COME ISCRIVERSI ALL’A.I.C.I.S.
Telefonando alla Segreteria (tel.06-7049.1619)
e richiedendo l'apposito modulo da compilare. L’importo
da versare sul conto corrente postale nr. 39389069
dell'’A.I.C.I.S è di euro 3,00 per
la sola iscrizione all’Associazione, mentre
la quota annuale 2008 è di euro 25,00 per
le persone fisiche e di euro 34,00 per le Associazioni
e gli Enti.
L’anno sociale decorre dal 1° gennaio
al 31 dicembre
DIRITTI DEI SOCI:
- ricevere le Circolari Informative, con immaginette
omaggio;
- partecipare alle mostre ed alle iniziative sociali;
- partecipare alle riunioni di scambio fra soci;
- effettuare scambi fra soci per corrispondenza;
- fare inserzioni gratuite di offerta o di richiesta
di immaginette nelle Circolari Informative.
Gli incontri si tengono nella Sede dell'Ass.ne,
in P.za Campitelli 9, in una sala interna al cortile
adiacente la
Chiesa di S.ta Maria in Portico, ogni primo martedì
del mese, eccetto agosto, e salvo variazioni che
di volta in volta verranno rese note.
Informazioni: Contattare Renzo Manfè - Vice
Presidente
Tel 388-6938.777.
e-mail: aicis_rm@yahoo.it
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AGGIORNAMENTI
SEZZE (LT), 8 Dicembre 2010 - 9 Gennaio 2011 -
Mostra: “SAN CARLO DA SEZZE, IL BUE E L’ASINO: L’INFINITO IN UNA CULLA”
In prospettiva del IV Centenario della nascita e battesimo di s.Carlo da Sezze (1613-2013), l’omonimo Centro Studi, nell’ ambito dei progetti “Aspettando il Natale con San Carlo da Sezze” e “San Carlo da Sezze tra misticismo e storia”, ha scelto piazza San Lorenzo con l’omonima chiesa e la stessa casa natale di San Carlo, per una serie di interessanti iniziative, quali l’inaugurazione il giorno 9 dicembre della mostra iconografica sulla Natività. Sono state esposte, all’interno della casa natale di San Carlo, pregiate immaginette sacre originali comprese in un periodo che va dalla fine del ‘700 ai nostri giorni che si distinguono per caratteristiche artistiche e di contenuto ed assumono, in diversi casi, anche un valore di supporto liturgico ed educativo.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 9 gennaio 2011.
RAVENNA, inizio Novembre - 8 Dicembre 2010 – Mostra di santini: “L’ORNAMENTO DELL’ANIMA - Un percorso tra immagini ed oggetti della devozione”
Il socio AICIS di Ravenna, FILIPPO BRICCOLI, con la collaborazione della Cassa di Risparmio di Ravenna SpA, dall’inizio di novembre 2010 ha allestito al centro della città una miniesposizione di immaginette sacre in due grandi vetrine storiche (proprietà della Cassa di Risparmio di Ravenna) che si affacciano su Piazza del Popolo, visibili giorno e notte. Si tratta di manufatti insoliti e rari, molti dei quali unici, di grande impatto visivo e di profondi significati spirituali e teologici.
La mostra di preziosi santini rimarrà fruibile al pubblico fino all’8 dicembre p.v., festa dell’Immacolata. |
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NOTIZIARIO A.I.C.I.S. N. 2 - MAGGIO - GIUGNO 2010
ICONOGRAFIA. FIGURE E SEGNI DI PROTEZIONE CELESTE- 19
di Elisabetta Gulli Grigioni
Il Santo Volto di Gesù Cristo
«Lei lo fissa./E lo fisserà da quel momento/per sempre». ‘Iconipnosi’ forse dovrebbe dirsi la prigione immateriale della misteriosa donna chiamata Veronica, in potere dell’Immagine, cristallizzata per sempre nel verso di Davide Rondoni (Via crucis dell’amico, Casa editrice Marietti 2007, VI, La Veronica asciuga il volto di Gesù).
In una pagina del ‘domenicale’ di «Il Sole-24 Ore» del 7 marzo 1999, Gianfranco Ravasi, nel recensire la seconda raccolta di Ritratti originali di Gesù Cristo, di Romano Penna, riproponeva il quesito sulla molteplicità dei ritratti di Cristo, se siano cioè essi compatibili o contradditori. Problematica iconografica attuale in questo periodo di ostensione della Sacra Sindone che risveglia eccezionali interessi verso la persona di Cristo, storica, o interpretata attraverso espressioni artistiche riproposte quasi quotidianamente dai mezzi di comunicazione. Il 4 aprile 2010, il quotidiano «Il Resto del Carlino», titola un ampio articolo Se il cinema disegna i mille volti di Cristo per presentare una mostra, Ecce Homo. L’immagine di Gesù nella storia del Cinema, allestita a Torino dal Museo Nazionale del Cinema nella Mole Antonelliana che, oltre al materiale più strettamente cinematografico, presenta, fino al 6 giugno, manifesti, foto di scena, dipinti, fumetti, accompagnati da proiezioni e dibattiti.
Una tradizione sui tratti fisionomici di Gesù, ininterrottamente alimentata dal desiderio mistico di visione che sempre ha animato i fedeli, si è formata fin dai tempi antichi e l’ Enciclopedia Cristologia, curata da Gustave Bardy e Alphonse Tricot, che ho già avuto occasione di citare, ne ricorda le principali espressioni. Fra queste, famosa nel Medioevo, una lettera apocrifa di Publio Lentulo, «personaggio del tutto immaginario, e preteso governatore della Giudea», che «si trova manoscritta in molte biblioteche: fu stampata per la prima volta nella Vita Jesu Christi di Ludolfo il Certosino (Colonia, 1474)». Il testo della lettera, la cui importanza «per quanto riguarda l’iconografia del Cristo nei pittori medievali è enorme», appare ricco di particolari fisionomici (dal colore degli occhi e dei capelli che «scendono lisci fino alle orecchie, ma dalle orecchie cominciano a esser crespi» al colore della pelle priva di rughe e all’espressione) e si trova riprodotto sul retro di un santino che conservo, prodotto in Italia attorno agli anni Trenta/quaranta del Novecento, che certo sarà stato in gran copia, e già in tempi antichi, calligraficamente o a stampa diffuso. Sulla parte anteriore dell’immaginetta è riprodotto un volto di Cristo dai tratti quasi identici a quelli che furonono attribuiti a Giuseppe Garibaldi con l’intenzione di accreditarlo come Salvatore, in una stampa ottocentesca che si può vedere riprodotta nel catalogo di una mostra dedicata a lui alcuni anni fa dalla Biblioteca Classense di Ravenna.\
La considerazione del volto di Cristo è importante in differenti contesti di ricerca. Mi limito a ricordare un capitolo di Vera Fortunati, Il volto di Cristo. La Veronica nei monasteri femminili in Europa dal tardo Medioevo alla prima età moderna: funzione e uso (in Pregare con le immagini. Il breviario di Caterina Vigri, a cura di Vera Fortunati e Claudio Leonardi, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2004, pp. 57-81), con ricca illustrazione a colori, e le pagine di Paul Zanker, sullo sfondo di mosaici e sarcofagi intellettualmente interrogati (La maschera di Socrate. L’immagine dell’intellettuale nell’arte antica, Torino, Einaudi, 2009, pp. 325-342). Nel settore delle immaginette devozionali il tema del volto di Cristo si presenta in varianti numerosissime anche se riconducibili ad alcuni modelli fondamentali, riprodotte a stampa cromolitografica come l’immaginetta qui proposta, oppure dipinte a mano, magari a tempera su piccoli rettangoli di lino finissimo a trama irregolare in una tipologia settecentesca diffusa nelle zone di lingua tedesca e dell’arco alpino.
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CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI SANTI
Il 27 marzo 2010, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata S.E. Mons. Angelo Amato, s.d.b., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i seguenti Decreti:
A - PROSSIMAMENTE 1 NUOVA SANTA
E’ stato promulgato il decreto riguardante un miracolo attribuito all'intercessione della seguente Beata, per la quale verrà fissata quanto prima la data della Cerimonia di Canonizzazione:
Bonifacia Rodriguez De Castro (1837-1905)
Bonifacia nasce a Salamanca (Spagna) il 6 giugno 1837. Terminati gli studi elementari impara il mestiere di cordonaia. Superate le prime ristrettezze economiche apre un proprio laboratorio artigianale di “cordoni, passamaneria e altri manufatti”. Alcune ragazze della sua città, attratte dalla sua testimonianza di vita, frequentano la sua casa-laboratorio nei pomeriggi dei giorni festivi, sfuggendo ai pericolosi passatempi dell'epoca. La vita di Bonifacia ha una svolta con l’arrivo a Salamanca del gesuita Francisco Javier Butinyà i Hospital nell'ottobre del 1870. Questi le propone di fondare la Congregazione delle Serve di San Giuseppe, progetto che Bonifacia accetta di buon grado. Insieme ad altre sei ragazze, fra le quali anche sua madre, il 10 gennaio 1874, dà inizio nella sua casa-laboratorio, alla vita della nuova comunità. Ma non mancano le prove. A tre mesi dalla fondazione, Padre Francisco è mandato in esilio fuori dalla Spagna con i suoi compagni gesuiti, e nel gennaio 1875 il Vescovo Lluch i Garriga è trasferito alla sede di Barcellona. A un anno dalla nascita della Congregazione, Bonifacia si ritrova sola a capo dell'Istituto. Il direttore della Congregazione, tuttavia, approfittando di un viaggio che Bonifacia compie a Girona nel 1882 allo scopo di stabilire un'unione con altre case delle Serve di San Giuseppe, promuove la sua destituzione da Superiora Generale. Umiliazioni, rifiuto, disprezzo e calunnie la investono e la fanno andar via da Salamanca. L'unica risposta di Bonifacia è il silenzio, l'umiltà e il perdono. Come soluzione al conflitto Bonifacia propone al Vescovo di Salamanca, Narciso Martínez Izquierdo, la fondazione di una nuova comunità a Zamora. Una volta accettata, nella sua forma giuridica, Bonifacia vi si reca il 25 luglio 1883, accompagnata da sua madre. A Zamora infonde vita al progetto in piena fedeltà, mentre a Salamanca iniziano le modifiche ad un progetto non compreso. La casa madre di Salamanca dimentica Bonifacia e la fondazione di Zamora. Il 1 luglio del 1901 Leone XIII concede l'approvazione pontificia alle Serve di San Giuseppe, con l'esclusione della casa di Zamora. Questo è il momento di maggiore umiliazione e di privazione per Bonifacia, che si reca Salamanca per incontrare quelle sorelle, ma.giunta alla Casa di Santa Teresa, le viene detto: “Ci è stato ordinato di non riceverla”, e Bonifacia ritorna a Zamora con il cuore spezzato dal dolore. Si sfoga solo dolcemente così: “Non tornerò alla terra che mi ha visto nascere, né a questa cara Casa di Santa Teresa”. La comunità di Zamora verrà a sapere quanto è successo solo dopo la sua morte. Ma neppure questo nuovo rifiuto la separa dalle sue figlie di Salamanca e, piena di fiducia in Dio, dice alle sorelle di Zamora: “quando morirò!” Madre Bonifacia era certa che l'unione si sarebbe realizzata quando lei sarebbe mancata. Con questa speranza, circondata dall'affetto della sua comunità e della gente di Zamora che la venerava come una santa, muore in questa città l'8 agosto del 1905. Il 23 gennaio del 1907 la casa di Zamora si riunisce con il resto della Congregazione. (fonte: www.vatican.va)
B - PROSSIMAMENTE OTTO NUOVI BEATI
A)-Sono stati promulgati 5 decreti riguardanti un miracolo attribuito all’intercessione dei seguenti Venerabili Servi di Dio, per i quali verrà fissata quanto prima la data della Cerimonia di Beatificazione.
1- GIOVANNI DE PALAFOX Y MENDOZA (1600-1659)
Il venerabile Servo di Dio Giovanni De Palafox y Mendoza, prima Vescovo di Puebla de los Angeles e poi Vescovo di Osma nasce a Fitero (Spagna) il 24.VI.1600. Figlio illegittimo di don Giacomo de Palafox marchese di Ariza e di una giovane vedova aragonese, donna Anna de Casanate y Espés, inizia gli studi nel Collegio dei Gesuiti a Tarragona e da lì passa alle Università di Huesca, Alcalà e Salamanca per studiare Diritto, erudizione e buone lettere. Entra poi alla corte del re di Spagna Filippo IV (1605-1665), appoggiando la politica del conte-duca di Olivares. Ottiene posti ed onori a Madrid. A soli 26 anni fa parte del Consiglio di Guerra, poi di quello delle Indie. Dedicatosi alle cose dello spirito, lascia la vita mondana. A 39 anni don Giovanni de Palafox è designato alla sede vescovile di Puebla de los Angeles in Messico e consacrato il 27.XII.1639. Grande riformatore, instancabile pastore di anime, protettore degli indios; fonda la Biblioteca Palafoxiana con migliaia di libri provenienti dalla sua biblioteca privata portati dalla Spagna; fa costruire la cattedrale di Puebla e tanti altri edifici istituzionali. Si preoccupa di attuare le norme del Concilio di Trento riguardanti la disciplina ecclesiastica, il culto eucaristico e mariano, quello dei santi, la liturgia e il canto, ma soprattutto la formazione del clero. Come Visitatore organizza tribunali, municipi, sentenzia un centinaio di cause giudiziarie. Dota di propri statuti l’Università del Messico, accettati dai professori nel 1668. Nel 1649 è richiamato dal re in patria e fino al 1654, resta nella corte spagnola come Consigliere d’Aragona dedicandosi ad opere pie a Madrid. Il 3 marzo 1654 è trasferito alla diocesi di Osma (Soria), con sede a Burgo de Osma e in essa rimane fino alla morte, avvenuta nel palazzo episcopale il 1° ottobre 1659.
2 - MARIA BARBARA DELLA SS.MA TRINITA’ [Barbara Maix] (1818-1873)
Barbara nasce a Vienna, il 27 giugno 1818. Giovane coraggiosa, incrollabile nella fede e nell´amore a Dio, si impegna in favore del popolo, senza mai esitare. Espulsa dalla sua terra a causa della situazione política regnante,si imbarca per il Brasile e il 9 novembre 1848 arriva a Rio de Janeiro con 21 compagne, senza denaro, senza conoscere nessuno, senza sapere la lingua, con molta fame, ma piena di fiducia in Dio e nella Madonna.
La sua vita dedicata tutta a Dio ed ai fratelli, specialmente ai piú bisognosi, è segnata da molte sofferenze, malattie, povertá, lotte ed apparenti insuccessi. Sull´esempio di Maria, abbandonata alla Volontá del Padre, Barbara risponde SI alla chiamata del Signore. L´8 maggio 1849 fonda la Congregazione delle Suore dell´Immacolato Cuore di Maria. Muore il 17 marzo 1873, lasciando in ereditá il “perdono”. I suoi Resti Mortali sono custoditi nella Cappella S. Rafaele, Rua Riachuelo, 508, Porto Alegre, RS – Brasile. - a miracle attributed to the intercession of the Venerable Servant of God FRANCISCO Sánchez Márquez (in religion: Leopoldo FROM ALPANDEIRE ), professed religious of the Order of Friars Minor Capuchins; born on 24 June 1866 at Alpandeire, Málaga (Spain) and died on 09 February 1956 in Granada (Spain); declared venerable on 15 March 2008;
3 - ANNA MARIA ADORNI (1805-1893)
Anna Maria Adorni nasce a Fivizzano (Massa Carrara) nel 1805 e, ancora adolescente, alla morte del padre emigra a Parma in cerca di lavoro e vi passerà il resto della sua lunga vita, fino alla morte, avvenuta il 7 febbraio 1893. A Parma, pensa di abbracciare la vita religiosa tra le Monache Cappuccine, ma in ossequio alla madre che vi si oppone, sposa Antonio Domenico Botti, addetto alla Casa Ducale di Parma, cui dà sei figli, tutti morti in tenera età, ad eccezione di Leopoldo che poi entra nell’Ordine Benedettino. A 39 anni rimane vedova. Su consiglio del confessore, intraprende un cammino di carità a sollievo delle carcerate. Molte signore, attratte dagli esempi della Serva di Dio, la imitarono nel compimento della sua opera di carità, unite nell’Associazione, riconosciuta canonicamente dal Vescovo ed approvata dalla Duchessa di Parma, chiamata ”Pia Unione delle Dame visitatrici delle carceri sotto dei Santissimi Cuori di Gesù e di Maria”. Santamente sollecita anche delle donne dimesse dal carcere, Anna Maria prende in affitto una casa per loro e per le fanciulle pericolanti ed orfane. La sua opera, di grande valore sociale attira l’attenzione delle autorità civili e religiose e diviene un punto di riferimento. Nonostante sappia appena leggere e scrivere è ricercata per consiglio da Vescovi e principi. In una testimonianza al processo di beatificazione, celebrato nella Curia Vescovile di Parma, emergono nomi di rilievo: Mons. Cantimorri (Vescovo di Parma), Mons. Domenico M. Villa (Vescovo di Parma), Don Andrea Ferrari, allora Rettore del Seminario e poi cardinale di Milano, Guido M. Conforti, seminarista, Sacerdote, poi Vescovo di Ravenna e di Parma e fondatore dei missionari saveriani e attualmente beato, S. Giovanni Bosco ( per ben due volte in occasione delle pratiche per l’inizio dell’Opera Salesiana a Parma). Mons. Francesco dei Conti Benassi già Vicario Generale e poi Vescovo di Guastalla, Sr. Maria Maddalena della SS. Trinità, Fondatrice delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Rimini, Religiose di varie Congregazioni di Parma: Chieppine, Orsoline…la Contessa Liberata Liberati Borselli, la Contessa Del Pozzo, il Barone del Campo il quale fu visto parecchie volte uscire da lei con le lacrime agli occhi. Per provvedere in maniera più adeguata all’opera, fonda una famiglia religiosa: la Famiglia delle Ancelle dell’Immacolata di Parma, con alcune compagne, che si consacrano a Dio con i voti di castità, obbedienza e povertà, e l’aggiunta di un quarto voto, di donare cioè la propria vita per il recupero delle donne cadute, per la tutela delle pericolanti e nella materna assistenza alle derelitte e alle orfane. Sulla morte della Beata, registriamo una testimonianza giurata al Processo di Canonizzazione: ”Nei tre giorni in cui è stata esposta la venerata salma si compì un vero pellegrinaggio. Persone d’ogni età e ceto; chierici, sacerdoti, secolari e regolari, collegi, tutti accorrevano a pregare presso la salma. La toccavano con corone, medaglie, con indumenti per indossarli a bambini, ad ammalati e non mancavano gl’indiscreti che le tagliavano l’abito religioso e perfino i capelli per conservarli come reliquie”. “…Sentiì pure dalla mia Maestra Suor Maddalena, che la Madre Adorni alla sua morte si trasformò. Il suo volto prese aspetto luminoso risplendeva come un sole. Anche la stanza restò tutta illuminata. Erano le 19,30 del 7 febbraio 1893”.
Don Marcello Stanzione
4 - Maria dell'Immacolata Concezione, [Maria Isabella Salvat y Romero] (1926-1998)
Madre María dell’Immacolata Concezione, (al secolo: María Isabel Salvat Romero), nasce a Madrid il 20 di Febbraio 1926 da una distinta famiglia di alto livello sociale. Viene battezzata nella Parrocchia della Concezione. L’8 dicembre 1944, a 18 anni, entra nella Compagnia della Croce, fondata da Sant’Angela della Croce (1846-1932). Pronuncia i voti perpetui nel 1952. Madre Maria è una donna colta e distinta che parla tre lingue, francese, inglese ed italiano, e oltre approfondire la sua vita di pietà religiosa, sa cogliere con ottica intelligente gli avvenimenti del mondo. Fedele seguace di Santa Ángela della Croce ed osservatrice irreprensibile delle regole dell'Istituto, viene nominata Superiora delle case di Steppa e Villanueva del Fiume e Miniere. Così serve con vero affetto le anziane malate delle "grotte". Ogni giorno, di mattina, si reca fino alle "grotte" per servirle: le lava, cucina loro il cibo, lava i loro vestiti. Si riserva sempre i lavori più duri e faticosi. Successivamente riceve la nomina di maestra delle novizie ed entra quindi nel Consiglio Generale della Congregazione.
In ogni situazione mantiene intatto il carisma della Fondatrice. L’11 Febbraio del 1977, giorno anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes, viene eletta Madre Generale della Compagnia della Croce. Austera e povera per sé stessa, fa vivere alle sorelle lo spirito dell'Istituto nella fedeltà alle piccole cose e si dà soprattutto a coloro che hanno bisogno di lei. Governa la Congregazione con instancabile zelo.
Concretizza il suo ideale di fare diventare vita il carisma dalla Santa Madre Fondatrice, con la sua vita semplice, umile e piena di fede. Muore il 31 ottobre 1998.
5 - Stefano [Giuseppe Nehmé] (1889-1938)
Fratello Estephan (al secolo: Giuseppe Nehmé) nasce a Lehfed (Libano) nel marzo 1889. Il suo corpo viene scoperto incorrotto nella tomba del convento di Kfifane. Egli è ricordato come un monaco umile, amoroso e devoto. Di lui è stato scritto recentemente come di un religioso "distinto per semplice ed evangelica vita" mentre viene sottolineato il suo servizio a Dio e per gli uomini, che ha amato senza alcuna discriminazione. Il Postulatore Generale della sua causa, Fr. Paolo Azzi, ha detto di lui in un'intervista che egli fu testimone leale della chiamata di Dio, e si è distinto per l’impegno ascetico e la preghiera continua e che “la sua caratteristica era fare tutto nella presenza di Dio." Muore a Kfifane (Libano) il 30 agosto 1938.
B)-Sono stati promulgati 3 decreti riguardanti il martirio dei seguenti Servi di Dio, per i quali verrà fissata quanto prima la data della Cerimonia di Beatificazione.
1 - Szilárd Bogdánffy (1911-1953)
Bogd ánffy Szilárd nasce il 21 febbraio 1911 a Feketetó (allora in Ungheria oggi Crna Bara in Vojvodina, Serbia). Nel 1925 la sua famiglia si stabilisce a Timisoara, dove frequenta Szilárd Monaci Academic College e poi il seminario a Oradea. Viene ordinato sacerdote nella cattedrale cattolica di Oradea, il 29 giugno 1934. In seguito consegue il dottorato in filosofia e teologia dogmatica presso l'Università Péter Pázmány di Budapest. Tornato in Romania nel 1944, insegna alla St. Joseph's Catholic College Oradea e nell'aprile del 1947, diviene un canonico della cattedrale cattolica e vescovo vicario di Oradea. Riceve la consacrazione vescovile da Mons. Gerald Patrick O'Hara, il 14 febbraio 1949. Due mesi viene arrestato a Oradea e viene trasferito da un carcere all'altro (Jilava Capo Midia Sighet Aiud) fino alla sua morte il 2 ottobre 1953 dopo una pesante e prolungata sofferenza. "Era umile e gentile", ricorda nelle sue memorie il Vescovo greco-cattolico John Ploscaru, “e per la sua disponibilità ad aiutare gli altri è stato sottoposto a tortura, all’isolamento, e a limiti estremi di sopravvivenza.
2 - GERARDO HIRSCHFELDER (1907-1942)
Gerard Hieschfielder nasce il 17 febbraio 1907 a Glatz in Silesia. Giovane di buon carattere, molto religioso. Dopo i primi anni di scuola, entra nel Liceo di Belle Lettere di Glatz, e si diploma nel 1926. Inizia poi gli studi per diventare sacerdote. Il suo cammino al sacerdozio è pieno di difficoltà per essere figlio naturale. Il 31 gennaio 1932 il Cardinale Bertram lo ordina sacerdote nella gran cattedrale di Breslau. Dal 1932 fino al 1939 svolge l’incarico di cappellano a Granzeck (Tscherbeney), e da quell'anno fino al 1º d'agosto 1941, cappellano maggiore in Habelschwe e responsabile della pastorale
giovanile della diocesi. Presto la Gestapo comincia a sorvegliare il suo fecondo lavoro con la gioventù. Il 1º agosto 1941, durante una riunione religiosa con i giovani, viene arrestato dalla Gestapo e chiuso nella carcere di Glatz, dove rimane per 4 mesi. Da lì scrive, tra le altre cose, impressionanti preghiere per la Via Crucis: un fedele si è occupato di farne 100 copie immediatamente dopo la sua morte e di farle circolare. Alla metà di dicembre viene trasportato a Dachau. Trascorre la Vigilia di Natale nelle carceri di Vienna dove parla con altri prigionieri sul mistero di Natale. Dopo il suo arrivo al campo di concentramento rimane nel blocco d'entrata. Nell'estate del 1942 è destinato a lavorare nella gigantesca piantagione. Un sacerdote che è prigioniero con lui, Padre Engelbert Rehling OMI, racconta: "Padre Hirschfelder ha vissuto insieme con me nel blocco 26/3. Nel suo ambiente dava l'impressione di sommamente umile, quasi timido, nobilmente discreto e al contempo sempre disposto a fare un favore agli altri”.
Muore nel campo di concentramento di Dachau (Germania) il 1° agosto 1942.
3 - LUIGI GROZDE (1923-1943)
Luigi nasce nella località slovena di Gorenje Vodale il 27 maggio 1923. Giovane intelligente, attento, educato Alojzij Grozde si distingue subito nella scuola come un ottimo allievo, appassionato di lettura e con un'inclinazione per la poesia. Nella capitale Lubiana, dove si reca a studiare, assiste alle celebrazioni del Congresso Eucaristico del 1935, che lo colpiscono molto. Spinto da alcuni amici, entra nell'Azione Cattolica. Si stabilisce un programma di preghiera, accetta responsabilità e utilizza gli studi come strumento di apostolato. Ogni giorno prega e si comunica, partecipa a ritiri e a varie attività e si sente attratto dalla vita sacerdotale. La situazione politica della Yugoslavia, tuttavia, cambia, e dopo la Seconda Guerra Mondiale sorge il comunismo promosso da Tito, con la successiva persecuzione della fede cattolica. Nel 1943, durante un viaggio per far visita ai parenti, il 31 dicembre 1942 viene arrestato e accusato di propaganda contro il comunismo. Durante la notte, a Mima (Slovenia), viene torturato fino alla morte: è il 1° gennaio 1943. Il suo cadavere rivela, alcuni giorni dopo, le tracce del suo
supplizio.
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.C- LA CHIESA HA SETTE NUOVI VENERABILI
Sono stati anche promulgati 7 decreti riguardanti l’eroicità delle virtù dei seguenti Servi di Dio, i quali, pertanto, acquisiscono il nuovo titolo di “Venerabile”:
1 - Francesco Antonio Marcucci (1717-1798)
Mons. Francesco Marcucci nasce a Force il 27 novembre 1717 e muore in Ascoli Piceno il 12 luglio 1798. Fondatore delle Suore Concezioniste (Pie Operaie dell’Immacolata Concezione) Sacerdote, Missionario, Vescovo di Montalto, Viceregente di Roma, è soprattutto testimone delle Beatitudini evangeliche e precursore dell’elevazione della donna sul modello di Maria Immacolata. Di nobile famiglia ascolana, unico erede di un cospicuo patrimonio, già avviato all’avvocatura, a 18 anni dà un taglio definitivo con il mondo: rinuncia al suo promettente avvenire, per consacrarsi a Dio e a al culto dell’ Immacolata nella via del sacerdozio. L’idea di fondare una Congregazione di religiose in onore del mistero dell’Immacolata Concezione balena alla mente del giovane Marcucci nel settembre 1738, all’età di ventuno anni, ma la realizzazione si concretizza sei anni dopo. Sprovvisto di mezzi, esperienza, credito e preparazione, Francesco Antonio s’immerge nello studio delle più diverse discipline, prediligendo la Sacra Scrittura e la Patristica. Sull’esempio di S. Leonardo da Porto Maurizio, fa le missioni in vari paesi delle Marche e dell’Abruzzo, tiene prediche, catechismi, quaresimali ed esercizi spirituali. Nel 1741, con prestiti di devoti, acquista uno stabile in piazza S.Giacomo, adatto per il convento. In quegli anni, Ascoli non vive tempi tranquilli: la peste miete vittime nel vicino Abruzzo e gli eserciti di Austria e Spagna si combattono nella guerra di successione austriaca (1740-1747) e, accampati lungo le spiagge, saccheggiano le campagne. Ascoli è in preda al terrore: unico appoggio sicuro è la preghiera a Maria Ss.ma e al patrono S.Emidio. Alla metà di luglio 1744, giunge la notizia che il pericolo della guerra è scongiurato. Il 23 novembre il vescovo Mons. Marana concede l’approvazione per erigere la Congregazione. L’8 dicembre, le quattro novelle Pie Operaie, dopo aver partecipato alla santa Messa, accompagnate da una folla festante ed entrano nella Casa accolte dal Fondatore che le benedice con grande commozione. Nel 1745 apre la Scuolapia, per formare ed istruire le giovanette di ogni ceto sociale. Organizza accademie, pubblica scritti anche di storia locale, fa dispute e predicazioni, affinché, il male del secolo, l’ignoranza, venga vinta e la donna sia elevata alla sua vera dignità. Eletto Vescovo di Montalto nel 1770, è Pastore provvido, che non si risparmia fatiche e sacrifici. Chiamato come Viceregente a Roma nel 1774 profonde le sue energie con tanta generosità che merita la stima di Clemente XIV e di Pio VI, che lo vogliono con sé nel viaggio a Vienna nel 1782. Negli ultimi anni si ritira ad Ascoli, presso l’Istituto delle Pie Operaie dove muore il 12 luglio 1798. Alla Congregazione da lui fondata, alla quale donò ogni suo avere, il Marcucci ha lasciato un immenso patrimonio spirituale ed un grande esempio di vita consacrata a Maria Immacolata e alla Chiesa. (Dal libro :Pensieri e massime di Mons.Francesco A.Marcucci per ciascun giorno dell’anno, 1998).
2 - Giovanni Francesco Gnidovec (1873-1939)
Janez Giovanni Francesco Gnidovec nasce a Veliki Lipovec, il 29 settembre 1873. Nel 1892, dopo che l’11 febbraio muore il papà, il 5 luglio consegue la maturità. La morte della mamma a sette anni, ora del papà, incidono nella linea di vita di Janez. il 22 agosto entra in Seminario a Ljubljana per gli studi teologici. Il 23.VII.1896, nella Cattedrale di Ljubljana Janez riceve, dal Vescovo Jakob Missia, la consacrazione sacerdotale. Inizia il suo ministero ad Idrja prima, poi nel 1897 a Vipara, sempre con zelo, chiarezza morale, semplicità e modestia accattivanti.
E anche quando il Vescovo di Ljubljana, Msgr Anton Bonaventura Jelic, lo invia nel 1899 all'Università statale di Vienna, mentre s'impegna negli studi, si prodiga al ginnasio di Kranj, viene nominato professore e direttore del ginnasio-liceo vescovile di San Stanislao, a Sentvid in Ljubljana, dove resta 14 anni. Dà vita anche al "Mentor", primo periodico in lingua slovena per studenti, e fa del San Stanislao un istituto cattolico di educazione, il primo Istituto Cattolico Parificato di lingua slovena. Intanto la Grande Guerra imperversa e il San Stanislao viene adibito ad ospedale militare. Durante il suo lungo e fervido cammino, Gnidovec matura la decisione di entrare fra i Lazzaristi. Il suo vescovo, Mons.Jeglic, lo presenta loro dicendo di averglielo portato perché ne facciano un santo: è l’8 dicembre 1919. Entrando in noviziato Gnidovec, al direttore che lo accoglie, dice: «Ora sono vostro». Terminato l’anno di noviziato è nominato direttore del seminario fino al 1924, quando il Nunzio Ermenegildo Pellegrinetti il 30 novembre, a Ljubljana nella chiesa del Sacro Cuore, lo consacra Vescovo della diocesi di Skopie-Prizren: un vasto territorio che comprende Macedonia, Kossovo e piccole porzioni di Serbia e Montenegro. Mons.Janez, da uomo di preghiera, sacrificio e fede, opera indefessamente. Stabilita a Prizren la propria residenza episcopale, è accolto festosamente dalla gente. La maggioranza manca di tutto, anche dipotersi istruire, le poche chiese sono misere cappelle, c’è carenza di sacerdoti.
Egli ha impresso sul proprio stemma il motto “Sono diventato tutto a tutti” e per tutti si prodiga.
Lavora in prima persona senza badare ai chilometri da percorrere a piedi, alla fatica, al freddo o al caldo.
Durante i suoi viaggi distribuisce tutto quello che ha e, restando senza danaro, dorme all’addiaccio. Nel 1934 trasferisce la sede vescovile da Prizren a Skopje. Il 14 aprile 1938, prende parte al IX Sinodo Diocesano: l’ultimo della sua vita. In modo accorato dice ai sacerdoti presenti: «Io non sarò molto tempo con voi. […] Siate devoti adoratori. Ogni settimana almeno un’ora santificatela davanti al Santissimo […]. Prendete queste mie parole per ricordo». Le sue condizioni di salute sono gravi. Ricoverato nell’ospedale Leonisce, muore santamente il 3 febbraio 1939. Il giornale locale “Slovenec” annuncia che è morto il Vescovo Santo.
Il 22 agosto 1974, Madre Teresa di Calcutta, in occasione di una sua visita a Ljubljana, ricorda come lei nel novembre del 1928 a Prizren avesse ricevuto dal suo Vescovo, Msgr Janez Francisek Gnidovec, la benedizione e il crocifisso di missionaria. Di lui Madre Teresa offre un prezioso ricordo: «Egli era “Santo”. Noi tutti lo consideravamo tale… Quando sono partita da Skopje, egli ha offerto la Santa Messa per me, mi ha dato la Santa Comunione e la benedizione, e mi ha detto: Tu vai in missione. Da’ tutto a Gesù. Vivi solo per Gesù, che egli sia il tutto della tua vita.
Ora egli prega per me e io ho un intercessore presso Dio».
3 - Luigi Novarese (1914-1984)
Nasce a Casale Monferrato, in Piemonte, il 29 luglio 1914. Sperimenta presto la sofferenza. All'età di nove anni, gli viene diagnosticata una coxite destra, per cui gli viene applicato un apparecchio gessato per tenere dritte le gambe. Inizia così il pellegrinaggio da un ospedale all'altro, ma senza risultato. In quel periodo sperimenta sulla sua pelle quali sono le gravi condizioni in cui si trovano gli ammalati. Il 17 maggio 1931 esce dall'ospedale completamente guarito, dopo una novena con i ragazzi di Valdocco. Tornato a casa il suo pensiero è, come promesso alla Madonna, di dedicare la sua vita agli ammalati. Continua gli studi per conseguire la licenza liceale e iscriversi alla facoltà di medicina a Torino ma, alla morte della mamma, nel 1935, decide di farsi sacerdote e di servire spiritualmente gli ammalati. Prosegue gli studi a Roma, presso l'Almo Collegio Capranica. E’ ordinato sacerdote il 17.XII.1938, nella Basilica di S.Giovanni in Laterano. Nel 1941 è assunto presso la Segreteria di Stato e vi rimane fino al 1970, quando è distaccato per seguire l'Assistenza Religiosa Ospedaliera d'Italia, di cui riceve incarico dal 1962. Per la sua esperienza di malattia e sanatorio, dedica la sua vita a un nuovo apostolato: "la promozione integrale della persona sofferente". Suo scopo è valorizzare, recuperare la persona ammalata "integralmente", partendo dalla sua anima e proseguendo in ogni ambito della sua vita: il corpo, il lavoro, gli affetti, ecc. Mons. Luigi Novarese, con Sorella Elvira Psorulla, alla quale chiede di collaborare in questo suo nuovo apostolato, dà vita alle fondazioni che si propongono il sostegno spirituale, umano e materiale delle persone sofferenti: la Lega Sacerdotale Mariana (1943), il Centro Volontari della Sofferenza (1947), i Silenziosi Operai della Croce (1950), i Fratelli degli Ammalati (1952). Dal 9 al 15 settembre 1952 tiene, ad Oropa (BI), il primo corso di esercizi spirituali al primo gruppo di Silenziosi Operai della Croce provenienti da diverse parti d'Italia. E’ in quella occasione che pensa di costruire una casa per ospitare ammalati e handicappati che desiderano vivere annualmente l'esperienza degli esercizi spirituali. La prima di queste casa è costruita a Re (VB), e viene dedicata al "Cuore Immacolato di Maria".
Volendo fare di più per gli ammalati, Mons. Novarese pensa a dei laboratori che permettano l'inserimento dei disabili nel mondo lavorativo e l'indipendenza economica dalle loro famiglie. Questo avviene nel 1954 dopo un fatto miracoloso che coinvolge un membro della comunità. È doveroso ricordare che in quegli anni nessuno si occupa ancora degli handicappati. Qualche anno dopo, nel 1957, la prima Comunità di Silenziosi Operai della Croce entra in quella che diverrà la "Casa Madre" dell'associazione, presso il Santuario di Valleluogo in Ariano Irpino (AV). Mons. Novarese termina la sua vita terrena il 20 luglio 1984, nella casa appena aperta a Rocca Priora (RM) dove voleva stabilire il luogo di formazione per coloro che desiderano entrare a far parte dei Silenziosi Operai della Croce
4 - Enrichetta Delille (1812-1862)
Henriette nasce a New Orleans (Stati Uniti d'America) nel 1812 e qui vive tutta la sua vita. Giovane molto devota comprende che l’aiuto a chi è nel bisogno è la chiave segreta dell’amore verso Dio. La sua vita è costellata di sofferenza per le varie croci, gli ostacoli e la malattia personale. Il suo esempio è valso per insegnare che la perseveranza e la santità possono essere raggiunte seguendo il percorso di Gesù. E con questo principio supera ostacoli e difficoltà e va andare avanti. Fonda nel 1842 la Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia affrontando le forti resistenze della popolazione all'idea di una congregazione religiosa e nera, la carenza di finanze per servire ed aiutare le persone bisognose, la mancanza di appoggio di autorità religiose e civili. Dio ha benedetto i suoi sforzi e la fiducia che mai lìha abbandonata durante la sua vita. Henriette muore il 17 novembre 1862.
5 - Maria Teresa Bonzel (1830-1905)
Maria Teresa (al secolo: Regina Cristina Guglielmina Bonzel), nasce a Olpe (Germania) il 17 settembre 1830. Fin da giovanissima indirizza tutte le sue energie verso la figura di Gesù. La Prima Comunione è una tappa importante per la sua spiritualità. Anni dopo, riceve il consiglio dal vescovo Mons.Konrad Martin di fondare una congregazione per assistere ed educare i bambini abbandonati. Ed infatti Aline, grazie alla cospicua eredità lascatale dai sui genitori, con alcune compagne iniziano questa missione. Fonda così l’ dell'Istituto delle Povere Suore Francescane dell'Adorazione Perpetua del Terz'Ordine di San Francesco.
Nel 1875 alcune suore della Congregazione sbarcano anche in America. Madre Maria Teresa muore a Olpe il 6 febbraio 1905.
6 - Maria Francesca della Croce Streitel (1844-1911)
Amalia Streitel nacque in Germania, a Mellrichstadt (Baviera), il 24 novembre 1844 da famiglia benestante. Giovane molto pia, a ventidue anni entrò dalle Suore Francescane di Santa Maria Stern ad Augsburg “con il solo desiderio di servire gli ammalati”, prendendo il nome di suor Angela. Una lunga malattia, che la costrinse a letto, fece maturare nel suo animo un più profondo e intimo rapporto col Signore. Era attratta in particolare dalla contemplazione della croce ed elesse San Giuseppe suo speciale patrono: lasciò le suore francescane per entrare nel monastero carmelitano di Himmelspforten. L’esperienza fu positiva, ma la sua strada era un’altra. Tornò in famiglia, poi arrivò la svolta con la chiamata a Roma da parte di un sacerdote tedesco. Padre Francesco Jordan cercava una collaboratrice per il ramo femminile della Società Apostolica per l’Istruzione e Amalia accolse l’invito, entrando nella comunità, che sorgeva vicino a S. Pietro, col nome di suor Francesca (Franziska) della Croce. Collaborò intensamente all’opera, ma i disegni del Signore erano ancora altri: la serva di Dio avrebbe dato vita ad una nuova famiglia religiosa. Padre Jordan portò avanti il suo progetto aiutata da Therese von Wullenwebwr (beata Maria degli Apostoli). Il 4 ottobre 1885 Madre Streitel fondò le Suore dell’Addolorata, aggregandole al Terz’Ordine Francescano, con il desiderio di unire l’apostolato attivo allo spirito delle contemplative, per portare l’amore di Dio ad ogni persona in difficoltà prendendo a modello l’Addolorata. Nelle Costituzioni da lei manoscritte è ben chiara l’ispirazione allo spirito carmelitano e a quello francescano. La prima comunità si stabilì in Borgo Santo Spirito e si prese cura dei bambini poveri di Roma e dei numerosi pellegrini tedeschi in visita alla città. La congregazione ebbe uno sviluppo notevole e nel 1888 partirono le prime missionarie che negli Stati Uniti.
Le vicende della congregazione, negli ultimi anni di vita della Fondatrice, testimoniarono la sua grandezza spirituale. La serva di Dio dovette affrontare alcune prove causate proprio dalla sue suore e in seguito ad alcuni equivoci venne privata della guida dell’Istituto. Come una semplice suora trascorse gli ultimi preziosi anni di vita presso l’asilo di Castel Sant'Elia curando i bambini più poveri e impiegando il resto della giornata nella preghiera. Arrivò così l’ultimo malanno e, dopo una lunga agonia, l’incontro con “sorella morte” il 6 marzo 1911, proprio nel giorno in cui papa Pio X approvava le costituzioni della congregazione.
7- Maria Felicia di Gesù Sacramentato Guggiari Echeverría (1925-1959)
Maria Felicia Guggiari Echeverría), Suora professa dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi nasce a Villarrica del Espíritu Santo (Paraguay) il 12 gennaio 1925, prima di sette fratelli, da una famiglia di tradizione politica "liberale", con punte anticlericali, ma nella quale si coltivano i valori umani dell'onestà, dell'amore familiare, della laboriosità, della difesa della libertà e della giustizia. Muore ad Asunción (Paraguay) il 28 aprile 1959, nel monastero delle Carmelitane Scalze, conosciuta in tutta la Repubblica con il soprannome affettuoso di "Chiquitunga". Il contrasto tra la sua vita apostolica di laica fino ai trent'anni e la sua vita religiosa contemplativa negli ultimi quattro mette in rilievo il messaggio fondamentale di questa giovane che donò a Dio tutto, proprio tutto: la sua persona, la sua "realizzazione" umana, dopo avergli donato "l'amore della sua vita". Compì generosamente ciò che a diciassette anni si era scelta come motto: "Tutto ti offro, Signore", seguendo la parola di san Paolo: "Vi esorto, fratelli, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1). E tutto con il sorriso sulle labbra: "Servite il Signore con gioia" (Sal 99,2).
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SANTINI, PER SAPERNE DI PIU' ...
I MANUFATTI PRIVATI
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Accanto alla produzione editoriale, intendendo per essa quella realizzata dalle grandi case editrici, soprattutto europee, e dalle innumerevoli piccole tipografie, vi è quella dei manufatti privati.
Mi riferisco non ai manufatti conventuali, come canivets e "vestite", ma a quelle immaginette devozionali realizzate da singoli devoti per un utilizzo strettamente personale.
Si tratta per lo più di collages realizzati con pezzi di cromolitografie preesistenti e altri elementi, come stoffa, carta stagno, ecc.
Sono dei pezzi davvero molto interessanti, in quanto provenienti direttamente dalla religiosità popolare. Dunque, non immaginette prodotte industrialmente e destinate al consumo del religioso, bensì realizzate direttamente dal privato, quale oggetto di personale ed intima devozione.
Nella foto, un collage di inizio Novecento, Nostra Signora de Guadalupe, produzione latinoamericana, cm 6,5 x 9. |
COLLEZIONARE CANIVETS
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Si sa, non tutti collezionano i canivets. Per alcuni hanno delle quotazioni molto alte che li rendono proibitivi, ma - strano a dirsi! - ci sono molti collezionisti a cui non interessano, semplicemente perché non piacciono. Ovviamente, c'è anche chi colleziona "solo" canivets.
E' anche vero che in una collezione generica il canivet non può mancare: fa parte della storia della produzione del santino, non solo come manufatto conventuale, ma anche perché costituì il modello a imitazione del quale fu realizzata la produzione ottocentesca sansulpiciana.
Non a caso anche oggi sono conosciuti con il nome di canivets meccanici proprio quelli prodotti dalle case editrici francesi, da Maison Basset a Turgis, a Bouasse-Lebel, caratterizzati da pizzi e merletti, a imitazione degli intagli dei canivets settecenteschi.
Nella foto tratta da Ebay.it, canivet su carta del XVII secolo, colorato a mano, area tedesca, cm.12,5 x 7,5. |
SEMIMANUFATTE: INCISIONI ARRICCHITE ED ELABORATE
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Tra la fine del '600 e gli inizi del '700 il panorama, e il mercato, delle immaginette devozionali è dominato dalle incisioni dei produttori fiamminghi. Chi è appassionato di questa tipologia conosce molto bene la produzione dei vari Huberti, Galle, De Man, Van Merlen, per citarne solo alcuni.
Il suddetto periodo storico coincide anche con la produzione dei primi intagli ad opera di mano conventuale, i cosiddetti canivets.
C'è infine un'ulteriore categoria che è quella dei semimanufatti, che in questo periodo in particolare, sono rappresentati per lo più da incisioni a bulino o all'acquaforte, su carta o su pergamena, in parte intagliate e sulle quali vengono applicati pezzi di stoffa o stagnola.
Soprattutto quelle su pergamena sono oggi piuttosto rare ed introvabili, con quotazioni di mercato che in alcuni casi possono superare anche quelle degli stessi canivets.
Come nel caso di questa stupenda incisione, proveniente dalla collezione dell'amica Paola Galanzi, che gentilmente mi ha inviato la scansione. Spettacolare pergamena fiamminga.
Biagio Gamba |
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Una intervista al fondatore dell’Aicis Gennaro Angiolino alla fine del 2001
CON FEDE PER FEDE, ovvero SANTINI, CHE PASSIONE!
di Carmelina Rotundo
Quante storie di fede, quante storie di vita, quanta parte della storia del cattolicesimo, del folklore è passata e continua a passare sull'immaginetta sacra che nasce nel quindicesimo secolo con l'invenzione della stampa, quando le xilografie che impreziosivano i primi incunaboli religiosi erano vendute anche separatamente!
Breve storia.
Dal 1500 alcuni tipografi iniziano a cimentarsi nella produzione specifica di santini incisi su pergamena o su carta per opera di valenti intagliatori come Gallé, i Wierix, i Saideleder e proseguì poi nel 1600. Nel settecento continuerà l'interesse per questi oggetti prodotti in Italia in modo speciale da rinomati tipografi, quali i Remondini di Bassano del Grappa e Soliani di Modena. Sarà in questo periodo che nei monasteri si producono i cosiddetti canivets, dalla parola francese canif (coltellino) con il quale specie le carmelitane pazientemente intagliavano le cornici che completavano e arricchivano i santini fino ad arrivare all'ottocento, periodo in cui il santino trova la più vasta diffusione e in Francia si sviluppa la tipologia dei canivets mécaniques, santini detti “trinati” per la ricchezza e complicata varietà delle cornici realizzate con la pressa e il punzone e disposte intorno all'immagine siderografica centrale.
Se potessero parlare, i santini racconterebbero storie infinite di quando, tenuti fra le mani, invochiamo una grazia; dei giorni in cui abbiamo affidato la nostra anima orante perché trovasse sollievo tra le spine e le tempeste della vita o di noi esseri umani che avendo ricevuto una grazia leviamo alto il nostro ringraziamento tra profumi di fiori ed arcobaleni più luminosi.
Piccoli pezzetti di carta, di stoffa di sottili lamine metalliche in India esistono dei santini dipinti su grandi foglie di piante acquatiche; pezzi unici (ve ne sono anche in carta di Fabriano) traforati, ricamati, pluridimensionali, una parte di storia che sembrava destinata ad essere sempre più raro vedere, poter ammirare e che l'A.I.C.I.S. (Associazione Italiana Collezionisti Immagini Sacre) sta portando alla luce.
Il fondatore dell'A.I.C.I.S., il signor Gennaro Angiolino dice: “Nel 1980 realizzai una mostra per il Circolo San Pietro a Roma; doveva durare otto giorni ma si protrasse per due mesi e mezzo, perché ogni volta che veniva il momento di chiuderla, giungevano persone che volevano vedere e partecipare”.
L'interesse suscitato il successo tributato dai visitatori convincono Gennaro che è arrivato il tempo di fondare questa Associazione Italiana Collezionisti Immagini Sacre. Sono otto gli ardimentosi, i primi ad iscriversi, ed oggi sono più di 400 soci ed in ogni parte del mondo.
D - Si può creare un identikit del collezionista di santini?
R - “ No, risponde il sig. Gennaro, abbiamo, infatti, soci di ogni estrazione sociale”.
Mentre parla dei santini, Gennaro Angiolino si illumina nel volto e con ogni sua parola e gesto comunica entusiasmo e tutta la gioia che ha reso possibile fondare e portare avanti coraggiosamente questa associazione. La vita di Angiolino, si avverte è dedicata al santino con fede; per lui come per i soci, il valore dell'immaginetta sacra è nella vita intima, nel messaggio che il santino porta con sé di mano in mano, di preghiera in preghiera.
Noi consideriamo che le immaginette sono pervenute sino a noi perché chi le ha possedute le conservava per fede e, tenendo conto di ciò, in occasione di ogni mostra, facciamo dire una santa messa per tutte quelle persone che hanno posseduto il santino”.
Con fede, per fede, si sono conservate queste immagini sacre che erano usate anche come segnalibri nei messalini o libri di devozione.
Anche la vita di tutta l'Associazione è improntata su questi nobili principi di rispetto; per questo periodicamente nella sede di Roma sono organizzate mostre presentate dal socio collezionista, cui segue la comunicazione del Presidente; notizie, tecniche, avvisi, ed un libero scambio, durante il quale ogni socio mette sul tavolo i suoi “doppi” che sono raccolti da chi ne ha bisogno.
E' inoltre inviata una circolare ai soci ogni mese, in cui sono pubblicate comunicazione di mostre, inventari, le rubriche di ricerca, con qualche santino offerto in dono.
D - Signor Gennaro, come è nata in Lei questa che mi convince sempre di più essere una devozione?
R - “Da bambino raccoglievo e mettevo da parte i santini che ricevevo in dono dalle Suore dove andavo ascuola: le suore dell'Ordine di Francesca Saveria Cabrini ( oggi proclamata santa) li tenevo ammucchiati,
ma ogni volta che qualche problema di salute mi costringeva a casa, coglievo l'occasione per riordinarli.
D - I primi santini?
R - “I primi santini degli anni '30 e '40 erano in bianco e nero alcuni con l'orlo tutto in oro.”
D - Tra i santini più rari?
R - In occasione della prima comunione, il Cardinale Pacelli, futuro Papa Pio XII mi regalò un santino di marmo rosa con una miniatura della Madonna, in azzurro da tenere sul comodino.
Due dei santini più rari sono di pergamena del '600, dipinti da pittori della scuola fiamminga.
D - E dei santini di plastica?
R - Sono nati nel 1998 e sono in sostanza indistruttibili, sono pratici da portare nel portafoglio e distribuibili mediante macchine distributrici introducendo monete, un sistema assai comodo per luoghi privi di sacrestano. Li produce un socio dell'AICIS, direttore della SATEC: ne ha già prodotti circa 8oo diversi. Li usiamo anche come tessera sociale. Anche noi abbiamo, in sede, una macchinetta già predisposta in Euro da cui si possono acquistare santini.
D - Abbiamo piacevolmente parlato del passato, per il presente e per il futuro?
R - L'Associazione ha partecipato fra l'altro recentemente a una mostra straordinaria di Alessandro Martini,“IMAGO SANCTITATIS!”- cinquecento santini datati XVI - XIX secolo, alla “Mostra Mercato del Libro Antico“,
a Palazzo Corsini a Firenze, sotto l'egida della Mostra Mercato Internazionale dell'Antiquariato.
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ALLA RICERCA DELLO STABILIMENTO GRAFICO PERDUTO
Visto il caldo consenso ottenuto da questa rubrica mi impegno a continuare nel mostrare stabilimenti grafici che hanno prodotto immaginette sacre, col palese scopo di unire le informazioni raccolte con i chiarimenti provenienti dai soci. In questo numero vorremmo insieme raccogliere spiegazioni che riguardino altre quattro ditte: AeG, Eurocart, EMC e fotometalgrafica emiliana ma.pi.r. La Redazione di “Santini e Santità” continuerà a pubblicarne altre, insieme alle vostre proposte risolutive. Anche questo è vivere nell’Associazione Aicis, anche questo è Filiconia.
1 - A & G
Cominciamo con un’importante e conosciuta ditta che ha prodotto una grande quantità di cromolitografie, piene di fascino e di grafica poetica.
A prima vista il logo sembra assomigliare ad un cuore che in alcuni casi è circondato da un’iscrizione illeggibile. Attraverso un’oculata osservazione è possibile distinguere un’ancora che regge un cartiglio con le iniziali A e G. Pr. “AeG” – Sede: n.d., Cromolitografia, R: San Giuda Taddeo [Apostolo, fratello di Giacomo, patrono dei casi senza rimedio]; V: Preghiera con indulgenza; Serie: “n. 1008”; senza bordo, con un margine fustellato, vertici arrotondati; Periodo: inizio Novecento; 111x61 mm.
2 - EUROCART
La Eurocart è una ditta specializzata in cartotecnica, editoria e grafica che ha sede in Casarano LE. L’azienda anche se fondata con questo nome nel 1991, risulta figlia di un’esperienza competente nel ramo, fin dal 1964.
Specializzata in ristampe anastatiche ha riprodotto con tale tecnica alcuni libri antichi, insieme ad interesanti immaginette. Il logo è costituito da quattro lettere E, poste lungo le diagonali di un quadrato. Nessuna numerazione di serie; dimensioni: 105x61 mm.
3 - EMC
Lo stabilimento grafico si contraddistingue per il logo romboedrico che contiene le iniziali stilizzate EMC.
Pr. “EMC” – Sede: n.d., stampa offset, R: opera del Pinturicchio (1454 - 1513) “Madonna con Bambino con cartiglio: Ecce Agnus Dei;
V: Preghiera; Serie con numerazione fino a 1000; con bordo bianco e margine liscio; Periodo: anni ’60 ca.; 110x68 mm.
4 - LA FOTOMETAL GRAFICA EMILIANA” (MA.PI.R)
I filiconici possono far conoscenza de “La Fotometalgrafica Emiliana”, rintracciabile in S. Giovanni in Persiceto, poi a S. Lazzaro di Savena (BO) per la stampa di immaginette, biglietti augurali e cartoline: Italcards, riconoscibili per il caratteristico logo quadrato biglietti augurali e cartoline: Italcards, riconoscibili per il caratteristico logo quadrato contenente quattro semicerchi...
Attilio Gardini
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Una giornata nella Venezia del sec.18° in compagnia di incisori e stampa-santi:
LE AMBIGUE REGOLE E I PRIVILEGI DELLA NOBILE ARTE DELLA CALCOGRAFIA
di Paola Galanzi
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Beato Bernardo da Offida - Magistrale incisione a bulino su rame su bella carta vergellata. Collezione privata Galanzi - (© copyright -All rights reserved)
Il Santino, attendibilmente databile degli inizi della seconda metà del sec.XVIII apre - sulla scia dei fatti di cronaca tramandati sul noto e aspro conflitto tra incisori asburgici e Remondini di Bassano del Grappa - un interessante e costruttivo dibattito cui sono invitati a partecipare tutti i Collezionisti e gli Studiosi. |
SAI RISPONDERE A QUESTA DOMANDA ?
Siamo davanti a un autentico Busch, palesemente destinato al commercio concorrenziale con i Remondini in Italia, o siamo eccezionalmente di fronte a una delle famigerate copie remondiniane che scatenarono il casus belli che aprì la causa degli incisori asburgici contro i Remondini in Baviera nell'anno 1766?
Suor Isabella - al secolo Elisabetta - Piccini (Venezia,1648-1734), - vedi articolo a lei dedicato qui sul Blog - figlia maggiore del noto incisore Giacomo Piccini fu, alla morte del padre avvenuta nel 1660, la prima donna-incisore Veneziana a fare specifica e per i tempi ardita richiesta al Doge di privilegi esclusivi a protezione delle proprie incisioni realizzate con la tecnica del bulino su lastra di rame. E’ attestato dalle cronache che tale domanda venne dal Doge della Città di San Marco accolta e i richiesti privilegi nel rapido intervallo di appena giorni trenta concessi; non per tutti gli artisti e gli stampatori veneziani dell’arte calcografica fu tuttavia così semplice l’ottenimento di tali ambiti e - tra l'altro - costosi privilegi.
L’attività di incisori e stampatori di Immagini sacre destinate alla pietà popolare fu una realtà particolarmente diffusa e feconda in Venezia per tutto il secolo XVIII, così come documentato dalle copiose raccolte di stampe presenti ed esposte oggi presso archivi e musei delle più importanti città Italiane e come ancor prima autorevolmente testimoniato da studi e ricerche condotte singolarmente da insigni critici dell’arte e appassionati studiosi, tra cui lo stesso grande collezionista di stampe e immagini devozionali Achille Bertarelli (Milano,1863- Roma,1938) che trattato interessantissimo e autentica pietra miliare ne tramandò nell’opera “L’imagerie populaire italienne” pubblicata in lingua francese a Parigi nel 1929.
Dunque, l’incantevole Venezia fucina e culla ufficiale dell’arte calcografica Italiana del secolo illuminista.
In questo nostro viaggio virtuale odierno, a ritroso nel tempo di ben tre secoli, oltre la laguna, addentrandoci nel cuore operoso e pulsante della città, calcando antichi ciottolati lungo storiche calli con Madonne di rara bellezza incastonate alle mura per la pietà del viandante, percorrendo ponti incantevoli e unici al mondo, incontriamo un’infinità di botteghe calcografiche quasi in sequenza come i chicchi di un rosario l’una a breve distanza dall’altra; se facciamo capolino dalle vecchie porte in legno socchiuse quasi ci assorda il tonfo costante e greve dei torchi che “giornalmente travagliano” – come orgogliosamente specificato dai Remondini sul frontespizio di un famoso catalogo circa la vasta e differenziata loro produzione di stampe devote pubblicato in Venezia nell’anno1772 - ovunque instancabili nell’arco dell’intera giornata, proseguendo in talune circostanze - quando, caso non infrequente, si devono ad esempio evadere ingenti commissioni richieste per il giorno successivo - senza risparmio alcuno persino ben oltre il tramonto.
Gli incisori e i titolari delle botteghe di stampa veneziani, si conoscono bene tutti tra loro, alcuni si salutano chiamandosi per nome quando si incontrano a passo svelto per le vie con lucide lastre in rame sottobraccio, a volte accennano con il capo una breve riverenza, e a noi, virtuali viaggiatori del tempo, veder ciò ci entusiasma dandoci parvenza di un perfetto ed esemplare equilibrio sociale democraticamente scandito dal rispetto delle leggi e dei principi religiosi e morali di una città ideale.
La realtà del clima sociale all’interno dell’ambiente calcografico in Venezia è tuttavia ben differente e per l’intero arco del 1700 si delinea apertamente più fitta e pesante della stessa nebbia che tradizionalmente da secoli sin già dai primi freddi avvolge col suo manto la città; sempre più alta è invero la competizione e innumerevoli le stizze - più o meno manifeste - tra i vari artisti-incisori e stampatori del bulino su rame da sempre esistenti - quasi per genetica inclinazione - che sfociano in continue querele e - nei casi peggiori - in veri e propri duelli con spade sguainate improvvisati tra questi stessi vicoli e pubbliche piazze a gustoso e gratuito spettacolo per l’avido popolino. E’ questo un problema concreto e assai gravoso per le autorità cittadine che quasi quotidianamente alla luce dei fatti anzidetti e di fiumi di denunce e reiterate anonime delazioni, sono costretti a riunirsi in affannose consulte per dibattere ed approvare sempre più idonee misure che possano una volta per tutte porre fine - o quantomeno garantire un equilibrio stabile - a tali concorrenze “sceleratissime et irrispettose degli altrui diritti et honori”.
E tale situazione di esasperata ostilità la palesano gli incisori e gli stampa-santi Veneziani, eccezionalmente uniti e compatti stavolta per la comune causa, contro i bassanesi Giambattista (Bassano,1713-1773) e Giovanni Antonio Remondini (Bassano,1700-1769), figli del famoso Giuseppe - tra l’altro, lui stesso raffinato collezionista di immagini devozionali incise e firmate dai più grandi artisti dei secc.XVI-XVII e XVIII- allorquando, nell’anno 1747, con un patrimonio unico di ben cinque cartiere, uno stabilimento occupante buona parte della vasta area della piazza principale in Bassano, un numero incredibile di torchi e, in aggiunta a più di mille dipendenti nel suddetto, la famosa e fedelissima squadra di 1000 Tesini, approdano in Venezia con richiesta al Comitato per l’istruzione publica – l’organismo supremo che disciplina nella città l’Arte calcografica e il commercio delle stampe in generale – di essere anch’essi iscritti e riconosciuti quali addetti a tale nobile arte, con aggiunta domanda di autorizzazione ad aprire in città un negozio specifico per la vendita di libri. Il putiferio che tale legittima istanza dei Remondini scatenò possiamo facilmente immaginarlo, così come la capziosa bagarre legale che inevitabilmente ne sfociò; quest’ultima, dopo tre anni, nell’anno1750 si concluse infine nettamente a favore dei Remondini di Bassano che ottennero così i privilegi richiesti per le proprie stampe - a soggetti sacri così come profani - e aprirono di lì a poco nel cuore antico della città una Libreria che presto divenne il principale punto di riferimento per la commissione a livello Italiano ed Europeo di stampe di testi sacri, tomi dei classici latini con pregiate rilegature in pergamena decorata a pennello, e concorrenziali, aggiornatissimi atlanti geografici.
Anche qui, come fu voto per i santini e le colorate, bellissime immagini devozionali, i Remondini costantemente detennero fino al tramonto del secolo il primato assoluto nella produzione e nelle vendite: la lungimiranza e la rara perspicacia avuta da Giuseppe Remondini nell’investire denari per l’acquisto di ben cinque cartiere tra Bassano e dintorni dava oggi i suoi migliori risultati.
I libri stampati dagli illustri bassanesi avevano per la materia prima impiegata, - la carta, appunto -essendone essi stessi produttori, quasi costo zero e ciò permise l’immissione sul mercato nazionale ed internazionale a costi nettamente più contenuti rispetto a quelli praticati da tutti gli altri Stampatori Veneziani.
Le cronache dell’epoca, oltre all’ormai nota a tutti i Cultori del Collezionismo dei Santini e delle Immagini devozionali causa che vide sui banchi del tribunale di Augusta in Baviera i Tesini al soldo di Giuseppe Remondini accusati di plagio dagli Incisori locali, tramandano di una causa similare intentata contro gli stessi in Spagna; cambia dunque la latitudine geografica ma il copione interpretato dai Remondini pare il medesimo. E fu proprio la spregiudicatezza dei Remondini di Bassano, sotto l’egida dell’ antico adagio latino “Fortuna iuvat audaces” (“La (Dea) Fortuna arride agli audaci”) coniato nel 79 d.C. dall’esimio storico e naturalista Latino Gaio Plinio Secondo - alias il Vecchio - il segreto del loro successo e della loro chiara fama internazionale per ben due secoli, fino - come abbiamo visto - all’anno1861.
Non fu ciò nonostante la sola benevolenza della Dea bendata o la buona sorte ad arridere ai grandi Stampatori Bassanesi: realisticamente favoriti da ingenti possibilità economiche per ottenere e pagare tali privilegiate licenze e dalla nota popolarità internazionale, nel 1738 ottengono dai Magistrati dei V Savi alla Mercanzia di Venezia il privilegio assolutamente esclusivo di libera commercializzazione delle proprie stampe religiose su tutto il territorio nazionale esente da dazi concesso loro sine die, cioè per l’intera durata della vita e - a totale privilegiato favore di queste ultime - l’aggravio delle imposte per quanto riguardava invece l’ingresso, il transito ed il commercio di stampe a carattere devoto provenienti da Augusta e dalla Germania in generale.
Per contro, sempre su esplicita richiesta dei Remondini, il Supremo Organismo concesse successivamente agli stessi il privilegio di commerciare liberamente in Venezia e per tutta l’Italia copie delle incisioni asburgiche, con ovvie motivazioni di enorme risparmio e convenienza per chi desiderava in Italia acquistarle senza doverle pagare - originali sì, ma a caro prezzo! - direttamente importate dai produttori bavaresi.
Verso la fine del secolo, aumentate in misura esponenziale le botteghe calcografiche presenti in città, in un panorama nel settore specifico caratterizzato dal crescendo costante della commercializzazione e diffusione di santi provenienti da stamperie forestiere d’oltralpe - in particolar modo originarie della Baviera e firmate dal noto incisore e stampatore asburgico Joseph Busch promotore di un’attività commerciale intenzionalmente bellicosa e aggressivamente concorrenziale nei confronti dei Remondini di Bassano - e sempre più palesi e scellerati gli abusi a livello locale nelle copie e riproduzioni non autorizzate delle stesse destinate al commercio territoriale e in particolar modo transalpino, imperiosa e particolarmente severa tuonò nell’anno1797 la voce espressa in tale contesto in un decreto straordinario dal “comitato per la publica istruzione” della città, come già detto organismo supremo preposto alla regolamentazione in materia di commercio: in esso, a tutela dei diritti del Pittore, dell’Incisore e dello stesso titolare della bottega venne da quel momento imposto che i rispettivi nomi dei suddetti fossero obbligatoriamente incisi sulla lastra in rame, onde scoraggiare con l’artifizio delle copie e riproduzioni l’appropriazione indebita del lavoro eseguito da parte di terzi e di tutti gli onori da esso giustamente derivanti, con conseguente grave danno economico e morale per gli originari e legittimi ideatori. E’altresì documentato che i Remondini, dopo un iniziale, brevissimo periodo in cui rispettarono tale superiore disposizione apponendo la propria firma inferiormente all’effige del santo celebrato, successivamente - e non fu certo un'innocente dimenticanza! - mai più l’attesero nella produzione delle molteplici e varie tipologie di bellissime Immagini devote che, come noto ai collezionisti, rimasero ambiguamente “anonime", intelligentemente in cerca di “adozione” in tutti i Paesi del mondo allora conosciuto.
Come ho detto all’inizio di questo mio articolo - non casualmente bensì volutamente a morale dei vari e molteplici accadimenti finora descritti in tale controverso scenario - non fu tuttavia ugualmente facile per tutti gli Incisori e stampatori veneziani l’ottenimento delle desiderate concessioni e privilegi per le proprie stampe e ancor più verosimilmente il riuscire con privati accordi o taciti e venali assensi a glissare ed eludere le varie disposizioni emanate a disciplina di tale attività : le cronache tramandano - tristemente emblematico - il caso dell’incisore, stampatore e commerciante di stampe devozionali e non incise su lastra di rame Teodoro Viero (1740-1821): su molteplici e ripetuti tentativi di ottenere il privilegio a tutela delle proprie incisioni mai nessuno di essi andò a buon fine restando tutti deludentemente - e non poco cinicamente, aggiungo - disattesi.
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Anno Santo Jacobeo 2010
L’APERTURA DELL’ANNO SANTO JACOBEO A CAPIZZI
di Francesco Sarra Minichello
Il Santuario di San Giacomo Apostolo Maggiore di Capizzi è la chiesa Jacobea più antica della Sicilia. Il culto verso il Santo Apostolo risale al tempo dei valorosi normanni che edificarono una piccola chiesa nel folto bosco dei Nebrodi, come luogo di eremitaggio. Quest’anno un avvenimento importante è accaduto nella nostra comunità: l’apertura della Porta Santa, avvenuta il 4 Luglio scorso. Con tale rito ha preso inizio l’Anno Santo Compostellano o Jacobeo 2010, che richiamerà fedeli, pellegrini e emigrati capitini sparsi nel mondo.
Tutto ha avuto inizio dal piazzale antistante le tre Croci dove il Corteo Liturgico si è snodato in pellegrinaggio lungo la Via Roma diretto verso il Santuario di San Giacomo. Presenti tutte le Venerabili Confraternite di Capizzi con le varie insegne, il corpo bandistico di Capizzi, le varie associazioni, le autorità civili e militari, con la partecipazione della confraternita di San Giacomo di Camaro di Messina, con il fercolo e reliquiario e l’associazione di San Giacomo di Galati Mamertino. Oltre il fercolo di Camaro è stata portata in processione la Santa Reliquia di San Giacomo di Capizzi consistente in una giuntura di un dito del Santo Apostolo e le Sante otto Reliquie racchiuse nella teca in legno dorato portate in processione dalla Confraternita di San Bartolomeo Apostolo. All’arrivo in piazza San Giacomo l’Arciprete Don Luigi Cardella ha benedetto la Porta Santa e ha dato con il bastone priorale tre colpi contro la “porta Santa del Santuario”.
Infine con il fercolo di S.Giacomo di Camaro è stata abbattuta la porta, un gesto che ha regalato delle emozioni ai capitini perché si rifà ai “ miracoli” del nostro protettore. A varcare per prime la soglia della Porta Santa, detta anche “Porta del Perdono”, sono state le Sante Reliquie di Capizzi e di Camaro, a seguire il Corteo Liturgico. La S.Messa è stata celebrata dai Canonici del Capitolo di San Giacomo di Capizzi: oltre al Parroco Can.Sac.Antonino Cento, il Can. e arciprete Luigi Cardella e il Can.Luigi Cipriano (Parroco di Caronia).
L’Anno Santo Jacobeo 2010 è il 119° di una storia secolare iniziata nel 1120: all’epoca Papa Callisto II concesse alla città di Santiago de Compostela il privilegio di poter Convocare un’ “Anno Santo” ogni qualvolta la festa di San Giacomo, il 25 luglio, cade di domenica, offrendo nel contempo ai Pellegrini la possibilità di lucrare l’Indulgenza Plenaria, da conseguire alle solite condizioni (Confessione, Comunione, Preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice), se con animo veramente distaccato dalla inclinazione a ogni peccato, avranno partecipato con devozione nel Santuario di S.Giacomo Apostolo Maggiore di Capizzi alla celebrazione liturgica, come la S. Messa, o qualche pio esercizio in onore di San Giacomo Maggiore, o se almeno si saranno dedicati in gruppo o singolarmente, per un tempo adeguato, a pie riflessioni e preghiere, tra le quali il Padre Nostro, ilCredo e l’Ave Maria secondo qualsiasi forma legittima, valida ora e in perpetuo:
a) nel giorno in cui iniziano le celebrazioni dell’Anno Jacobeo e nel giorno in cui si concludono;
b) nel giorno della festa di S. Giacomo Maggiore Apostolo (25 luglio);
c) tutte le volte che per devozione si saranno recati nella suindicata chiesa in pellegrinaggio comunitario;
d) una sola volta in un giorno liberamente scelto dai singoli fedeli.
È da ricordare che Capizzi possiede la reliquia di San Giacomo documentata più antica della Sicilia: la Reliquia di Capizzi con quella di Camaro era un tutt’una fino a quando hanno diviso la Santa Reliquia in due parti, una parte è rimasta a Capizzi, l’altra metà è andata a Messina.
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MOSTRE DI SANTINI
SEZZE (LT), 31 marzo – 20 maggio 2010 -
Mostra iconografica “SAN CARLO DA SEZZE E LA PASSIONE DI CRISTO”
Lo scorso 31 marzo, nella Casa Natale di San Carlo in Piazza San Lorenzo, è stata inaugurata la mostra di immagini sacre “San Carlo e la Passione”. L’iniziativa, promossa dal Centro Studi San Carlo da Sezze con la collaborazione dei soci A.I.C.I.S. (Associazione Italiana Cultori Immagini Sacre – Gruppo di Sezze), illustrerà il canto spirituale sopra “li misterij della vita, morte e resurrettione di Giesù Christo” scritto da fra’ Carlo intorno al 1664. Le immagini ripercorrono l’intera Passione di Gesù sino all’Ascensione in cielo. Le pregevoli immagini sacre, in bianco e nero e a colori, del XVIII – XIX – XX secolo, provenienti dalle collezioni private di Filomena Danieli e Valter Marchetti, coinvolgono i visitatori in un’emozione che lega le parole del santo alle immagini esposte e viceversa. Nel periodo di apertura della mostra, dal 31 marzo al 20 maggio, oltre al periodo pasquale, è stata festeggiato il 51° ann.rio della canonizzazione (12 aprile) e tra qualche giorno, il 18 maggio, verrà celebrato il 375° anniversario della vestizione. A questa iniziativa se ne aggiungeranno altre nel corso dell’anno (mostre, conferenze, rassegne musicali, etc.) che il Centro Studi San Carlo da Sezze ha già programmato.
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PFAFFENHOFFEN (FRANCIA), 24 Aprile-20 Giugno 2010 –
Mostra: “SANTINI, IMMAGINI DEVOZIONALI E MANUFATTI CONVENTUALI”
Dallo scorso 24 aprile e fino al 20 giugno p.v. il Museo di Pfaffenhoffen (Musée de l’Image Populaire) inaugurato nel 1999 in Alsazia (Francia) ospita una Mostra di immagini devozionali, santini e manufatti conventuali. Il materiale è stato messo a disposizione dalla collezionista tedesca ELISABETH KLEIN.
Le collezioni fisse presenti nel Museo provengono dalle donazioni del Dr.Francesco Lotz e del Dr Léon Kieffer. Numerose altre donazioni ed alcune acquisizioni completano oggi la sua dotazione: sono circa tremila pezzi unici. Il museo propone così di far scoprire, in un ambiente rinascimentale, l'immagine, ma anche l'iconografia alsaziana attraverso il suo contenuto, le sue funzioni e le sue tecniche di fabbricazione. Sono presenti immaginette e santini dal XVII al XIX sec., di auguri di battesimo, ricordini di Cresima, di Prima Comunione, ma anche di coscrizione o di reggimento, di matrimonio, e non mancano i “luttini”, attraverso differenti tecniche come la calligrafia e la pittura, e il canivet. La collezione di circa tremila pezzi unici è per la maggior parte del XIX secolo. Oltre la sua esposizione permanente presente su due piani, il museo organizza tutto l'anno esposizioni temporanee tematiche per valorizzare sia le tecniche tradizionali che quelle contemporanee dell'immagine popolare.
Per una visita virtuale è sufficiente lanciare il seguente link: http://www.pfaffenhoffen.org/visite-virtuelle.html
(Fonte: http://www.pfaffenhoffen.org/musee-de-limage-populaire.html
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ROMA, 12 Aprile - 4 Maggio 2010 - Mostra “Passione, morte e Risurrezione di N.S.Gesù Cristo nei Santini”
L’AICIS con la collaborazione dell’Arciconfraternita di S. Maria dell'Orazione e Morte, dell’Associazione AFNIR “Io Collezionista” e dell’ Accademia Culturale Europea, il 12 aprile ha inaugurato una mostra di santini dalla collezione privata del socio GIANCARLO GUALTIERI di Roma sul tema: “Passione, Morte, Risurrezione di N.S.Gesù Cristo nei Santini”. L’esposizione è stata allestita in Roma nella Chiesa “S. Maria dell'Orazione e Morte” Via Giulia 262 e rimarrà esposta fino al 4 maggio p.v. Per le visite l’ingresso sarà libero e la Chiesa rimarrà aperta al pubblico nel seguente orario: mattina dalle ore 8.00 alle ore 11.00; pomeriggio dalle ore 16.00 alle ore 19.00.
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CAVA DE’ TIRRENI (SA), 1-10 maggio 2010 – Mostra di santini:“LA MADONNA”
Il socio GIUSEPPE MELONE di Cava de’ Tirreni dal 1° al 10 maggio p.v. organizza una mostra di immaginette devozionali presso la Chiesa di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori di Cava de’ Tirreni – Via Filancieri. L’esposizione che comprende un quantitativo di circa 400 immaginette stampate dal 1800 al 2000, ha come tema “La Madonna”. Un punto di riferimento sono le immaginette della Madonna di Medjugorje, la cui devozione è molto sentita in questa Parrocchia seguita dal sacerdote Don Gioacchino Lanzillo, segretario del vescovo di Cava-Amalfi, Mons.Orazio Soricelli.
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BORGO FAITI, PIANA DELLE ORME (LT), 7-9 Maggio 2010 – Mostra: “I MILITARI NEI SANTINI DEVOZIONALI”
Lo scorso 7 aprile a Piana delle Orme (Borgo Faiti - Latina) è stata inaugurata una mostra di immaginette sacre a tema militare, nell’ambito delle Giornate del Collezionismo Pontino.
I soci GIANCARLO GUALTIERI, GIOVANNI COSTANZO di Roma e MAURIZIO PROSPERI hanno esposto alcuni pezzi della loro collezione. L’esposizione è stata organizzata da MAURIZIO PROSPERI di Cisterna di Latina (LT), Presidente del Circolo Filatelico “Tres Tabernae”.
Il settore espositivo con i santini militari suscita sempre grande interesse.
Riportiamo qualche concetto da un articolo di Roberto Beretta pubblicato il 19 novembre 2003 su L’Avvenire: “Il Sacro Cuore in prima linea indica ai soldati il nemico da combattere. La Madonna copre il carrarmato col suo manto azzurro. Sant'Antonio benedice i reggimenti in marcia verso il fronte... Sono i santini in grigioverde, ovvero le aureole tra le stellette”.(…)
Fino al 1911, infatti, ovvero alla campagna di Libia, la distribuzione di immaginette ed altro materiale religioso era proibita nelle caserme: potrebbe sembrare un provvidenziale rigurgito di pacifismo cattolico, e invece era la meschina ritorsione del non expedit vaticano da parte della classe politica risorgimentale nonché «laica». Nel 1911, comunque, è ancora una parte minoritaria del clero quella che si adegua a benedire le truppe dei partenti, infilando negli zaini pii santini in cui s'inneggia agli «oscuri, baldi eroi» che esportano in Cirenaica «il verbo della santa fratellanza cristiana»; tanto da suscitare - su L'Unità - la riprovazione di Gaetano Salvemini perché «non è generoso, non è dignitoso ricordare il dolore (della Vergine) per carpirle una benedizione apportatrice di vittorie». (…) Comunque, il pregiudizio che vede la croce benedire la spada, suggellando il perpetuo sodalizio tra patria e altare, è per l'appunto un luogo comune. Anche nella Grande Guerra, infatti, le immaginette - per la prima volta distribuite su larghissima scala, soprattutto grazie alla capillare presenza dei cappellani militari - divulgano spesso messaggi di pace; d'altronde i cattolici sono divisi tra interventisti e no e, per un padre Gemelli che con la sua Opera della Regalità fa stampare cartoncini religiosi piuttosto bellicosi per la «consacrazione dei soldati al Cuore di Gesù», altri enti diffondono sul retro dei santini l'esortazione di Benedetto XV sull'«inutile strage». Così almeno fino a Caporetto, nel 1917: quando l'emergenza militare impone alla censura maggiore vigilanza e vieta la diffusione di santini men che «patriottici» (si conoscono casi di sequestro di sacre immagini, con denuncia del tipografo). Pare che i santi più diffusi fra la truppa fossero Antonio, Francesco e Domenico; né era ignota la superstizione sottesa al culto popolare: erano diffusi per esempio alcuni scapolari, da indossare sopra il cuore o sulla schiena, in cui il soggetto religioso intimava di fermarsi a un'eventuale pallottola nemica. Mentre i santini di sant'Antonio, circondati da 13 tondi con altrettanti episodi della vita del frate, nelle trincee venivano ritagliati a mo' di piccole ostie e inghiottiti per scongiurare malanni. Col fascismo e la sua declamata «cattolicità» post-concordataria, anche l'immaginetta serve alla propaganda: si ha il caso di cartoncini della «Madonna del Manganello» distribuiti alle camicie nere, o di santini francescani con le parole del Duce... È l'epoca in cui il pluralismo del passato sembra appiattirsi in mera propaganda nazionalista: nelle immaginette del secondo conflitto mondiale Dio o la Madonna sono chiamati di volta in volta a benedire il re, la bandiera, la patria, la vittoria italiana...
Solo dopo l'8 settembre tornano sui santini le invocazioni alla pace o per un veloce ritorno a casa, o ancora i compianti per i combattenti deceduti”.
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MAERNE (VE), 28-30 Maggio 2010 -
Mostra “Madonna della Salute: immagini, storia e luoghi di culto nel Veneto”
In occasione dell’inaugurazione di un nuovo capitello che sarà dedicato alla Madonna della Salute a Maerne (Venezia), il socio Dr.Luciano BUSATTO dal 28 al 30 maggio p.v. esporrà un congruo numero di santini sul tema: “Madonna della Salute: immagini, storia e luoghi di culto nel Veneto”.
L’ esposizione, che sarà allestita con la collaborazione dei nostri soci Augustino BUSATO ed Angelo PAVANELLO nella Biblioteca Comunale di Maerne, contemplerà delle schede contenenti una breve descrizione di luoghi di culto del Veneto illustrati da immaginette devozionali laddove è stato possibile reperirle, e da foto che illustrano tali luoghi. A corredo è contemplata una esposizione di stampe, cartoline, ex-voto e quadretti devozionali. Completerà l’esposizione una collezione di filatelia tematica “Maria di Nazareth” ed un annullo speciale filatelico figurato che faranno da corona a questa bella manifestazione. (L’immaginetta riportata a fianco è trasmessa, da parte del Dr.L.Busatto, a tutti gli associati per l’iniziativa “Un santino per ogni socio”.
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ROMA, 28 Giugno - 31 Luglio 2010 -
Mostra “IL CULTO DI MARIA ATTRAVERSO LE IMMAGINETTE DEVOZIONALI”
L’A.I.C.I.S., in collaborazione con le Arciconfraternite di S. Maria dell’Orto, di S.Maria dell’Orazione e Morte e dell’Accademia Culturale Europea, in vista del Convegno del 3 Luglio 2010 presso la Chiesa Arciconfraternale di S. Maria dell’Orazione e Morte di Roma, (Via Giulia 262) che affronterà il tema: “IL CULTO DI MARIA NELLA RELIGIOSITÀ POPOLARE”, dal 28 giugno p.v. presenterà una selezione di “santini” dalla collezione del socio GIANCARLO GUALTIERI di Roma. L’esposizione recherà il seguente titolo: “Il culto di Maria attraverso le immaginette devozionali” e rimarrà aperta al pubblico fino al 31 luglio 2010 con il seguente orario: tutti i giorni della settimana, escluso sabato e domenica, dalle 7,30 alle 11,00 e dalle 16,00 alle 18,30; sabato e domenica dalle 16,00 alle 18,30. Ingresso libero.
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LUINO (VA), 17-25 Luglio 2010 – Mostra di santini e di icone
Nella bella cittadina di Luino (VA) sul Lago Maggiore, ai confini con la Svizzera, il 17 luglio p.v. verrà inaugurata a Palazzo Verbania, una mostra di immaginette sacre e di icone. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 25 luglio 2010.
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CLAVESANA (CN), 30 Luglio - 5 Agosto 2010 – Mostra di Immaginette devozionali
In concomitanza con i festeggiamenti Patronali della Madonna della Neve, la Biblioteca Comunale di Clavesana organizzerà dal 30 luglio al 5 agosto una esposizione di vecchi Santini. Il Parroco don Dompé metterà a disposizione un cospicuo numero di Immaginette Sacre per la maggior parte commissionate dalle Parrocchie di Clavesana e Roccaciglié, alcune delle quali risalgono alla fine del 1800. Molte famiglie metteranno a disposizione i loro santini.
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GRIGNASCO (NO), 7-16 Agosto 2010 – Mostra: “IL VOLTO DI GESU’ - Immagini devozionali della Vera Effigies S.N.I.C. di Edessa a Grignasco e in Diocesi di Novara”
Il 7 agosto p.v. a Grignasco (Novara), a seguito della solenne Ostensione della Sindone 2010, l’Associazione Punto Arte Onlus promuoverà la mostra “IL VOLTO DI GESÙ. Immagini devozionali della Vera Effigies S.N.I.C. di Edessa a Grignasco e in Diocesi di Novara” , per presentare al pubblico un dipinto del “Volto di Gesù” che fa parte della quadreria della parrocchiale dell’Assunta. L’iniziativa si connota come una “appendice” alla grande mostra torinese, allestita nella Reggia della Venaria dove l’opera ha suscitato grande interesse perché, come ha voluto testimoniarci Mons. Timothy Verdon, essa rappresenta “un esempio eccelso di uno dei temi della mostra, il volto di Gesù, e perché riporta esplicitamente al Mandylion” di Edessa, cioè ad una delle più antiche immagini del Volto Santo che la tradizione abbia documentato. Per l’occasione verrà diffusa la pubblicazione edita da Punto Arte Onlus, appunto per la mostra a Grignasco. Il libro reca la prefazione di don Mario Perotti direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Novara e documenta i seguenti temi: Introduzione e scheda del dipinto di Grignasco. Il committente don Carlo Silano Tartagliotii. La leggenda del “Mandylion” di Edessa. La tradizione della “Lettera di Lentulo”. I modelli dell’iconografia del “Volto di Gesù”. La diffusione dell’immagine del Volto di Gesù nel Novarese e in Valsesia.
Il dipinto raffigurante il “Volto di Gesù” è situato a Grignasco, nella sacrestia della chiesa parrocchiale di M.V. Assunta. E’ un olio su tela di cm.42 x 35,5, attribuito a un pittore piemontese o lombardo, e risale alla fine del XVII / inizio sec XVIII. L’opera proviene dall’eredità di don Carlo Silano Tartagliotti. Il r
estauro è di Fermo Dedominici del 2010.
La riproduzione su tela, in scala 1:1, a tiratura limitata e numerata, è stata effettuata da “HALTA DEFINIZIONE” (Novara), un’ azienda riconosciuta tra i principali protagonisti a livello nazionale e internazionale nel settore della ricerca e dello sviluppo di tecnologie hardware e software applicabili all’acquisizione e alla visualizzazione di immagini di altissima qualità. "Le copie fotografiche del dipinto sono realizzate su tela per ottenere un risultato aderente all'originale e sono disponibili per gli interessati su prenotazione. E' possibile prenotare la riproduzione contattando l'Associazione Punto Arte Onlus - via Fasola, n.5 - 28075 Grignasco (NO) - Tel. 0163417140 - 0163417223-0163411068-Cell.3343667207- E-mail: parrocchia.grignasco@aruba.it- postmaster@ puntoarteonlus.it. Ad ogni copia sarà allegata la monografia che contiene i risultati delle ricerche storiche sul dipinto di Grignasco e sulla diffusione del modello in Diocesi di Novara. Le offerte raccolte per l'occasione saranno destinate al restauro di altre opere d'arte grignaschesi.
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LOVERE (BG), 15-22 Agosto 2010 –
Mostra di santini:“IMMAGINI ANTICHE DEL SACRO - Incisioni e santini dal XVI al XIX secolo”
ENNIO BELOTTI di Lovere, socio AICIS, ha programmato una interessante mostra nella sua città che verrà inaugurata il 15 agosto 2010 nel Centro Civico Culturale del Comune presso il “Nuovo Porto Turistico”. Il tema dell’esposizione sarà:”Immagini antiche del sacro. Incisioni e santini dal XVI al XIX secolo”. La mostra, che rimarrà aperta fino al 22 agosto, avrà il seguente orario per l’accesso gratuito al pubblico: tutti i giorni dalle ore 16.00 alle 19.00.
Verranno esposti oltre 250 immagini e santini. Saranno presenti opere di autori di grido quali Luca di Leyda, Marcantonio Raimondi, Callot, i Vierix, Klauber, Piranesi ed altri. Inoltre, tra le immaginette devozionali, saranno presenti quelle traforate a punzone della varie case editrici europee, in particolare le francesi del 1800.
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BOLOGNA 7-31 Luglio/1-26 Settembre 2010 –
Mostra al Museo B.V. di s.Luca: “Santa Rosa da Lima nelle piccole immagini devozionali”
Il 23 agosto la Chiesa celebra la festa di Santa Rosa da Lima. A Bologna, presso il Museo Beata Vergine di San Luca in Piazza di Porta Saragozza 2/A il 6 luglio è stata inaugurata una esposizione di santini sul tema “Santa Rosa da Lima nelle piccole immagini devozionali”.
L’esposizione è curata da ELENA AYALA, che in numerose e preziose piccole immagini devozionali accompagna alla conoscenza della Santa che costituisce un vero ponte tra l’Europa e le Americhe.
Essa comprende numerose piccole immagini devozionali composte in sei grandi pannelli, che non solo illustrano la vita della santa domenicana che visse tutta la sua vita a Lima, tra il 1586 e il 1617, ma offrono anche una panoramica completa di tutte le tipologie dei “santini”, iniziando da quelli di tipo fiammingo degli inizi del XVII secolo, praticamente coevi alla morte della Santa, passando attraverso canivet, santini a pizzo, xilografie, calcografie, litografie fino alle tipologie contemporanee, cromolitografia e fotografia. La mostra chiuderà per le ferie estive il 31 luglio e riaprirà il 1° settembre per chiudere infine il 26 settembre p.v. L’orario di visita è il seguente: Martedì, venerdì e sabato: 9-13; giovedì: 9-18; domenica: 10-18; lunedì: chiuso. La citata esposizione sarà completata da una conversazione di Fernando Lanzi, direttore del Museo, e di Eléna Ayala, sul tema: “L’iconografia in America Latina e in Europa di Santa Rosa da Lima”. La conversazione sarà giovedì 16 settembre presso il Museo, Piazza di Porta Saragozza 2/a.
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BOLOGNA 5-26 Settembre 2010 nell’Abbazia di s.Stefano, 28 sett.-24 ottobre 2010 nel Museo B.V. di s.Luca - Mostra di santini: “Vita di Gesù - Guida all’incontro con il Figlio di Dio fatto uomo e alla conoscenza del suo volto umano e divino”
Un’altra particolare ed interessante mostra di santini segnaliamo dal 5 settembre 2010 presso l’Abbazia di Santo Stefano, curata da ERSILIA CORSINI e DUILIO GENNARI, dal titolo “Vita di Gesù - Guida all’incontro con Figlio di Dio fatto uomo e alla conoscenza del suo volto umano e divino”.
La mostra, visibile nel chiostro dell’Abbazia di Santo Stefano, con orario 9-12 e 15,30-18, sarà presentata e illustrata martedì 7 settembre alle ore 16 da Fernando Lanzi del Centro Studi per la Cultura Popolare, che ha collaborato alla sua realizzazione.
Gli autori propongono un percorso, con il tramite delle piccole immagini devozionali, alla scoperta di quel volto, del tutto umano, in cui gli uomini di ogni tempo possono incontrare la gloriosa maestà di Dio, fattasi piccola, e chinatasi su di noi, proprio per essere da noi colta. Si accompagna il cammino di Gesù, dalla Incarnazione, al monte dell’Ascensione, alla sala della Pentecoste, e infine alle vie del mondo nella missione degli Apostoli. Il percorso coglie tutti i momenti salienti: Incarnazione, Adorazione dei agi e dei Pastori, Battesimo e Tentazione, l’attività in Galilea, i principali miracoli, il discorso della montagna, l’insegnamento del Padre Nostro, le parabole e le grandi immagini (il seminatore; il buon samaritano, la pecorella smarrita, il figlio prodigo, il ricco Epulone e il povero Lazzaro; l’acqua, la vite e il vino, il pane e il pastore) e illumina anche aspetti particolari come la sua amicizia con la famiglia di Lazzaro e gli eventi e le parole che ne accompagnano la morte e la risurrezione. Si giunge così alla Passione, dall’entrata in Gerusalemme alla Risurrezione, poi all’Ascensione e alla Pentecoste, che preludono alla missione della Chiesa nella storia, Chiesa nella quale Egli è oggi incontrabile.
Non è stato facile reperire immagini che illustrassero tutti i momenti della vita di Gesù: ma ancora una volta si è verificato come le piccole immagini devozionali, comunemente dette “santini”, siano una vera miniera di insegnamenti che custodiscono e offrono, venendo incontro ai diversi momenti della vita dei fedeli e alla loro necessità di essere sostenuti nella fede. Per visite guidate al pomeriggio: 335-622864.
Tale esposizione di immaginette sacre dal 28 settembre al 24 ottobre sarà visitabile anche presso il Museo Beata Vergine di San Luca, in Piazza di Porta Saragozza 2/A, con questi orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato ore 9-13; giovedì ore 9-18; domenica ore 10-18.
E’ prevista una conversazione di Fernando Lanzi e Silvia Corsini sul tema: “Le piccole immagini devozionali: storia funzioni peculiarità”, il giovedì 7 ottobre alle ore 21, presso il Museo.
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CESENA (FC), 2 Ottobre - 28 Novembre 2010 – Mostra di santini:“ANGHELOS - L’ANGELO CUSTODE”
Informiamo che il 2 ottobre è stata inaugurata a Cesena, presso la Galleria d'Arte: Palazzo Ghini, una mostra curata da MARISA ZATTINI sul tema: "ANGHELOS, L'Angelo Custode", dove accanto alle opere pittoriche e scultoree di diciotto artisti, i soci ALBERTO BOCCALI, ATTILIO GARDINI e inoltre Lino Gualtieri espongono una quarantina di immaginette sacre che illustrano l'opera del nostro Angelo Custode.
L’orario di visita di questa esposizione che rimarrà fino al 28 novembre è il seguente: nei giorni prefestivi, festivi e martedì: 10-12.30, 16.30-19.30; feriali: 17-19.30; lunedì: chiuso.
Gli amatori dei cataloghi possono rivolgersi a Il Vicolo - Sez.Arte: Tel.0547-21386; e mail: arte@ilvicolo.com.
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ROSETO DEGLI ABRUZZI (TE), 4 Settembre - 10 Ottobre 2010 – XX edizione della Mostra di santini a Roseto. “Santi Patroni e Protettori attraverso le immaginette devozionali”
Roseto degli Abruzzi festeggia quest’anno i 150 anni della sua fondazione (1860-2010) e la XX edizione della Rassegna di santinià (1991-2010).
Il 2010 è un anno memorabile per Roseto, l’antica Rosburgo (Paese delle rose) e per l’AICIS - Associazione Italiana Cultori Immaginette sacre. Infatti, mentre la città celebra il 150° ann.rio della sua fondazione, il 4 settembre nella Villa Comunale verrà inaugurata la XX edizione della mostra di immaginette sacre che quest’anno avrà per tema: “I Santi Patroni e Protettori attraverso le immaginette devozionali”. L’esposizione di santini a Roseto ha avuto origine grazie alla collaborazione tra il nostro defunto Presidente e Fondatore Comm. GENNARO ANGIOLINO (+2003), il socio MARIO GIUNCO, acuto e prolifico scrittore, giornalista e funzionario del settore culturale del Comune di Roseto, attuale Direttore responsabile della nostra Rivista “Santini e Santità” ed EMIDIO D’ILARIO, Presidente del Circolo Filatelico Numismatico Rosetano. Dal giugno 2004, dopo la scomparsa del compianto Presidente Comm.Angiolino, per l’AICIS è subentrato nell’organizzazione della manifestazione rosetana il Vice Presidente RENZO MANFE’. Gli espositori delle immaginette della XX edizione saranno: GIANCARLO GUALTIERI e, con qualche quadro espositivo, RENZO MANFE’, AGOSTINO CERINI, LUIGI ZANOT e FRANCESCO BERNARDI, tutti di Roma. Tra le tematiche particolari: Santa Filomena, patrona di Roseto per i primi cento anni della città, e S.Maria Assunta, (subentrata nel patronato di Roseto dopo che nel 1961 la Sacra Congregazione dei Santi aveva tolto dal calendario liturgico la festa di Santa Filomena), giornali d’epoca relativi a vari terremoti ed alcune schede tecniche di BIAGIO GAMBA sui santini e delle Case di Produzione di immaginette di ATTILIO GARDINI.
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ROMA, 14-30 Ottobre 2010 – Mostra di santini:
“LA MADONNA DELL’ORTO IN TRASTEVERE E LA DEVOZIONE DELLA MADRE DI DIO IN ROMA”
L’A.I.C.I.S. - Associazione Italiana Cultori Immaginette Sacre con la collaborazione della Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto, in occasione dell’annuale Festa Titolare di Maria SS. dell’Orto, che si celebrerà Domenica 17 ottobre 2010, il 14 ottobre 2010 inaugurerà, alle ore 16.00, una mostra di santini sul tema: “La Madonna dell’Orto in Trastevere e la devozione della Madre di Dio in Roma”
Domenica 17 ottobre, chi potrà essere presente in Roma, è invitato a partecipare alle ore 11,00 alla Liturgia eucaristica nella bellissima Chiesa di Santa Maria dell’Orto in Via Anicia 12 dove “…ancora oggi la chiesa viene addobbata con frutta e ortaggi e, al termine della Santa Messa, vengono benedette e distribuite delle mele. Secondo un'antica usanza ciascun confratello, al termine del pasto domenicale, ne divide una tra tutti i componenti della famiglia.” Le immaginette esposte che vanno dal 1700 ad oggi sono dei soci BRUNO FORASTIERI, GIANCARLO GUALTIERI, RENZO MANFE’, GIOVANNI COSTANZO e MASSIMILIANO PERUGIA, tutti di Roma. Della stessa tematica, sono stati inseriti 6 pannelli con le immaginette del socio UGI AMICI, deceduto nel 2007 e che molti soci AICIS di tutta Italia, ancora oggi, ricordano con affetto. L’esposizione, allestita al 1° piano della Venerabile Arciconfraternita, con ingresso da Via Anicia 10, copre un arco di tempo che va da giovedì 14 a sabato 30 ottobre 2010. I giorni di visita della mostra saranno soltanto i seguenti: 14 – 15 – 16; 21; 23; 28; 30; con orario dalle 16,00 alle 18,00. Ingresso libero
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ROMA, 30 Ottobre- 9 Dicembre 2010 – Mostra di santini: “SANTI PATRONI E PROTETTORI”
Il 31 ottobre p.v. l’A.I.C.I.S., in collaborazione con l’Arciconfraternita di S.Maria dell’Orazione e Morte e dell’Accademia Culturale Europea inaugura una mostra di immaginette sacre sul tema: “Santi Patroni e Protettori” in Roma nella Chiesa “S. Maria dell'Orazione e Morte”, Via Giulia 262. L’esposizione di immaginette della collezione di GIANCARLO GUALTIERI e RENZO MANFE’ rimarrà aperta al pubblico fino al 9 dicembre 2010. Per le visite l’ingresso sarà libero e la Chiesa rimarrà aperta al pubblico nel seguente orario: mattina dalle ore 8.00 alle ore 11.00; pomeriggio dalle ore 16.00 alle ore 18.30.
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RE (VB), 15 Dicembre 2010 - 15 Gennaio 2011
Mostra di santini: “GESU’ BAMBINO, DA BETLEMME A NAZARETH, ATTRAVERSO LE IMMAGINETTE SACRE”
Il 15 dicembre p.v., nel maestoso Santuario della Madonna del Sangue di Re (Verbania), verrà inaugurata una mostra di santini incentrata sui primi momenti della vita del Bambino Gesù, dalla nascita a Betlemme, alla fuga della famiglia in Egitto, alla presentazione al Tempio. Organizzatore della mostra è il socio PIER LUIGI PATRITTI di Olgia di Re che esporrà materiale molto interessante della sua collezione dal 1600 ai primi del Novecento. Collabora alla Mostra con alcune immaginette della propria collezione anche FLAVIO CAMMARANO che i soci AICIS conoscono anche perché, abbiamo recentemente presentato nella nostra Rivista (pag.26 di Santini e Santità” nr.0-Gennaio-Febbraio) il suo meraviglioso libro “Santini e Storia di un Editore parigino Maison Bouasse-Lebel” del 2009. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 15 gennaio 2011 negli orari di apertura del Santuario.
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CURIOSANDO TRA I LIBRI
B. Gamba, La Serie Comune della Santa Lega Eucaristica. Storia, immagini e quotazioni della serie più ricercata della famosa casa editrice milanese, Editore Il Mondo dei Santini, Faenza 2010.
In Italia, molte sono le case editrici che hanno stampato (e che continuano a stampare) immaginette sacre: fra queste certamente la più famosa ed ancor oggi la più amata da tutti i collezionisti italiani è la Casa Editrice Santa Lega Eucaristica, fondata a Milano nell’anno 1896 dal padre carmelitano Gerardo di San Giuseppe (al secolo Giuseppe Beccaro). La Lega, per usare la denominazione universalmente accettata, divenne, nel giro di pochi anni, una delle più fiorenti case editrici cattoliche, tanto che la sua variegata produzione, sempre caratterizzata dallo scudo coronato, di cromolitografie - oggi tanto ricercate - venne distribuita in molti paese europei, ma non solo.
Un apprezzamento e una fortuna che, per la Lega, ci sono ampiamente dimostrati dalla sempre più ricca bibliografia che è stata pubblicata, a partire dal primo, ancor utile volumetto di Enrico e Daniela Leuthold, Immagini 1896-1910, Edizioni Ullmann & Co., Milano 1998, al più complesso volume di Enzo Pagliara (Santini di serie. Santa Lega Eucaristica di Milano. Immaginette tra ‘800 e ‘900, Barbieri editore, Manduria 1999), per arrivare ora a questo magistrale, innovativo lavoro di Biagio Gamba, un volume [formato 24 x 32, di 110 pagine con testo in italiano e inglese (euro 34)] che - a mio modesto parere - non deve assolutamente mancare nella biblioteca di un collezionista della Lega.
Ritengo infatti che l’attenta e puntuale lettura del volume di Biagio Gamba sarà ricca di stimoli illuminanti e di informazioni preziose ed inedite sia per i vecchi che per i nuovi cultori della Lega: nelle prime 25 pagine ci viene presentata l’affascinate storia della Casa Editrice e le caratteristiche editoriali (logo, diciture, formati, tecnica di stampa, ecc.) di tutte le immaginette della Serie Comune; seguono quindi le pagine più interessanti e preziose, per un collezionista almeno, e sono quelle (a partire dalla pag. 26) in cui si affronta la catalogazione in maniera sistematica e ragionata di tutte le 340 cromolitografie che formano la Serie Comune. Una puntuale analisi tecnica incentrata su un specifica scheda descrittiva che, numero per numero, prende in esame il soggetto, il titolo, l’invocazione e/o la didascalia (quando presente), il formato, la rarità, la quotazione di ogni singola immaginetta.
E’ indubbio che l’autore sia riuscito a caratterizzare la sua opera di alcune importanti e peculiari novità, come l’essere riuscito a proporre per la prima volta l’immagine di tutte le cromolitografie della Serie Comune, comprese quelle che erano sfuggite ai primi tentativi di catalogazione, una manciata di numeri considerati all’epoca irreperibili: i numeri 321, 330, 335 e 336, soprattutto questi due ultimi, definiti ancora “rarissimi”.
Finalmente un catalogo ragionato, anche se solo - per ora?, speriamo di no, ovviamente - della Serie Comune della Lega che si porrà senz’altro come punto di riferimento di ogni collezionista, ma ancor più per tutti coloro che intendono iniziare a studiare, approfondire e, perché no?, cominciare a collezionare questa bellissima serie di cromolitografie che a buon titolo viene considerata “una delle produzione più importanti di tutto il Novecento, in Italia e nel resto del mondo”… Ed avvicinarsi ovviamente al loro vasto mercato che dovrà, d’ora in poi, necessariamente confrontarsi con le quotazioni qui proposte, frutto dell’esperienza dell’autore, attento conoscitore ed osservatore dei principali canali di vendita tradizionali e on line…
I soci interessati possono reperire direttamente il volume presso l’Editore Il Mondo dei santini di Faenza (tel. 0546 790744, sito internet www.ilmondodeisantini.com) a prezzo scontato.
Carluccio Frison
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Cappa Bava Luigi - Jacomuzzi Stefano: “DEL COME RICONOSCERE I SANTI”, 2001 - pag.264, ill. - Editore: SEI
Un libro che aiuta principianti e non, a saper riconoscere nelle immaginette sacre, nelle statue, nei dipinti di una chiesa o di un museo il santo o i santi che vi sono raffigurati attraverso i segni, i simboli della sua rappresentazione tradizionale o gli attributi particolari. D’altronde più che sulle immaginette, dove c’è quasi sempre scritto il nome del soggetto rappresentato, il libro è particolarmente utile per le raffigurazioni nelle chiese e nei musei dove inspiegabilmente sotto a un quadro che rappresenta la Madonna circondata da 4, 6 figure con aureola, troviamo un cartiglio con l’autore e la generica dicitura “Madonna e Santi”.
Renzo Manfè
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IL CATALOGO DELLA MOSTRA ANGHELOS A CESENA
di MARIA GABRIELLA ALESSANDRONI
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Per l’inaugurazione, la nuova Galleria d’arte Palazzo Ghini, diretta da mons. Ernesto Giorgi, ospita, dal 2 ottobre (ricorrenza degli Angeli Custodi dal 1670, istituzione di Clemente X), al 28 novembre 2010, la mostra
ANGHELOS vasi comunicanti “L’Angelo custode”
promossa dalla diocesi di Cesena-Sarsina, curata dall’arch. Marisa Zattini.
Il catalogo, smagliante nel bianco lucidissimo della copertina con incisioni dorate, ricco di autorevoli articoli e di coloratissime illustrazioni ad elevata risoluzione, è pubblicato da “Il Vicolo”, Divisione libri, Cesena (FC), http: //www.ilvicolo.com.
In occasione del restauro, appena completato, dei due angeli torcieri “tedofori” in legno dipinto (XVIII sec.) della chiesa di sant’ Agostino di Cesena, sulla tematica dell’angelo custode partecipano alla esposizione “18 artisti contemporanei, convocati con le loro opere per questo evento” e 3 collezionisti (Alberto Boccali, Attilio Gardini, soci dell’AICIS, e Lino Gualtieri), con circa 50 immaginette sacre della loro raccolta.
Sfogliando il volume si ritrovano, importanti, i testi biblici fondanti dell’angelologia, quali, nell’Antico Testamento, i Salmi 34,8 (L’Angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva), e 91,11 (Egli darà per te ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie), poi il Libro di Tobia (l’arcangelo Raffaele protegge ed aiuta Tobia e la sua famiglia); nel Nuovo Testamento Mt 18,10 (…io vi dico che i loro angeli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli), At 12,15 (l’angelo di Pietro, che libera Pietro dal carcere), scritture nei secoli interpretate ed approfondite da studiosi quali s. Basilio, s. Cirillo, s. Girolamo, s. Gregorio Magno, s. Alberto, s. Tommaso, s. Gemma Galgani, s. Pio da Pietrelcina e molti altri, fino ai contemporanei.
L’originale sottotitolo “vasi comunicanti”, ispirato al principio della fisica, esprime l’interpretazione della curatrice, riferita agli angeli come collegamento relazionale tra la nostra natura umana e la natura divina.
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Leggendo il testo, si riflette sul significato e sulla essenza degli angeli, tra scienza e fede, tra fede e arte, creature alle quali si accede non con l’esperienza, ma attraverso “rivelazione”, motivo per disquisizioni filosofiche e interpretazioni soggettive diverse, anche relative alla loro stessa esistenza.
La mediazione dell’arte poetica, in specie i versi della Divina Commedia, disseminati di presenze angeliche, e il messaggio dell’iconografia, nelle rappresentazioni delle arti figurative, che, ispirate, suggestive ed allegoriche, trasmettono emozioni, possono offrirci un aiuto alla comprensione di questi esseri incorporei, lontani dalla nostra realtà razionale, ma importante collegamento tra la terra e il cielo.
L’articolo del socio di Forlì prof. Attilio Gardini introduce al mondo dei santini, “un santino come regalo, oggetto di protezione e devozione, strumento educativo, espressione dell’arte popolare”, passione dei filiconici (termine che, come sappiamo, è stato da lui stesso proposto e largamente condiviso, citato, tra l’altro, sull’enciclopedia on line Wikipedia), e precede le riproduzioni di tutte le immaginette sacre esposte (angeli di carta), puntualmente classificate nelle esaurienti didascalie.
Segnale indicativo è la scelta, come emblema della mostra, del santino della fine del XIX secolo riportato nella prima figura, deliziosa siderografia applicata su cartoncino con cromolitografia, con decori goffrati e fregi dorati, bordo fustellato; una mandorla risulta inserita all’interno di un labaro, sovrastato dal giglio araldico; la scritta è in lingua francese “Mon bon ange inspirè moi la caritè”; sul verso Orazione dell’Angelo.
Nella seconda figura, dalla collezione di Alberto Boccali, appare una Cromolitografia con bordo liscio. Supposta produzione cecoslovacca, stampata su commissione della parrocchia di s. Norbertus in Vienna. L’Angelo custode mostra la palma al bambino, che a sua volta viene insidiato dal serpente, simbolo dei frangenti della vita. Ultimo decennio del’Ottocento. 116x69 mm. I colori vivacissimi, i tratti nitidi del disegno e lo sfondo punteggiato suggeriscono quasi l’idea di un mosaico maiolicato.
Nella terza figura, dalla collezione di Attilio Gardini, delicatissima Riproduzione fotomeccanica, a colori, con bordo dorato liscio e con angoli arrotondati. Produzione “NB” Basevi Edit.. Il Messaggero divino custodisce la fanciulla inesperta che non riconosce i pericoli della vita. Metà Novecento. 102x57 mm.
Nella ultima figura ammiriamo l’immaginetta del collezionista Lino Gualtieri: Cromolitografia su cartoncino con bordo fustellato ad angoli arrotondati. Cornice in stile Liberty, con decori gigliati. Pr. Malaguti Edit. di A. Oliva. Il divino messaggero interviene per sollevare la fanciulla insidiata dai rovi. Decenni 1920-’30, 110x61 mm. L’angelo ad ali spiegate sembra danzare in un volo avvolgente la piccola protetta.
L’angelo custode nei santini, con le diverse connotazioni formali, espressione dell’ epoca della loro realizzazione, appare di consueto al fianco di bambini “piccoli”, in situazioni che ben ne evidenziano la necessaria azione protettiva nella vita quotidiana, infondendo fiducia e tranquillità.
Nel triennio 2010-2013 il progetto Anghelos prevede ulteriori eventi, dedicati agli altri possibili attributi dell’Angelo: Angelo annunciatore, Arcangelo, Angelo vendicatore, Angelo ribelle… |
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UN SANTINO PER OGNI SOCIO
CON LA PRESENTE RIVISTA INVIAMO AI TESSERATI 2010 24 IMMAGINETTE SACRE
Con il presente numero della Rivista, che viene eccezionalmente spedito dalla Segreteria di Roma, anziché dalla Tipografia di Nardò (Lecce), alleghiamo 24 immaginette sacre per gli associati 2010.
Le immaginette che inviamo costituiscono attività sociale di alcuni soci AICIS che doverosamente qui sotto elenchiamo soprattutto per ringraziarli a nome del Consiglio Direttivo, ma anche da parte di tutti gli iscritti.
1-San Giovanni Apostolo, Protettore di Capizzi (ME); Santino offerto FRANCESCO SARRA MINICHELLO
2-Santa Celestina, V.e M.,venerata in Alcamo -Santino (MG30) offerto da Padre MICHELE GIULIANO
3-Madonna della Salute venerata a Maerne (VE) - Santino offerto da AUGUSTINO BUSATO
4-Santa Rita da Cascia - Santino offerto da ROBERTO DE SANTIS e Prof.MARCELLO VENDEMMIATI
5-San Massimiliano M.Kolbe - santino offerto da Padre MICHELE GIULIANO, ofm
6-S.Camillo De Lellis, Patrono di malati e operatori sanitari-Offerto da P.MICHELE GIULIANO, ofm.
7-S.Isidoro Agricola, santino offerto da MICHELE URRU.
8-Santa Lucia, v.m. - Santino offerto da Don ANIELLO VERDICCHIO
9-Lo Spirito Santo - santino offerto da Padre MICHELE GIULIANO, ofm
10-Santa Filocia, v.m. venerata in S.Fara in Cinisi (PA)- offerto da Padre MICHELE GIULIANO, ofm
11-Santa Virginia Centurione Bracelli - Santino offerto da Don DAMIANO MARCO GRENCI
12-Teresa Musco - Santino offerto da MARIO CESARANO
13-Madonna di Medjugorje - Santino offerto da ALBERTO BOCCALI
14-Sant’Antonio Abate - Santino offerto da EDMONDO BARCAROLI
15-Sante Flora e Lucilla, vv.mm. -Santino offerto da LUCIO BIGI
16-Sant’Onorato, m. venerato in Caltabellotta (AG)-Santino (MG20)-Offerto da P.MICHELE GIULIANO
17-Madre Nazarena Majone - Santino offerto da AGOSTINO CERINI e LUIGI ZANOT
18-Madonna del Ponte di Mercato Saraceno (FC) - Santino offerto da ALBERTO BOCCALI
19-Beato Giovanni Liccio nel V cent.rio del “dies natalis”- Padre GIOVANNI CALCARA, OP
20-San Vitaliano Vescovo - Santino offerto da Padre MICHELE GIULIANO, ofm
21-Madonna del Buon Rimedio (in San Crisogono a Trastevere)-Offerto da SANTO NIGRELLI
22-Al pozzo di Giacobbe - Santino offerto da Padre MICHELE GIULIANO, ofm
23-San Giuseppe in s.Maria Nova a Fano - Santino offerto da GIANCARLO DE LEO
24-Santa Camilla Battista da Varano - Santino offerto da GIANCARLO DE LEO
Renzo Manfè
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IL MARTIRIO NELLA TRADIZIONE SLAVA
2 maggio, festa dei Santi Boris e Gleb
Il gesuita Tomas Spidlik nasce il 17.XII.1919 a Boskovice, in Moravia, è stato per 38 anni direttore spirituale del Pontificio Collegio Nepomuceno, l’antico Collegio Boemo, teologo di larga fama, è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II il 21 ottobre 2003.
Pubblichiamo il seguente articolo che trae spunto dai Santi Boris e Gleb, figli di San Vladimiro granduca di Kiev, uccisi nel 1015. La festa comune di Boris e Gleb, che col Battesimo avevano assunto i nomi di Romano e David, si celebra il 2 maggio, giorno anniversario di una traslazione delle reliquie che ebbe luogo nel 1072. La festa particolare di Boris si celebra il 24 luglio, quella di Gleb il 5 settembre.
Nel seguente articolo abbiamo colto interessanti spunti che rispondono a quesiti posti telefonicamente da alcuni soci alla nostra Redazione.
Sono in genere i martiri coloro che aprono il corteo dei santi nella storia di una nazione cristiana. Ciò è comprensibile dalle circostanze storiche come reazione, talvolta violenta, come autodifesa delle credenze antiche che non volevano cedere il posto al nuovo culto. Ma presso gli slavi, la religione pagana non era sufficientemente organizzata da opporre una resistenza violenta al nuovo pensiero cristiano. Del resto, una tale resistenza sarebbe stata un anacronismo nel contesto culturale-politico europeo. Nella comunità dei popoli europei, gli slavi ricevettero il battesimo come "operai dell'ultima ora". Ciò nonostante, il sangue dovette bagnare i nuovi campi seminati dal Vangelo. Si tratta di veri martiri?
Nell'antico Regno di Kiev essi furono chiamati strastoterpsi, cioè, letteralmente, "quelli che soffrirono la passione". Si dice talvolta che siamo di fronte ad un nuovo tipo di santità, tipicamente slavo, differente dalla santità dei martiri. Vediamo i casi concreti. A Kiev fu istituito il culto dei Santi Boris e Gleb. Ecco come si svolsero i fatti: San Vladimiro, il primo principe cristiano della terra di "Rus", morì nel 1015. Essendo assente il figlio maggiore Jaroslav, nella città capitale rimase, unico dei figli, Sviatopolk. Questi approfittò della situazione per usurpare il trono. Per sbarazzarsi degli altri pretendenti fece uccidere il giovane fratello Boris, reduce da una spedizione militare; poi il fratello Gleb, ancora ragazzo; infine il fratello Sviatoslav. Ma, l'anno seguente, il fratricida venne deposto da Juroslav e morì dopo le sconfitte. Il culto di Boris e Gleb fu istituito appena cinque anni dopo la loro morte e le loro reliquie furono collocate nella chiesa di Vysgorod. Fu loro dedicata una festa nel calendario e composto un ufficio in loro onore.
Ma la canonizzazione pone seri problemi teologici. Appare subito come i fatti esterni siano insufficienti ad introdurre un culto e ad attribuire loro il titolo di "martiri". Secondo le magistrali istruzioni di Benedetto XIV Sulla beatificazione dei servi di Dio e sulla canonizzazione dei beati si deve esaminare attentamente l'intenzione del persecutore in simili casi di morte violenta. E da parte del perseguitato deve essere liberamente accettata per la fede in Cristo, o per una virtù che ha rapporto con Dio.
Come si vede dall'ultima frase, il Papa lascia aperta la possibilità ad una interpretazione più ampia del martirio. E' martire non solo chi muore per la professione della fede cristiana, ma anche quello che da la vita per altre virtù autentiche. Questo allargamento del concetto di martirio appare fortemente nelle biografie dei santi slavi, come nella biografia dei santi Boris e Gleb redatta dal monaco Nestore. Boris vi è raffigurato come un guerriero giovane e valoroso, che accetta volontariamente la morte, rinuncia a difendersi, dicendo: «Non mi è consentito levare la mano contro il mio fratello, tanto più contro quello maggiore che ora fa per me le veci del mio padre». Egli stima quindi la virtù della pietà familiare più della sua stessa vita.
Gli si mette nella bocca questa bella preghiera: «Signore Gesù Cristo, tu che ti degnasti di comparire sulla terra in questa forma umana e ti lasciasti volontariamente inchiodare sulla croce; tu che accettasti la passione a cagione dei nostri peccati, concedimi di accettare la mia. La ricevo non già dai nemici, ma da mio fratello. Signore non imputarla a suo peccato... Degnati o Signore, di farmi imitare i santi martiri...!»
Considerato da questo punto di vista, san Boris, secondo le persuasioni del biografo, muore per motivi puramente religiosi, anche se da parte del suo persecutore si tratta di un crimine politico. La questione però è più delicata nel caso di san Gleb, dato che si tratta di un piccolo ragazzo. La sua morte è dipinta con crude realismo. Il bambino supplica il suo assassino di risparmiarlo: «Non uccidermi, fratello mio diletto, non uccidermi..., abbi pietà della mia giovane età, mio signore. Tu sarai il mio signore e io sarò il tuo schiavo».
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Questo pianto di un bimbo che si lamenta "d'essere sgozzato senza alcuna ragione" ha commosso molto la pietà popolare, la quale, anche in seguito, non ha esitato a venerare i bambini innocenti, vittime di morte violenta. Anche la Chiesa latina venera i bambini morti per Cristo. Il caso classico è offerto dai santi Innocenti ai quali però San Tommaso d'Aquino nega "l'aureola", perché non hanno lottato. Ma qui il Dottore Angelico è più severo degli altri. Se la morte per Cristo equivale al battesimo, questa santificazione per mezzo del sangue non deve esigere dall'individuo maggiori disposizioni di quelli richieste per il bagno battesimale che purifica l'anima dei piccoli anche senza la loro consapevole partecipazione.
Ma il nodo centrale della questione rimane sempre quello di determinare che cosa sia esattamente una "morte per Cristo". In Occidente, si è manifestata la tendenza a giudicare rigorosamente, caso per caso, il movente del martirio, l'intenzione del persecutore. Al contrario il sentimento religioso slavo si è mostrato molto più largo.
Si dice che ci sia tra gli slavi una mistica della morte.
«Da noi - scrive Turgenev - ogni contadino muore come se compisse un rito. La forza santificatrice di quel "rito" si ritiene sia tale da purificare l'anima di chi non frappone ostacoli. L'anima esce così come da un bagno di purificazione che purga le vittime da tutti i peccati e da tutte le macchie", come si legge nella vita del santo principe-martire russo Andrea Bogoljubskj (1110-1174).
Si sa che i Padri, e sulle loro tracce la scolastica, hanno cercato di scacciare il terrore della morte con il richiamo all'immortalità dell'anima. Questa era provata filosoficamente: l'anima formula delle idee e dei principi eternamente validi, è quindi, di natura sua intellettuale ed eterna. Tutti gli idealisti si consolano con questo sotterfugio, anche se non credono in Dio. L'uomo individuale muore, ma le sue idee restano, esse sono eterne.
Ora, questo modo di argomentare non può soddisfare il sentimento slavo.
I pensatori russi disprezzano "la stolta eternità" delle idee astratte. La verità che rispecchia la realtà è vivente e concreta. La morte sembra distruggere non solo l'uomo, ma la verità come tale. Cercare la verità torna a porre la domanda di come vincere la maledizione della morte. Questo legame tra la verità e la morte fu intensamente sviluppato da N.F.Fedorov. Egli ha vissuto e riflettuto avendo sempre davanti a se l'immagine della morte, non della sua ma di quella degli altri uomini durante tutta la storia. Questo perché la lotta contro la morte è il suo principale impegno, perché la morte è il solo e ultimo male. Tutto deve essere messo in opera per vincerla.
La risurrezione sarà contemporaneamente il risultato della grazia divina e quello dell'attività umana. Ma abbiamo noi le forze necessarie per combattere la morte? Da soli no. In questa lotta l'uomo è vinto. Eppure quelli che hanno unito la loro morte con quella del Cristo, vincono la morte con la morte. Essa diventa per il cristiano, come il battesimo nel quale nasce la vita.
Quanto si dice della morte viene poi esteso alla sofferenza in genere.
Il gesuita russo I.Kolgrivof scrive del suo popolo che «è per natura, abituato a soffrire, ed il cristianesimo non farà che sublimare questa abitudine o virtù, mostrandogli nella felicità futura null'altro che una meravigliosa trasfigurazione della sofferenza». Di fatto la storia dei popoli slavi è una via dolorosa, costellata di eventi sanguinosi. La sofferenza, per usare l'espressione del poeta Nekrasov «vi si riversa a grandi fiotti, ancora più abbondanti di quelli del Volga nella stagione primaverile».
Perciò i pensatori slavi si sono sempre soffermati ad indagare sul vero senso del dolore, delle violenze sofferte. Esempio recente è Pasternak. Il suo romanzo Dottor Zivago descrive gli anni umanamente perduti e le privazioni di tutto il popolo nel tempo del terrore comunista.
Si pone quindi la domanda: a che cosa tutto questo serviva? La risposta si trova nelle ultime righe del libro in una poesia: «L'anima è triste fino alla morte... Eppure il libro della vita è giunto alla pagina più preziosa di ogni cosa sacra. Ora deve compiersi ciò che fu scritto, lascia dunque che si compia. Amen».
La sofferenza è una grande forza, perché santifica non soltanto gli innocenti, ma anche coloro che hanno peccato, che hanno sbagliato indirizzo di vita ma che lo sanno ammettere, che accettano che il "castigo" sana il "delitto". Delitto e castigo è il titolo appunto del romanzo di Dostoevskij che si occupa espressamente di questo problema. In esso leggiamo queste parole: «La sofferenza è una buona cosa... tramite essa tutto è espiato».
«Tutte le religioni - scrive N.Berdiaev - sin dalle credenze dei selvaggi primitivi, si fondano sull'atteggiamento verso la morte». Il fatto della morte e della sofferenza è uno dei primi stimoli che risvegliano una riflessione metafisico-religiosa.
«L'intensità con la quale si sente la sofferenza può essere considerata come un indice della profondità dell'uomo. Soffro, quindi sono. Questo è il senso più esatto e più profondo del cogito di Descartes. La sofferenza è legata all'esistenza stessa della persona e della coscienza personale(...). Dostoevskij vedeva nella sofferenza la sola causa della nascita della coscienza».
Ciò corrisponde al Martirologio romano che indica il giorno del martirio dei santi con il termine “natalis”, nascita alla vera vita.
(Fonte: www.vatican.va)
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I Tesini nel mondo
LA GRANDIOSA EPOPEA DEGLI UOMINI DELLE IMMAGINI
I Tesini percorrono - generazione dopo generazione - vie già note e nuovi sentieri. Generalmente partono a dodici - tredici anni e l’apprendistato sotto la guida dei più vecchi è una specie d’iniziazione collettiva. Nel 1781 sono 170 i capicompagnia alle dipendenze dei Remondini, nel 1881 i girovaghi muniti di regolare licenza 552, un numero notevole su una popolazione che nei tre paesi si aggirava sulle 6.000 anime. Per poter “girare negli imperial regi stati austriaci” o al di fuori di essi, devono essere muniti di una fede di sanità, per timore che siano apportatori di contagio, devono chiedere una patente di giro e un passaporto, documenti che verranno concessi solo se il comune natio potrà certificare la loro “lodabile condotta morale e politica”. Sono assoggettati a continue restrizioni: in Francia, ad esempio, devono avere un “permis de colportage” rilasciato luogo per luogo. E non dappertutto trovano via libera al loro commercio: spesso fioccano i divieti di vendita di stampe e libri, contro i quali le comunità di Tesino lottano fieramente e riescono ad ottenere prima da Maria Teresa e poi dai successori la concessione di esercitare il commercio girovago, unici in tutto l’Impero Asburgico.
Le stampe sono soggette a censura e circolano liberamente solo quelle che rispondono a una visione della vita conforme ai canoni stabiliti dall’Autorità, quelle, cioè, che offrono “lezioni di buona filosofia”, come dice Achille Bertarelli grande collezionista e studioso di stampe, per cui il popolo “riconosceva che la fortuna era arbitro di tutte le umane vicende, che non valeva la pena di invidiare la ricchezza ai ricchi ... e la Morte pareggiava tutti”. Immagini che offrono insegnamenti spiccioli e concreti e fanno conoscere le meraviglie di paesi lontani.
Con queste stampe i Tesini girano di casa in casa, raggiungendo i villaggi e le fattorie isolate, dove i contadini sono i loro principali acquirenti; là essi portano una ventata di novità e le loro immagini per pregare, sorridere e sognare. Certamente conoscono anche le date delle fiere e dei mercati cittadini e non mancano di occupare uno spazio esponendo la loro variopinta mercanzia. E quando i tempi e le circostanze saranno favorevoli, i depositi di merce dislocati strategicamente lungo i percorsi si trasformeranno in botteghe permanenti: il sogno di ogni ambulante.
Nel 1781 l’arciprete di Tesino può affermare che “molti di essi si sono stabiliti ed hanno aperto bottega di tali generi, da qualche anno, nelle principali città di Spagna, Fiandra, Olanda, Germania, Italia”. Poi i negozi si moltiplicano rapidamente anche in Francia, Belgio e Russia. Attorno alla metà dell’Ottocento possiamo documentare l’esistenza di una cinquantina di botteghe: alcune sono poco più che depositi, ma per lo più si tratta di negozi, situati nelle vie più centrali delle grandi città, che offrono, accanto alle stampe, quadri, libri, antiquariato, materiali per la pittura e per il disegno. Altri clienti si presentano allora ai Tesini con richieste ben diverse. La borghesia delle città, desiderosa di imitare i ceti più elevati, segue le mode, cerca sempre le ultime novità, richiede arte e cultura; i “santi”, certo di altro gusto e di più pregevole esecuzione, vanno ancora bene per la camera dei genitori e dei bambini ma nei salotti di rappresentanza devono comparire soggetti storici, riproduzioni di opere di autori famosi, i grandi personaggi contemporanei, ma anche quelli del mondo classico, vedute di città di interesse locale o di terre lontane. Sono “stampe fini” che si comprano soprattutto in Inghilterra e sempre meno dai Remondini.
I Tesini si integrano nella nuova realtà di vita ma non si staccano definitivamente dal paese d’origine, al quale ritornano ogni due o tre anni. Il negozio diventa punto di riferimento sia per i ragazzi della valle che, all’inizio del loro “percorso” vi lavorano, sia per gli altri girovaghi che vendono nel territorio circostante le stampe della bottega cittadina. Quando decidono di ritirarsi dagli affari i negozianti cedono l’attività a un altro Tesino e tornano in patria a godere il frutto del loro lavoro.
Sempre rincorrendo i gusti mutevoli ed esigenti della clientela e anzi pronti spesso ad anticiparli, alcuni decidono di farsi editori, e producono stampe di ottima qualità, valendosi di artisti di nome e di stampatori esperti. Sono i Tessari, ad Augusta già dal 1780 e poi a Parigi, i Buffa ad Amsterdam, i Fietta a Strasburgo e Metz, Antonio Tessaro e i Pellizzaro a Gand, Sebastiano Avanzo a Bruxelles e soprattutto i Daziaro, proprietari di negozi a Mosca, Pietroburgo, Varsavia e Parigi che nel 1857 pubblicano un catalogo che comprende quasi un migliaio di soggetti. La vendita ambulante però continua: molti Tesini girano ancora coi “santi dei Remondini” e di altri editori, ma tentano anche altri generi di commercio. Alcuni, verso il 1830, cominciano a vendere zolfanelli nelle regioni italiane e poi, pian piano, aggiungono fili, bottoni, pettini, specchietti, mercerie e chincaglierie in genere. Sempre a piedi e con la cassetta in spalla; ma la “cassela” ora è diversa: ha tanti scomparti per contenere in modo ordinato i piccoli oggetti. Poi cominciano gli ottici: già nel 1846 troviamo un negozio di “optica, occhiali e consimili generi” a Pieve Tesino e numerose richieste di passaporto per questo tipo di commercio. Nel giro di pochi anni, in molte località raggiunte dagli ambulanti, vengono aperti, con successo, negozi stabili di ottica, e poi di fotografia a Spalato, Fiume, Trento, Bruges, Kassel, Bruxelles, Udine, Klagenfurt, Trieste. Ma le stampe restano l’emblema dei Tesini.
Quando, nel 1860, chiude definitivamente, dopo anni di crisi, la ditta Remondini, gli ambulanti hanno già trovato un altro fornitore che ne ripete l’identica politica commerciale: diffusione capillare di merce di pretto gusto popolare prodotta in grande quantità. Ed è Giuseppe Pasqualini, di Castello Tesino, partito anche lui come girovago, che a Brno, in Moravia, ha messo a punto dei macchinari per la produzione di cromolitografie, ed è l’unico editore in tutto l’Impero Austro-Ungarico specializzato in tale campo. I soggetti sono più o meno sempre gli stessi: si aggiornano i “regnanti” - pezzo d’obbligo della cassetta - aumentano i paesaggi dai vivaci colori, ma la base è ancora data da santi, madonne e soggetti morali in genere. Con gli anni, poi, finiranno col prevalere i soggetti profani. Il colore ha un grande impatto sul gusto popolare e il successo è grande.
Agli inizi del Novecento molti proprietari di negozi cedono l’attività e ritornano in valle mettendo esperienze e capitali al servizio della comunità e dando così impulso al suo progresso civile e culturale.La grande guerra dà un duro colpo a quelli rimasti e al traffico ambulante, la svalutazione della moneta austriaca vanifica i risparmi dei grandi e dei piccoli commercianti ed in Russia i negozi vengono espropriati in seguito allo scoppio della rivoluzione. Passata la bufera però, il commercio girovago riprende ancora: quello delle stampe è ormai ridotto; girano invece molti merciai in Italia e in Francia. Gli ambulanti di Castello, indirizzandosi soprattutto verso l’Italia, sviluppano un loro gergo di mestiere; quelli di Cinte caricano sulla bicicletta la mola e vanno a fare gli arrotini; altri vendono stoffe e telerie. Infine, le sementi per gli orti, trasportate utilizzando ancora la “cassela” ristrutturata per la sua nuova funzione.
Il commercio girovago dei Tesini prosegue, perdendo però sempre più la sua connotazione originaria. Ancora oggi sono molti quelli che, con furgoni e camioncini, partecipano a fiere e mercati vendendo abbigliamento. Immaginiamo i paesi Tesini a metà dell’Ottocento: nelle case sono appese carte geografiche, si trovano conchiglie esotiche e perfino un coccodrillo impagliato; nelle contrade, come riferisce un cronista, “si ode comunemente parlare l’idioma tedesco, francese, danese, polacco, russo e tanti altri dialetti”. Il mondo è entrato nella valle perché i Tesini hanno girato il mondo.
L’ampio raggio di diffusione dei loro percorsi è la caratteristica saliente che emerge se confrontiamo l’emigrazione tesina con quelle delle altre valli alpine.
Per il Seicento e il Settecento è una diffusione a livello europeo, centrata soprattutto negli stati austriaci e tedeschi, ma che già sconfina verso la Russia e la Spagna. Nell’Ottocento si intensifica in Francia, Olanda e Belgio, raggiunge Danimarca, Norvegia e Finlandia, Impero Turco e Persia, Algeria ed Egitto, si moltiplica in Russia. Qui vengono aperti negozi a Pietroburgo, Mosca, Kiev e Vilna e si costituisce una colonia di residenti tesini che nel 1900 ammonta a 82 persone. Ambulanti legati ai Daziaro o indipendenti percorrono l’impero in tutte le direzioni e spesso si inoltrano nella Siberia. Giacomo Daziaro nel 1840 parte da Pietroburgo per un giro che durerà 16 mesi, toccando Mosca, Simbirsk, Kazan, Arcangelo e Petrzavodsk. Seguendo il flusso migratorio verso il nuovo mondo anche i Tesini sono coinvolti nell’avventura americana: vendono le loro stampe dal Canada alla Terra del Fuoco. Aprono negozi a New York e a Baltimora. C’è anche chi si imbarca per l’India e chi, non fermandosi a Bombay, si addentra fino nel Kashmir, punta verso la Birmania e avanti fino ad Hanoi. Ed anche chi da Capo Nord si imbarca per l’India e poi per l’Australia e poi per l’Africa del Sud. La maggior parte, però, torna a casa, in Tesino. Con che spirito giravano il mondo i Tesini? Nel corso di più di tre secoli ci fu posto per tutte le varianti possibili. Ci furono i poverissimi alla ricerca del pane che mancava a casa, gli intraprendenti che volevano arricchirsi; gli avventurosi che pensavano che “più lontano si vende di più”; chi partiva col cuore gonfio di nostalgia; chi spinto dalla voglia di scoprire il mondo.
Tutti, a loro modo, diffusori di cultura, una cultura per immagini che accomunava popoli lontani che parlavano lingue diverse, ma si riconoscevano nelle stesse aspirazioni. Vendendo le stesse merci a popoli così diversi, i Tesini crearono invisibili legami tra loro e per questo motivo, benché inconsapevoli del loro ruolo, essi appartengono alla storia culturale dell’Europa e non solo. Seppero confrontarsi con culture a loro sconosciute, apprendere nuove lingue, comunicare anche quando non esisteva un idioma comune; seppero adattarsi ai modi di vivere e di pensare degli altri, sforzandosi di non sembrare troppo “stranieri”, ma senza perdere la propria identità, e divennero così, a tutti gli effetti, cittadini del mondo.
(Fonte: www.girovagandointrentino.it - Testo tratto da "Trentino" trimestrale per gli emigrati trentini all'estero n. 11 - Dic.1998 immagini da "Les Hommes des Images" edito da Regione Autonoma Trentino Alto Adige)
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I Quattordici Santi Ausiliatori
SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA - Heilige Katharina
di GIANCARLO GUALTIERI
Santa Caterina, principessa d ’Alessandria, Vergine e Martire ( ~ 287 – 25 novembre 304), è il quarto , in ordine alfabetico, dei “Quattordici Santi Ausiliatori”. Etimologicamente il nome Caterina deriva dal greco Katharos ed ha il significato di donna pura. Il suo corpo, oggetto di devota venerazione sia dai cattolici che dagli ortodossi, si trova nel Monastero a lei dedicato sul Monte Sinai (Gebel Mussa o Montagna di Mosè), dove, secondo la leggenda, fu trasportato da uno stuolo di angeli dopo la sua morte. . In realtà il Monastero è il più antico del mondo cristiano ancora esistente e sorge su una antica cappella fatta costruire da Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, nel 328, nel luogo dove appunto, secondo la tradizione, Mosè parlò con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente. Nella prima metà del VI sec. l'imperatore Giustiniano I accanto alla cappella fece costruire il monastero della Trasfigurazione, oggi detto di Santa Caterina perché, attorno all'800, i monaci rinvennero in una grotta il corpo della santa e lo trasportarono all'interno del Monastero che è considerato oggi patrimonio dell'umanità sia per la sua architettura bizantina, sia perché al suo interno si trova una ricca collezione di manoscritti ed icone antichissime, e sia perché luogo sacro per tre grandi religioni: Cristianesimo, Islam ed ebraismo.
Ausilio: è invocata contro le malattie della lingua.
Attributi: di solito viene rappresentata con la palma in mano, simbolo del martirio;
la corona in testa e abiti regali, per sottolineare la sua origine principesca; l’anello, donatole direttamente da Cristo, simbolo appunto del presunto matrimonio mistico;
il libro, simbolo della sua sapienza; la ruota dentata, strumento di tortura con il quale la giovinetta fu martirizzata; la spada, l'arma con la quale le fu tolta la vita.
Patronato: è considerata protettrice dei: dei filosofi e degli studenti di teologia tanto che la sua effige si trova sul sigillo dell’Università parigina della Sorbonne; degli ordini religiosi come i Domenicani e gli Agostiniani; delle apprendiste sarte, chiamate in Francia "catherinette” ed in Italia: “caterinette”; dei ceramisti e di altri mestieri che hanno a che fare con la ruota.
La leggenda della vita: brevemente alcune notizie sulla sua vita, di cui si è già ampiamente trattato nella nostra rivista. Giovane e bella fanciulla egiziana, di rara intelligenza e cultura, fu battezzata da un eremita ed andò sposa misticamente con Gesù Cristo. Per ordine dell’imperatore Massenzio, che la voleva pagana, fu messa a confronto con alcuni dotti filosofi, ma ella riuscì a tenerli testa ed addirittura a convertirli alla fede cristiana. Fu allora condannata al martirio, ma la ruota dentata, che ne avrebbe dovuto straziare le carni, miracolosamente si spezzò. Allora l’imperatore ne ordinò la decapitazione. Le poche e leggendarie notizie che si hanno sulla sua vita hanno sempre fatto dubitare della reale esistenza della santa. Per questo motivo, insieme a tanti altri santi, venne rimossa dal calendario dalla Sacra Congregazione dei Riti nella Riforma Liturgica all’inizio degli anni sessanta, però, dato la grande diffusione del culto, fu dato il permesso dal Vaticano di festeggiarla ugualmente.
Iconografica: la più antica immagine della santa che si conosce è un affresco del secolo IX che si trova nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura a Roma. Questo raffigura la santa insieme alla Vergine Maria col Bambino, ad alcuni angeli ed i santi Lorenzo, Andrea e Giovanni Evangelista.
Molto popolare alla fine del Medio Evo, perché si nutriva una grande fiducia in una martire che, subito prima del martirio, si era ricordata di pregare per i suoi futuri devoti e fedeli e che Dio in persona inoltre avrebbe promesso che l’avrebbe esaudita.
Preghiera che la santa pronunziò prima di essere decapitata:
«Signore mio Dio, esaudiscimi e per il tuo amore, concedi a chi si ricorderà di me, Caterina, l’abbondanza del pane e del vino, la salute del corpo, il servizio degli animali. Tieni lontana da loro ogni malattia e ogni tempesta e concedi a tutti coloro che venereranno il mio nome di non morire di morte improvvisa e di non perdere membra alcuna. Le donne non abortiscano e non muoiano di parto: non ci siano carestie nella città e nel paese, ma la rugiada del cielo discenda su di loro di giorno e di notte. Concedi ai miei devoti la remissione dei peccati. Se qualcuno si ricorda della tua serva Caterina nell’ora della sua morte, concedi che i tuoi angeli lo conducano al santo riposo del tuo paradiso».
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1610-2010: 400°ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE DI SAN CARLO BORROMEO
SAN CARLO BORROMEO NEL IV CENTENARIO DELLA CANONIZZAZIONE
Alcuni santini della mia Collezione
di CARLUCCIO FRISON
Il Primo Novembre di quest’anno ricorre un importantissimo anniversario per la Storia della Chiesa: sono infatti 400 anni che è stato canonizzato San Carlo Borromeo (1538-1584), vescovo di Milano, grande teologo e personalità di eccezionale rigore morale, nonché uno dei massimo interprete dello spirito della Controriforma cattolica.
La sua biografia è ampiamente nota, tuttavia penso che ripercorrerla qui brevemente possa essere di un qualche aiuto a questo mio piccolo contributo, il cui fine è appunto quello di celebrare quella canonizzazione con l’apporto iconografico di alcuni santini estratti dalla mia privata, personale Collezione. Ovviamente, penso sia ben chiaro a tutti il motivo per cui, quasi da subito, ho iniziato a ricercare le immaginette di San Carlo Borromeo, anche se il mio nome all’anagrafe è “Carluccio”.
San Carlo Borromeo nacque il 2 ottobre 1538 ad Arona: il padre era il conte Gilberto II Borromeo, governatore del Lago Maggiore, e la madre Margherita Medici di Marignano, sorella maggiore di quel Giovanangelo, che nel 1559 salirà sul trono di San Pietro con il nome di Pio IV.
A soli ventidue anni, non ancora prete, Carlo venne elevato al cardinalato dallo zio che nel 1560 gli affidò anche l’amministrazione della diocesi milanese, sede allora da molti anni vacante.
Seppur giovane, Carlo fu subito consapevole delle diverse necessità della Chiesa del suo tempo e svolse un ruolo importante nella sessione conclusiva del Concilio di Trento.
Nel 1563 venne ordinato sacerdote e vescovo, e l’anno dopo Arcivescovo di Milano: in questa diocesi, che era rimasta senza una guida pastorale da un’ottantina di anni, le condizioni della Chiesa erano critiche e non pochi erano i religiosi che preferivano dedicarsi agli agi della vita mondana piuttosto che occuparsi dei problemi inerenti al proprio ufficio. Il nuovo vescovo semplificò il suo aristocratico stile di vita, non solo applicando i principi dettati dal Concilio tridentino, ma imponendo, per tentare di riformare la Diocesi milanese, una severa disciplina ecclesiastica.
Il giovane Arcivescovo si adoperò in ogni modo al fine di porre rimedio all’ignoranza religiosa del popolo, facendo restaurare i vecchi edifici di culto, prodigandosi nelle visite pastorali, promuovendo l’istruzione con la fondazione di collegi e l’istituzione di scuole domenicali, aprendo il seminario per la formazione del clero.
Il Cardinale Borromeo fornì poi allo stesso clero della sua diocesi il proprio esempio tramite una vita virtuosa e austera, e si prodigò sempre nell’aiutare i più bisognosi, poveri ed ammalati che fossero, in più momenti, durante la carestia del 1570, ma soprattutto durante l’epidemia di peste che colpì il Milanese negli anni 1576 e 1578, quando organizzò molte opere assistenziali: egli lavorò instancabilmente per aiutare il suo gregge, usando anche i suoi beni personali per dare un aiuto ai tanti sofferenti.
Nella Storia della Chiesa, Carlo Borromeo è ricordato anche per altri motivi: a lui per esempio, si deve la divisione, durante la messa, degli uomini dalle donne, l’inizio della lotta contro l’adulterio, la lotta contro il protestantesimo in alcune valle montane della sua vasta diocesi, la devozione a Gesù Crocifisso, alla Vergine e ai Santi, l’opposizione all’allora potente movimento degli Umiliati…
Tutte questa serie di riforme, alcune promosse con intransigente fervore, non furono senza evidenti opposizioni, soprattutto da parte di quella nobiltà di cui aveva cercato di frenare la dissolutezza. E si cercò anche di farlo assassinare: un frate umiliato, infatti, gli sparò un colpo di archibugio, colpendolo alla schiena, ma senza ferirlo a morte. Fatto questo che sarà considerato miracoloso (evento che nel processo di canonizzazione verrà tenuto in considerazione).
Carlo, che aveva solo 46 anni quando morì il 3 novembre 1584 lasciando tutto i suoi beni ai poveri, fu senz’altro una figura di primo piano fra i riformatori cattolici posteriori al Concilio tridentino. Seppur il suo rigorismo e il suo modo autoritario non sono stati esenti da critiche, alcune sue opere, come l’educazione religiosa dei bambini, hanno avuto un grandissimo apprezzamento.
Il suo corpo fu sepolto nel Duomo di Milano: nacque subito un culto immediato e popolare che si diffuse rapidamente tanto che già nel 1602 sarà proclamato beato e qualche anno dopo, il 1° novembre 1610, come ricordato sopra, sarà canonizzato da papa Paolo V.
San Carlo Borromeo è invocato contro la peste per le cure che prodigò agli appestati milanesi; è patrono del clero, dei catechisti, dei maestri e dei fabbricanti d’amido; fu proclamato patrono dei catechisti da Pio IX nel 1932.
“… Perché Carlo è un santo che prega per il suo popolo, cercando di far pregare il suo popolo, prega col suo popolo e prega a nome del suo popolo” (Card. Carlo Maria Martini).
Da anni, come ho già avuto di scrivere sulle pagine di questa stessa rivista in altre occasioni, colleziono con particolare interesse e viva devozione i santini del Santo Vescovo milanese, tanto da poter dire (senza peccare - io credo - di falsa modestia) di avere messo insieme una ricca e abbastanza completa collezione su San Carlo Borromeo, composta da più di un migliaio di pezzi diversi, però rappresentativi delle più diverse produzioni, a partire dal secolo XVII - quando inizierà a diffondersi il culto - ai giorni nostri: ed invito senz’altro coloro che volessero vedere una più ampia e abbastanza significativa galleria dei miei santini di San Carlo di andare a visitare il sito della carissima amica Paola Galanzi (Le monde ravissant des images pieuses), oppure consultare il catalogo edito in calce al volume, pubblicato proprio in questi giorni, dalla prof.ssa Vincenza Musardo Talò, San Carlo Borromeo: la santità nel sociale, ediz. a cura della Parrocchia di San Carlo Borromeo di San Marzano (TA), dove compaiono queste ed altre immaginette, sempre tratte dalla mia collezione. Non sto a soffermarmi più di tanto sui motivi di questa mia scelta: credo sia sufficiente ricordare che seppur il mio nome anagrafico è “Carluccio”, da sempre celebro il mio onomastico il 4 novembre, nel giorno dedicato a San Carlo Borromeo.
Ora, proprio per celebrare il IV centenario della canonizzazione di San Carlo Borromeo ho pensato di proporre alla Vostra cortese attenzione alcuni, tra i più significativi (almeno per me), santini del Santo Arcivescovo milanese, presentando nel contempo alcune delle tematiche che ricorrono più di sovente nell’iconografia del Santo. San Carlo Borromeo, nelle rappresentazioni pittoriche che lo ritraggono, e di riflesso nelle immaginette sacre, a partire già dal XVII secolo, viene rappresentato secondo canoni definiti: il solo ritratto a mezzo busto sempre rivestito con la mantellina cardinalizia rossa; mentre distribuisce la comunione e la cresima ad ammalati ed appestati, ma anche al giovane San Luigi Gonzaga (nel 1580) oppure mentre è intento a consumare un pasto molto frugale. oppure mentre è genuflesso in preghiera dinnanzi al Crocifisso.
La fisionomia di Carlo è poi quasi sempre caratterizzata da un naso aquilino assai pronunciato e i suoi attributi sono: genuflessione, adorazione, appestati, arma da fuoco.
Le “mie” immaginette
Inizio ovviamente dal mio unico canivet, riprodotto in copertina : si tratta di un manufatto in pergamena leggera, di indubbia provenienza conventuale (produzione di area francese dei primi anni del 1700), con splendida miniatura ovale posta al centro di un altro ovale irregolare (di cm. 8,5x12 ca.) intagliato e intercalato da trine, stelline e fiori e, in basso, elaborato cartiglio sormontato da corona, con coloritura a mano d’epoca.
La seconda e la terza immaginetta sono santini di scuola fiamminga: nella prima S. Carlo risulta inserito in un ovale ed è raffigurato di profilo, con mantellina cardinalizia rossa, in preghiera di fronte al Crocifisso: è un’incisione a bulino su pergamena pesante con coloritura coeva, cm. 9,5x12, firmata dall’Huberti, un incisore attivo ad Anversa nel XVIII secolo.
Nella restante immaginetta, incisione a bulino su carta, di mm. 70 x 90, che porta la firma di Lodewyk J. Fruytiers (Malines 1713-Anversa1783), S. Carlo è rappresentato a figura intera, inginocchiato davanti al Crocifisso, riccamente vestito nei suoi paludamenti cardinalizi, con ornatura floreale dipinta a mano e coloritura d’epoca.
Il santino n. 4 è di in dubbia provenienza tedesca: è firmato da Joseph Kempter, un incisore attivo nel XVIII secolo nella Germania meridionale (ad Asburgo): si tratta di incisione al tratto su carta con coloritura d’epoca (cm. 8x11,5 ca.).
I nr. 5, 6 e 7 sono “santini di Praga”, una produzione dei primi anni dell’Ottocento che presenta aspetti tecnici ed artistici abbastanza comuni tra di loro e ben caratterizzati: una incisione quasi sempre molto delicata, dai tratti sottili e con parti puntinate, colorati a mano in modo vistoso e con colori intensi, con ampio uso dell’oro e i Koppe, soprattutto, esaltati da una copertura lucidante gelatinosa e trasparente.
Ho scelto un santino di J. Pachmayer, uno di Joseph Rudl e infine un Joseph Koppe, tre tra i più noti e prolifici incisori fra i molti che furono attivi nella capitale cecoslovacca nella prima metà del secolo XIX (dimensioni cm. 8x12 circa).
Per esigenze tipografiche, posso presentare solo altre due immagini a colori: la nr. 8 è una siderografia su pizzo traforato (“canivet” meccanico di cm. 6,5x10,5), stampata nel 1850 ca. a Parigi dalla Maison Basset, casa editrice che resterà attiva fino al 1865, anno in cui verrà assorbita dalla più nota Bouasse-Lebel. L’ultima, la nona, è un’immaginetta merlettata della nota casa editrice svizzera Benziger, fondata a Einsielden – sede di un famoso santuario mariano - da J.C. Benziger nel 1792 ed attiva fino agli inizi del XX secolo: si tratta di una siderografia con bordo traforato a punzone e coloritura in oro, sec. XIX, cm. 8,5x11,5.
Le immaginette presentate sono solo una minima parte, alcune briciole dalla mia collezione di immaginette dedicate al mio santo patrono, San Carlo Borromeo: ho escluso tutte, e sono le più numerose, immagini monocromatiche, dalle più diverse provenienze: italiana, francese, tedesca, austriaca, spagnola, belga, ecc. solo per citarne alcune, e poi tutta la produzione più recente, ma mi riprometto, appena il tempo mi sarà meno tiranno, di tornare sull’argomento.
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IL CULTO DELLE IMMAGINI SACRE
DOMANDE A DON ALFREDO SUL CULTO DELLE IMMAGINI (Fonte: www.Totus Tuus.org)
1 - Gentile Don Alfredo, vorrei porle una mia domanda. Alle immaginette sacre bisogna dare devozione totale? Mi spiego: un pomeriggio ho notato per strada una immaginetta della Vergine Maria. Dopo averla guardata e raccolta, ho visto che era rovinata e così l'ho lasciata su una panchina e poi è caduta a terra. Ho sbagliato? Dovevo custodirla? E se sì è un peccato? La Chiesa cosa dice riguardo alle immaginette sacre? Alessandro.
2 - Caro Alfredo, ho fatto una ricerca biblica sull'idolatria.E’ risultato che Dio è contrario ad ogni forma di idolatria ed all'adorazione di immagini e statue. Come mai si adorano le statue di Gesù e di Maria ? “ …e non piazzerai nessuna statua; cosa che il Signore, il tuo Dio, odia”. (Deut. 16,22)
RISPOSTA: Mi sono giunte queste due domande quasi contemporaneamente: così, rispondendo ad Alessandro, posso anche confutare gli errori contenuti nel secondo mail.
Caro Alessandro, non hai fatto nessun peccato, anche se hai lasciato l'immagine sacra sulla panchina; l'immagine sacra è solo un pezzo di carta, utile strumento per accrescere la nostra devozione, e niente di più. Il fatto che si possa buttare via un'immaginetta, è la chiara dimostrazione che noi cattolici non adoriamo le immagini sacre: le veneriamo, cioè le usiamo come strumento, perché l'uomo, fatto non solo di anima, ma pure di corpo, ha bisogno anche di cose corporee per elevare lo spirito.
Il buon senso ci dice poi di trattare bene le immagini sacre vecchie o sciupate. Come portiamo riguardo alla fotografia di un nostro caro, senza adorarlo, e, in caso dovessimo distruggerla, non la butteremmo in luoghi particolarmente vili, così dobbiamo fare con le immagini sacre. Nessuno oserebbe dire che - perché non butto la vecchia foto della nonna nel gabinetto - "adoro" la nonna o la sua foto. Concludo riportando alcune domande dal Catechismo Maggiore di San Pio X, che illustrano bene tutto la questione.
358 D. Che cosa è Idolatria? R. Si chiama idolatria il dare a qualche creatura, per esempio ad una statua, ad un'immagine, ad un uomo, il culto supremo di adorazione dovuto a Dio solo.
359 D. Come si trova espressa nella Sacra Scrittura questa proibizione? R. Nella Sacra Scrittura si trova espressa questa proibizione con le parole: Tu non ti farai scultura, né rappresentazione alcuna di quel che è lassù nel cielo e quaggiù in terra. E non adorerai tali cose, né ad esse presterai culto.
360 D. Proibiscono queste parole ogni sorta d'immagini ? R. No certamente; ma soltanto quelle delle false divinità, fatte a scopo di adorazione, come facevano gli idolatri. Ciò è tanto vero che Iddio stesso comandò a Mosè di farne alcune, come le due statue di cherubini sull'arca, e il serpente di bronzo nel deserto.
367 D. Il primo comandamento proibisco forse di onorare ed invocare gli Angeli e i Santi? R. No, non è proibito onorare ed invocare gli Angeli e i Santi; anzi dobbiamo farlo, perché è cosa buona e utile, e dalla Chiesa altamente raccomandata, essendo essi gli amici di Dio e i nostri intercessori presso di Lui.
369 D. Possiamo onorare anche le sacre immagini di Gesù Cristo e dei Santi? R. Sì, perché l'onore che si rende alle sacre immagini di Gesù Cristo e dei Santi si riferisce alle loro stesse persone.
370 D. E le reliquie dei Santi si possono onorare? R. Sì, anche le reliquie dei Santi si debbono onorare, perché i loro corpi furono vivi membri di Gesù Cristo, e templi dello Spirito Santo, e debbono risorgere gloriosi all'eterna vita.
371 D. Che differenza vi è tra il culto che rendiamo a Dio e il culto che rendiamo ai Santi? R. Tra il culto che rendiamo a Dio e il culto che rendiamo ai Santi vi è questa differenza, che Iddio lo adoriamo per la sua infinita eccellenza, e i Santi invece non li adoriamo, ma li onoriamo e veneriamo come amici di Dio e nostri intercessori presso di Lui. Il culto che si rende a Dio si chiama latria cioè di adorazione, ed il culto che si rende ai Santi si chiama dulia cioè di venerazione ai servi di Dio; il culto poi particolare, che prestiamo a Maria santissima, si chiama iperdulia, cioè di specialissima venerazione, come a Madre di Dio.
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