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ALTRI SANTI REGALI
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SAN FILIPPO I L'ARABO, IMPERATORE ROMANO
Traconitide, 204 circa – Verona, 249
Lo storico Eusebio di Cesarea indica Filippo l’Arabo
come il primo imperatore romano ad aver abbracciato il cristianesimo.
Associò al trono il figlio Filippo e con lui fu ucciso
a tradimento dal servo Decio, che divenne poi imperatore.
Alcuni calendari ortodossi li annoverano tra i santi. |
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SAN FILIPPO II, IMPERATORE ROMANO II
m. Verona, 249
Figlio di Filippo I l’Arabo, che storico Eusebio di
Cesarea indica come il primo imperatore cristiano.
Il padre
lo associò al trono imperiale romano. I due furono
uccisi a tradimento dal servo Decio, che divenne poi imperatore.
Alcuni calendari ortodossi li annoverano tra i santi. |
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SANT'AUGUSTA IMPERATRICE E MARTIRE
L’imperatrice Sant’Augusta subì il martirio
presso Alessandria d’Egitto con Santa Caterina.
E’
venerata dalle Chiese Orientali il 24 novembre. |
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SAN TEODOSIO I IL GRANDE, IMPERATORE D'ORIENTE
Cauca (Spagna), 347 – Milano, 395
Teodosio, originario della Spagna, ove nacque nel 347, era
figlio di un generale dell’imperatore Valentiniano I.
Partecipò alle spedizioni del padre in Britannia e
contro gli alamanni, e nel 374, come governatore della Mesia,
sconfisse i sarmati. L’imperatore Graziano lo scelse
nel 379 come augusto, assegnandogli il comando in Oriente.
Teodosio riorganizzò l’esercito e liberò
alcune regioni balcaniche dai barbari. Nel 382, non potendo
respingere i goti, dette loro autonomia all’interno
dei confini dell'impero in cambio di appoggio militare.
Convinto che l’imperatore dovesse avere la supervisione
sulla vita della Chiesa e garantire l’unità religiosa
in funzione della coesione dell’impero, Teodosio nel
380 con l’editto di Tessalonica proclamò il cristianesimo
secondo il Credo niceno quale religione di Stato e convocò
l’anno seguente il Concilio di Costantinopoli per ribadire
la condanna dell’eresia ariana. Costretto in un primo
tempo a riconoscere l’usurpatore Magno Massimo, nel
388 lo sconfisse, restituendo formalmente l’Occidente
a Valentiniano II, successore dell’imperatore Graziano.
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Tornato in Oriente, Teodosio emanò nel 392 un editto
con cui proibiva i sacrifici cruenti e il culto delle divinità
pagane. L’Occidente allora si ribellò, riconoscendo
Flavio Eugenio successore del defunto Valentiniano II, che
Teodosio poi sconfisse nel 394. Affidò quindi l’Occidente
al figlio Onorio, cui affiancò come tutore il suo fidato
generale vandalo Stilicone, mentre l’Oriente passò
alla sua morte all’altro figlio Arcadio, cui aveva conferito
già nel 383 il titolo di augusto. Morì presso
Milano nel 395.
Teodosio I il Grande è venerato quale santo dalle Chiese
Ortodosse, non tanto forse per le sue particolari virtù,
quanto più per aver innalzato il cristianesimo a religione
ufficiale dell’impero. Altri due casi simili sono costituiti
da Filippo I l’Arabo, primo imperatore cristiano, e
Costantino I il Grande, che concesse la libertà di
culto. San Teodosio è commemorato dunque in Oriente
al 17 gennaio e non è raro trovare raffigurazioni recanti
un’aureola che cinge il suo capo. |
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SANTA ALESSANDRA IMPERATRICE E MARTIRE
IV secolo
Santa Alessandra, moglie dell’imperatore romano Diocleziano,
fu vittima delle persecuzioni anticristiane indette dal suo
stesso consorte.
La sua venerazione in data 23 aprile è
dovuta ad una leggenda che lega la sua vicenda al martirio
di San Giorgio. |
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SANT'EUDOSIA IMPERATRICE D'ORIENTE
V secolo
L’imperatrice orientale Sant’Eudossia, moglie
dell’imperatore Teodosio II, è venerata dalle
Chiese Orientali il 10 settembre. |
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SAN VAKHTANG GORGASALI, RE DI GEORGIA
Tra i numerosi sovrani georgiani ascesi alla vetta della santità,
si commemora San Vakhtang Gorgasali. Poche notizie storiche
si sanno in realtà sul suo conto.
Nella seconda metà del V secolo fondò la città
di Tbilisi, attuale capitale della Georgia. Il nome Tbilisi
è tradotto come “città di sorgenti calde”:
racconta infatti la leggenda che un giorno durante la caccia
il re Vakhtang Gorgasali sparò ad un fagiano che cadde
in una sorgente calda. Quando il re si accinse a recuperare
l’uccello dalla sorgente, scoprì che l’acqua
era calda e l’uccello era bollito. Decise quindi di
costruire una città in tale luogo e chiamarla Tbilisi.
Il patriarcato di Antiochia, su richiesta del re Vakhtang
Gorgasali, concedette l’autonomia all’Arcivescovo
di Mitschete che assunse così il titolo di Catholicos
di Iberia. Nacque così la Chiesa Georgiana, ancor oggi
indipendente dalle altre Chiese ortodosse ed orientali.
La fondazione della capitale e l’indipendenza della
Chiesa nazionale: ecco dunque i due grandi meriti che fecero
di Vakhtang Gorgasali un eroe degno dell’aureola della
santità, così com’era intesa nei tempi
antichi.
Il santo sovrano morì all’incirca nell’anno
502 e compare nel calendario georgiano al 13 dicembre.
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SAN GIUDICAELE (JUDICAEL) RE DI BRETAGNA
San
Judicaël nacque all’incirca nel 590 e fu battezzato
da un prete di nome Guodenon. Sino all’età di
tre anni fu allevato a casa di suo nonno Ausoche, per poi
passare alla corte del re di Bretagna Judhaël, suo padre,
alla morte del quale avrebbe dovuto succedere alla corona
essendo il primogenito tra tutti i suoi fratelli. Egli profuse
dunque ogni forza nell’assicurarsi il trono, arrivando
a sostenere i suoi diritti anche con l’uso delle armi.
Ma Salomone II, suo fratello e suo competitore, lo battè
ed conquistò così il trono verso il 605 circa.
Ora però non gli restò che rinunciare al mondo
e vestire gli abiti di penitente, all’età di
soli vent’anni, entrando nel monastero di Saint-Jean
de Gaël sotto la preziosa guida di San Meen. Tutta la
Bretagna, afflitta per il ritiro del suo principe, grazie
al quale aveva conosciuto grandi speranze, ammirò questa
sua grande scelta, presa non senza una dovuta riflessione,
che mise ancor più in risalto le sue splendide qualità.
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Le numerose leggende sorte sul suo conto narrano cose meravigliose
circa il fervore che lo pervase. La sua ascesi fu sin da subito
estrema ed avrebbe raggiunto addirittura dei grandi eccessi,
se la saggia discrezione di San Meen non l’avesse moderata.
Numerosi altri fatti relativi alla sua permanenza in monastero
sono inoltre narrati da dettagliati quanto fantasiosi racconti
leggendari. Non era passato molto tempo dal suo ingresso nel
convento, che giunse già per Judhaël il momento
della tonsura clericale e ricevette l’abito monacale,
segni del suo ingresso ufficiale nella vita religiosa.
Un giorno però, quasi inaspettatamente, il santo abate
Meen rese la sua anima a Dio, lasciando i suoi discepoli in
una grande afflizione che nulla fu capace di consolare.
Judhaël decise allora di lasciare il chiostro alla morte
di suo fratello Salomone II, verso l’anno 630, riprendendo
gli abiti secolari ed assumendo finalmente la corona di Bretagna.
Edificò tutta la famiglia reale e tutta la corte con
l’esempio delle sue virtù. Sposò Meronoë
(o Merovoë), donna proveniente dalla stessa famiglia
e dallo stesso paese della regina sua madre. Anch’ella
si dimostrò virtuosa come il marito, impregnata di
fede e di pietà, e tutto ciò contribuì
a mantenere tra loro una pace ed una concordia ammirabili.
Governò il regno con autorità e saggezza, puntando
principalmente al rispetto della Legge di Gesù Cristo.
Le sue qualità diplomatiche gli permisero di concludere
una pacifica alleanza con il re dei franchi Dagoberto. Fatto
ciò, decise di abdicare per tornare nuovamente alla
vita monacale. Nel 640 circa si ritirò dunque nel monastero
di Gaël, ma secondo altri in quello di Paimpont da lui
fondato. La morte lo colse il 16 dicembre di un anno imprecisato,
forse il 658. In tale data è commemorato dalle diocesi
di Quimper e Léon, mentre nel Martyrologium Romanum
compare il giorno successivo. |
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BEATA TEODOLINDA REGINA DEI LONGOBARDI
Teodolinda era figlia del re di Baviera Garibaldo che, stretto
da una parte dai Franchi e dall'altra dai Longobardi,
per sicurezza volle stringere un legame di parentale con i
Franchi, promettendo la figlia Teodolinda al giovanissimo
re Childelberto II. Ma questo progetto andò in fumo
e Teodolinda fu allora data in sposa al re longobardo Autari.
I due novelli sposi trasferirono la capitale del regno longobardo
a Monza. La regina Teodolinda, di religione cattolica, intratteneva
una fitta corrispondenza con il papa San Gregorio Magno, finalizzata
alla conversione al cristianesimo del popolo del quale era
divenuta regina. Non riuscì, però, a convertire
il marito Autari, che non accettava che venissero battezzati
i figli dei longobardi. Ma Teodolinda riuscì comunque
a far battezzare a Monza il figlio Adaloaldo. Rimasta vedova
nel 589, sposò due anni dopo il duca di Torino Agilulfo,
al quale trasmise il titolo regio. Alla morte del secondo
marito nel 616 resse il governo per nove anni a nome del figlio
Adaloaldo ancora minorenne. La cristianizzazione dei longobardi
era continuata durante il periodo della sua reggenza, nonostante
la dura opposizione ed ostilità di alcuni duchi aderenti
all’eresia ariana. Dopo alcuni mesi dal suo avvento
al trono il giovane Adeovaldo fu dunque spodestato dal duca
di Torino Ariovaldo e dovette fuggire da Milano con la madre
Teodolinda.
Si rifugiarono a Ravenna presso l’esarca
bizantino Eleuterio. Nel 628 morirono entrambi, Teodolinda
probabilmente di vecchiaia, mentre Adeovaldo forse avvelenato.
Fu venerata come beata, ma il suo culto non fu mai confermato.
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SANTA TEOFANO IMPERATRICE D'ORIENTE
+ 897 circa
L’imperatrice bizantina Santa Teofano, prima delle quattro
mogli dell’imperatore Leone VI, si ritirò con
il consenso del marito in un monastero.
E’ venerata
dalle Chiese Orientali il 16 dicembre. |
SANT'ENRAVOTA-BOYAN, PRINCIPE, PROTOMARTIRE
DI BULGARIA
+ 833
Il principe bulgaro Sant’ Enravota-Boyan, convertitosi
al cristianesimo, fu fatto uccidere da suo fratello che non
approvò tale scelta. Prima di morire affermò
profeticamente che la fede per cui lui veniva ucciso si sarebbe
diffusa in tutta la nazione bulgara.
E’ popolarmente
noto anche come “Bohdan” e tale nome è
presente in Romania nella variante “Bogdan”. E’
festeggiato al 28 marzo. |
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SAN BORIS MICHELE I, RE DI BULGARIA
Boris I, khan dei Bulgari dall’852 all’889, si
fece battezzare nell’864 con il nome di Michele, dando
così inizio alla conversione al cristianesimo del suo
popolo.
Sostenne l’indipendenza della Chiesa Bulgara
da Roma e da Costantinopoli.
Nell’893 si ritirò
in un monastero e gli successe il principe Vladimiro, appoggiato
dai nobili, che ripristinò il paganesimo.
Dopo la sua
morte, avvenuta il 2 maggio 907, Boris divenne il primo santo
della chiesa bulgara, alla quale lui stesso aveva dato origine,
che lo venera come “Isapostolo”. |
SAN PIETRO, RE DI BULGARIA
m. Bulgaria, 969
San Pietro, zar dei Bulgari, succedette nel 927 a suo padre
Simeone I.
Durante il suo lungo regno cercò l’accordo
con i Bizantini.
Repressa una ribellione interna (928-930),
dovette sostenere gli attacchi degli Ungheresi, dei Peceneghi
e più tardi, nel 966, quelli di Niceforo Foca e del
principe russo di Kijev, Sviatoslav, che giunse a occupare
la Dobrugia (968).
La Chiesa Ortodossa Bulgara lo venera come
“santo” al 30 gennaio. |
SAN BAGRAT III RE DI GEORGIA
27 maggio (Chiese Orientali)
975-1014
San Bagrat III fu il primo re della Georgia unificata e fondatore
della cattedrale di Bragat.
L’iconografia a lui relativa
costituisce una tangibile testimonianza della venerazione
quale santo da parte della Chiesa Ortodossa di Georgia. |
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SANTO STEFANO I NEMAJA (SIMEONE)
1132 - 13 febbraio 1200
Stefano I Nemaja, capostipite della dinastia dei Nemanidi
(principe di Serbia), è considerato il fondatore della
Grande Serbia.
Lottò contro Bisanzio, estendendo il
suo dominio a sud. Saggio e pio, entrò in monastero
assumendo il nome di Simeone. |
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SANTA ANASTASIA DI SERBIA
XII secolo
Santa Anastasia, battezzata con il nome di Anna, proveniva
dalla famiglia imperiale bizantina.
Sposò il fondatore
della dinastia serba dei Nemanidi, Santo Stefano I Nemanja.
Da questa unione nacque San Saba I, primo arcivescovo di Serbia. |
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SANT'ALESSANDRO NEVSKIJ, PRINCIPE DI NOVGOROD,
MARTIRE
Russia, 1220 – Gorodets, Russia, 14 novembre 1263
Alessandro Nevskij nacque in Russia nel 1220, figlio del Granduca
di Vladimir Jaroslav II Vsevolodovic e della principessa Feodosia
di Halic. Suo fratello maggiore Feodor Jaroslavic, erede del
titolo e dei privilegi, morì precocemente all’età
di soli quIndici anni ed Alexander si trovò così
principe di Novgorod nel 1245. Sposò la principessa
Bassa di Potolsk, da cui ebbe quattro figli, di cui l’ultimogenito
fu San Danilo di Mosca.
Nessuno meglio di Alessandro può rappresentare la figura
classica del “santo guerriero”, tipologia forse
lontana dalla sensibilità contemporanea. Nel 1240 si
trovò a dovere respingere un massiccio attacco degli
svedesi che avevano invaso il suo principato. In questo frangente,
chiamato a raccolta il suo piccolo esercito, si rivolse ai
soldati con queste parole: “Dio non è nella forza
ma nella verità. Alcuni confidano nei principi, altri
nei cavalli, ma noi invocheremo il Signore Dio nostro!”.
La notte che precedette lo scontro, sulla riva della Neva,
un soldato di nome Filippo ebbe una visione: i santi principi
martiri Boris e Gleb, si avvicinavano a bordo di una barca
all’accampamento russo. Secondo la tradizione San Boris
pronunciò queste parole: “Fratello Gleb, andiamo
ad aiutare il nostro pari Alessandro!”. Il giorno successivo
Alessandro ed il suo esercito riportarono una storica vittoria
sul nemico. Da quel momento Alessandro fu soprannominato “Nevskij”,
cioè “della Neva”, luogo della mirabile
battaglia.
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La tradizione narra una lunga serie di successi e di vittorie
che trasformarono il saggio principe Alessandro Nevskij nell’eroe
russo più amato e popolare, paladino della Chiesa indigena.
Le guerre, le incessanti attività e i lunghi viaggi
minarono però la salute di Alessandro. Tornando da
un lungo viaggio in oriente e sentendo la morte avvicinarsi,
decise allora di vestire l’abito monastico presso il
monastero di Gorodets, assumendo il nome di Alessio. Il novello
schema-monaco morì il 14 novembre 1263.
Nel 1547 Alessandro Nevskij fu canonizzato dalla Chiesa Ortodossa
Russa, che lo commemora il 23 novembre, giorno della sua sepoltura,
ed il 30 agosto, giorno della traslazione delle sue reliquie
presso la Lavra a lui dedicata in San Pietroburgo. |
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SAN RADOSLAV, RE DI SERBIA
Radoslav succedette nel 1227 a suo padre Santo Stefano detto
“primo incoronato”.
Regnò sulla Serbia
sino al 1234 quando fu spodestato da suo fratello San Ladislao.
L’iconografia a lui relativa costituisce una tangibile
testimonianza della venerazione quale santo da parte della
Chiesa Ortodossa Serba. |
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SAN LADISLAO, RE DI SERBIA
+ 1264
Ladislao I, spodestato suo fratello re Radoslav nel 1234,
governò la Serbia sino al 1242 quando fu a sua volta
costretto a cedere il potere al fratello Stefano Uros I.
E’
venerato come santo dalla Chiesa Ortodossa Serba. |
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SANTO STEFANO UROS I (STEFANO IV) RE DI SERBIA
+ 1280
Stefano Uros I (noto anche come Stefano IV) ascese al trono
serbo nel 1243.
Combatté vittoriosamente contro i Bulgari.
Spodestato dal figlio San Dragutin nel 1276, si ritirò
a vita monastica.
L’iconografia a lui relativa costituisce
una tangibile testimonianza della venerazione quale santo
da parte della Chiesa Ortodossa Serba. |
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SANTA ELENA, REGINA DI SERBIA
+ 8 febbraio 1306
Santa Elena fu moglie del re serbo Stefano Uros I (Stefano
IV) e madre dei Santi Re Dragutin e Milutin.
Si ritirò
a vita monastica. |
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SAN DRAGUTIN (STEFANO V) RE DI SERBIA
+ 2 marzo 1316
Figlio del re serbo Stefano Uros I (Stefano IV) e di Santa
Elena, usurpò il trono paterno nel 1276 e fu poi costretto
ad abdicare in favore del fratello Milutin.
Dragutin è
conosciuto anche come Stefano V.
Ritiratosi in monastero assunse
il nome di Teoctist. |
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SANTA CATALINA, REGINA DI SERBIA
Santa Catalina e suo marito San Dragutin (Stefano V), sovrani
serbi, furono i fondatori del monastero di Arilje.
Catalina
era una principessa di origine ungherese.
L’iconografia
a lei relativa costituisce una tangibile testimonianza della
venerazione quale santa da parte della Chiesa Ortodossa Serba. |
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SANTO STEFANO UROS V (STEFANO X) RE DI SERBIA
Nato nel 1337, incoronato nel 1346 e morto probabilmente tra il 2 ed il 4 dicembre 1371.
Santo Stefano Uros V, re di Serbia, noto anche come Stefano
X, sconfitto dai popoli sottomessi dal padre Stefano IX Dusan,
fu infine battuto dai Turchi.
Sotto il suo regno la Serbia
si frammentò in molteplici staterelli. L’iconografia
a lui relativa costituisce una tangibile testimonianza della
venerazione quale santo da parte della Chiesa Ortodossa Serba. |
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SANTA SIMONIDA, REGINA DI SERBIA
XIII-XIV secolo
Santa Simonida, moglie del re serbo San Milutin, fondò
con lui il monastero di Gracanica, nel quale figurano le sue
icone, tangibile testimonianza della sua venerazione quale
santa da parte della Chiesa Ortodossa Serba.
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SANTA ANGELINA BRANCOVICH, PRINCIPESSA DI
SERBIA
Serbia, XV secolo
Santa Angelina, di origine albanese, sposò il principe
serbo Santo Stefano Brancovich, dal quale ebbe il figlio San
Giovanni, re di Serbia. Si conservano i corpi incorrotti dei
tre santi, fonti di numerosi miracoli.
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MARIA STUARDA, REGINA DI FRANCIA E DI SCOZIA
Scozia,
1542 – Inghilterra, 8 febbraio 1587
Dall’allocuzione concistoriale “Quare lacrymae”
pronunciata dal pontefice Pio VI a Roma il 17 giugno 1793:
3. Maria Stuarda, regina di Scozia, figlia
di Giacomo V re di Scozia, e vedova di Francesco II re di
Francia, avendo assunto i titoli e le insegne dei re d’Inghilterra,
che gl’Inglesi avevano già attribuito ad Elisabetta,
come narrano molti storici, quante avversità dovette
affrontare da questa sua rivale e dai facinorosi Calvinisti,
che le portarono insidie e violenze! Spesso incarcerata, spesso
soggetta agli interrogatori dei giudici, rifiutò di
rispondere, dicendo che una regina deve rendere conto della
sua vita solo a Dio.
Vessata continuamente e in tutti i modi,
rispose, dimostrò l’infondatezza dei crimini
che le erano stati attribuiti e provò la propria innocenza.
Ma non per questo, tuttavia, i giudici si astennero dal compiere
l’ingiustizia già premeditata e pronunciarono
contro di lei la condanna a morte, come fosse irrefutabilmente
rea e quella testa regale fu troncata sul palco.
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4. Benedetto XIV nel terzo libro sulla Beatificazione
dei Servi di Dio, cap. 13, n. 10, ragiona così su questo
evento: "Se si dovesse istituire un processo sul martirio
di questa Regina, processo che finora non è mai stato
disposto, risalterebbe subito un’obiezione evidente
contro il suo martirio, desunta dalla sentenza del processo
e da tutte le calunnie che contro di lei hanno farneticato
gli eretici, specialmente Giorgio Buchanan in quell’infame
libello che ha per titolo: "Maria smascherata".
Ma se si esamina la vera causa della sua morte, che si riassume
nell’odio contro la Religione Cattolica che ella sola,
unica superstite, professava in Inghilterra; se si esamina
l’invitta costanza con la quale respinse le proposte
di abiurare la Religione Cattolica; se si osserva la forza
ammirevole con cui sostenne la morte; se si tien conto, come
si dovrebbe, che ella protestò prima della decapitazione,
e nell’esecuzione stessa, che era sempre vissuta da
cattolica e che moriva volentieri per la fede cattolica; se
non si omettono, come non devono essere omesse, le evidentissime
ragioni dalle quali emerge non solo la falsità dei
crimini attribuiti alla regina Maria dai suoi oppositori,
ma anche l’ingiusta sentenza di morte, fondata su calunnie
ispirate dall’odio contro la Religione Cattolica, perché
restassero immutabili i dogmi ereticali nel regno d’Inghilterra;
allora si comprenderà che non manca nessuna condizione
necessaria per affermare che il suo fu un vero martirio".
5. Sappiamo da Sant’Agostino che "non
è il supplizio che fa il martire, ma la causa".
Per questa ragione Benedetto XIV si dichiarò propenso
a ritenere vero martirio l’uccisione di Maria Stuarda.
Egli si chiese "se per il martirio è sufficiente
dimostrare che il tiranno fu mosso dall’odio contro
la Fede di Cristo, anche se si attribuisce l’occasione
della morte ad un’altra causa che non riguarda la Fede
di Cristo o vi appartiene soltanto accidentalmente".
Risolse il caso affermativamente, indotto dalla ragione che
un atto desume la sua specifica natura non da un’occasione
o da altra causa impulsiva, ma dalla causa fondamentale. Pertanto
per dichiarare un vero martirio è sufficiente che il
persecutore, per procurare la morte, sia mosso dall’odio
contro la Fede, anche se l’occasione della morte provenisse
da altri motivi, che, a causa delle circostanze, non appartengono
alla fede. |
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SANTA KETEVAN, REGINA DI GEORGIA E MARTIRE
+ 1624
Giovanni Paolo II, durante la sua visita in Georgia, la citò
tra i più grandi martiri di tale nazione. |
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SAN COSTANTINO BRANCOVEANU E COMPAGNI MARTIRI
Costantino Brancoveanu, principe di Valacchia, i suoi figlioletti
Costantin, Stefan, Radu, Matei ed il dignitario di corte Ianachi
Vacaresco morirono martiri dei turchi a Costantinopoli il
15 agosto 1714.
Nel 1992 furono canonizzati dalla Chiesa Ortodossa
Romena che li venera quali eroi nazionali. |
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BALDOVINO I DI SASSONIA-COBURGO-GOTHA, RE
DEL BELGIO
Bruxelles
(Belgio), 1930 – Motril (Spagna), 31 luglio 1993
Salito al trono il 17 luglio 1951, alla morte del padre Leopoldo
III, in giovanissima età, regnò sino alla propria
morte.
Gli anni del regno di Baldovino videro il Belgio impegnato
in importanti questioni interne e decisamente proiettato verso
una politica comunitaria europea. Durante la sua seconda visita
in Belgio, il papa Giovanni Paolo II rese grazie a Dio “per
il Re Baldovino difensore dei diritti di Dio e dell'uomo”
durante la recita del Regina Coeli di domenica 4 giugno 1995
e pregò la Vergine dicendo “Ti ringraziamo anche,
Madre della Grazia divina, per il Re Baldovino, per la sua
fede incrollabile e per l'esempio di vita che ha lasciato
ai suoi concittadini e a tutta l'Europa. |
Ti ringraziamo per
la forza che ha dimostrato nella difesa dei diritti di Dio
e dei diritti dell'uomo, e in particolare del diritto alla
vita del nascituro. Ho avuto la gioia di conoscere la profondità
dello spirito di Re Baldovino, la sua eccezionale e ardente
pietà cristocentrica e insieme mariana. Come non ringraziare
lo Spirito Santo per ciò che ha compiuto nell'anima
del Re defunto? Che grande esempio ci ha lasciato! Che grande
esempio ha lasciato ai suoi concittadini!”.
Nel 1990 il re aveva rifiutato di firmare la legge che depenalizzava
in modo parziale l’aborto, dimettendosi dalla sua carica
per un giorno, nominando a fare le sue veci il fratello. Questo
era stato uno dei tanti suoi interventi in difesa dei diritti
dell’uomo a cui il Santo Padre fece riferimento.
Il 31 luglio 2003, nel decimo anniversario della scomparsa
del sovrano, un messaggio dello stesso pontefice ne ricordava
l’alta figura “umana, morale e spirituale”.
Giovanni Paolo II sottolineò l’esempio che re
Baldovino aveva dato al suo paese ed al mondo intero. “La
sua vita di servizio, radicata in una profonda relazione con
Dio e fondata sui valori essenziali” - si legge - possa
incoraggiare il popolo belga a “seguire le sue tracce
per edificare una società sempre più giusta
e fraterna, nel rispetto della dignità delle persone”. |
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MASSIMILIANO D'ASBURGO AGUSTIN I,
IMPERATORE
DEL MESSICO
Vienna, 1832 - Querétaro (Messico), 19 giugno 1867
Fratello minore dell’imperatore austrio-ungarico Francesco
Giuseppe d’Asburgo, l’arciduca Massimiliano fu
governatore del regno Lombardo-Veneto e nel 1864 venne incoronato
imperatore del Messico con il nome di Agustín I, per
iniziativa della Francia che aveva occupato il paese l’anno
precedente.
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Il nuovo sovrano dovette fronteggiare la resistenza dei repubblicani
messicani, le cui forze ripresero il potere nel 1867. Massimiliano
fu catturato e condannato a morte da un tribunale militare
e fucilato con due suoi ufficiali il 19 giugno 1867 a Querétaro.
Poco prima che venisse ordinato il fuoco, Massimiliano parlò
a voce alta in modo che i 3000 soldati presenti sul campo
d’esecuzione potessero udirlo bene: “Messicani,
gli uomini della mia classe e della mia razza vengono creati
da Dio per essere la felicità delle nazioni o i loro
martiri […]. Perdono tutti. Prego affinché anche
voi tutti possiate perdonare me e desidero che il mio sangue
che sta per essere qui versato possa servire al bene del paese.
Evviva il Messico, evviva l’indipendenza”. |
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SANTO STEFAN CEL MARE (STEFANO IL GRANDE)
voivoda di Moldavia
A metà del XIV secolo, sotto il governo
di Stefan cel Mare (Stefano il Grande), la Moldavia raggiunse
il periodo
del suo massimo splendore.
Figlio del Voivoda di Moldavia Bogdan II Musat e di Maria-Malina
Oltea, fu celebre come strenuo difensore della cristianità
nella lotta contro l’avanzata ottomana, ma al tempo
stesso esempio di dialogo con il cristianesimo occidentale
e con lo stesso islam. Con l’aiuto del principe di Valacchia
Vlad III Tepes detto l’“impalatore”, conosciuto
in occidente con il soprannome di Dracula, Stefano poté
assicurarsi il trono di moldavo ed essere incoronato tra il
12 ed il 14 aprile 1457. Minacciato dai potenti paesi vicini,
respinse gli invasori ungheresi nel 1467 ed invase la Valacchia
nel 1471, per liberarla dal vassallaggio Ottomano. Quando
il sultano ottomano Maometto II attaccò la Moldavia,
Stefano sconfisse gli invasori nei pressi di Vaslui nel 1475
ed a Valea Alba l’anno successivo.
Il 25 gennaio 1475 Stefano il Grande si rivolse ai sovrani
cristiani d’Europa per ribadire l’importanza del
ruolo svolto dal suo paese nella difesa dell’intero
continente: “Il nostro paese è la porta della
cristianità finora difesa, con l’aiuto del Signore,
ma se questa porta sarà persa, che Dio ci guardi, tutta
la Cristianità sarà in grande pericolo”. |
Cercò invano l’aiuto dalle potenze europee contro
l’Impero Ottomano, ma la sua determinazione nel “tagliare
il braccio destro ai pagani” gli valse gli appellativi
di “Atleta di Cristo” e “Difensore della
Cristianità” da parte del papa Sisto IV (1471-1484),
con il quale intrattenne un intenso rapporto epistolare. Dopo
il 1484 Stefano dovette contrastare non solo la minaccia Ottomana,
ma anche i progetti polacchi ed ungheresi di spartizione della
Moldavia, finchè nel 1503 concluse un accordo di pace
con il sultano Beyazid II, che ne garantì l’indipendenza,
in cambio di un tributo annuale. Benché attraversato
da numerose traversie, il lungo regno di Stefano il Grande
fu nondimeno caratterizzato da un fiorente sviluppo artistico
e culturale: non meno di 44 chiese e monasteri vennero eretti
su sua iniziativa in ricordo di ciascuna battaglia vinta ed
alcuni di essi sono tuttora patrimonio dell’UNESCO.
Stefan morì il 2 luglio 1504 e fu sepolto nel Monastero
di Putna, da lui fondato nel 1469 in Bucovina, regione settentrionale
della Romania ai confini con l’Ucraina. Gli successe
sul trono moldavo suo figlio suo figlio Petru Rares.
E’ venerato come “santo” dalla Chiesa Ortodossa
Rumena, il cui Santo Sinodo lo ha canonizzato il 20 giugno
1992 fissandone la ricorrenza liturgica al 2 luglio.
Stefan cel Mare, contemporaneo di Cristoforo Colombo, Leonardo
da Vinci e Michelangelo, è attualmente considerato
eroe nazionale sia dalla Romania, perché a lui si deve
anche l’indipendenza della regione di Bucarest detta
Valacchia o Tara Romanesca, che dalla Repubblica Moldova.
Quest’ultima ha posto la sua effige anche sulle banconote.
Il sommo pontefice Giovanni Paolo II Magno, durante il suo
viaggio apostolico in Romania, il 7 maggio 1999 appena atterrato
all’aeroporto di Bucarest affermò nel suo discorso:
“Il seme del Vangelo, caduto in suolo fertile, ha prodotto
nell’arco di questi due millenni numerosi frutti di
santità e di martirio. Penso […] al santo re
Stefano, “un vero atleta della fede cristiana”,
come lo definì il Papa Sisto IV”, riconoscendone
così anch’egli la santità, similmente
a come avvenuto per altri santi ortodossi inseriti nei mosaici
della cappella Redemptoris Mater in Vaticano.
Il 30 settembre 2004, nel contesto dei festeggiamenti per
il cinquecentesimo anniversario della sua morte, fu innaugurata
alla presenza di Sua Eminenza il Cardinale Angelo Sodano,
Segretario di Stato di Sua Santità, e di Sua Eccellenza
Ion Iliescu, Presidente della Romania, una mostra a lui dedicata
presso il Salone Sistino dei Musei Vaticani, intitolata “Stefano
il Grande - Ponte tra Oriente e Occidente”. Tale mostra
offrì l’opportunità di ammirare una scelta
di capolavori, normalmente conservati nei monasteri eretti
per iniziativa del santo sovrano, tra i quali il velo funerario
della Principessa Maria di Mangop sua seconda moglie, raffinatissima
opera di ascendenza bizantina, unica nel suo genere nel sud-est
europeo. |
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SANTI MIRIAN III E NANA re della Georgia
Mirian III e Nana, sposi, sovrani della Giorgia nel IV secolo,
si convertirono al cristianesimo e collaborarono con Santa
Nino, l’Apostola della Georgia.
Sono venerati come “Isapostoli”,
cioè “Uguali agli Apostoli”. |
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SANTA EDVIGE D’ANGIO’ regina
di Polonia
Con
lei si aprì il “secolo d’oro” della
storia cristiana della Polonia, cioè il XIV secolo.
Fonti storiche risalenti a quel tempo permettono di delinearne
un profilo alquanto dettagliato e di ammirare al meglio la
sua personalità e la sua spiritualità. Edvige
è presentata solitamente nell’atto di “regnare
servendo”, comportamento che ne fa immediatamente risaltare
la sua maturità cristiana, fondata su una vita impregnata
di fede e di carità.
Nei suoi confronti è riscontrabile inoltre un’ininterrotta
ammirazione da parte del popolo polacco, accompagnata ad un
vero e proprio culto ancora vivo oggi a distanza di secoli.
In Edvige vi era un intreccio di doti e virtù, religiosità
e devozione, e tutto ciò contribuiva ad irradiare santità
in ogni sua attività quotidiana. Dalla sua profonda
ascesi cristiana, scaturì un giusto autocontrollo volto
a dominare il suo carattere forte e vivace.
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Nata a Buda nel 1374, dalla stirpe capetingia degli Angioini
a quel tempo regnati sull’Ungheria, dovette appena maggiorenne
annullare gli “sponsalia de futuro” stipulati
dai suoi genitori quando lei aveva solo quattro anni, com’era
tipica prassi medievale, per combinare un matrimonio con Guglielmo
d’Asburgo.
Il 18 febbraio 1386 sposò invece il granduca lituano
Jagello, che promise di ricevere il battesimo insieme con
tutta la sua nazione, ultimo baluardo pagano in Europa, nonché
l’unificazione alla Polonia. Pare che Edvige sia giunta
a prendere una decisione così importante per la sua
vita a seguito di un lungo travaglio interiore, intense preghiere
dinnanzi al Crocifisso di Wawel e parecchie consultazioni
con vescovi e nobili polacchi.
Questo matrimonio cambiò la storia europea, trasferendo
la frontiera della civiltà occidentale sino ai confini
orientali del neonato regno polacco-lituano e ponendo nella
schiera dei protagonisti dell’evangelizzazione del vecchio
continente. Ciò le avrebbe sicuramente meritato da
parte delle Chiese orientali il titolo di “Isapostola”,
come le sante Maria Maddalena, Olga di Kiev, Elena madre di
Costantino il Grande e Nino di Georgia. Per noi cattolici
può essere invece considerata come la regina di Brigida
di Svezia “patrona d’Europa”, come ha osservato
il papa nell’omelia in occasione della canonizzazione.
Aperta la strada alla cristianizzazione della Lituania, si
rese necessario fornire un’adeguata formazione religiosa.
A tal scopo Edvige decise di fondare a Praga un collegio per
i futuri sacerdoti lituani. Nel documento protocollare dell’atto
di fondazione, lei stessa spigò come tale fondazione
fu preceduta da lunghe consultazioni ed intense preghiere.
Ritenendo che anche l’Università di Cracovia
dovesse collaborare all’opera di evangelizzazione, l’11
gennaio 1397 con il consenso del papa Bonifacio IX fondò
la prima Facoltà Teologica polacca. La regina ebbe
così a cuore questa sua opera tanto da lasciarvi in
testamento le sue gemme ed altri beni personali per anche
dopo la sua morte avesse potuto crescere e funzionare al meglio.
Queste operazioni, apparentemente pure espressioni di mecenatismo,
furono in realtà il frutto della sua fede matura e
lungimirante.
Sin dalla sua infanzia Edvige era stata a leggere abitualmente
la Sacra Scrittura, il Salterio, le Omelie dei Padri della
Chiesa, le meditazioni e le orazioni di San Bernardo, i Sermoni
e le Passioni dei Santi ed altre opere religiose classiche.
Alcune di esse vennero tradotte su sua iniziativa in lingua
polacca e fece redigere un salterio in tre versioni linguistiche,
denominato “Salterio Floriano”, oggi custodito
nella Biblioteca Nazionale di Varsavia.
Giovanni Štìkna, Stanislao di Scarbimiria ed Enrico
di Bitterfeld, guide spirituali di grande pregio, furono messi
a disposizione degli ecclesiastici, dei cortigiani e degli
uomini di cultura, assicurando loro in tal modo non solo una
formazione culturale.
Edvige esigeva infatti dal clero un alto livello sia spirituale
e che culturale.
In quei tempi, in cui vi fu un amalgamazione di varie credenze,
dottrine e prassi, spesso provenienti dal mondo pagano, Edvige
si rivelò sempre fedele alla tradizione ed in profonda
comunione con la Sede Apostolica. Al tempo stesso si dimostrò
tollerante nei confronti delle altre confessioni cristiane
e delle altre religioni. In tale direzione va citato l’esempio
della fondazione della chiesa e del convento dei Benedettini
slavi a Cracovia, che avrebbero dovuto recarsi nella Rus’Rossa
per celebrare la liturgia nel rito slavo, per giungere pacificamente
ad un riavvicinamento fra i differenti culti. In qualità
di sovrana cristiana, seppe testimoniare la sua fede con irrepetibile
sensibilità; per esempio, per ravviare il culto nella
cattedrale di Cracovia, fondò nel 1393 il “Collegio
dei 16 Salmisti”, perché giorno e notte potesse
risuonarvi la gloria di Dio.
In occasione del Giubileo dell’Anno Santo 1390, desiderando
poter avvicinare tutti i suoi sudditi, polacchi, lituani e
ruteni, ai frutti spirituali della Chiesa, ma ben conscia
degli enormi disagi di natura politica e sociale ai quali
sarebbero stati esposti in pellegrinaggio per Roma, chiese
ed ottenne dal papa Bonifacio IX la grazia di poterlo celebrare
nel proprio paese.
Incoronata “Regina della Polonia”, con il passare
del tempo prese parte sempre più attivamente agli affari
pubblici dello suo stato, rivelando sempre più la sua
prudenza e saggezza politica. Dal 1389 si trovò ripetutamente
a dover fare da mediatrice nei rapporti conflittuali fra la
Polonia e l’Ordine teutonico, nonché in varie
rivalità familiari.
Consapevole dell’immane pericolo che i Turchi costituivano
per l’Europa cristiana, Edvige tentò di dissuadere
l’ambizioso duca lituano Vitoldo dal disperdere le forze
dell’esercito polacco-lituano in un’inutile spedizione
bellica contro i Tartari.
Ma gli affari dello stato non le impedivano di soccorrere
i suoi sudditi nei loro bisogni quotidiani. Ciò è
testimoniato anche dai registri dei conti reali. In Edvige
è sicuramente da sottolineare l’acuto senso,
non solamente di giustizia, ma di rispetto per ciascun essere
umano. Un episodio in particolare dimostra inequivocabilmente
la fermezza che la contraddistinse sempre nel difendere i
deboli e gli oppressi. Nel 1386, avendo appreso che gli abitanti
di un villaggio erano stati privati dei loro beni da parte
dei cavalieri reali, ordinò che fossero risarciti non
solo i danni materiali, ma, preoccupata della ferita provocata
alla loro dignità umana, affermò con dolore:
“Se pure abbiamo restituito il bestiame ai coloni, chi
restituirà loro le lacrime?”. Questa domanda,
tramandataci dai cronisti del tempo, pone in rilievo il suo
“genio del cuore”, al punto che Konrad Górski,
storico della spiritualità polacca, l’ha definita
“l’espressione più profonda della cultura
cristiana”.
Solita contemplare l’immagine del Crocifisso Nero di
Wawel, la santa regina attingeva amore e forza per regnare
servendo, lo slancio missionario, l’umiltà di
cuore, l’altruismo e la pace nel soffrire e nell’agire.
Diverse fonti ricordano come fosse solita assistere alla Messa
nei giorni feriali, anche durante i suoi viaggi.
La croce l’accompagnò sempre nel suo pellegrinaggio
terreno, anche nelle circostanze più difficili: la
morte prematura del padre, il distacco dalla casa paterna
a Buda, l’incoronazione a Regina all’età
di dieci anni in un regno a lei ignoto, la rassegnazione circa
i falliti progetti matrimoniali dell’infanzia, la tragica
morte della madre nel 1387 e dell’ultima sorella nel
1395, le calunnie diffuse nei suoi riguardi nelle corti europee,
il tentativo di creare discordia fra lei e suo marito Ladislao
Jagello più anziano di lei. Ma in tutte le numerose
e complesse difficoltà politiche e umane in cui venne
a trovardi, Edvige seppe sempre prodigarsi con tutto l’amore
possibile.
Una di queste fu rappresentata dalla lunga attesa dell’erede
al trono. Nel Medioevo, infatti, la sterilità della
donna era considerata un segno del castigo divino: Edvige
dunque ne soffriva, tanto più che sperava di rafforzare
l’unione polacco-lituana e di proseguire l’opera
di cristianizzazione con la nascita di un figlio. La sofferenza
fu interrotta solo per breve tempo dalla lieta novella della
gravidanza. All’approssimarsi del parto Jagello era
solito raccomandarle di addobbare sontuosamente la stanza
del nascituro.
Grazie al noto cronista polacco Jan Dlugosz conosciamo lo
stato d’animo della regina in questo periodo, tramite
la sua risposta al re: “Da lungo tempo ho allontanato
da me il fasto del secolo e non lo voglio seguire in prossimità
della morte, che, abbastanza spesso, il parto è solito
causare, ma piuttosto voglio piacere a Dio, il quale mi ha
donato la fecondità, tolto l’obbrobrio della
sterilità, non per lo splendore dell’oro e delle
gemme, ma nella mansuetudine dell’umiltà”.
Purtroppo ebbe modo di gioire assai poco della sua maternità
fisica, perché la neonata erede al trono Elisabetta
Bonifacia morì in breve tempo. A distanza di quattro
giorni, il 17 luglio 1399, si spense anche Edvige, alla giovanissima
età di 25 anni e 5 mesi. Premurosa della sorte del
coniuge, preoccupata per la solidità dello stato e
per la continuità della dinastia Jagellonica, prima
di morire consigliò al marito di sposare Anna di Cilli,
figlia del Guglielmo e nipote del re San Casimiro il Grande.
Giovanni Paolo II l’ha proclamata “santa”
l’8 giugno 1997 a Kraków, in Polonia. |
SANTI
DAVID E COSTANTINO, principi georgiani, martiri
|
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I santi fratelli georgiani David e Costantino, Principi d'Argweth,
oltre che valorosi e coraggiosi condottieri militari seppero
dimostrarsi convinti cristiani, che si impegnarono nella difesa
della Georgia e conseguentemente dell’Europa intera
dagli attacchi dei mussulmani. Il comandante arabo, nonché
futuro califfo, Marwan-Abdullah Kasim li fece prigionieri
tra gli anni 731 e 734 e tentò con false promesse di
convincerli alla conversione all’Islam. |
|
I due fratelli
perseverarono però nel levarsi in piedi per professare
la loro fede in Cristo. Allora Murvan Kru (“kru”
significa “sordo”) tentò di servirsi dell’aiuto
di alcuni stregoni ed ipnotizzatori per ottenere la loro conversione,
ma con la preghiera i santi principi David e Costantino vinsero
anche queste astuzie pagane. Considerando la loro ostinata
risoluzione, ai mussulmani non restò che procedere
alla tortura dei due e ad affogarli nel fiume Rioni. Consumatosi
così il loro martirio, i due corpi santi, illuminati
da tre colonne di luce forse simboleggianti la Santissima
Trinità, furono trasportati dalla corrente d’acqua
per un certo tragitto. Alcuni fedeli riuscirono però
finalmente a recuperarli e riporli al sicuro in una caverna
del monte Tskhaltsiteli, nei pressi della città di
Kutaisi. Ivi riposarono sino al dodicesimo secolo, quando
ebbe a ripetersi il miracolo dei bagliori di luce ed il re
georgiano Bagrat il Grande (1072-1117) le rinvenne durante
una battuta di caccia. Il sovrano pensò allora di erigere
una chiesa in onore dei due martiri fondando il monastero
Motsameti. In questo luogo si verificarono molti miracoli
che vennero dunque attribuiti alla presenza delle reliquie
dei due santi. David e Costantino sono citati tra l’altro
nella lista dei martiri a cui fece riferimento il panegirista
di san Razden il Persiano. Sono festeggiati al 15 ottobre.
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BEATA BIANCA D'ARAGONA
Regina, fece parte dell’Ordine Mercederio,
è festeggiata il 12 novembre.
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BEATA BEATRICE DI CASTIGLIA
Regina, fece parte dell’Ordine Mercederio,
è festeggiata il 25 settembre.
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BEATA BEATRICE DE SUABIA
Regina, fece parte dell’Ordine
Mercederio, è festeggiata il 5 novembre. |
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BEATA BERTA
Regina dei Franchi e moglie di Pipino "il breve",
madre di Carlo Magno, morta nel 783, detta "Berta la
Pia", patrona delle filatrici.
E’ festeggiata il
24 marzo.
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BEATO AUGUSTO CZARTORYSKI principe e salesiano
Il principe polacco Augusto Czartoryski nacque a Parigi da
genitori polacchi il 2 agosto 1858. La famiglia si era stabilita
in Francia quando, dopo lo rivoluzione del 1830 e lo confisca
dei beni, era stata posta al bando dalla Russia.
Nel 1886
entrò nella Congregazione Salesiana, dove fu ordinato
sacerdote.
Si ammalò presto e trovò nella nuova
condizione il motivo e il metodo per salire le vette della
perfezione. Morì in fama di santità a soli 34
anni 1’8 aprile 1893, sabato dell’Ottava di Pasqua.
E’ stato beatificato da papa Giovanni Paolo II, suo
connazionale, in San Pietro il 25 aprile 2004
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