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SAN SIRO, PRIMO VESCOVO DI PAVIA (IV SECOLO)
Analizzare e ancorare alla Storia la Figura di San Siro Vescovo
di Pavia, significa percorrere un sentiero denso di insidie
e molto complesso nel suo insieme, ma, contemporaneamente,
è un sentiero che genera una ricerca estremamente affascinante.
Tale complessità deriva principalmente dagli accesi
confronti fra le innumerevoli tesi proposte nel corso dei
secoli da altrettanti fecondi, e a volte fantasiosi, antichi
Scrittori di Storia di Pavia.
La prima documentazione che si ricordi è la Cronyca
Sancti Syri, una composizione leggendaria, ma non certo priva
di interesse e degna di considerazione, risalente agli inizi
del sec. IX. Con il moltiplicarsi delle Fonti, nei secoli
a seguire, il punto principale di discussione è stato
stabilire il secolo preciso in cui San Siro compì il
suo cammino terreno: inizialmente, e gli Scrittori Pavesi
fino alla fine del XIX secolo seguirono ciecamente l’ipotesi
avanzata, si riconobbe il Patrono di Pavia come vissuto nel
I secolo; non solo, si presentarono due opzioni: lo si volle
designare sia come inviato da San Pietro stesso, sia, nella
migliore delle ipotesi, come discepolo di Sant’Ermagora,
Protovescovo di Aquileia, a sua volta discepolo di San Marco
Evangelista.
Chi sostenne la tesi: San Siro inviato a Pavia da San Pietro
Bisogna sottolineare che ancora sul finire del XIX secolo,
alcune fonti si appoggiano su cenni storici i quali attestano
che nessuno, fuorché coloro consacrati Vescovi da San
Pietro o da chi gli successe, fondò Chiese in Italia.
Altro punto d’appoggio di questi studiosi fu il portare
come uno dei documenti provanti la loro tesi, una sentenza
del Baronio a commento di un dettato di Innocenzo I che indicava
gli inviati da Pietro in tempi diversi nelle diverse Chiese:
tra questi figurava Ermagora dopo Marco ad Aquileia e, naturalmente
Siro a Pavia (Ann. a. 46; Cfr. Appendice al Sesto Sinodo Diocesano
celebrato nella Chiesa del Carmine in Pavia nei giorni 2,3
e 4 luglio 1894 da Sua Eccellenza Monsignor Agostino Gaetano
Riboldi, Pavia: Tip. Artigianelli, 1894, p. 847).
Chi sostenne la tesi: San Siro discepolo di Sant’Ermagora
E’ evidente che essa si può solo accettare se
si considera Sant’Ermagora vissuto nella metà
del III secolo come primo Pastore a capo della lista episcopale
di Aquileia, com’è attestato da Studi recenti,
e non come il Sant’Ermagora raccontato dalla leggenda
marciana del VI secolo “quando, durante lo scisma dei
Tre Capitoli, Aquileia si inventò un’origine
apostolica” (Alfredo Cattabiani, Santi d’Italia,
Milano: Bur, Vol. I, p. 347).
Dalla rielaborazione della leggenda si arrivò ad una
Passio dell’ VIII secolo “pervenuta in due redazioni
concordi fra loro nella sostanza, diverse soltanto nella forma:
la prima riportata negli Acta Sanctorum, è verosimilmente
la più antica mentre la seconda, contenuta in un codice
del XII secolo e stampata in Analecta Bollandiana II, 1883,
ne è una rielaborazione più elegante”
(idem, pp. 347-48).
Vi fu anche chi, come lo Storico Pavese Stefano Breventano,
scrisse a proposito delle origini di San Siro: “Questo
è ben chiaro, ch’egli fù al tempo de gli
Apostoli nella primitiva Chiesa, fu adunque questo S. Padre
uno di quelli (…) che riuscì dal chiarissimo
fonte della divina Maestà, cio è da Christo
in Pietro, da Pietro in Marco, & da Marco in Hermagora…”
(Stefano Breventano, Istoria della antica nobilta, et delle
cose notabili della citta di Pavia, raccolta da M. Stefano
Breventano cittadino pavese con licentia delli Signori Superiori,
in Pavia Appresso Hieronimo Bartholi, nelle Case di S. Pietro
in Ciel’Aureo. 1570, Pavia: Liutprand reprint, 1996,
p. 35).
Tutta questa architettura ha uno scopo, e da qui s’intende
il motivo dell’adesione così “spontanea”
degli antichi Storici locali votati a questa soluzione: se
San Siro, essendo egli Protovescovo, visse nel sec. I, la
Sede Vescovile di Pavia vanterebbe origini apostoliche. Da
ciò si svilupparono le compilazioni di Cataloghi di
Vescovi che si avvicendarono alla sede cittadina, le quali
avevano discutibilissima sincerità storica: grazie
all’invenzione di nominativi e alla duplicazione dei
Pastori che realmente furono titolari della Diocesi, posti
fra i primi certamente vissuti, era chiaro il fine di allungare
la lista episcopale per portare indietro nel tempo la missione
di San Siro, a cui vennero poi attribuiti 56 anni di Episcopato
e 112 anni di età al momento della sua morte.
La tradizione arrivò anche a identificare San Siro
come quel ragazzetto, citato da San Giovanni Evangelista,
che porse a Nostro Signore Gesù Cristo i pani e i pesci
per il miracolo della moltiplicazione, tradizione che rimane
tale in assenza di documenti certi che l’attestano e
davanti all’evidenza leggendaria.
Un protagonista che si distinse nella Storia di Pavia sul
finire del sec. XIX fu il Sacerdote Cesare Prelini che scoprì
“casualmente” nella Chiesa dei SS. Gervasio e
Protasio a Pavia (dove è storicamente accertato che
per secoli rimasero le spoglie mortali di San Siro, prima
di essere traslate in Duomo) una pietra posta all’altezza
del pavimento con incise le lettere SVRVS EPC (Siro Vescovo).
Quella pietra, insieme con un’altra a questa complementare
trovata sempre nella Chiesa menzionata, che la tradizione
dice fondata dal Santo stesso, andarono a formare un’avello
sepolcrale, subito identificato come prima sepoltura del Santo.
Giovanni Battista De' Rossi |
Il Prelini consultò così il Principe degli
archeologi cristiani: Giovanni Battista De’ Rossi, che
assegnò all’inizio del II secolo la scritta SVRVS
e non la scritta EPC, considerata di mano più tarda
(Cfr. anche in: Bollettino di Archeologia Cristiana, Serie
III, Anno I, N. 111, 1876). Confortato da ciò il Prelini
compose tra il 1880 e il 1890 i due Volumi di: San Siro Primo
Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia –
studio storico critico e riservò al De’ Rossi
e alla sua dissertazione un notevole spazio. Negli anni a
seguire però, altri studiosi accertarono, su basi ben
più solidie, che San Siro non era vissuto nel I secolo,
bensì nella prima metà del IV secolo e il De’
Rossi ritrattò la sua sentenza. Mons. Vittorio Lanzani,
tra i più credibili e preparati Storici, vede ad esempio
l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago
di reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato
come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque
come una prova archeologica di alta antichità che tramanda
il nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della
sua memoria e della custodia delle sue reliquie” (Storia
Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia, p. 20).
Anche altri Storici autorevoli concordano con l’ipotesi
che inquadra San Siro Vescovo di Pavia nel IV secolo, tra
questi Mons. Faustino Gianani: “…studi
più recenti sono venuti ad assodare che l’episcopato
di San Siro risale non già all’evo apostolico
o quasi bensì alla prima metà del secolo quarto,
da quando cioè Costantino e Licinio concessero pace
alla Chiesa, finite ormai le persecuzioni di Massimiano in
Occidente e di Diocleziano in Oriente, e forse, secondo il
Savio [profondissimo cultore di queste memorie],
la data d’inizio oscillerebbe tra il 343 e il 345”
(Faustino Gianani, Città di Pavia,
la Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia e nell’Arte,
Pavia: Giovanni Bianchi, 1978, pp. 16-17).
Il Pavese Virginio Inzaghi, autore anche di bellissime pagine
di poesie in dialetto pavese e storico appassionato legato
alla sua terra, propone uno Studio, in appendice al testo
Svrvs Episcopvs, un capitolo intitolato Memorie di
San Siro, in cui cita ben 87 luoghi geografici disseminati
in tutto il Nord Italia in cui si hanno appunto memorie del
Santo. Tra questi, se ben sia difficile selezionare, con il
fine di non dilungare lo scritto, si riportano alcuni di questi
luoghi fra i più celebri nella nostra epoca: Feltre,
Brescia, Lodi, Milano, Cremona, Novara, Valenza, Voghera,
Alessandria, Piacenza, Parma, Bologna.
A dar manforte alle sopraccitate fonti, si aggiungono quelle
iconografiche, molto spesso poste in secondo piano, ma in
questo caso assai efficaci, al fine di legittimare San Siro
saldamente ancorato alla Storia e l’ampio raggio di
territori nei quali ha seminato la Parola.
Esse si figurano coprendo ampie zone, da ovest a est del nord
Italia: dall’affresco della Chiesa di Cortazzone (Asti)
dell’XI secolo, alla Pala del Bergognone della Certosa
di Pavia (1491) che lo rappresenta fra i santi Teodoro, Invenzio,
Lorenzo e Stefano, al coevo bassorilievo sito in Aquileia
(Udine) nella Cattedrale.
Angelo Maria Raggi (Bibliotheca Sanctorum,
Vol. XI, coll.1242-43) parla della più antica e nota
figurazione di S.Siro,
quale il bassorilievo collocato nella Chiesa dei S.S. Gervasio
e Protasio a Pavia sul pilastro antistante la cappella a lui
dedicata: “In esso il Santo è figurato in abiti
pontificali, con un pastorale ed un libro in mano, in una
tipologia convenzionale ripresa anche in altre opere posteriori”.
Mons.
Faustino Gianani aggiunge: “Il bassorilievo era policromo,
come se ne rilevano le tracce… Il Santo è rappresentato
in abiti pontificali, anche col bastone pastorale, ma senza
mitra. La sua casula (la pianeta) era dipinta di rosso, la
dalmatia in verde, l’omophorion o pallio in giallo,
il viso e le mani leggermente rosate”(Faustino Gianani,
Città di Pavia, la Basilica dei Santi Gervasio e Protasio
nella Storia e nell’Arte, Pavia: Giovanni Bianchi, 1978,
p.24). C. Prelini completa: “E’ desso in pietra
d’Arona, alto Met. 1,20, largo Met. 0,50, lavorato piuttosto
rozzamente, meno il viso che sembra preso dal vero”
(Cfr. idem, pp.24-25).
Ora l’importante scritto di Angelo Maria Raggi che restituisce
definitivamente alla Leggenda l’identificazione del
Santo con il ragazzetto di cui parla il Vangelo Secondo Giovanni.
Trattando di Iconografia di San Siro, scrive: “Sino
a tutto il sec. XVI, come si nota, non esiste alcun riferimento
alla pretesa identificazione di S. nel giovinetto galileo
che porse a Gesù i pani ed i pesci per il miracolo
della moltiplicazione… Questi compaiono solo dopo il
1600 (e spesso vennero arbitrariamente aggiunti anche a dipinti
anteriori)”(Bibliotheca Sanctorum, Vol XI, coll. 1242-43).
A conferma della tesi sostenuta è l’affresco
del 1736 del pittore Francesco Beccaccino
La moltiplicazione dei pani e dei pesci, che si può
ammirare nella chiesa di S. Siro a Soresina (Cremona), in
cui compare un San Siro giovinetto intento a porgere pani
e pesci a N.S.G.C. e, per controprova, l’affresco del
1488 del pittore Giovanni Bernardino nella chiesa dei Santi
Primo e Feliciano a Leggiuno (Varese) che rappresenta solo
la figura di San Siro in abiti pontificali.
Il tentativo poi di fare apparire apostolica la fondazione
della Chiesa di Pavia è evidente non a caso nei rilievi
della base dell’altare marmoreo del Duomo di Pavia (di
Tommaso Orsolini c. 1650) dove, alla scena della moltiplicazione
dei pani e dei pesci, si aggiunge quella in cui S. Siro viene
consacrato Vescovo per mano di S. Pietro e non per mano di
S. Ermagora (consideriamolo vissuto intorno alla metà
del III secolo).
Si porta qui di seguito l’attenzione su tre “casi”
(Genova, Brescia e Padova) nei quali il Santo Patrono di Pavia
è in qualche modo protagonista: casi che hanno fatto,
e tutt’oggi possono, sollevare confronti fra studiosi:
Il caso di Genova
Si parla di S. Siro Vescovo di Pavia anche come evangelizzatore
di alcuni territori limitrofi a Genova. Bisogna però
sottolineare che Genova ebbe un “Syrus ep. Ianuensis”
(S. Siro Vescovo di Genova) vissuto per alcune fonti nel IV,
per altri nel VI secolo. Nato a Struppa, “fu l’evangelizzatore
del Ponente Ligure insieme con il Beato Ormisda” (Alfredo
Cattabiani, Santi d’Italia, Vol. II, p. 1052). Morì
il 29 giugno (non si conosce l’anno); dapprima trovò
sepoltura nella Basilica dei Dodici Apostoli (che divenne
Basilica di San Siro), poi fu traslato nella Cattedrale di
San Lorenzo. A Genova viene festeggiato il 7 luglio, data
della sua traslazione (c.1019) ad opera del vescovo Landolfo.
Il culto per questo Santo è diffuso in gran parte della
Liguria: da Genova a Nervi a Sanremo, con chiese a lui dedicate.
Alcune sue reliquie si trovano anche nella chiesa di S.S.
Siro e Libera a Desio (Milano) portatevi dall’Arcivescovo
di Milano Giovanni Bono e nella Diocesi di Mondovì.
Anche il Prelini lo ricorda (appellandolo come San Siro Emiliano)
e lo colloca al principio del secolo VI. Citando gli “Atti
della Società Ligure”, secondo il nostro studioso
essi “rendono evidente che prima del San Siro Emiliano
era venerato in Genova il nostro Santo Patrono” (Cesare
Prelini, San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città
e Diocesi di Pavia – Studio storico-critico, p.287-88),
anche se, personalmente, su tale ardita affermazione riservo
i miei dubbi.
Il caso di Brescia
In località Cemmo (Brescia) esiste la Pieve di San
Siro. Molte fonti attestano che questa fu la prima chiesa
della Val Camonica, la tradizione dice che la chiesa originaria
fu fondata dal nostro Patrono, e che qui vi sono conservate
le sue reliquie, donate dalla Regina Teodolinda nel 594. L’
Enciclopedia Bresciana (Vol. II, p. 168) parla invece della
Pieve di San Siro di Cemmo come “uno dei primi centri
raggiunti dal cristianesimo anche se non è provata,
come vuole la leggenda, la presenza di S. Siro, vescovo di
Pavia”.
Il caso di Padova
Recentemente è tornata alla ribalta, grazie ad un
articolo riportato dalla stampa pavese la seguente tesi: “Maria
Pia Billanovich, epigrafista dell’Università
di Padova, non ha dubbi. «San Siro è pura leggenda
– scrive – In realtà era un vescovo itinerante,
con un altro nome. L’epigrafe SURUS EPC sul
sepolcro a San Gervasio è un falso costruito nel 19°
secolo». Questa tesi, esposta anni fa e tornata d’attualità,
a tre giorni dalla festa del santo patrono fa discutere…”
(Sisto Capra, Gabba: c’è un
giallo su S. Siro, «Rimangono dubbi sull’epigrafe
in San Gervasio», "La Provincia Pavese", 5
dicembre 2004).
Su ciò mi permetto di riportare frammenti di Fonti
che si trovano discordanti con tali affermazioni (escludo
dalla dissertazione la discussione sulla scritta SVRVS EPC,
di cui si è già trattato):
Mons. Francesco Lanzoni menziona l’esistenza
di un “Syrus” vescovo di Padova (Le Diocesi Italiane,
Vol. II k-z, p. 916). Il Prof. Ireneo Daniele (Bibliotheca
Sanctorum, Vol. XI, coll. 1239-40) invece traccia una valida
griglia di documenti bibliografici che attestano effettivamente
l’esistenza di un S. Siro vescovo di Padova. Cita il
Catalogo dei Vescovi Padovani del 1267 e una Ducale Veneta
ricopiata nel 1487 nel Tomus Niger della Capitolare di Padova
che collocano rispettivamente all’ 8° e al 9°
posto, nella cronologia dei vescovi della città veneta
questo “Syrus”. Il discorso si fa interessante
quando si arriva a parlare di un paese chiamato San Siro:
“un paese di tal nome in diocesi di Padova è
ripetutamente menzionato l’a. 1265 negli <<Statuti
del Comune di Padova>>. La sua parrocchia era dedicata
al santo (Rationes decimarum Italiane per i secoli XII e XIV:
Venetia-Histria-Dalmatia, a cura di P. Sella e G. Vale, Città
del Vaticano 1941), il quale, secondo A. Monterosso, vi era
sepolto; ma di tal sepoltura non c’è traccia
nel documento”. Anche il Prof. A. Barzon,
storico della chiesa padovana, opta per l’esistenza
di un santo, di una chiesa e di un paese dedicati a S. Siro.
Particolare non trascurabile, la fondazione della Chiesa padovana
si deve a S. Prosdocimo in un’epoca non anteriore alla
seconda metà del III secolo. A questo punto il tutto
culmina ancora con lo scritto del Prof. Ireneo Daniele:
“A nostro giudizio con molta probabilità il titolare
della chiesa e del paese di S. Siro nel territorio padovano
è il protovescovo di Pavia (Lanzoni, II, pp. 982-86),
il quale, secondo la leggenda dell’ VIII secolo (BHL,
II, p. 1154, n. 7976) era stato compagno di Ermagora di Aquileia.
Di fatto, anche se il Ferrari e l’ <<Hagiolorum
Italicum>> ne mettono la festa il 31 ag., nel paese
di S. Siro è festeggiato il 9 dic. proprio come l’omonimo
pavese” (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll. 1239-40).
Da altre fonti, tra cui Città e paesi d’Italia
(Vol. II, De Agostini, Novara, 1967), risulta che i paesi
di Bagnoli di Sopra, Bagnoli di Sotto e S. Siro, hanno assunto
la denominazione di Bagnoli di Sopra nel 1867 e che esiste
una chiesa dedicata a S. Siro, la cui primordiale struttura
fu forse edificata prima del 1221.
Cesare Prelini attesta che il M. Rev. Sig. Giampaolo Berti
Maestro di Camera del Vescovo di Padova l’abbia informato
di un Siro “non pavese, ma padovano” collocato
al 9° posto nella lista dei vescovi della città,
“ed essersi per le persecuzioni rifugiato nel paesello
ora denominato San Siro nel distretto di Conselve ed ivi sepolto…
e che a 15 miglia da Padova evvi la summentovata chiesa di
San Siro, ove dicesi sepolto, e del resto ignorarsi ove sia
il suo corpo”. Proseguendo aggiunge: “Questi dati
potrebbero sotto un certo riguardo appoggiare la congettura
che probabilmente il S. Siro padovano sia l’identica
persona del nostro Siro”. Poche righe più sotto
va a chiudere la questione: “Se l’opinione nostra
avesse a mutarsi in tesi, non potrebbe gravar troppo ai buoni
padovani d’aver avuto un ministro della fede nel nostro
Santo Patrono…”(Cesare Prelini, San Siro Primo
Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia –
Studio storico-critico, p. 284-86).
Pur se il Prelini assunse nelle sue Opere toni, a mio personalissimo
giudizio, troppo “di parte”, in questo caso non
posso far altro che condividere appieno la sua opinione.
Conclusioni
San Siro è da considerarsi un personaggio realmente
esistito, Vescovo di Pavia per un numero imprecisato di anni
verso la metà del secolo IV. Può considerarsi
una Figura di spicco in quanto è da ritenersi Evangelizzatore
di molte località del Nord Italia. Fu sepolto nella
Chiesa dedicata ai SS. Gervasio e Protasio a Pavia fino agli
anni compresi fra l’830 e l’841 quando fu traslato
nel Duomo di Pavia per opera del Vescovo Adeodato. La città
ricorda solennemente il suo Santo Patrono il 9 Dicembre con
numerose commemorazioni. Da qualche anno, a causa delle opere
di restauro della Cattedrale, San Siro è venerato presso
la Chiesa di S. Maria del Carmine.
Foto fornite da Cartantica
dello Stesso Autore:
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