma di S. Filippo Neri, decise di entrare nell’Oratorio.
A Torino era presente un solo padre ma, senza scoraggiarsi, pensarono ad un apostolato semplice, tra la gente del mercato. Mentre il confratello, cantando, radunava la folla, Sebastiano faceva la predica.
Fu ordinato sacerdote nel 1652 dopo aver ottenuto la dispensa papale per la giovane età, tre anni dopo si laureò in teologia all’Università di Torino. Gli Oratoriani, intanto, crebbero e fu loro affidata la Chiesa del Miracolo Eucaristico, anche se poi i locali risultarono angusti. Nel 1668 ebbero la parrocchia di S. Eusebio che poterono ingrandire nel 1675 quando Madama Reale Giovanna Battista, seguendo le volontà del defunto marito Carlo Emanuele II, confortato morente dal Valfrè, donò il terreno per la costruzione dell’attuale grandiosa chiesa di S. Filippo edificata dal Guarini.
Il lungo ministero sacerdotale di p. Valfrè fu prezioso sia per la congregazione che per l’intera diocesi. Fu prefetto dell’Oratorio piccolo per diciotto anni, a partire dal 1653, rivolgendo le sue attenzioni ai laici: il venerdì teneva l’Oratorio, con una lettura spirituale, un sermone e la preghiera; la domenica mattina si visitavano gli infermi e le sette chiese.
Nello spirito filippino, grande importanza avevano le “passeggiate”, che terminavano con la preghiera in un santuario. Dal 1671, fino alla morte, seguì i novizi e per oltre venti anni fu Preposito. Contribuì alla fondazione degli Oratori di Mondovì, di Carmagnola e di Asti.
Sapeva bene che dall’ignoranza religiosa, anche nel clero, nasceva la superstizione e come rettore della Compagnia della Dottrina Cristiana vigilò sulle scuole di catechismo. Fu esaminatore per quaranta anni dei candidati diocesani agli ordini sacri; vescovi e cardinali gli chiesero più volte consiglio in merito ai decreti sinodali.
Nel 1688 fu nominato assistente dell’inquisitore, con licenza di leggere i libri “proibiti”. Nel 1675 fu autorizzato ad operare nella diocesi di Alba, così a Mondovì nel 1692. Fu sua l’intuizione di fondare a Roma l’Accademia dei Nobili Ecclesiastici per la formazione dei diplomatici al servizio del Papa: il confratello cardinale Colloredo la presentò a Clemente XI.
Tanta era la stima di cui godeva che gli fu affidata l’educazione di Vittorio Amedeo II: l’amicizia tra i due durerà tutta la vita, nonostante la personalità complessa del sovrano.
Sebastiano fu assistente spirituale di tutta la corte e in particolare delle giovani principesse Maria Adelaide e Maria Luisa Gabriella che andarono spose, rispettivamente, al Duca di Borgogna, futura madre di Luigi XV, e a Filippo V di Spagna. Con entrambe rimase in contatto epistolare, ricevendo da loro denaro da dare ai poveri.
Sebastiano passava dalle stanze sfarzose di palazzo alle celle dei carcerati, sino ai tuguri dei poveri. Dalle sue mani passò un fiume di denaro. Visitava regolarmente l’ospedale di S. Giovanni Battista, di notte era facile vederlo accompagnare sorridente un povero al ricovero, alle volte portandoselo a spalla, o con pacchi di viveri e vestiti che donava anonimamente. Non mancava di aiutare le ragazze costrette a prostituirsi, che salvò in grande numero. Nel 1689, nonostante la consuetudine che l’arcivescovo fosse nobile, il sovrano propose l’incarico al Valfrè che per umiltà rifiutò.
Gli anni in cui visse il Valfrè furono funestati da guerre continue come quella del Monferrato e quella di successione spagnola in cui si colloca l’Assedio di Torino del 1706.
Valfrè fu costantemente impegnato nell’assistenza spirituale dei soldati, li esortava ad essere buoni cristiani e servitori della patria. Nel Regno Sabaudo, che finalmente acquisiva il rango di stato europeo, erano anni di lotta alle dottrine protestanti, calviniste, luterane e valdesi provenienti dalla Francia e dalla Svizzera.
Il 31 gennaio 1686 Vittorio Amedeo II, dietro pressione francese, dispose l’abbattimento dei templi e l’esilio dei pastori valdesi. Sebastiano visitò i prigionieri rinchiusi nella cittadella, distribuì elemosine e medicinali. Per incarico del Duca, tra il 25 agosto e il 5 settembre 1687, visitò le valli pinerolesi dove forte era la presenza valdese.
Per quanto gli fu possibile fece da mediatore tra il Duca e la Santa Sede per le interferenze statali sulle immunità ecclesiastiche, sui poteri del nunzio pontificio o dell’inquisitore, sul diritto di nomina di abati e vescovi. Il beato concretizzò un impegno straordinario anche in favore degli Ebrei.
Padre Sebastiano molte volte ebbe la fortuna di meditare davanti alla Sindone la Passione del Signore. Il 26 giugno 1694, in occasione dell’inaugurazione della nuova Cappella ideata da Guarino Guarini, alla presenza del Duca e della Duchessa Anna, sostituì i teli di sostegno della sacra Reliquia. Tra le lacrime rammendò personalmente alcuni strappi.
Sebastiano fu padre spirituale di persone appartenenti ad ogni ceto sociale. Emerge tra gli altri Anna Maria Emmanueli Buonamici, una povera contadina, di cui nel 1772 fu pubblicata una biografia grazie agli appunti del beato.
Grande fu il suo impegno per i monasteri di clausura, le sue “cittadelle spirituali”, in Torino o fuori città. Li aiutò anche materialmente. Come un vero padre si preoccupava delle doti di quelle giovani che non potevano prendere il velo per mancanza di mezzi.
Tra le monache si distinsero in quegli anni la cappuccina Amedea Vercellone (1610-1670) e la visitandina Jean-Benigne Gojos (1615-1692) che, venuta dalla Francia nel 1638 con Santa Giovanna Francesca de Chantal, fu favorita da rivelazioni del Sacro Cuore. Era morta da due soli anni quando il Valfrè, nel 1694, celebrò privatamente, per primo in Italia, nella chiesa della Visitazione, la festa del Sacro Cuore.
Privilegiato fu il rapporto con la carmelitana Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella, 1661-1717).
Il ruolo di p. Sebastiano fu determinante nella fondazione del Carmelo di Moncalieri e i due furono i protagonisti religiosi durante l’Assedio del 1706, quando la Francia tentò la conquista dello Stato Sabaudo. Tra maggio e agosto 60.000 soldati francesi tentarono la presa di Torino, contro le truppe piemontesi di molto inferiori.
La carmelitana pregò senza soste davanti al Santissimo, Sebastiano tenne viva la speranza tra i soldati e i loro comandanti e, nonostante i suoi 77 anni, si prodigò nel confortare i soldati, soprattutto quelli feriti. In Piazza San Carlo si allestì un ospedale e un altare in onore della Consolata il cui santuario era la roccaforte religiosa. Il 7 settembre, festa della Natività di Maria, come predetto dalla Beata, i Francesi finalmente si arresero. Per riconoscenza, negli anni a venire, fu costruita la Basilica di Superga.
P. Valfrè fu un uomo di grande preghiera, prolungate erano le sue adorazioni, anche notturne, al Santissimo Sacramento che definiva “fuoco d’amore di Dio”, “ mare di fuoco troppo immenso”. Scrisse diverse operette: «Sulla perfezione cristiana», «Avvisi agli ecclesiastici», «Novena del Santo Natale», ma la maggior parte sono a tutt’oggi inedite.
Nei suoi componimenti e nelle sue prediche invitava sovente a meditare sulla presenza di Dio in ogni occupazione, all’adempimento dei doveri secondo i diversi ruoli assunti nella società, ai padri di famiglia di seguire i figli fin dalla più tenera età. Compose meditazioni per i carcerati, era infatti membro dell’Arciconfraternita della Misericordia per il conforto dei condannati a morte.
Il 24 gennaio 1710, dopo aver tenuto un sermone in un monastero, nonostante il freddo, visitò un condannato che il giorno seguente doveva essere giustiziato. Poi corse alla preghiera della Comunità, ma era febbricitante.
Il 29, dopo aver ricevuto l’olio Santo, volle essere benedetto con la corona di San Filippo con cui tante volte egli stesso aveva benedetto gli infermi. Spirò la mattina del 30 gennaio. Nella sua piccola camera c’erano ancora vestiti e viveri pronti per i poveri.
Padre Valfrè, beatificato il 15 luglio 1834 da Gregorio XVI, fu “maestro” per i santi che hanno reso Torino celebre nel mondo.
Davanti al quadro della Madonna delle Grazie che donò alla Chiesa del Corpus Domini il Cottolengo ebbe l’ispirazione di fondare la sua opera.
Il Cafasso ne seguì le orme nell’apostolato verso i carcerati e nella formazione dei sacerdoti, don Bosco pubblicò una raccolta di suoi pensieri; nel 1871 san Leonardo Murialdo fondò con il suo nome un circolo giovanile.
Pregando davanti alla sua urna il beato Federico Albert, destinato all’esercito, ebbe la vocazione sacerdotale.
Le spoglie mortali del B. Sebastiano riposano nella cappella che gli è dedicata nella Chiesa di S. Filippo a Torino.
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- Sul Beato Valfrè, vedere l'articolo della D.ssa Cristina Siccardi:
La direzione spirituale di Padre Sebastiano Valfrè in Casa Savoia |