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PATROCINIO, INTERCESSIONE, GLORIA DI SAN
GIUSEPPE ATTRAVERSO L’ICONOGRAFIA
DEVOZIONALE IN ITALIA
X SIMPOSIO INTERNAZIONALE SU SAN GIUSEPPE - KALISZ (POLONIA)
(27/9-4/10 2009)
La domanda di patrocinio celeste (1), espressa a titolo individuale o come appartenenti a una particolare categoria, ha avuto in Italia molteplici attestazioni figurative; la loro testimonianza ha valore non solo sul piano devozionale, ma anche per la conoscenza delle condizioni storiche che vi si rispecchiano.
È l'epidemia della peste, il terremoto, la povertà, il male, che insidia l'opera di Dio e le sue creature; ed è anche il passaggio estremo − la morte −, ad aver avuto in san Giuseppe un patrono importante e universalmente riconosciuto, ma in particolare è l'attività artigianale dei falegnami, e delle categorie artigianali, per estensione, ad aver favorito l'affermazione e la diffusione del culto e del patrocinio.
La Chiesa lo ha eletto Patrono Universale, come vedremo riecheggiato dalla pubblicistica e dalle opere d'arte; patrono dei lavoratori, dei bambini, dei comunicandi, e ancora, in tempi a noi più vicini, patrono degli emigranti, per via dell'episodio evangelico della Fuga in Egitto, come ha ricordato il pontefice Benedetto XVI (2), e vediamo testimoniato nelle immagini devozionali.
Gli Ordini monastici e secolari, che a lui si richiamano, ne hanno celebrato le insigni virtù, non solo mediante gli scritti di carattere teologico e dottrinale, ma anche attraverso un'opera diffusa di committenza artistica, che oggi ci permette di comprendere la portata di una figura che ebbe, specie nel periodo del Sei e Settecento, l'onore di rappresentazioni volte ad esaltarne il ruolo di testimone e intercessore, accanto a Maria e tutti i santi, prossimo al Signore, nella luce del Padre che lo inonda con la sua Gloria, nelle volte absidali delle chiese qui ricordate.
Questo contributo è rappresentativo di alcuni temi e motivi iconografici (3), in cui il patrocinio ha trovato espressione, nell'evoluzione storica del culto e delle devozioni; il percorso è accompagnato da un inquadramento delle raffigurazioni, per individuarne le caratteristiche e i motivi ispiratori.
È una scelta di esemplari, per sviluppare il tema del patrocinio attraverso testimonianze del patrimonio storico-artistico, nell'intento di coglierne gli aspetti e il messaggio profondo, fonte di un arricchimento spirituale che rivela, al di là del tempo, tutto il suo valore.
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PATROCINIO |
Le istanze di una religiosità vicina alla sfera del vissuto avevano suscitato fin dal medioevo, grazie alla spiritualità francescana soprattutto, esperienze aggregative che si affidavano al patrocinio di Maria e dei santi.
Le Compagnie di Arti e Mestieri si posero sotto il patrocinio di un santo eletto per affinità di mestiere, o per le sue specifiche prerogative e attributi; i falegnami elessero san Giuseppe quale patrono, richiamato da una varietà di documenti, testimonianze, oggetti di culto e devozione.
L'insegna dell'Arte dei Falegnami della Confraternita di Todi (4), ad esempio, presenta gli strumenti di lavoro (fig. 1); nel caso del medaglione confraternale di Fermo (5) si tratta di un emblema identificativo del santo patrono (fig. 2).
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1. Insegna dell'Arte dei Falegnami, sec. XVII,
Confraternita di San Giuseppe, Todi.
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2. Medaglione di vice priore, sec. XIX,
Confraternita di San Giuseppe, Fermo.
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In età moderna, sulla scia di nuove istanze e di una diversa mentalità, dagli aspetti imprenditoriali, il bisogno di un patrono celeste non venne meno, assumendo tuttavia forme più adeguate e attualizzate, le cui espressioni figurative esprimono, attraverso il linguaggio del tempo, le mutate condizioni storiche, pur nella continuità dei caratteri specifici del patrocinio.
I falegnami, rappresentativi della categoria che universalmente a lui si affidava, organizzati in Confraternite, gli intitolarono altari, cappelle, oratori, chiese; di questo prezioso e ricco patrimonio si vogliono qui presentare alcuni materiali.
Nell'Oratorio della Confraternita di S. Giuseppe a Lucca (6) si conserva una pregevole pala d'altare, in cui figurano i santi Paolo, Giuseppe e Girolamo, realizzata da L. Zacchia negli ultimi anni del Cinquecento; il santo Patrono vi è raffigurato con un libro in mano di colore rosso fiammante, allusione al sangue di Cristo, alla sua Incarnazione, mentre con l'altra mano indica il Cielo per richiamare il disegno divino, di cui
anch'egli è strumento; la doppia natura umana e divina del Cristo, viene così richiamata alla memoria, mentre la presenza della colomba discendente diagonalmente verso di lui, ricorda l'episodio dei vangeli apocrifi, di un segno prodigioso che indicò il volere divino ai sacerdoti del Tempio, al momento di eleggere lo sposo di Maria (fig. 3).
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3. Pala d'altare, sec. XVII, Oratorio della Confraternita di San Giuseppe, Lucca.
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4. Stendardo processionale, 1920 ca., Gandino.
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Un'incisione del XVIII sec. della Ven. Arciconfraternita dei Falegnami di Roma (7), ripropone l'iconografia del Falegname al lavoro, con una forte connotazione simbologica, dovuta alla croce in mano a Gesù ragazzo, e all'altra croce, visivamente percepibile per effetto dei due assi perpendicolari, posti sopra e accanto al tavolo.
L'importanza catechetica delle immagini, sancita nei decreti del Concilio di Trento, determinò una accentuazione, nell'arte sacra, dei motivi iconografici connessi alla Passione di Cristo, quali appunto la Croce e gli strumenti del supplizio.
Al centro della scena campeggia la colomba, che allude alla Spirito, e lateralmente, i due colombi vogliono richiamare la purezza e la sacralità delle figure.
Segue un'altra testimonianza di vita confraternale, lo stendardo processionale di accurata fattura pervenuto al Museo della Basilica di Gandino; apparteneva, come si legge sul retro, alla Congregatio filiarum S. Iosephi, indice di una realtà associativa a cui prendeva parte un ramo femminile (8) (fig. 4).
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Legate ad un altro tipo di patrocinio, particolarmente sentito per le drammatiche vicissitudini storiche, sono due opere artistiche delle Marche.
Gli anni 1630-1635 furono segnati dalla diffusione in Europa del morbo della peste, che causò anche in Italia migliaia di vittime, e richiese luoghi di cura e di isolamento per i malati.
A San Giorgio di Pesaro si conserva un dipinto (9) del XVIII sec. proveniente dall'Ospedale di Poggio, in cui san Giuseppe ha un ruolo preminente, ed è raffigurato insieme a s. Sebastiano e s. Rocco, popolari a quel tempo come protettori contro la peste; la presenza del santo è motivata dalla diffusione del culto specie dopo la Controriforma, anche ad opera degli Oratoriani, impegnati nel territorio con opere educative, i quali ne fecero il loro emblema, e a cui sembra riferibile l'abito del santo (fig. 5).
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5. Tela proveniente dall'Ospedale di Poggio, sec. XVIII, San Giorgio a Poggio, Pesaro.
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6. Tela della chiesa dei Santi Giuseppe, Tecla e Rita, sec. XVII, Ferrara.
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La città di Ferrara serba il ricordo, nella sua storia, di un episodio connesso al terremoto verificatosi nel XVII sec.; la città di Argenta venne colpita gravemente, ma non così Ferrara.
Di questo si attribuì
merito a san Giuseppe, come illustrato dalla tela della Chiesa di S. Giuseppe, Tecla e Rita, eseguita nel 1653 da C. Catanio “in memoria del terremoto già successo l'anno 1624”, e intitolata “La Vergine Maria, S. Giuseppe, S. Agostino e S. Monica che intercedono presso la SS.ma Trinità perché fermi l'Angelo, con la spada in mano, dal punire la città di Ferrara” (fig. 6) (10).
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INTERCESSIONE
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Gli scritti dottrinali, che l'iconografia rispecchia, manifestano l'intento di celebrarne la figura di intercessore; per questo molto frequentemente il santo è rappresentato rivolto a Maria, quale tramite celeste, o insieme con il Bambino, che assume su di sé le domande dei devoti, ai quali si volge benedicente: in alcuni casi vediamo il santo coadiuvare l'opera del Bambino Gesù, mentre stila di Suo pugno le grazie richieste.
Tale iconografia è comprovata da alcuni esemplari, di diverse aree di provenienza.
La prima immagine è “L'intercessione di san Giuseppe”, del XVII sec., conservata a Vizzini (11), in Sicilia (fig. 7). In Puglia, a Manduria, si ammira la tela intitolata “Patrocinio di S. Giuseppe su tutta la Chiesa” (12), di cui merita attenzione un dettaglio, che si nota nell'inserto archeologico in basso a destra, raffigurante un condottiero su un carro, circondato dai soldati: questa scena va posta in relazione con l'iscrizione accanto al volto di Dio Padre "Ite ad Joseph", riferita a Giuseppe l'Ebreo.
La Bibbia narra la storia del giovane ebreo, venduto dai fratelli come schiavo, e divenuto poi, in Egitto, fidato amministratore del Faraone; in tempo di carestia, il Faraone a lui rimandava la popolazione in difficoltà, dicendo: “Andate da Giuseppe” (Gn 41, 55).
La figurazione del condottiero sul carro richiama la vicenda di Giuseppe l'Ebreo, di cui la storia biblica narra che il faraone “lo fece montare sul suo secondo carro, e davanti a lui si gridava Abrech (inginocchiatevi)” (Gn 41, 43) a significare l'importanza a lui riconosciuta dal sovrano, che ne fa il vicerè, e condottiero in battaglia. Nell'evoluzione dei temi iconografici legati a san Giuseppe, è costante il parallelismo con Giuseppe l'Ebreo, qui rievocato direttamente.
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7. L'intercessione di San Giuseppe, 1755,
Santa Maria dei Greci, Vizzini.
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8. Altare di San Giuseppe, sec. XIX, Cappella della Congregazione delle Suore del Ss.mo Sacramento, Roma.
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Ad Ascoli Piceno si conserva nella chiesa delle Suore Pie Operaie dell'Immacolata Concezione, presso l'altare di S. Giuseppe, una tela commissionata dal fondatore dell'Ordine per la chiesa, e benedetta nel 1795, in cui ricorre il tema delle grazie ottenute per sua intercessione; vi sono rappresentati san Francesco, sant'Antonio di Padova, santa Chiara
e santa Beatrice da Sylva, figure alle quali la Congregazione è devota.
Creata con la finalità di educare le giovani di ogni condizione sociale, l'istituzione fu posta sotto il patrocinio di san Giuseppe dal fondatore, Francesco Antonio Marcucci (13).
Appartiene allo stesso genere iconografico l'affresco (fig. 8) commissionato al pittore Tito Troja (14), per la Cappella intitolata a San Giuseppe, nella Casa delle Suore del Ss.mo Sacramento a Roma, datato 1881; la Superiora, Madre Eugenie Saint-Joseph Bouvaret, artefice della ripresa della Congregazione, volle stabilire una Casa in prossimità di San Pietro, e con l'aiuto del pontefice Leone XIII poté erigere un educandato anche a Roma, in Trastevere.
L'opera assistenziale, che aveva preso impulso grazie al fervore caritativo della Bouvaret, contava su numerose fondazioni in Francia, e Subiaco; la raffigurazione mostra, in basso, una suora della Congregazione nell'atto di impetrare protezione e grazie, e due bambine, di cui quella in primo piano è un'educanda, l'altra, poveramente vestita, richiama un'opera annessa all'educandato (15)
In un'altra immagine Madre Saint-Joseph Bouvaret è ritratta genuflessa, rivolta in intimo dialogo spirituale a san Giuseppe, significato da una statuetta, sorreggente il Bambino Gesù tra le braccia (fig. 9).
9. Mère St. Joseph Bouvaret, sec XIX, Congregazione delle Suore del SS.mo Sacramento, Roma. |
La pietà popolare ha inteso esplicitare, a volte con modi stravaganti e originali, il significato dei patrocini, indipendentemente dalle indicazioni del magistero ecclesiastico; così troviamo rappresentazioni figurative e plastiche che lo associano a scene evangeliche in modo alogico e apparentemente incongruo.
Emblematico l'esempio della Crocifissione con Giuseppe e Maria ai lati della Croce, riscontrabile in età moderna, presente nelle immaginette devozionali di uso corrente, delle “Anime Purganti”; si tratta di un'antica devozione che prese avvio dalle Messe Gregoriane in suffragio delle Anime Purganti, e ha dato vita a un'iconografia in cui compaiono, in gloria, Maria e Giuseppe; al di sotto si notano tra le fiamme le anime del Purgatorio, su cui il papa Gregorio Magno invoca la misericordia divina.
Due importanti opere artistiche seicentesche ne danno testimonianza, e verranno quindi prese in esame
analizzandone gli elementi compositivi, che spiegano così l'iconografia tardiva, di cui oggi è facile trovare traccia nella pubblicistica devozionale.
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A Senigallia, nella Chiesa della Croce, un dipinto ascrivibile al pittore Giovanni Anastasi (16) (fig. 10), decora l'altare della Confraternita del Suffragio, dedicato alle Anime Purganti, visibili nell'angolo destro in basso.
La Madonna del Suffragio è qui raffigurata con san Giuseppe, che mostra la Croce al Bambino Gesù, prefigurandone la Passione; nell' epigrafe del basamento si legge:
Ex fidelium suffragiis (…) altare hoc erigendumque curavit Ioseph Micozzi.
Poiché l'altare venne ceduto alla Confraternita, e il committente aveva nome Giuseppe, il santo vi figura quale intercessore, che con gesto eloquente indica agli astanti la potenza salvifica della Croce, a cui l'edificio ecclesiale è intitolato (17).
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10. Pala d'altare della Confraternita del Suffragio,
Chiesa della Croce, sec. XVII, Senigallia
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La singolarità della morte di s. Giuseppe, confortato da Gesù e Maria, come si ritiene pur in assenza di fonti canoniche, ha ispirato un tema iconografico e devozionale di antica data: il patrocinio dei morenti, meglio noto come patrocinio del Transito (18).
Un'incisione seicentesca presenta il momento estremo della vita del santo, giacente, tra Maria e il Figlio; ai suoi piedi, gli strumenti artigianali (sega, martello, chiodo, accetta e sgorbia) richiamano l'arte di falegname, mentre il pane e il vino posti sull'angolo in basso a destra, prefigurano simbolicamente il sacrificio Eucaristico (fig. 11).
La festa del Transito, fissata al 20 luglio, è una commemorazione entrata nella tradizione liturgica e radicata nella pietà popolare; testimone della fortuna di questo tema, un documento dell'archivio parrocchiale della chiesa di S. Giuseppe a Pesaro (19), una Cartellina di adesione alla Pia Unione del Patrocinio di San Giuseppe, redatta nel 1887 (fig. 12).
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11. Il Transito di San Giuseppe, incisione, sec. XVII,
Museo Francescano, Roma
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12. Pia Unione del Patrocinio di San Giuseppe, 1887, Chiesa di San Giuseppe, Pesaro
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La Pia Opera del Transito, voluta dal pontefice s. Pio X e dal beato don Luigi Guanella, eretta presso la Chiesa di S. Giuseppe al Trionfale, a Roma, ha promosso la diffusione di un gran numero di pubblicazioni: dalla rivista La Santa Crociata ai Calendari, dagli opuscoli devozionali alle Litanie, alle immaginette commemorative; un libretto devozionale dell'inizio del XX sec. testimonia la diffusione del patrocinio sui morenti, con le relative orazioni quotidiane e settimanali
(fig. 13). |
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13. Pia Opera del Transito, libretto devozionale dei primi del '900, Roma, coll. privata.
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Un altro aspetto di patrocinio, di particolare interesse, tramandato anche da litanie, orazioni e invocazioni, fa riferimento alla liberazione dai demoni, operato dal santo in nome dei fedeli che a lui ricorrono, quale Terror daemonum.
Questo patronato è esemplificato da una stampa popolare siciliana (fig. 14), e da un affresco (fig. 15) della Chiesa di Maria Ss.ma degli Agonizzanti, a Canicattì (20), entrambe testimoni di una rara iconografia, dai caratteri arcaici ormai desueti, ma proprio per questo significativa e rappresentativa.
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14. Stampa popolare, sec. XIX, Centro Studi devozioni popolari, Canicattini Bagni.
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15. Affresco parietale, Maria Ss.ma degli Agonizzanti,
sec. XVIII, Canicattì.
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La Chiesa, attraverso i grandi Ordini, ha ispirato molteplici forme di invocazione al santo; novene, canti, orazioni, rosari, canzonette spirituali, preghiere, ne tramandano memoria.
Mentre la religiosità popolare continuava ad esprimersi attingendo al patrimonio di una ricca tradizione orale, espressione di antiche tematiche di matrice diversificata, sul piano figurativo il Santo si trova associato alle figure ecclesiali che a lui si sono votate, nel tempo, per i meriti spirituali e il valore intercessorio.
Oppure viene raffigurato insieme al santo titolare della chiesa, monastero o abbazia.
Benedettini, Francescani, Domenicani, Serviti, Agostiniani, Carmelitani tra i più noti, ne hanno accolto e celebrato la memoria liturgica, e testimoniano ancor oggi, nonostante le vicissitudini dovute agli eventi storici, politici, e alle ingiurie del tempo, il loro legame di patrocinio.
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Il Monastero Benedettino di Ibla conserva, ad esempio, un affresco nella volta dell'abside con s. Benedetto e s. Giuseppe in gloria (21), segnalando la presenza di un culto giuseppino di cui non vi è traccia a livello documentario, benché il territorio serbi antiche tradizioni legate al santo, tra cui spiccano le “tavolate di San Giuseppe” e le Rappresentazioni sacre, delle quali si contano numerose recenti edizioni.
L'Ordine Carmelitano, per il “particolare patrocinio” di s. Teresa d'Avila e s. Giovanni della Croce, ha originato una varia iconografia in cui il Santo è protagonista; una tela (22), originariamente conservata nella chiesa romana di S. Giuseppe a Capo le Case − primo Carmelo d'Italia nel XVI sec. − lo mostra nell'atto di “vestire” s. Teresa (fig. 16); l'opera evoca la visione di s. Teresa, avvenuta il 15 agosto 1561, da lei stessa riferita nell'autobiografia: la Madonna compie un gesto che simboleggia l'approvazione per la fondazione del primo monastero di Carmelitane Riformate, San Giuseppe ad Avila, nel 1562.
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16. La Madonna che porge una corona d'oro a Santa Teresa, sec.XVII, Monastero San Giuseppe, Roma
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Nel Santuario mariano di Santa Maria Ausiliatrice di Valdocco (To), voluto e inaugurato da don Bosco, l'altare dedicato a san Giuseppe, oltre al suo indubbio significato, ha la particolarità di essere l'unico altare rimasto così come l'ha voluto il fondatore.
Il quadro (fig. 17) fu eseguito dal pittore T. A. Lorenzone (1824-1902), che lavorò su precise indicazioni di don Bosco, il quale si recava da lui frequentemente, per seguire l'opera in corso, suggerendo l'impostazione e i dettagli compositivi; la Sacra Famiglia è raffigurata frontalmente, al di sopra del Santuario-Basilica, riprodotta in modo tale da richiamare la Basilica di S. Pietro, e così rievocare il patrocinio sulla Chiesa Universale, sancito in quegli anni.
Nel registro più in alto, due angeli sorreggono il cartiglio con l'esortazione di biblica memoria "Ite ad Joseph". Il giorno dell' inaugurazione, spiegando il quadro, don Bosco disse: “Le rose bianche e rosse sono le grazie che Dio concede a noi: anche le rose rosse, quelle accompagnate dai dolori, sofferenze e sacrifici, vengono da Dio e sono le migliori”.
Profondamente devoto a san Giuseppe, egli volle che fosse il patrono principale, dopo Maria SS.ma Ausiliatrice, della Congregazione Salesiana. |
17. Altare di San Giuseppe, Santa Maria Ausiliatrice di Valdocco, 1869, Torino.
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Le antiche pratiche di pietà hanno lasciato tracce significative, grazie all'impegno conservativo degli archivi e musei d'arte sacra; una medaglia devozionale ottocentesca (23), con s. Giuseppe che mostra il Bambino a s. Antonio di Padova, attesta l'uso dei pellegrini di munirsi, nella Città eterna, di un oggetto personale, identificativo del patrocinio, sentito come arricchimento spirituale, e tutela di sanità (fig.18).
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18. Medaglia devozionale, sec. XIX,
Museo Francescano, Roma.
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Un altro tipo di oggetto devozionale è lo scapolare, da indossare al di sotto degli abiti; questo esemplare esplicita la protezione in diverse lingue, insieme alla frase biblica "Ite ad Joseph" (figg. 19-20).
19-20. Scapolare, sec. XIX, coll. privata.
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Anche il patronato civico ne rende testimonianza, come nel caso del “Patrocinio di s. Giuseppe” (fig. 21) di G. Catani (1866-1945) che si conserva a Prato, nella chiesa di S. Francesco; qui vediamo raffigurate, con vivacità e gusto descrittivo, le varie categorie sociali, umanità multiforme di cui la città si compone, e su cui il santo esercita il suo patronato, mediando l'intervento divino del Figlio, con lui in gloria, sotto un baldacchino processionale di grande effetto.
Il manto del santo richiama il popolare soggetto della Madonna della Misericordia, efficace trasposizione figurativa del tema del patrocinio.
L'abbigliamento pontificale ne sottolinea il carattere sacerdotale, quale collaboratore all'opera della grazia; l'incensiere posato a terra, in asse col Bambino Gesù, simbolizza l'aspetto di supplice adorazione (“Salga a te, Signore, la mia preghiera come incenso, e le mie mani come l'offerta della sera”, Ps 140, 2).
Dietro il baldacchino si staglia il profilo dell'emblema eucaristico, che accompagnava la predicazione di s. Bernardino da Siena, richiamando il senso eucaristico della gloria del santo, associato al progetto di Redenzione compiuto da Cristo col suo sacrificio.
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21. Il Patrocinio di S. Giuseppe,
Chiesa di San Francesco, sec. XIX, Prato.
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Il quadro del Catani ci permette di valutare l'affermarsi del genere iconografico di san Giuseppe con il Bambino, i cui primi esempi si ebbero nel Cinquecento. L'iconografia del Santo raffigurato col Bambino fiorì allorquando la devozione trovò nuovo impulso per effetto della festa liturgica, canonicamente istituita nel 1621; le nuove opere artistiche, commissionate anche dalle compagnie laicali − Compagnie di Arti e Mestieri, Congreghe, Confraternite − favorirono la diffusione di due modelli prevalenti: la Sacra Famiglia nella bottega del falegname, e il Santo col Bambino.
Il primo tipo è presente nelle chiese e negli oratori confraternali, di cui si hanno molteplici esempi, come a Sergnano (Cr), Parma, Montecatini (Ps), Cagli (P-U), Serrone di Foligno (Pg), Todi (Pg), Pesaro, Roma, Napoli, Molfetta (Ba), Lecce, Acireale (Ct), Palermo, Castroreale (Me), Gibilmanna (Pa), Polizzi (Pa), Taormina (Me).
Il secondo si diffuse ancor più largamente, attraverso le copie destinate alla devozione privata e agli edifici sacri. Si conservano tele, incisioni, stampe del XVII sec.,
e immagini devozionali in numerose varianti, che provano la fortuna di questo genere iconografico: un'incisione (24) settecentesca di carattere popolareggiante (fig. 22) e una stampa popolare (fig. 23) (25) attestano questa tipologia ricorrente.
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22. San Giuseppe e Gesù Bambino,
incisione colorata a mano, sec. XVII, coll. privata.
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23. San Giuseppe in gloria, acquaforte acquerellata,
sec. XVIII, Museo Bassano. *
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GLORIA
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Più tardiva è l'iconografia che celebra san Giuseppe in gloria, singolarmente rappresentato: la Chiesa di San Giuseppe di Castello, a Venezia, conserva nella volta una Gloria (26) maestosa (fig. 24), dovuta, insieme alle altre pregevoli opere artistiche, alla munificenza del Doge che volle arricchire l'edificio sacro, nell'intento di farne il suo mausoleo.
L'incisore G. Fossati (27) realizzò, per l'edizione veneziana delle Memorie della Vita del glorioso patriarca San Giuseppe (28) del 1750, un ciclo di raffigurazioni che hanno nella Gloria il momento più alto, celebrativo della storia sacra, richiamata dalla stirpe di Davide − da cui san Giuseppe discende −, rappresentato tra i defunti che Cristo richiama alla Vita (fig. 25). |
24. Gloria di San Giuseppe,
Chiesa di San Giuseppe a Castello, sec. XVII, Venezia.
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25. Gloria di San Giuseppe, incisione di G. Fossati, 1750,
Biblioteca Civica, Modena.
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Molte località attestano questo tipo iconografico: la parrocchiale di Craveggia (Vb) conserva nella volta una Gloria (29) del santo; più rilevante la Gloria (30) che il pittore G. Quaglio affrescò a Laino (Co), a S. Maria del Rezzo (Co), e a Trieste.
Anche a Mondovì, Firenze, Forlì, Arezzo, Pesaro, e ancora nel Santuario di S. Giuseppe Vesuviano e di Sant'Agnello, nel napoletano, come pure ad Afragola, Castellammare di Stabia, e Napoli.
A Nocera (Sa), i pittori A. e F. Solimena affrescarono, nella volta della Cattedrale, “Il Paradiso” con san Giuseppe in gloria; in Sicilia, la medesima raffigurazione è nella volta del Monastero benedettino (31) di Ibla (Rg), a Palermo, a S. Maria di Licodia (32) (Ct), a Taormina (33) nella chiesa di S. Giuseppe, a Leonforte (En) e nell'Oratorio omonimo, a Sciacca (Ag).
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Alla fioritura di questo genere iconografico, largamente attestato nel Settecento, seguì un periodo difficile, segnato dal declino dell'arte sacra. Vennero replicati i tipi tradizionali, per gli usi liturgici e devozionali, tuttavia non si ebbe per lungo tempo alcuna ripresa o innovazione.
L'iconografia giuseppina, tuttavia, conobbe una nuova stagione nel XIX sec., le cui testimonianze spaziano dall'arte pittorica e plastica, alle medaglie e gli arazzi celebrativi, alle stampe, incisioni e immaginette, con l'avvenimento più importante del secolo e della storia del culto di san Giuseppe: il Concilio Vaticano I, col decreto Quaemadmodum Deus (34), lo proclama “Patrono della Chiesa Universale” l'8 dicembre 1870.
Si afferma dunque una nuova tipologia; la statua ottocentesca che si conserva nella chiesa torinese Patrocinio di S. Giuseppe, testimonia questo genere figurativo: l'angelo offre la basilica di S. Pietro. Il gruppo statuario veniva condotto processionalmente, all'inizio del secolo scorso, per le vie del quartiere.
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Rappresentativa una stampa tratta da un libro devozionale (fig. 26) (35), in cui il pontefice invoca il patrocinio del Santo, con gesto eloquente, e dal cielo san Giuseppe sembra rispondere, indicando con la destra la Basilica, ai cui lati compaiono, volteggiando sull'edificio, due demoni; si richiama così uno degli epiteti del santo, presente nelle Litanie, in cui è definito Terrore dei demoni.
Un santino merlettato che celebra l'evento (fig. 27) mostra il pontefice Pio IX genuflesso dinanzi al Santo in Gloria; i medaglioni illustrano gli episodi dell'Infantia Salvatoris, e in basso il Transito, con la scritta Protector morientium.
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26. Libretto devozionale, sec. XIX, coll. privata.
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27. Immaginetta devozionale, sec. XIX, coll. privata.
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Anche una medaglia (36) celebrativa (fig. 28) ricorda la proclamazione del patrocinio; coniata nel 1876, posteriormente alla proclamazione di Pio IX, effigia Maria con il Bambino, la Chiesa, e il santo, in atto di accogliere una riproduzione della basilica petrina.
28. Medaglia celebrativa della proclamazione del Patrocinio, 1876, Città del Vaticano
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Nel 1955 venne istituita la Festa di S. Giuseppe artigiano, fissata al 1° maggio, poi divenuta memoria facoltativa. L'iniziativa favorì la ripresa dell'iconografia della Sacra Famiglia del lavoro; un dipinto (37) della chiesa di S. Giuseppe al Trionfale a Roma, ripropone il modulo tradizionale (fig. 29).
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29. La Sacra Famiglia al lavoro, affresco di G. B. Conti, 1926, Chiesa di San Giuseppe al Trionfale, Roma
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30. Giornalino con gli emblemi dei due patrocini, 1938, Roma, coll. Privata.
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31. San Giuseppe patrono delle Comunioni, cromolitografia della fine del sec. XIX, coll. Belotti.
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Il frontespizio di un giornale per ragazzi, coevo, presenta gli emblemi dei due patrocini (fig. 30).
Il Servo di Dio P. Eugenio Reffo, cofondatore della Congregazione del Murialdo, curò la prima biografia del fondatore, e numerose pubblicazioni devozionali, tra cui è significativo ricordare la Novena del Patrocinio di San Giuseppe, del 1929; tra le varie Meditazioni, troviamo anche quella su “San Giuseppe Patrono delle S. Comunioni”, in cui l'autore esorta a considerare la valenza eucaristica della pietà giuseppina, in nome del ruolo che egli ebbe, di Custode del Signore Gesù. La devozione proposta dal Reffo è all'origine di una nuova iconografia: fecero la loro comparsa infatti immaginette e libretti di preghiere in cui San Giuseppe figura patrono dei Comunicandi. Queste figurazioni, propagate con leggere varianti a partire dalla fine dell'Ottocento (38), rivelano appena il cambiamento dell'abito dei ragazzi tra '800 e '900 (fig. 31), con sostanziale continuità fino agli anni '60, periodo che ha segnato un profondo cambiamento di costumi e consuetudini, relative alle tappe tradizionali della vita cristiana.
Ulteriore testimonianza, nei santini del secolo scorso, di un patrocinio significativo e caro alla religiosità popolare, è quello degli emigranti, per il quale si utilizzarono dapprima soggetti d'arte, poi delle rielaborazioni attualizzate (fig. 32), in cui riconoscere quanti avevano scelto terre lontane, per migliori condizioni di vita.
32. San Giuseppe patrono degli emigranti, metà sec. XX, coll. privata.
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Note
1 Vd. T. Stramare osj, S. Giuseppe nella Sacra Scrittura nella teologia e nel culto, Roma 1983, p. 317.
2 La Voce di S. Giuseppe, 103,7 (2005), p. 5.
3 Per l'iconografia giuseppina, cfr. l'ampia rassegna storico-artistica di p. G. Verri CSJ, Joseph nell'arte, in La Voce di San Giuseppe, 103, 6 (2005), pp. 3-23.
4 Opera del primo quarto del XVII sec., l‟altorilievo evidenzia un dettaglio singolare: vi compare al centro il bastone fiorito, attributo iconografico e simbolo di s. Giuseppe; sulla Confraternita dei falegnami di Todi (Pg), vd. G. Comez - M. Castrichini, L‟Università dei Falegnami a Todi, Todi 1989, p. 42.
5 Medaglia di vice priore della Confraternita di San Giuseppe, in argento sbalzato e cesellato con timbro di un argentiere locale, inizio sec. XIX., vd. Medaglioni di Confraternite nell'Arcidiocesi di Fermo dal XVI al XIX sec., a cura di G. Ciarrocchi, Fermo 2002, p. 49.
6 Vd. Museo della Cattedrale, Lucca 1996, pp. 114-116. Foto L. Ghilardi, Lucca.
7 Vd. G. Milone, L'Arciconfraternita di San Giuseppe dei Falegnami in Roma nel Seicento, in “San Giuseppe nel Seicento”, Atti del Terzo Simposio Internazionale, Montreal 14-21 settembre 1980, Roma 1981, pp. 693-769.
8 Come documenta il registro dei Confratelli della Congregatione dela Regula di S. Joseph di Gandino (Bg), per gli anni 1516-1537.
9 La raffigurazione è di un pittore marchigiano del XVII sec., vd. Itinerario storico e religioso nella “terra” di San Giorgio e Poggio, a cura di M. Belogi, Fano1994, p. 95.
10 Vd. La Chiesa dei Ss. Giuseppe, Tecla e Rita. Piccola guida storico artistica culturale, Ferrara 1996, pag. 81. Per la documentazione iconografica ringrazio Giorgio Mantovani.
11 Opera di Nicola Mineo, fu realizzata nel 1755; è conservata nella chiesa di S. Maria dei Greci, a Vizzini (Ct).
12 Attribuita a Pasquale Bianchi (1733-1811), la tela è nella Chiesa di S. Giuseppe a Manduria (Ta).
13 Il servo di Dio Francesco Antonio Marcucci (1717-1783) venne soprannominato “Missionario urbano” e “Apostolo del Regno di Napoli” per il suo zelo pastorale. Negli scritti, ammira ed elogia la grandezza del Patriarca, ripone in lui viva fiducia, e ne sollecita la devozione, assicurando l'efficacia del patrocinio contro le difficoltà e le tentazioni.
14 Il pittore Tito Troja (1847-1916), apprezzato per il suo stile pittorico, realizzò numerose opere su incarico di Leone XIII. Ringrazio C. Morselli per le immagini delle figg. 8 e 9.
15 Venne istituita una Scuola per fanciulle, aperta alle bambine della zona. Tutte le opere della fiorente Congregazione erano poste sotto il patrocinio del santo; per questo la fondatrice volle che gli fosse dedicata la cappella dell'istituto, e una statua nell'ampio giardino interno.
16 Eseguito negli anni 1671-76, il dipinto è attribuito al pittore Giovanni Anastasi (1653-1704), vd. D. Mori, Altari laterali, quadri delle Aggregazioni e Stazioni della Via Crucis nella Chiesa della Croce di Senigallia, in La Chiesa della Croce e la sua Confraternita, Senigallia, 2009, pp. 123-147.
17 Vd. Chiesa della Croce e Confraternita della Croce e SS. Sacramento. Storia – Culto – Arte, A. Mencucci, Senigallia 1991, pag. 48-50; e La Chiesa della Croce e la sua Confraternita, op. cit., pp. 132-134. Per l'immagine della “Sacra Famiglia e S.Gregorio che intercede per le anime del Purgatorio”, ringrazio la dott.ssa Adriana Castracani e Gianluca Quaglia. L'altra opera d'arte di analogo contenuto, intitolata “Intercessione di San Gregorio presso la Madonna per le anime del Purgatorio” è ubicata nel Duomo di Monterotondo (Roma); eseguita intorno al 1630, è stata attribuita a Francesco Cozza (1605-1682), vd. Francesco Cozza (1605-1682). Un calabrese a Roma tra Classicismo e Barocco, a cura di C. Strinati, R. Vodret, G. Leone, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007, pp. 120-121.
18 Il teologo domenicano Isidoro Isolani, nella sua Storia di Giuseppe Falegname, riprende questo aspetto devozionale già divulgato dal Gerson (1363-1429), attivo promotore del culto giuseppino, nella sua Josephina. Il tema del trapasso del santo, poi detto Transito, è presente nell'omiletica del Quattrocento, come testimonia ad esempio San Bernardino da Feltre nelle sue predicazioni, rifacendosi al Gerson; vd A. Dordoni, Aspetti di etica sociale e familiare nella predicazione osservante del Quattrocento. I Sermoni di san Bernardino da Siena e di Bernardino da Feltre, in Annali di Scienze religiose 8 (2003), pp. 235-257.
19 Per la documentazione storica sulle aggregazioni giuseppine, vd. p. Sanzio Giovanelli, Storia della parrocchia di S. Michele Arcangelo e S. Giuseppe in Pesaro, Pesaro 1993, pp. 103-16. Per la Cartellina di adesione, vd. op. cit., pag 105. Ringrazio p. Roberto Sarti per l'immagine fornita.
20 Si tratta di un affresco settecentesco, rimaneggiato nel corso dei restauri della chiesa. Foto di Giuseppe Caruso. L'immagine è stata resa disponibile grazie alla collaborazione di Giuseppe Brancato di Canicattì (Ag), che ringrazio.
21 G. Antoci, Il monastero e la Chiesa di San Giuseppe, Ragusa 1997, p. 75; G. Antoci - F. e S. Blancato, I monumenti del Tardo Barocco di Ragusa, Ragusa 2003, p. 62.
22 La Madonna porge una collana d'oro a Santa Teresa d'Avila; il quadro, di G. Lanfranco (1582-1647), è nel Monastero Carmelitano di San Giuseppe, a Roma. Vd. A. Iori, La Chiesa di San Giuseppe a Capo le Case, Roma 2008, fig. 16
23 Nel Museo Francescano di Roma si conserva un cospicuo fondo di medaglie devozionali, tra cui questa, riferita a San Giuseppe, segnalata da p. Gieben, che qui ringrazio: vd. S. Gieben, Un campionario di 630 medaglie devozionali della bottega Hamerani, in Collectanea Franciscana 76, 1-2 (2006), pp. 253-295, e in particolare p. 271 per la descrizione dell'insolita iconografia. La foto è di S. Gittarelli, che ringrazio.
24 In Figure stellari e Segni dell'Universo. Immaginette devozionali dal XVI secolo ad oggi. 2009. Anno internazionale dell'Astronomia, a cura di M.Carrara, G.Ciarrocchi, C.Fornai, S.Lorenzetti, Comune di Piombino, 2009, fig. 12.
25 Incisione ad acquaforte acquerellata, vd. I santi dei Remondini a cura di G. Ericani, Comune di Bassano del Grappa, 2007, pag. 42.
26 L'interno dell'edificio sacro, a una sola navata, è ricco di ornati e decorazioni marmoree; il soffitto piano, affrescato con prospettive architettoniche e colonnati, è di G. Torri, mentre il tondo centrale, con la Gloria del santo, è di P. Ricchi che la eseguì nella seconda metà del XVII sec.; vd. San Giuseppe di Castello. Guida a cura di P. Rizzo, Venezia, 1993, p. 17. Per le informazioni e l'immagine ringrazio Enrico Comastri.
27 Architetto, incisore e pittore, Giorgio Domenico Fossati (1706-1778) si è distinto per l'esecuzione di numerosi interventi di decorazione, progettazione, restauro, e incisioni illustrative dei libri a stampa da lui curati, di carattere tecnico-scientifico, narrativo, filosofico, agiografico; vd. R. Pan, Un architetto veneziano del '700 e la sua devozione a san Giuseppe, in La Santa Crociata 37, 1981, pp. 10-14.
28 L'edizione, stampata a Venezia nel 1750, si conserva nella Biblioteca Civica di Storia dell'Arte “Luigi Poletti” di Modena.
29 A Craveggia (Vb) il pittore G. M. Borgnis (1701-1761) eseguì gli affreschi della nuova parrocchiale, tra il 1730 e il 1750. Nella volta della Cappella di S. Giuseppe, è raffigurato il santo in gloria. L'immagine è di Mauro Andreoli, che ringrazio.
30 Attivo in Friuli e in Valle d'Intelvi, il Quaglio (1668-1751) è considerato un artista di rilievo nel periodo tra '600 e '700. A Laino (Co) affrescò nell'omonimo oratorio la Gloria del Santo, ritenuta uno dei suoi capolavori. Per le notizie e le immagini, ringrazio Ernesto Palmieri e l'Associazione APPACUVI di S. Fedele Intelvi (Co).
31 L'affresco di Sebastiano Monaco del 1793, raffigura s. Benedetto e s. Giuseppe in Gloria; vd F. e S. Blancato, I monumenti del tardo barocco di Ragusa, Ragusa 2003, p. 62.
32 Per le informazioni e le immagini, ringrazio don Salvatore Scuderi e i suoi collaboratori.
33 Vd. A. M. Bocchini, San Giuseppe a Taormina, in La Santa Crociata 3 (1982), pp. 13-15.
34 Documenti pontifici su S.Giuseppe, A.B.I., Treviso 1965, pp. 27-28.
35 Martinengo, Il fabbro di Nazareth, pag. 501.
36 Vd. T. Stramare osj, San Giuseppe nella Sacra Scrittura, op. cit., p. 299-301.
37 Questa “Sacra Famiglia al lavoro” è opera di G. B. Conti (1878-1970) del 1926: orna il soffitto della chiesa, eretta negli anni 1909-1912 per iniziativa di don Guanella, vd. San Giuseppe al Trionfale. Guida, Roma, s.d., p. 52. Foto S. Gittarelli.
38 L'immaginetta devozionale è una cromolitografia, appartenente alla collezione di E. Belotti.
* Foto su gentile concessione del Museo Biblioteca Archivio di Bassano del Grappa.
Della stessa Autrice:
* La Prof.ssa Stefania Colafranceschi è membro dell' A.I.C.I.S
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