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ASPETTI DI SIMBOLOGIA NELLE NATIVITA' DI PIETRO IVALDI
Pietro Ivaldi (1810-1885) nella rappresentazione della nascita di Cristo ha inteso trasmettere, insieme allo
stupore gioioso del creato, il messaggio profondo del disegno salvifico, attraverso i segni, i gesti, i richiami
che compongono il quadro d’insieme, e lo rendono strumento di catechesi.
La vena narrativa dell’Ivaldi, artista particolarmente attento all’aspetto espressivo e gestuale, per via della
sofferta esperienza personale (1), si caratterizza innanzitutto sul piano della capacità comunicativa, per l’efficacia
di una descrizione essenziale, senza ricercatezze e particolarità, dai toni caldi e spenti, desunti dalla
quotidianità dell’ambiente contadino del tempo, che abitava quei borghi; ci si presenta, in forma discorsiva
e diretta, una scena densa di elementi ordinari, come gli abiti, il paesaggio, il concitato approssimarsi
dei pastori.
Ma insieme al quotidiano, l’artista registra tramite dettagli e figurazioni, tutta la ricchezza del messaggio
evangelico, perché i fedeli possano riconoscere, insieme all’evento narrato, il nucleo centrale del disegno
salvifico.
Adorazione dei pastori, Parrocchiale di N.S. della Pieve, Molare (Al)
Nell’Adorazione dei pastori della Parrocchiale di N.S. della Pieve, a Molare, vediamo il Bambino disteso
a braccia aperte, che si volge ai pastori offerenti, e il suo corpo, inondato di luce, conduce il nostro
sguardo all’agnello posto al di sotto di Lui, anch’esso inondato di luce: l’agnello rievoca il sacrificio rituale
della Pasqua ebraica, e più direttamente l’Agnello, il Dio senza macchia, giacente nella mangiatoia. E sembra
guardare il Bambino, partecipando all’evento.
Il richiamo al sacrificio eucaristico è rafforzato inoltre dalla presenza di un altro agnello, posto sulle spalle
di un pastore; tale correlazione, nella scena, sembra rispondere a un ordine compositivo attentamente studiato.
È rimarchevole come il pittore abbia voluto porre il Bambino tra due agnelli, raffigurati ai due
estremi di un asse visivo, che comprende pure le mani giunte della donna accanto a Maria, e la mano del
pastore più in alto, il quale indica l’Emanuele, e orienta il nostro sguardo su di Lui, e su tutti i gesti di profonda
adorazione che compiono gli astanti, con umiltà, fino all’agnello riguardante.
Altro elemento simbolico che arricchisce la rappresentazione, sono le due bianche colombe sulle assi
della tettoia.
La Bibbia ci riporta molteplici episodi ad essa collegati; dalla colomba di Noè, alla colomba dello Spirito, nel Battesimo del Cristo.
Le colombe erano gli animali
sacrificali dei poveri – si ricordi la Presentazione al tempio di
Gesù – e divengono, sul piano iconografico, simbolo di purezza e
di sacralità (2).
Si staglia più in basso, sul limitare della zona d’ombra, un elemento
di carattere evocativo e simbologico; i rami di spine, accanto a due
legni incrociati. È una croce, presagio della futura Passione (3), che
condensa in sé non solo la memoria della vicenda terrena, vale a dire
la condanna, passione e morte del Signore Gesù, ma attualizza, agli
occhi dei fedeli, il legame tra la Nascita e la Croce nell’economia
della salvezza. Incarnazione e Resurrezione come momenti centrali
del ciclo cristologico, e del messaggio evangelico. Gli osservatori
così contemplano, al di là del dato narrativo, il mistero stesso della
misericordia divina: “...ci è stato dato un Figlio” (Is 9,5).
Adorazione Magi, Parrocchia di Ovada
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La presenza di questo dettaglio emblematico, di forte valenza simbolica, caratterizza pure la Natività del
Santuario di N.S. della Pieve, a Ponzone, come pure l’Epifania nella Parrocchiale di N.S. Assunta, a Trisobbio,
in cui il richiamo alla Croce è reso ancor più evidente dalla posizione in primo piano degli assi di
legno, accompagnati da rami di spine: in questa raffigurazione, è esemplificato un “proscenio di nuda terra
e rocce, da cui spuntano foglie di vite, simbolo eucaristico, e spine, che alludono alla Passione” (4).
Il pittore ha voluto coniugare, accostandoli, i due momenti della storia salvifica, per trasmettere in tutta
la sua completezza il disegno divino, e guidare i fedeli a una lettura spirituale.
La vena artistica dell’Ivaldi, dunque, si rivela di grande spessore sia sul piano dei contenuti, che per il linguaggio
puntuale e rigoroso, carico di messaggi, in grado
di coinvolgere, suscitando un’adesione profonda
e non meramente emotiva e sentimentale.
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Natività, Santuario di N.S. della Pieve,
Ponzone (Al) |
Epifania, Parrocchiale di N.S. dell’Assunta,
Trisobbio (Al)
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Il dettaglio significativo dei legni in forma di croce, così disposti e descritti in prossimità della mangiatoia,
si riscontra in un’opera d’arte del 1750 presente a Roma, nella Chiesa di S. Maria dell’Orazione e
Morte (5) intitolata “Riposo durante la Fuga in Egitto con prefigurazione della Passione di Cristo” di Lorenzo
Masucci († 1785).
La tela si colloca nel periodo tardo barocco, e riflette motivi e tendenze connessi
alle indicazioni tridentine, evolute nella direzione di un’enfasi celebrativa da una parte, e dall’altra nell’ideazione
di un linguaggio che, pur utilizzando motivi già presenti nella tradizione figurativa, assume
forme nuove, funzionali agli intenti catechetici, previsti nei trattati sulle immagini sacre.
Nel dipinto romano compare dunque il medesimo dettaglio, precedentemente analizzato, allusivo alla
Passione, e giustapposto al Bambino Gesù con l’intento di richiamare visivamente il binomio nascita-morte
ovvero Incarnazione-Resurrezione, il nucleo teologico del messaggio evangelico, che il fedele rivive
attraverso le letture liturgiche e l’Eucaristia.
È plausibile l’ipotesi che l’Ivaldi abbia osservato l’opera del Masucci durante il soggiorno romano; il pittore
avrà di certo visitato e ammirato le chiese più caratteristiche della città, traendone ispirazione, spunti
e suggestioni.
E i suoi affreschi, nel Monferrato, riecheggiano un’impostazione dai tratti classicheggianti,
che tuttavia perpetuano, fedelmente, elementi compositivi, sul piano narrativo e simbologico, delle Natività
dei maestri del Rinascimento più maturo, attivi a Firenze e a Roma, nelle cui opere campeggiano
con ricorrenza non casuale, una colonna, una palma, le assi incrociate sulla tettoia della capanna-ricovero.
Sono figurazioni cariche di significato, presenti anche nelle Natività sobrie ed essenziali dell’Ivaldi.
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5. Riposo durante la Fuga in Egitto
con prefigurazione della Passione di Cristo
(S.Maria dell’Orazione e Morte, Roma)
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L’Adorazione dei pastori di Ercole
Ramazzani, Museo diocesano, Senigallia
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L’Epifania di Stefano Erardi, San Giovanni, La Valletta, Malta
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La tradizione (6), testimoniata dalle opere di grandi artisti, vedeva nella palma non solo un dettaglio d’ambiente,
quanto piuttosto un richiamo a Giuseppe “il Giusto” sulla scorta delle parole del salmo “il giusto
fiorirà come palma” (7), utilizzate dai predicatori e trattatisti (8).
La colonna – insieme alle rovine spesso descritte nelle Natività rinascimentali – costituiva originariamente una reminiscenza classicheggiante, allusione
al paganesimo idolatra, superato e sconfitto dall’avvento del Cristianesimo (9), ma successivamente,
in posizione centrale, o in prossimità di Maria, fa riferimento al motivo narrativo secondo cui la Nascita
sarebbe avvenuta vicino a una colonna (10), e diviene un simbolo mariano acquisito largamente dagli artisti
a partire dal ’500, come si vedrà in alcuni esempi; infine le assi incrociate, allusione alla Croce, coi suoi
richiami al destino salvifico di Gesù.
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la Pala Pesaro di Tiziano, S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia
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l’Adorazione dei Magi del Veronese, Chiesa di Santa Corona, Vicenza
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Per esemplificare la persistenza dei tre elementi suddetti, osserviamo nuovamente le raffigurazioni dell’Ivaldi,
in cui questi ricorrono con lievi varianti, e di seguito consideriamo alcune opere d’arte del XVI
e XVII sec. di varia provenienza, che evidenziano appunto la centralità dell’elemento architettonico della
colonna, e insieme la presenza della palma, degli assi, della stessa Croce:
l’Adorazione dei pastori (11) di Ercole
Ramazzani, l’Epifania (12) di Stefano Erardi, La Natividad (13) di El Greco, la Pala Pesaro (14) di Tiziano,
l’incisione (16) di L. Surugue riproducente La Notte del Correggio,
La Natività (17) di B. Biscaino.
L’arte si fece interprete di questi motivi simbologici, che Pietro Ivaldi, a distanza di tempo, ha voluto far
rivivere, restituendoci, insieme al gusto di un’epoca, un’attitudine comunicativa, capace di coinvolgere lo
sguardo orientandolo interiormente.
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la Natividad di El Greco, Hospital de la Caridad, Illescas
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Incisione di L. Surugue riproducente La Notte del Correggio
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Incisione della Natività di B. Biscaino.
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NOTE:
1) A seguito di un episodio nella fanciullezza, o addirittura dalla nascita, Pietro Ivaldi era muto: per questo venne soprannominato “Il Muto di Toleto”, sua città natale.
2) vd Z. Zuffetti, Gli animali del presepio: dall’Eden a Betlemme, Milano, Ancora, 2002.
3) vd O. Ferrari, Sul tema del presagio della Passione, e su altri connessi, principalmente nell’età della “Riforma cattolica”, in “ Storia dell’Arte” 61, 1987, pp 201-224.
4) Il Monferrato nei Presepi del Muto, Pietro Maria Ivaldi (1810-1885), Edizione a cura della Pro-Loco di Acqui Terme, a cura di A.Vercellino, 2004.
5) La chiesa romana di S. Maria dell’Orazione e Morte, è sita in Via Giulia, un asse viario del centro storico; la chiesa peraltro si segnala per il suo singolare impianto architettonico barocco, di forma ovale, poi per le opere artistiche, nonché per le vestigia della pia pratica della Confraternita qui eretta, dedita alla sepoltura dei morti, come testimonia il cimitero sottostante.
6) Si v. le opere di Dürer (1471-1528) Tiziano (1480-1576), Garofalo (1481-1559), Correggio (1489-1534), Jacopo Da Ponte detto il Bassano (1510-1592), Paolo Veronese (1528-1588), Claudio Ridolfi (1579-1644), Rubens (1577-1640), Guercino (1591-1666), Tiepolo (1696-1770).
7)
Ps 91,13.
8)
L’espressione biblica fu utilizzata da san Francesco di Sales per istituire un parallelo tra le qualità della palma e del santo; vd A.Casati, Per l’iconografia di san Giuseppe: esempi tra Vigevano e Pavia, in “Viglevanum” XVII (2007) pp 40-47.
9) Nelle raffigurazioni della Fuga in Egitto, in particolar modo, figurano rovine e colonne spezzate, che simbolizzano gli idoli infranti dall’avvento del Cristianesimo. Vd C.Widmann, La simbologia del presepe, Roma, 2004, p. 178-9.
10) Nelle Meditationes, di anonimo trecentesco, si narra come Maria, giunto il momento del parto, “si alza e si appoggia a una trave” (cap.9); in particolare, sulla simbologia della colonna nelle Natività vd M.C.Ruggieri Tricoli, L’Epifania del Fanciullo Divino ed i suoi archetipi architettonici nell’iconografia siciliana, in In Epiphania Domini. L’Adorazione dei magi nell’arte siciliana, a cura di M.C.Di Natale, V.Abbate, Palermo, 1992, pp 109-133.
11)
opera di Ercole Ramazzani (1530-1598), è nel Museo Diocesano di Senigallia (An).
12)
opera di Stefano Erardi (1630-1716), è nella Chiesa di San Giovanni a La Valletta, Malta.
13)
opera di El Greco (1541-1614), è nell’Hospital de la Caridad, a Illescas, Spagna.
14)
Chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia.
15) Chiesa di Santa Corona, Vicenza.
16) In Presepio. Immagini della Natività nelle incisioni dei secoli XVI-XIX, a cura di I.Olivieri e A.Vicini Mastrangeli, Biblioteca Casanatense, Roma 1987, p. 172
17) In Presepio, op. cit., p. 55.
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Della stessa Autrice:
* La Prof.ssa Stefania Colafranceschi è membro dell' A.I.C.I.S
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