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COLLABORAZIONI
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L’UNIVERSO SIMBOLICO NEI PRESEPI DI CARTA, NELLE IMMAGINETTE
E I MANUFATTI DELLA TRADIZIONE CLAUSTRALE
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Presepe a teatrino, cromolitografia -
Museo Diocesano di Bressanone |
L’universo simbolico del Presepio tradizionale, quale si è
andato configurando a partire dalle prime rappresentazioni
plastiche del XIII secolo, ha assunto nel tempo e
negli ambiti regionali, tratti e caratteri spiccati, pur mantenendo,
di fondo, elementi costanti e fondamentali (1).
La Nascita del Dio Bambino ha ispirato artisti e artigiani,
esponenti della cultura, così come uomini e donne dalla
fede semplice, ma anche quei religiosi, votati alla vita
monastica, che seppero realizzare con una materia
sobria e versatile, la carta, manufatti di accurata fattura (2).
Sotto i nostri occhi le creazioni settecentesche e ottocentesche
di Maria e il Bambino nella greppia, san
Giuseppe che si sporge con la lampada, gli animali
inginocchiati accanto a Gesù, i pastori, gli angeli e i
Magi dintorno, testimoniano non solo l’intento narrativo-rappresentativo, quanto piuttosto la continuità di un
impianto arcaico di temi e motivi, che si dipanano
nelle molteplici componenti della scena, e in essa trovano
valore e significato.
La struttura compositiva dei presepi tradizionali, dai
tratti complessi, trae origine da un nucleo antico, che
vede innanzitutto al centro il gruppo della Natività, con
Maria in adorazione del Bambino, che lo contempla e
ne mostra il divino splendore ai convenuti, e san
Giuseppe, pensoso, o in preghiera/adorazione, intento
ad accogliere, oppure impegnato nelle incombenze
pratiche, quali portare luce, fieno, pannicelli, cibo.
Per
antica tradizione, Maria è giacente, ovvero, nell’iconografia
trecentesca, orante e contemplativa; a questa
attitudine, che si afferma nell’arte rinascimentale, succede
poi una diversa modalità rappresentativa, secondo
cui Maria è assisa, e mostra il Bambino con gesti
espressivi di affettuosa premura (3).
E la luce promanata
dal Bambino, riflessa sul volto degli astanti, ripropone
il tema di Cristo “luce del mondo”.
Museo di Bressanone |
L’episodio dell’Annuncio ai pastori figura costantemente,
sul lato o in lontananza, a significare la Buona
Novella giunta fra gli uomini; gli umili pastori, che
condividono con gli animali i percorsi e le stagioni,
simbolizzano coloro che riconobbero nel Dio
Bambino il Messia, annunciato dai profeti dell’Antico
Testamento.
E vigilano contro le insidie del diavolo,
nel mondo ottenebrato dal peccato, figurando i
pastori del gregge dei credenti.
Tra di loro, di cui antiche fonti ricordano la
sepoltura nei pressi di Betlemme, ve n’è chi
scruta l’orizzonte, chi è colto dall’eccezionalità
del fulgore dell’Annuncio, chi ascolta la voce
divina, richiamando l’attitudine di ogni uomo, raggiunto
dalla Parola. E simbolizzano le tre età, giacché
figurano in sembianze di giovane, mezzano, e attempato (4),
inoltre il pastore più giovane, rivestito di pelli,
richiama l’iconografia paleocristiana del profeta
Balaam. Alcuni pastori, poi, suonano uno strumento;
così la tradizione crea un parallelo tra il coro degli
angeli, in cielo, e la loro musica, in terra:
“Cantate
senza sosta un inno di lode al Signore che si leva da
Betlemme:
… Cantiamo popoli, assieme agli angeli,
“Gloria a Dio nell’alto” (5).
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E dopo di loro, giungono i Magi, i pagani.
“I pastori
erano israeliti, i Magi pagani. Quelli venivano da vicino,
questi da lontano, ambedue tuttavia corsero verso
la pietra angolare” (6). Si sono avute nel mondo antico
numerose testimonianze e interpretazioni sui Magi: il
loro numero, i nomi, la provenienza e l’aspetto variano,
come dimostrano le diverse raffigurazioni conosciute,
a partire dagli affreschi catacombali.
A loro è
associata la Stella, che li guidò nel cammino.
Il
Vangelo riferisce che “alcuni Magi giunsero da Oriente
a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei
Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e
siamo venuti per adorarlo… Ed ecco la stella, che avevano
visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e
si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino” (7).
La profezia messianica, di
cui i Magi erano informati,
fa riferimento
alla stella profetizzata da Balaam “Sorgerà una stella da Giacobbe e da
Israele si alzerà un uomo e dominerà su tutte le nazioni” (8).
Questo portò ad associare Balaam e i Magi, che
figuravano la realizzazione della profezia, potendo
scorgere con gli occhi della fede quel che il profeta vide
nello spirito: “ per molti anni, di generazione in generazione,
i nostri padri e i figli dei loro figli sono rimasti
nell’attesa, fino a che questa parola si è avverata
davanti a noi” (9) riferisce il Vangelo Armeno dell’infanzia,
nel brano del dialogo con Erode, che li interrogava
sul Bambino.
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Figure presepiali sagomate, XVIII secolo
pittura su carta
Museo Diocesano di Bressanone
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Alla ricerca dell’Emanuele, i Magi si affidano alla
Stella, che guida il loro cammino, a tratti si ferma e
riprende ad avanzare, fin quando – dice il Vangelo –
venne sopra il luogo dov’era il bambino e si
fermò (10), assumendo una funzione analoga a quello
dello Spirito Santo al momento del battesimo che
venne sotto forma di colomba e rimase in lui (11),“perciò
– afferma Origene – ritengo che la stella sia segno
della sua divinità” (12).
Sopraggiunti da Colui che cercavano, lo onorarono con
i loro doni: “fedeli alla profezia, gli offrirono come re
l’oro, come vittima la mirra e come Dio l’incenso” (13). Il
simbolismo dei doni non è univoco; essi richiamano la
natura terrena, regale e divina di Cristo, ma anche
virtù morali e spirituali (14).
La tradizione (15) parla anche di una profusione di tesori: “oro, argento, pietre preziose, perle magnifiche e zaffiri
di gran valore”, doni al Re dei re, presentati con la
gestualità regale di chi, prostrato, bacia il piede e protende
le mani in segno di riverente sottomissione, come
vediamo, con immutata continuità, nei presepi di carta
e nelle immaginette devozionali.
I Magi simbolizzano
le età e le razze umane, effigiati differentemente per
sembiante e per colorito: anche i loro cavalli hanno
colori diversi (nero, bianco, rosso) (16).
Investiti da un fascio di luce eccezionale
che si irradia potente, i protagonisti della scena, Maria
e Giuseppe accanto al Bambino Gesù, e al loro fianco i
pastori con i doni, e un agnello – simbolo di Cristo –.
Una luce intensa si proietta sui Magi in adorazione, e
fa risaltare lo splendore delle offerte, la lucentezza degli
abiti, le volute dell’incenso emanato dai turiboli agitati
dai paggi e dagli angeli.
Presepe a teatrino, cromolitografia -
Museo Diocesano di Bressanone
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Cromolitografia a rilievo, inizio XX secolo
collezione privata
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Attraversando lo spazio celeste, questa luce volteggia, e
sovrasta il luogo della Nascita con la sua coda ondeggiante,
esito dell’innovazione che Giotto, ammirato
alla vista della cometa di passaggio, aveva apportato
nell’iconografia della Stella.
La Stella “caudata” (fig. a sn.) sarà compagna inscindibile della capanna, o
della grotta-caverna in cui il Bambino si mostra al
mondo, segno divino, emblema epifanico nel cuore
della notte più buia, la notte solstiziale in cui i pagani
celebravano la festività del Sole invitto, Mitra, a cui la
Chiesa contrappose la festa del Sole di giustizia:
“la
tua nascita (…)
ha fatto risplendere sul mondo la
Luce della conoscenza, e coloro che adoravano gli astri,
grazie alla stella, impararono ad adorare te, Sole di
giustizia” (17). |
In Oriente non si ebbe, nei primi secoli, la celebrazione
del Natale di Cristo; si commemorava da antica data,
invece, l’Epifania, memoria della manifestazione della
divinità del Signore, nel battesimo.
La festa liturgica della Natività venne istituita al 25
dicembre a partire dall’anno 354, nel calendario romano,
mentre in Oriente si continuava a farne memoria il
6 gennaio; e pur affermandosi la festa del Natale, le
chiese bizantine in genere ricordavano nello stesso
giorno sia la nascita sia l’adorazione dei Magi. Per
questo l’iconografia li considera congiuntamente, in
quest’ambito (18).
Molti presepi mostrano questo tipo di
abbinamento: i pastori e i Magi in prossimità del Bambino.
Gli uomini dei dintorni, e quelli giunti da lontano,
i più vili accanto ai sapienti, chiamati gli uni dall’annuncio,
gli altri dall’evento prodigioso di una Stella risplendente, profetizzata da
secoli, portatrice di un messaggio
celeste, la venuta del Dio bambino.
La figura in cui si concentra il simbolismo
del divino, è Maria,
ammantata di blu, emblema della
divinità, e con la tunica rosso cupo
che richiama il sangue, la carnalità.
Al suo fianco spicca il candore delle fasce del neonato,
che giace nella mangiatoia, su ciuffi di fieno e spighe
di grano, dal significato eucaristico.
E' quanto si può
notare nelle figure sotto riportate e in altre immaginette ottocentesche.
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Siderografia su canivet a punzone con decorazione di paillettes, seconda metà XIX secolo,
collezione privata |
Siderografia su fondo traforato a punzone con motivi vegetali, XIX secolo,
collezione privata
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San Giuseppe è variamente rappresentato nei presepi;
simmetrico a Maria, in preghiera e in adorazione, oppure
dominante, connotato dal bastone ricurvo – il
bastone fiorito, dell’episodio apocrifo della sua elezione –, è talvolta assorto, ieratico, ovvero attivo e operoso
nel provvedere nutrimento, fuoco, protezione. Emblematico
il gesto di proteggere sotto il mantello la Madre
e il Figlio.
Museo di Bressanone |
Un testo della tradizione popolare narra:
Giuseppe, sempre prodigo di cure
Va frettoloso in cerca d’una brace.
Sulle montagne intorno tutto tace;
solo i pastori veglian lor creature.
…
Giuseppe chiede un po’ di focherello,
distende a terra il lacero mantello
come per dire: questo è il mio bracere.
…
Ora Giuseppe cade a capo chino.
Raccoglie in un cantuccio il focherello
E avvolge nel tiepido mantello,
perché non tremi più, Gesù Bambino (19).
Derivato dal tema della luce, è l’elemento
iconografico della lampada, che
Giuseppe trattiene, o si individua al
suo fianco.
Nell’interno della capanna,
accostati al Bambino, scorgiamo
nei presepi i profili di un
asino e un bue, simbolo dei
popoli che hanno riconosciuto
il Signore, secondo il profeta
Isaia (20), citato dagli autori ecclesiastici.
Ma nelle antiche leggende si
precisano spunti narrativi, che
vediamo sopravvivere nelle raffigurazioni
presepiali.
“Giuseppe aveva
portato con sé un bove forse per
venderlo – narra la Leggenda
Aurea (21) –
"… aveva con sé anche
un asino per portarvi sopra la
Vergine Maria. Miracolosamente tanto il bove che l’asino
riconobbero nell’infante il Signore, si inginocchiarono
e l’adorarono”:
Vediamo infatti i due animali partecipi
dell’evento, adoranti, protesi sul Bambino, solitamente
genuflessi.
Altri animali popolano la scena: pecore, capre, il cane,
volatili… che spesso volgono lo sguardo in alto, esprimendo
lo stupore del creato nel momento in cui, fermatosi
il tempo, ogni cosa è sottomessa al disegno di
Dio, presente in mezzo agli uomini. Questo momento
straordinario è descritto in un brano dei vangeli apocrifi,
ripreso nella Leggenda Aurea.
La presenza di tutti
questi animali sta a significare la ripristinata armonia
del creato, con l’Incarnazione: “gli animali che hanno
in sé la vita e la capacità di sentire e discernere, manifestarono
la nascita di Cristo” (22). |
Immaginetta sagomata, secolo XX
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Siderografia con cornice centinata, XIX secolo,
collezione privata |
La colomba, messaggero celeste simbolo di purezza,
compare frequentemente nell’iconografia devozionale,
insieme al Bambino Gesù; gli reca doni di
carattere allegorico, come le virtù inscritte nei piccoli
cartigli della figura sotto riportata, o attributi simbologici, come
la corona di spine.
Le spine, in forma di corona, o rami
di contorno, ricorrono anche nei presepi di
carta, riprendendo un preciso tema iconografico,
il motivo del presagio della
Passione.
Le immaginette qui richiamate, ben
illustrano un tema che ebbe particolare
sviluppo, nell’iconografia devozionale
del XVII-XIX sec., il presagio
della Passione, che
ispirò una iconografia complessa,
riconoscibile fin nei
più minuti dettagli del traforo
cartaceo che fa da contorno
al Bambinello,
nei santini detti del “Bambino vestito”. |
Frequentemente vediamo il Bambino con una coroncina
di spine, nella figura 1, trasportata da due
colombe, analogamente nella figura 2, in cui la
corona è tra le Sue mani, e gli strumenti in basso, in
primo piano, tra l’asino e il bue, così da richiamare
insieme i due momenti della storia salvifica, che nella
Croce ebbe il suo compimento.
Anche il santino ottocentesco
dallo sfondo violaceo – colore allusivo alla
morte – presenta una corona di spine che sovrasta il
Bambino, fasciato di candide bende (fig. 3.)
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Fig. 1 - Siderografia colorata a mano su fondo traforato a punzone, XIX secolo,
collezione privata |
Fig. 2 - Siderografia dipinta su fondo traforato,
XIX secolo,
collezione privata |
Fig. 3 - Siderografia, cornice centinata decorata
con sovrapposizioni in argento, XIX secolo, Parigi
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I “Bambinelli vestiti” poi, rappresentano un filone a sé
stante della produzione claustrale, frutto di un accurato
lavoro di intaglio, capace di trasmettere una pluralità
di messaggi e di significati.
Le figurazioni di Gesù Bambino, all’interno dei monasteri,
costituivano oggetto di particolare venerazione,
per l’adorazione liturgica, e la devozione individuale;
ai più antichi simulacri lignei, risalenti al Trecento,
seguirono realizzazioni di cera o terracotta, che ancor
oggi si producono.
Il genere iconografico dei
Bambinelli della Passione fa riferimento ai simulacri
del XVI e XVII sec., in cui si distinguono le tipologie dei “Bambini della Culla”, “Bambini della Passione", "Bambini della Passione addormentati" (23).
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Splendida rappresentazione del Bambino nella culla con angelo - Collezione di Rosina Llagaria
A questi
sono ispirate le immaginette, variamente decorate,
testimoni della diffusione e ricchezza della tradizione
devozionale, i cui pregevoli esemplari – noti
anche a seguito di recenti mostre (24) – illustrano,
grazie agli elementi nell’intaglio, le simbologie
della Passione; dai grappoli d’uva, riferimento
al vino eucaristico, agli strumenti della
Passione minuziosamente descritti: i dadi, la
tunica, la colonna della flagellazione, martello,
chiodi e tenaglia… mentre
il Bambino dormiente, richiama il
sembiante di morte, evocativo della missione
redentiva (25).
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Cromolitografie con cornice riccamente decorate,
collezione Rosina Llagaria |
Nella stella di carta di produzione claustrale
l’angelo trattiene un velo dinanzi
al Bambino dormiente, richiamando il
tema della morte salvifica, e rievocando insieme,
con efficace simbolismo, il sudario funebre. |
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Santini a stella con immagine incollata, cromolitografia con elementi dipinti a mano, produzione conventuale,
collezione privata |
Santino cromolitografico applicata su supporto a pressa e a punzone oro, seconda metà secolo XIX,
collezione Rosina Llagaria
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Domina la scena, con varietà di movenze, il coro degli
angeli, annunciatori di gloria e musici gioiosi.
Nel periodo post-riformistico
la loro presenza assumerà un’importanza
crescente, sostituendo le figurazioni popolaresche, e
caricandosi di importanti valenze devozionali.
Gli
angeli figurano come adoranti e accoglienti nel presepio, protagonisti e interlocutori del
Bambino da solo o con Maria e della Sacra Famiglia, a cui servono doni,
fiori, (fig. a sn.) e frutti che alludono alla Passione e al Paradiso,
come rose, passiflora, mele, melagrane, uva, ciliege.
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Nelle immaginette, nelle cartoline, nelle raffigurazioni
presepiali, sono gli angeli a spalancare le porte per contemplare
il Dio bambino, a intrattenerlo con le loro
armonie, e illuminare di luci le tenebre della notte, con
piccole candele; questa funzione di portaluce
si accompagna, nell’iconografia del XIX e XX sec.,
all’abete di derivazione nordica così
che il tema della luce, sostanziale in quanto espressione
del divino, diviene cifra dell’albero natalizio, che
si arricchisce via via di dolciumi e giocattoli, un tempo legati alla festività del
6 dicembre, s. Nicola, ma progressivamente
ricondotti alla più recente figura di Santa
Klaus - Babbo Natale, dai tratti bonari e
marcatamente profani.
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Cartolina vittoriana, XX secolo
collezione privata |
Cromolitografia inizi XX secolo,
collezione Rosina Llagaria
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La luce, primaria annunciatrice della
nascita divina, Stella risplendente che
muove verso la capanna, e guida i tre Re,
diviene, nelle immaginette di inizio ’900,
la decorazione cuspidale dell’albero, o
un fregio per la culla del Bambinello di
carta, elemento ornamentale di nostalgica
memoria, che ancora richiama,
coi suoi riflessi dorati, l’immagine della
leggendaria carovana regale venuta
dall’Oriente:
“Noi siamo i Tre Re magi
che abbiam vista la gran stella
la qual porta novella del gran Signore
…
Abbiam molto cavalcato
seguitando la grande stella
che per noi fu guida bella la notte e il giorno” (26).
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Cromolitografia, XIX secolo
collezione privata
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Cromolitografia con inserti di sottilissimo raso di vari colori, inizi XX secolo, collezione Llagaria
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Bibliografia
1 - Per un inquadramento generale vd A. Finizio-A. Salvatori,
Compendio di storia del presepio, AIAP, Roma, 2007.
2 - Vd E. Gulli Grigioni, Santi auguri. Presepi di carta, santini,
calendarietti devozionali per augurare la buone feste (secoli
XIX e XX), Ravenna, 1995.
3 - Si riprende qui a distanza di tempo una iconografia alto-medioevale
di Maria assisa che adora o comunque si occupa del Bambino.
4 - Prerogativa che in antico era dei Re Magi, v. miniature bizantine
del X sec.
5 - Romano il Melode, Inno per il Natale IV, 20, 29.
6 - Agostino, Discorso 202, Epifania del Signore 1: vd S.J. Voicu,
Prima del presepe, Roma, 2004, p. 22.
7 - Mt 2, 2.
8 - Nm 24, 17.
9 - Vangelo armeno dell’Infanzia, 11, 10. vd Voicu, op. cit., p. 43.
10 - Mt 2, 9.
11 - Mt 3, 16.
12 - Origene, Omelia sui Numeri 18, 4: vd Voicu, op. cit., p. 52
13 - Basilio di Cesarea, Sulla nascita di Cristo 6, ivi, p. 55
14 - come si legge nell’Omelia sui Vangeli di Gregorio Magno, in
Voicu, op. cit., pp. 60-61.
15 - Vangelo armeno dell’infanzia 11, 16-17, in Voicu, op. cit., p. 62.
16 - vd Compendio di storia del presepio, op. cit., p. 196; C.
Widmann, La simbologia del presepe, Roma, 2004, p. 333.
17 - Romano il Melode, Inno del Natale.
18 - G. Passarelli, Icone delle dodici grandi feste bizantine, Milano,
1998, pp. 85-108.
19 - G. Dell’Aringa, Leggende della vita di Gesù, Associazione Ponte,
Capannori (Lu) 1990, p. 43.
20 - Is 1, 5: vd R. Papa, Contributo per una storia iconologica della
Natività, in La Madonna del Presepio. Da Donatello a
Guercino. Una devozione antica e nuova nella terra di Cento,
Cento, Pinacoteca Civica, 2 dicembre 2007 - 13 aprile 2008, p. 90.
21 - Jacopo da Varagine, Leggenda Aurea, trad. di C.Lisi, Firenze,
1952, p. 52.
22 Ibid., p. 53.
23 M. Dolz, Il Dio Bambino. La devozione a Gesù Bambino dai
vangeli dell’infanzia a Edith Stein, Milano, 2001, pp. 201-2.
24 Il Divino Infante. Sculture del Bambino Gesù dalla
Collezione Hiky Mayr, a cura di C. Basta, FMR, 2002; S. Micheli,
Imago Sanctitatis. Il Bambino vestito. Una particolare tipologia
di immaginette devozionali, Capannori, 2007; D. Tonti, Il Verbo
si è fatto carne. L’iconografia del Bambinello, Urbino, 2007.
25 vd R. Papa, op. cit., pp. 84-87.
26 Lode sopra i Tre Magi, canto popolare, Lago di Garda: vd “Dolce
felice notte…” I Sacri canti di G.B. Michi (Tesero 1651-1690) e
i canti di questua natalizio-epifanici nell’arco alpino, dal
Concilio di Trento alla tradizione orale contemporanea, a cura
di R. Morelli, Provincia Autonoma di Trento, 2001, p. 109.
Della stessa Autrice:
* La Prof.ssa Stefania Colafranceschi è membro dell' A.I.C.I.S
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