Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

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ASPETTI DI SIMBOLOGIA NELLE NATIVITA' DI PIETRO IVALDI

 


Pietro Ivaldi (1810-1885) nella rappresentazione della nascita di Cristo ha inteso trasmettere, insieme allo stupore gioioso del creato, il messaggio profondo del disegno salvifico, attraverso i segni, i gesti, i richiami che compongono il quadro d’insieme, e lo rendono strumento di catechesi.

La vena narrativa dell’Ivaldi, artista particolarmente attento all’aspetto espressivo e gestuale, per via della sofferta esperienza personale (1), si caratterizza innanzitutto sul piano della capacità comunicativa, per l’efficacia di una descrizione essenziale, senza ricercatezze e particolarità, dai toni caldi e spenti, desunti dalla quotidianità dell’ambiente contadino del tempo, che abitava quei borghi; ci si presenta, in forma discorsiva e diretta, una scena densa di elementi ordinari, come gli abiti, il paesaggio, il concitato approssimarsi dei pastori.

Ma insieme al quotidiano, l’artista registra tramite dettagli e figurazioni, tutta la ricchezza del messaggio evangelico, perché i fedeli possano riconoscere, insieme all’evento narrato, il nucleo centrale del disegno salvifico.

   Adorazione dei pastori, Parrocchiale di N.S. della Pieve, Molare (Al)

 

Nell’Adorazione dei pastori della Parrocchiale di N.S. della Pieve, a Molare, vediamo il Bambino disteso a braccia aperte, che si volge ai pastori offerenti, e il suo corpo, inondato di luce, conduce il nostro sguardo all’agnello posto al di sotto di Lui, anch’esso inondato di luce: l’agnello rievoca il sacrificio rituale della Pasqua ebraica, e più direttamente l’Agnello, il Dio senza macchia, giacente nella mangiatoia. E sembra guardare il Bambino, partecipando all’evento.

Il richiamo al sacrificio eucaristico è rafforzato inoltre dalla presenza di un altro agnello, posto sulle spalle di un pastore; tale correlazione, nella scena, sembra rispondere a un ordine compositivo attentamente studiato.

È rimarchevole come il pittore abbia voluto porre il Bambino tra due agnelli, raffigurati ai due estremi di un asse visivo, che comprende pure le mani giunte della donna accanto a Maria, e la mano del pastore più in alto, il quale indica l’Emanuele, e orienta il nostro sguardo su di Lui, e su tutti i gesti di profonda adorazione che compiono gli astanti, con umiltà, fino all’agnello riguardante.

Altro elemento simbolico che arricchisce la rappresentazione, sono le due bianche colombe sulle assi della tettoia. La Bibbia ci riporta molteplici episodi ad essa collegati; dalla colomba di Noè, alla colomba dello Spirito, nel Battesimo del Cristo.

Le colombe erano gli animali sacrificali dei poveri – si ricordi la Presentazione al tempio di Gesù – e divengono, sul piano iconografico, simbolo di purezza e di sacralità (2).

Si staglia più in basso, sul limitare della zona d’ombra, un elemento di carattere evocativo e simbologico; i rami di spine, accanto a due legni incrociati. È una croce, presagio della futura Passione (3), che condensa in sé non solo la memoria della vicenda terrena, vale a dire la condanna, passione e morte del Signore Gesù, ma attualizza, agli occhi dei fedeli, il legame tra la Nascita e la Croce nell’economia della salvezza. Incarnazione e Resurrezione come momenti centrali del ciclo cristologico, e del messaggio evangelico. Gli osservatori così contemplano, al di là del dato narrativo, il mistero stesso della misericordia divina: “...ci è stato dato un Figlio” (Is 9,5).

Adorazione Magi, Parrocchia di Ovada


La presenza di questo dettaglio emblematico, di forte valenza simbolica, caratterizza pure la Natività del Santuario di N.S. della Pieve, a Ponzone, come pure l’Epifania nella Parrocchiale di N.S. Assunta, a Trisobbio, in cui il richiamo alla Croce è reso ancor più evidente dalla posizione in primo piano degli assi di legno, accompagnati da rami di spine: in questa raffigurazione, è esemplificato un “proscenio di nuda terra e rocce, da cui spuntano foglie di vite, simbolo eucaristico, e spine, che alludono alla Passione” (4).

Il pittore ha voluto coniugare, accostandoli, i due momenti della storia salvifica, per trasmettere in tutta la sua completezza il disegno divino, e guidare i fedeli a una lettura spirituale.

La vena artistica dell’Ivaldi, dunque, si rivela di grande spessore sia sul piano dei contenuti, che per il linguaggio puntuale e rigoroso, carico di messaggi, in grado di coinvolgere, suscitando un’adesione profonda e non meramente emotiva e sentimentale.

 Natività, Santuario di N.S. della Pieve,
Ponzone (Al)

 Epifania, Parrocchiale di N.S. dell’Assunta,
Trisobbio (Al)

Il dettaglio significativo dei legni in forma di croce, così disposti e descritti in prossimità della mangiatoia, si riscontra in un’opera d’arte del 1750 presente a Roma, nella Chiesa di S. Maria dell’Orazione e Morte (5) intitolata “Riposo durante la Fuga in Egitto con prefigurazione della Passione di Cristo” di Lorenzo Masucci († 1785).

La tela si colloca nel periodo tardo barocco, e riflette motivi e tendenze connessi alle indicazioni tridentine, evolute nella direzione di un’enfasi celebrativa da una parte, e dall’altra nell’ideazione di un linguaggio che, pur utilizzando motivi già presenti nella tradizione figurativa, assume forme nuove, funzionali agli intenti catechetici, previsti nei trattati sulle immagini sacre.

Nel dipinto romano compare dunque il medesimo dettaglio, precedentemente analizzato, allusivo alla Passione, e giustapposto al Bambino Gesù con l’intento di richiamare visivamente il binomio nascita-morte ovvero Incarnazione-Resurrezione, il nucleo teologico del messaggio evangelico, che il fedele rivive attraverso le letture liturgiche e l’Eucaristia.

È plausibile l’ipotesi che l’Ivaldi abbia osservato l’opera del Masucci durante il soggiorno romano; il pittore avrà di certo visitato e ammirato le chiese più caratteristiche della città, traendone ispirazione, spunti e suggestioni.

 

E i suoi affreschi, nel Monferrato, riecheggiano un’impostazione dai tratti classicheggianti, che tuttavia perpetuano, fedelmente, elementi compositivi, sul piano narrativo e simbologico, delle Natività dei maestri del Rinascimento più maturo, attivi a Firenze e a Roma, nelle cui opere campeggiano con ricorrenza non casuale, una colonna, una palma, le assi incrociate sulla tettoia della capanna-ricovero.

Sono figurazioni cariche di significato, presenti anche nelle Natività sobrie ed essenziali dell’Ivaldi.


5.   Riposo durante la Fuga in Egitto
con prefigurazione della Passione di Cristo
(S.Maria dell’Orazione e Morte, Roma)

L’Adorazione dei pastori di Ercole Ramazzani,   Museo diocesano, Senigallia


L’Epifania di Stefano Erardi, San Giovanni, La Valletta, Malta


La tradizione (6), testimoniata dalle opere di grandi artisti, vedeva nella palma non solo un dettaglio d’ambiente, quanto piuttosto un richiamo a Giuseppe “il Giusto” sulla scorta delle parole del salmo “il giusto fiorirà come palma” (7), utilizzate dai predicatori e trattatisti (8).

La colonna – insieme alle rovine spesso descritte nelle Natività rinascimentali – costituiva originariamente una reminiscenza classicheggiante, allusione al paganesimo idolatra, superato e sconfitto dall’avvento del Cristianesimo (9), ma successivamente, in posizione centrale, o in prossimità di Maria, fa riferimento al motivo narrativo secondo cui la Nascita sarebbe avvenuta vicino a una colonna (10), e diviene un simbolo mariano acquisito largamente dagli artisti a partire dal ’500, come si vedrà in alcuni esempi; infine le assi incrociate, allusione alla Croce, coi suoi richiami al destino salvifico di Gesù.


la Pala Pesaro di Tiziano, S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia


l’Adorazione dei Magi del Veronese, Chiesa di Santa Corona, Vicenza


Per esemplificare la persistenza dei tre elementi suddetti, osserviamo nuovamente le raffigurazioni dell’Ivaldi, in cui questi ricorrono con lievi varianti, e di seguito consideriamo alcune opere d’arte del XVI e XVII sec. di varia provenienza, che evidenziano appunto la centralità dell’elemento architettonico della colonna, e insieme la presenza della palma, degli assi, della stessa Croce:

l’Adorazione dei pastori (11) di Ercole Ramazzani, l’Epifania (12) di Stefano Erardi, La Natividad (13) di El Greco, la Pala Pesaro (14) di Tiziano, l’incisione (16) di L. Surugue riproducente La Notte del Correggio, La Natività (17) di B. Biscaino.

L’arte si fece interprete di questi motivi simbologici, che Pietro Ivaldi, a distanza di tempo, ha voluto far rivivere, restituendoci, insieme al gusto di un’epoca, un’attitudine comunicativa, capace di coinvolgere lo sguardo orientandolo interiormente.

la Natividad di El Greco, Hospital de la Caridad, Illescas

Incisione di L. Surugue riproducente La Notte del Correggio

 

Incisione della Natività di B. Biscaino.

 



 

NOTE:

1) A seguito di un episodio nella fanciullezza, o addirittura dalla nascita, Pietro Ivaldi era muto: per questo venne soprannominato “Il Muto di Toleto”, sua città natale.

2) vd Z. Zuffetti, Gli animali del presepio: dall’Eden a Betlemme, Milano, Ancora, 2002.

3) vd O. Ferrari,  Sul tema del presagio della Passione, e su altri connessi, principalmente nell’età della “Riforma cattolica”, in “ Storia dell’Arte” 61, 1987, pp 201-224.

4) Il Monferrato nei Presepi del Muto, Pietro Maria Ivaldi (1810-1885), Edizione a cura della Pro-Loco di Acqui Terme, a cura di A.Vercellino, 2004.

5) La chiesa romana di S. Maria dell’Orazione e Morte, è sita in Via Giulia, un asse viario del centro storico; la chiesa peraltro si segnala per il suo singolare impianto architettonico barocco, di forma ovale, poi per le opere artistiche, nonché per le vestigia della pia pratica della Confraternita qui eretta, dedita alla sepoltura dei morti, come testimonia il cimitero sottostante.

6) Si v. le opere di Dürer (1471-1528) Tiziano (1480-1576), Garofalo (1481-1559), Correggio (1489-1534), Jacopo Da Ponte detto il Bassano (1510-1592), Paolo Veronese (1528-1588), Claudio Ridolfi (1579-1644), Rubens (1577-1640), Guercino (1591-1666),  Tiepolo (1696-1770).

7) Ps 91,13. 

8) L’espressione biblica fu utilizzata da san Francesco di Sales per istituire un parallelo tra le qualità della palma e del santo; vd A.Casati, Per l’iconografia di san Giuseppe: esempi tra Vigevano e Pavia, in “Viglevanum” XVII (2007) pp 40-47.


9) Nelle raffigurazioni della Fuga in Egitto, in particolar modo, figurano rovine e colonne spezzate, che simbolizzano gli idoli infranti dall’avvento del Cristianesimo. Vd C.Widmann, La simbologia del presepe, Roma, 2004, p. 178-9.


10) Nelle Meditationes, di anonimo trecentesco, si narra come Maria, giunto il momento del parto, “si alza e si appoggia a una trave” (cap.9); in particolare, sulla simbologia della colonna nelle Natività vd  M.C.Ruggieri Tricoli, L’Epifania del Fanciullo Divino ed i suoi archetipi architettonici nell’iconografia siciliana, in In Epiphania Domini. L’Adorazione dei magi nell’arte siciliana, a cura di M.C.Di Natale, V.Abbate, Palermo, 1992, pp 109-133.

11) opera di Ercole Ramazzani (1530-1598), è nel Museo Diocesano di Senigallia (An).

12) opera di Stefano Erardi (1630-1716), è nella Chiesa di San Giovanni a La Valletta, Malta.

13) opera di El Greco (1541-1614), è nell’Hospital de la Caridad, a Illescas, Spagna.

14) Chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia.

15) Chiesa di Santa Corona, Vicenza.

16) In Presepio. Immagini della Natività nelle incisioni dei secoli XVI-XIX, a cura di I.Olivieri e A.Vicini Mastrangeli, Biblioteca Casanatense, Roma 1987,   p. 172

17) In Presepio, op. cit., p. 55.

 

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