Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

CHE COSA E’ L’A.I.C.I.S.?

L’AICIS è l’Associazione, apolitica e senza fini di lucro, che raccoglie appassionati cultori, studiosi, collezionisti e quanti si interessano di immaginette sotto ogni profilo: storico, folkloristico, culturale, artistico, religioso

PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’AICIS?

Perché l’unione fa la forza. Per essere informati, attraverso la Notiziario bimestrale, di quanto interessa il settore e poter effettuare lo scambio del materiale fra i soci. Per partecipare alle mostre o anche conoscere ove si svolgono mostre di immaginette. Per partecipare a conferenze. Per avere notizie su pubblicazioni specialistiche, per avere le nuove immaginette, per conoscere i nuovi Venerabili, Beati e Santi, per avere altri ragguagli su santi e santuari.

COME ISCRIVERSI ALL’A.I.C.I.S.

Telefonando alla Segreteria (tel.06-7049.1619) e richiedendo l'apposito modulo da compilare. L’importo da versare sul conto corrente postale nr. 39389069 dell'’A.I.C.I.S è di euro 3,00 per la sola iscrizione all’Associazione, mentre la quota annuale promozionale - per i nuovi iscritti - per il 2012 è di euro 22,00, anziché 35,00.
I richiedenti, invece, che avessero già versato per il 2012 la quota di euro 35.00, nel 2013 pagheranno la quota promozionale di euro 22,00”.

L’anno sociale decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre

DIRITTI DEI SOCI:

- ricevere le Circolari Informative, con immaginette omaggio;

- partecipare alle mostre ed alle iniziative sociali;

- partecipare alle riunioni di scambio fra soci;

- effettuare scambi fra soci per corrispondenza;

- fare inserzioni gratuite di offerta o di richiesta di immaginette nelle Circolari Informative.

Gli incontri si tengono nella Sede dell'Ass.ne, in P.za Campitelli 9, in una sala interna al cortile adiacente la Chiesa di S.ta Maria in Portico, ogni primo martedì del mese, eccetto agosto, e salvo variazioni che di volta in volta verranno rese note.

Informazioni: Contattare Renzo Manfè - Vice Presidente
Tel 388-6938.777.
e-mail: aicis_rm@yahoo.it

 

 

AGGIORNAMENTI

 

 

 

 

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SANTINI E SANTITA'

NOTIZIARIO A.I.C.I.S. N. 5 - 2012
SETTEMBRE - OTTOBRE 2012

 

 

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VITA ASSOCIATIVA

 

11 ottobre 2012: ANNO DELLA FEDE E 50° ANNIVERSARIO DELL’INIZIO DEL CONCILIO VATICANO II



Benedetto XVI, nella sua Lettera Apostolica Porta fidei ha scritto che:

“Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo“.
Alla luce di questo pensiero, ha indetto un Anno della fede che avrà inizio nella felice coincidenza di due anniversari:
il 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II (1962). L’Anno della fede, anzitutto, intende sostenere la fede
di tanti credenti che nella fatica quotidiana non cessano di affidare con convinzione e coraggio la propria esistenza al Signore Gesù. Il Papa ha indicato in “Porta fidei” (lettera di indizione dell’Anno della Fede, 11.X.2011) gli obiettivi verso cui indirizzare l’impegno della Chiesa. Ha scritto: “Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia”.
L’AICIS con la TESSERA 2012 ha voluto sottolineare e celebrare sia l’ANNO DELLA FEDE che il 50° ann.rio dell’inizio del CONCILIO VATICANO II.

 

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VERBALE COMMISSIONE ELETTORALE PER ELEZIONI NUOVI ORGANI SOCIALI AICIS
PER QUINQUENNIO 2012-2016


Dal Verbale della Commissione Elettorale incaricata allo spoglio delle schede di voto (tramite Referendum) pervenute per il rinnovo delle cariche sociali per il corrente quinquennio 2012-2016:

In data 27 agosto 2012 si è proceduto allo scrutinio delle schede di voto relative al rinnovo delle cariche sociali spedite per posta dai soci AICIS alla Segreteria entro il 16 luglio 2012.
La Commissione Elettorale, composta dai signori Bernardini Enzo, Fontana Patrizia e Giuliana Casacci, attesta quanto segue:

- Soci iscritti all’ACIS: nr.372; soci minorenni: nr.2; soci aventi diritto al voto: nr.370. Schede pervenute: 219; schede nulle: 4; schede bianche: 1; schede valide: 214. Dallo spoglio delle schede si è pervenuti ai seguenti risultati:

1 - CONSIGLIO DIRETTIVO: Manfè Renzo, voti 198; Zucco Gianni, voti 156; Alessandroni Maria Gabriella, voti 151; Gualtieri Giancarlo, voti 142; Mennonna Antonio, voti 140; Perugia Massimiliano, voti 104; Lucioli Reginaldo, voti 74; Macchiaverna Emanuele, voti 66.

2 - COLLEGIO DEI REVISORI: Faraglia Giuliana, voti 161; Cerini Agostino, voti 128; Belli Enrico, voti 112; Mennonna Antonio, voti 110; Perugia Massimiliano, voti 108; Macchiaverna Emanuele, voti 66.

3 - COLLEGIO DEI PROBIVIRI: Galanzi Paola, voti 129; Zanot Luigi, voti 117; Cottone Antonino, voti 112; De Santis Roberto, voti 112; Frison Carluccio, n.112; Alessandroni Maria Gabriella, n.101; Gardini Attilio: voti 69; Sangiorgio Agostino, voti 54.
Nel Collegio dei Probiviri tre candidati hanno riportato il medesimo numero di preferenze. Si è proceduto, quindi, a norma di Regolamento, ad individuare il soggetto più anziano per iscrizione che risulta essere il socio Cottone Antonino, iscrittosi nel 1997.
Pertanto, gli organismi sociali risultano così composti:

1- CONSIGLIO DIRETTIVO: Manfé Renzo, Zucco Gianni, Alessandroni Maria Gabriella, Gualtieri Giancarlo, Mennonna Antonio.

2 - COLLEGIO DEI REVISORI: Faraglia Giuliana, Cerini Agostino, Belli Enrico.

3 - COLLEGIO DEI PROBIVIRI: Galanzi Paola, Zanot Luigi, Cottone Antonino.


Letto, approvato e sottoscritto. La Commissione Elettorale: (firmato) E.Bernardini, P.Fontana, G.Casacci.
4 settembre 2012:

 

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CONSIGLIO DIRETTIVO: INCARICHI PER VOTAZIONE INTERNA QUINQUENNIO 2012-2016


Nella prima riunione del Consiglio Direttivo formato dai consiglieri votati dai soci AICIS sono presenti Renzo Manfè, Gianni Zucco, Gualtieri Giancarlo, Mennonna Antonio e Massimiliano Perugia.
Presiede la riunione Renzo Manfé, quale consigliere più votato che, dopo aver letto gli articoli dello Statuto e del Regolamento attinenti al Consiglio Direttivo e ai compiti di ciascuna carica interna, legge la lettera della Prof.ssa Maria Gabriella Alessandroni, la quale a causa di seri e recenti motivi familiari rinuncia al posto di consigliere. Per tale motivo, come da art.12 dello Statuto, entra a far parte del Direttivo
il socio Massimiliano Perugia.

Si passa quindi alle votazioni interne. Sono eletti:
Presidente. GIANCARLO GUALTIERI; Vice Presidente: RENZO MANFE’; Segretario: MASSIMILIANO PERUGIA; Tesoriere: GIANNI ZUCCO; Relazioni Pubbliche: ANTONIO MENNONNA.

I presenti unanimemente propongono e confermano come Presidente Onorario il conte dr. GIAN LODOVICO MASETTI ZANNINI, che dal 2002 al 2012 ha diretto l’AICIS come Presidente, con la sua esperienza e capacità. A lui l’augurio di buona salute e attiva partecipazione al nostro lavoro.

L’Assistente Ecclesiastico Padre DAVIDE CARBONARO, OMD fa parte del Consiglio Direttivo, pur senza diritto di voto.

LIBRO DEI SOCI - VARIAZIONI


1 - FRANCALANCI MARIO - Indirizzo attuale: Via Erbosa 15.
2 - GIANCARLO TORRE - Tematica: “Santi/e, Madonne,Gesù, Servi, Beati, Venerabili e Papi”.
3 - CRISTOFORO Prof.ssa LUCIA - P.za Lazzaro Papi, 1-00179 Roma e-mail: anamosa@libero.it; Tematica: merlettati antichi
con Santi/e e scene sacre. (nuova associata)
4 - BARONE Prof.Antonio - Licodia Eubea (CT) (nuovo associato)


VOTAZIONE DEL RENDICONTO ECONOMICO-FINANZIARIO 2010: APPROVATO DAI SOCI


La commissione indicata dal Consiglio Direttivo il 30.8.2012 ha proceduto allo spoglio delle schede di votazione del Rendiconto economico-finanziario 2010.

Hanno votato 173 soci; schede bianche nr.1. I voto contrari sono stati 1, i voti favorevoli sono stati 171. Pertanto il Rendiconto 2010 è stato approvato dall’Assemblea dei soci.

 

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PADRE LUCIO MIGLIACCIO, UOMO DELLA PROVVIDENZA

 



È trascorso poco più di un anno dalla scomparsa di Padre Lucio Migliaccio, già XXIX Rettore Generale dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, avvenuta, quasi per l’elevata simbiosi mistica e fervente devozione che alla Madonna lo unì per l’intero e lungo suo cammino terreno, il 15 di agosto, giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Guida spirituale ed umana di incomparabile spessore, Padre Lucio è stato sin dal primo giorno della fondazione dell’AICIS, avvenuta il 6 luglio 1983, insieme al compianto comm. Gennaro Angiolino, faro costante della nostra associazione e prezioso strumento di carità e di amore cristiano in aiuto dei dimenticati e dei più poveri.
Con la collaborazione di alcuni membri dell’AICIS di Roma (Renzo Manfè, Gianni Lanchi, Rosa Maria Panisi, Silvia Lancellotti ed altri soci romani) per anni fu promotore nel periodo natalizio di una vendita di beneficienza volta a raccogliere offerte destinate a lenire le sofferenze e a restituire dignità umana e serenità ad interi e numerosi nuclei familiari delle aree più disagiate del Cile.
Nel 2001, nell’ambito di un fantastico progetto di alcune decine di Case-Famiglia, è stato solennemente inaugurato un nuovo villaggio alla presenza di alte cariche civili e religiose del luogo a Quinta de Tilcoco (Cile). E, grazie alla risposta entusiasta e alla generosa e solidale partecipazione dei soci A.I.C.I.S., Padre Lucio ha realizzato, con immensa sua gioia e commozione, il sogno di costruire una casa, modesta sì, ma con quel fresco, buon profumo di pulito che nasce dalle opere buone fatte con il cuore, per una numerosa famiglia formata da una madre provata dalla sofferenza e dai sacrifici quotidiani sopportati cristianamente da sola, senza più un marito al suo fianco, ma sempre con il dolce sorriso della speranza nella Divina Provvidenza e per le sue tre piccole bambine rimaste senza padre: la targa al
suo ingresso, il nr.12, reca il nome di “A.I.C.I.S.”.


Ma chi era Padre Lucio Migliaccio?


Nasce a Napoli il 3 agosto 1918 da una distinta famiglia e frequenta il ginnasio presso l’Istituto Pontano dei Padri Gesuiti. Nel 1933, sull’esempio del fratello, Padre Ugo, entra nell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, fondato da S.Giovanni Leonardi.
Dopo alcuni anni passati in Toscana per completare la preparazione scolastica e il noviziato, viene inviato a Roma per frequentare la facoltà di filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Il 3 ottobre 1940 emette la professione solenne.
Viene ordinato sacerdote il 12 luglio 1941. In quello stesso anno è chiamato a Chiusi (Siena), in qualità di segretario del nuovo vescovo Mons.Carlo Baldini. Con il suo carisma “rivoluziona” il dormiente mondo giovanile. Organizza l’Azione Cattolica in tutta la diocesi divenendo poi l’Assistente GIAC e nel 1945 fonda
il primo Reparto Scout dell’ASCI della provincia di Siena. Si adopera nell’assistenza ai profughi, giungendo con il Vescovo sempre fra i primi dove c’è il bisogno, per soccorrere i feriti dei bombardamenti.
Organizza con la POA, di cu cui era il direttore diocesano, i primi rientri dei profughi dalla Toscana. Trasferito a Roma nel 1946 nella Comunità di S. Maria in Campitelli, nel 1953 è nominato Assistente e Procuratore Generale dell’Ordine, nello stesso anno è nominato Commissario della Congregazione dei Religiosi.
Nel 1948 con la nascita dei Comitati Civici ad opera del Prof. Gedda, Padre Lucio è scelto come stretto collaboratore e Assistente Nazionale. In soli due mesi, sono messi in opera 18.000 comitati civici e preparati 300.000 attivisti. Così, la Democrazia Cristiana vince quelle elezioni sconfiggendo in buona misura il Fronte Popolare, guidato da Togliatti e da Nenni. La collaborazione nei Comitati Civici si protrarrà fino al 1980. Dal 1941 è docente di religione nelle scuole pubbliche ed insegna al Liceo classico ‘Virgilio’ di Roma per 22 anni. Nell’agosto del 1968 nel corso del 100° Capitolo Generale del suo Ordine, viene eletto Rettore Generale, carica che ricoprirà per due sessenni fino al 1980.
Già nel 1980 è in contatto con il Comm. G. Angiolino il quale gli sottopone il progetto di fondazione di una associazione che raccolga gli appassionati di immaginette sacre. Il 6 luglio 1983 Padre Lucio mette a disposizione la “Sala Baldini” (sala che prende il nome dal Vescovo di Chiusi, Mons.Carlo Baldini) e viene fondata l’AICIS. In tale occasione, è eletto 1° Assistente Ecclesiastico; carica che conserverà fino alla morte, ad eccezione di un particolare periodo di 18 mesi, durante il quale è sostituto da Padre Vito Paglialonga, OMD.

17 agosto 2011: l’ultimo saluto

Collegio cardinalizio, durante la messa esequiale celebrata mercoledì 17 agosto 2011a Roma, nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli. Al rito funebre ha partecipato il Card.Paolo Sardi, Patrono del Sovrano militare ordine di Malta, di cui padre Migliaccio era cappellano.
Con Padre Francesco Petrillo, attuale Rettore Generale dei Chierici Regolari della Madre di Dio, erano presenti numerosi sacerdoti di Napoli e di Roma, il Consiglio Direttivo AICIS e alcuni soci di Roma. “Nelle prime ore della Festa di Maria Assunta in cielo, il padre Lucio Migliaccio chiudeva i suoi occhi a questo mondo e li apriva alla luce dell’eternità. Terminava così una lunga esistenza di ben novantatré anni di vita e di settanta anni di sacerdozio, vissuto intensamente al servizio della Chiesa. In realtà egli iniziò il suo sacerdozio nel 1941, in un periodo tragico della storia dell’umanità e obbedendo alla consegna data ai cattolici dal Papa Pio XII: “Non lamento ma azione”.
Visse il suo sacerdozio come servizio alla Chiesa e al mondo, soprattutto ai sofferenti d’ogni genere. Memorabile è stata pure l’assistenza a molti ebrei raccolti da lui nella casa del suo Ordine in Piazza Campitelli, nel cuore di Roma. Terminata la guerra, prestò generosamente la sua opera per un rinnovamento spirituale dell’Italia, come animatore dell’Azione Cattolica e dei Comitati Civici e come promotore di numerose opere di beneficenza. Lo ricordano pure con gratitudine numerosi alunni del liceo classico “Virgilio”di Roma.
[… ]. Il Papa Pio XII ebbe per lui una particolare predilezione, insieme a quella che riservò a tutta quella generazione di uomini che contribuirono alla ricostruzione morale e materiale di Roma e dell’Italia nei difficili anni del dopoguerra. Proverbiale fu poi la devozione che il padre Lucio Migliaccio manifestò verso i successivi Sommi Pontefici che venerava con profonda intensità.
L’eucarestia che celebriamo non è solo una messa di suffragio, secondo la tradizione della Chiesa, ma è anche una messa di ringraziamento per il dono che il Signore ha fatto alla sua Chiesa con la vita e le opere di questo suo sacerdote buono e generoso. L’Ordine della Madre di Dio poi, che ebbe il padre Lucio come superiore generale per ben dodici anni, lo ricorda come una guida sicura nel solco della spiritualità apostolica del Fondatore, san Giovanni Leonardi, che alla fine del 1500 e all’inizio del 1600, insieme a san Filippo Neri, si dedicò generosamente al rinnovamento spirituale dell’Urbe.”

In attesa dei festeggiamenti, già in fase di organizzazione con un ricco ed interessante programma di mostre, liete novità e sorprese, per l’ormai prossimo 30° compleanno della nostra Associazione e della nostra bellissima ed unita Famiglia A.I.C.I.S. che, in qualità di Socia e Proboviro mi onoro in questo articolo in memoriam di Padre Lucio rappresentare, invito tutti, soci e simpatizzanti cultori delle belle Immagini devote a raccogliere con umiltà ed onore l’eredità preziosa del suo esempio di vita condotta nella fede e nella luce del Cristo Risorto e ad invocarne la protezione e la preghiera per noi tutti e per le nostre famiglie.

 

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Alla ricerca dello Stabilimento Grafico perduto


LE AGENZIE ECCLESIASTICHE
DI RAVENNA E DI FORLÌ

di Attilio Gardini


Nell’ordinare i propri santini, il filiconico può imbattersi nelle immaginette distribuite dalle distinte agenzie ecclesiastiche ravennate e forlivese.
Nel capoluogo romagnolo bagnato dall’Adriatico, questa pia organizzazione veniva diretta da don Andrea De Stefani (Ravenna 1868 – 1947), una figura ancora conosciuta nella propria città.


Dal 1902 fu rettore della basilica “Sant’Apollinare Nuovo” e durante la prima guerra mondiale era stato promotore e direttore della “Casa del Soldato”. Fin dal 1933 svolse il ministero di cappellano delle Carceri, fino all’ultimo giorno della sua vita. Medaglia d’argento e di bronzo al valor civile, don De Stefani fu molto amico dei Salesiani e in più occasioni aveva espresso il desiderio che la basilica ravennate fosse affidata alle loro cure (continua)


Vocazione adulta, Corrado Montanari fu scout dell’ASCI forlivese dal 1923 fino alla soppressione dello scautismo da parte del regime fascista. Presbitero nella diocesi di Forlì, ebbe il gravoso compito di costruire una nuova chiesa parrocchiale nella zona periferica, allora ancora agricola in massima parte. Fu nominato parroco di “Santa Maria Lauretana”, nota ai cittadini col nome tipico del sobborgo: Bussecchio. Divenuto Monsignore si adoperò in tante iniziative pastorali, fra le quali quella di far conoscere, tramite i santini, la patrona della città: la Madonna del Fuoco e i santi forlivesi, tra cui San Pellegrino Laziosi (continua).

Le loro cromolitografie fustellate sono di grande qualità, tanto che vien da pensare che queste agenzie abbiano avuto solo la responsabilità della distribuzione, mentre la produzione risiedesse a Milano, con ogni probabilità nello stabilimento artistico di Achille Bertarelli, che era solito soddisfare gli ordinativi provenienti da tutta Italia, non rivelando la propria sede di partenza, anzi a volte, sostituendola con la ragione sociale del committente.

 

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PALERMO, 15 luglio 2012
VISITA DEL SINDACO ALLA MOSTRA
OMAGGIO A SANTA ROSALIA NEL 388° FESTINO


L’Avv. LEOLUCA ORLANDO, dal 21 maggio 2012 per la quarta volta a Palazzo delle Aquile, quale sindaco di Palermo, il 15 luglio 2012 ha visitato la mostra iconografica su Santa Rosalia nelle sale dei Palazzi Di Napoli e Costantino, siti ai Quattro Canti.
Oltre alle bellissime opere del ‘600 della collezione BILOTTI RUGGI d’ARAGONA, il novello Sindaco si è soffermato alla esposizione di immaginette sacre costituita dalle collezioni dei soci AICIS, FRANCESCA CAMPOGALLIANI C. di Mantova, ANTONINO COTTONE di Misilmeri, GIANCARLO GUALTIERI di Roma, GIORGIO LOMBARDI di Aulla (MS).

L’esposizione palermitana dedicata a S.Rosalia è stata un vero successo di pubblico.

 

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SAN GERARDO: patrono di Muro Lucano (PZ) e della Basilicata


di Chiara Ponte



Ogni anno il 2 settembre Muro Lucano celebra il suo patrono e cittadino più illustre: San Gerardo Maiella. Gerardo era nato in questo pittoresco centro della Lucania il 6 aprile 1726. La sua era una famiglia umile, onesta, laboriosa, ma dotata di molta fede in Dio (il padre Domenico svolgeva la professione di sarto mentre la madre Benedetta Cristina Galella era una contadina).
Già dall’infanzia Gerardo era attratto da Dio, spesso in casa e per strada costruiva altarini e imitava le funzioni religiose a cui assisteva in chiesa, non amava i giochi infantili ma istruiva i suoi coetanei alla dottrina cristiana …. e ben presto si manifestarono in lui i segni della Grazia Divina.
Percorrendo un sentiero scavato tra le rocce, conosciuto come via delle Ripe e dei mulini, raggiungeva il santuario della Madonna Delle Grazie di Capodigiano; qui Gesù Bambino, sceso dalle braccia della Madonna, si intratteneva con lui e gli donava un bianco panino, simbolo del pane eucaristico …
Nel 1734, desideroso di ricevere l’eucarestia, si accostò all’altare della chiesa di San Marco insieme agli altri fedeli, ma essendo troppo piccolo, il parroco lo respinse. Il mattino seguente Gerardo confessò ad una vicina di casa l’accaduto: “Sapete, ieri il parroco mi ha rifiutato la comunione; questa notte, invece, me l’ha portata l’Arcangelo San Michele”.
All’età di dodici anni perse il padre, così per poter provvedere al sostentamento della madre e delle tre sorelle( Brigida, Anna, Elisabetta), andò a lavorare come apprendista sarto nella bottega di mastro Martino Pannuto, dove subì molti maltrattamenti dal capo giovane di bottega che lo percuoteva con una canna di ferro perché Gerardo spesso si estraniava in preghiera o arrivava tardi in bottega dopo aver dimorato a lungo nelle chiese, dando l’impressione di avere poca voglia di lavorare.
Mentre veniva picchiato, diceva: “vi perdono per l’amore di Gesù Cristo!”.
Nel 1740,dopo aver ricevuto la cresima, seguì il vescovo Claudio Albini a Lacedonia (Foggia), dove divenne cameriere nel suo palazzo vescovile. Con l’intercessione di Gesù Bambino, riuscì a recuperare la chiave dell’episcopio caduta nel pozzo, calando una statuina; quando tirò la corda nella manina pendeva la chiave.
Ritornato a Muro quattro anni dopo in seguito alla morte del vescovo, riprese la professione di sarto aprendo più volte per conto proprio una sartoria e chiudendola ripetutamente a causa di problemi economici, divenne così sarto ambulante.
Celebre è rimasta la frase che ripeteva per la ricompensa al suo lavoro: “ùfate voi”, inoltre riservava solo un terzo del magro guadagno per la sua famiglia, il resto era destinato ai poveri e alle anime del purgatorio! Amava immensamente la Madonna; aveva una profonda devozione per le statue mariane venerate nelle chiese di Muro: Madonna delle grazie, del Soccorso, della Neve, del Carmine e soprattutto l’Immacolata della cattedrale, alla quale infilò al dito un anello esclamando, davanti a una folla stupefatta, di essersi sposato con una “Gran Dama”. Era un Mistico sposalizio che segnò per sempre la sua esistenza. Il suo sogno, infatti, era intraprendere la vita religiosa: bussò più volte alle porte di vari conventi della zona, ma non venne mai ritenuto idoneo a prendere i voti essendo troppo gracile e di salute precaria.
Nonostante ciò non si perse d’animo. Nel 1949 giunsero in paese quattro sacerdoti della Congregazione del Santissimo Redentore, fondata da Sant’Alfonso Maria de’Liguori pochi anni prima, per predicare una missione. Gerardo fu immediatamente attratto dai loro ideali, chiese al superiore padre Cafaro di poter diventare un Redentorista ma ancora una volta ricevette una risposta negativa. il giorno della partenza dei missionari la madre lo rinchiuse in camera ma con un lenzuolo annodato si calò dalla finestra e raggiunse i missionari. il padre Cafaro, davanti alla sua insistenza e ostinazione, lo inviò al convento di Deliceto (Foggia), dove prese i voti nella chiesa della Madonna della Consolazione.
Gerardo, che aveva quasi 23 anni, prima di fuggire aveva scritto alla madre un biglietto :’’Perdonami Mamma, vado a farmi Santo’’. E così fu…
Furono anni di intenso lavoro e di apostolato; aveva un intuito infallibile con cui avvertiva il peccato e leggeva i segreti delle coscienze. Correva alla ricerca delle anime, operò molte conversioni… Fu un grande missionario; nelle prediche trasferiva la foga del sentimento e l’eloquenza degli occhi e dei gesti; parlava di mistica e di teologia senza sforzo, con naturalezza e con chiarezza, con parole che illuminavano e persuadevano.
Come scrisse nel Regolamento di vita, il suo scopo era: “Amare assai Dio, amare tutto per Dio, fare tutto per Dio, patire assai per Dio, conformarmi in tutto al suo santo volere”. L’amore al suo Dio richiedeva sempre nuovi strazi e nuove umiliazioni per riprodurre nella carne la Passione del Redentore; a tal scopo si flagellava aspramente con punte di ferro e quando non digiunava, mangiava solo erbe e radici amare. Da giovane, a Muro, per far divertire l’allegra brigata, incitava i ragazzi del paese a prendersi gioco di lui; lo bastonavano, lo gettavano a terra, lo trascinavano sdraiato per le scale, lo seppellivano quasi completamente nella neve, una volta lo legarono ad una trave a testa in giù facendogli annusare il fumo proveniente da stracci che bruciavano sotto di lui … ma Gerardo era felice; diceva:”dobbiamo soffrire se vogliamo dar gusto a Gesù Cristo che ha tanto sofferto per noi”. Inoltre aveva sopportato con umiltà e senza discolparsi le severe punizioni conseguenti alle accuse mosse da una certa Nerea Caggiano che lo aveva denunciato ai superiori di avere una relazione amorosa con Nicoletta Cappucci. Naturalmente era innocente…
Era fondamentale per lui sottomettersi alla Volontà Divina. Aveva scritto: “molti si preoccupano di fare molte cose. Seguite il mio esempio: io ho cercato solo di fare la volontà di Dio! Servite Gesù Cristo per amore e obbedite a lui sempre. Egli vi premierà abbondantemente” e ancora:” Il Divin Volere vuole che io cammini sott’acqua e sotto vento …”.
Gerardo, nonostante la salute cagionevole percorse a piedi, nel corso della sua breve esistenza, tutti i paesi della Val Sele, parte della Puglia, della Campania e della Basilicata, in cerca di anime da convertire e di elemosine per il suo convento, non dimenticando mai i poveri e i bisognosi. Giunse fino a Napoli, visitò ripetutamente l’ospedale degli Incurabili, entrò nelle botteghe dove lui stesso modellò con gesso e cartapesta le immagini di Gesù sofferente. Si conservano ancora oggi dei Crocifissi e un Ecce Homo da lui realizzati.
La sua fama cresciuta di giorno in giorno per il suo apostolato e i miracoli che dispensava (anche guarigioni da malattie), raggiunse la vetta dopo aver riportato a riva una barca di pescatori in mezzo alla tempesta, nel golfo di Napoli: tuffatosi in acqua dopo aver fatto un segno di croce, la portò in salvo trascinandola con due dita!
Verso la fine di giugno 1754 arrivò al convento di Materdomini (Caposele, Avellino), ebbe l’incarico di portinaio, compito che gli permise di dedicarsi totalmente all’assistenza dei poveri durante il gelido inverno e la carestia del 1755, moltiplicando le provviste.
Il suo profondo amore per Dio lo portava a trascorrere giorni e giorni in Chiesa a pregare, incurante di fame, freddo, sonno…. una volta a Deliceto rimase tre giorni nascosto in un tino per pregare più tranquillamente. Un’altra volta invece un prete, entrando nella sua camera, lo vide in estasi sospeso tre palmi da terra …
Gerardo spesso si rese protagonista di fenomeni di bilocazione, cioè fu visto contemporaneamente in due luoghi diversi, anche molto distanti tra loro ….Una vita intensa la sua, a favore di tutti i bisognosi.., ma era ormai sfinito e malato, la sua giovane età era gravata dal peso dei digiuni, delle mortificazioni corporali, del duro lavoro fisico al quale mai si sottraeva, dalla tisi … quando tossiva riempiva i fazzoletti di sangue.
La sua salute peggiorò notevolmente tanto che il 31 agosto 1755 si ritirò definitivamente a Materdomini. Sulla porta della sua stanza fece esporre la scritta :”Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e per quanto tempo piace a Dio”.
Gerardo morì la notte del 16 ottobre 1755, a soli 29 anni, dopo aver visto la Madonna.
Venne canonizzato da papa Pio X nel 1904. È il protettore delle mamme e dei Bambini, soprattutto delle partorienti in pericolo, avendo più volte operato prodigi in loro favore. In occasione di una breve visita ad una famiglia di Oliveto Citra (SA), dimenticò il suo fazzoletto. una ragazza lo raggiunse per restituirglielo ma Gerardo le disse di conservarlo, perché un giorno le sarebbe stato utile.
Dopo qualche anno, il parto difficoltoso l’aveva portata in fin di vita; si ricordò di fratel Gerardo e quando tirarono fuori il fazzoletto il miracolo fu immediato: fu salva lei e anche il suo bambino. La notizia si diffuse
rapidamente valicando i confini cittadini e regionali. Il fazzoletto del miracolo fu diviso in pezzi sempre più piccoli perché tutti volevano in casa la preziosa reliquia.
Al santuario di Materdomini, dove riposano le spoglie mortali del santo, c’è una stanza piena di fiocchi rosa e azzurri a testimonianza di bambini venuti al mondo grazie all’intercessione di san Gerardo. A Muro Lucano, i luoghi visitabili legati al santo sono: la casa natale, la sartoria ,il santuario della Madonna delle grazie (miracolo del panino), il sentiero delle ripe, le chiese da lui frequentate, una reliquia (costola) nella chiesa di Sant’Andrea.


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Congregazione delle Cause dei Santi

CHIESA - 2 NUOVI DOTTORI: S. JUAN DE ÁVILA E SANTA ILDEGARDA DI BINGEN


Al termine della Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana, per la Solennità di Pentecoste, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio per recitare il “Regina Caeli” con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro.
Prima del Regina Caeli, il Papa ha annunciato che il 7 ottobre prossimo, all’inizio dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, proclamerà Dottori della Chiesa universale San Juan de Avila e santa Ildegarda di Bingen.
“Questi due grandi testimoni della fede vissero in periodi storici e ambienti culturali assai diversi. Ildegarda fu monaca benedettina nel cuore del Medioevo tedesco, autentica maestra di teologia e profonda studiosa delle scienze naturali e della musica. Giovanni, sacerdote diocesano negli anni del rinascimento spagnolo, partecipò al travaglio del rinnovamento culturale e religioso della Chiesa e della compagine sociale agli albori della modernità”.
“Ma la santità della vita e la profondità della dottrina li rendono perennemente attuali - ha affermato Benedetto XVI - la grazia dello Spirito Santo, infatti, li proiettò in quell’esperienza di penetrante comprensione della rivelazione divina e di intelligente dialogo con il mondo che costituiscono l’orizzonte permanente della vita e dell’azione della Chiesa”.
“Soprattutto alla luce del progetto di una nuova evangelizzazione - ha proseguito il Pontefice - alla quale
sarà dedicata la menzionata Assemblea del Sinodo dei Vescovi, e alla vigilia dell’Anno della Fede, queste due figure di Santi e Dottori appaiono di rilevante importanza e attualità. Anche ai nostri giorni, attraverso il loro insegnamento, lo Spirito del Signore risorto continua a far risuonare la sua voce e ad illuminare il cammino che conduce a quella Verità che sola può renderci liberi e dare senso pieno alla nostra vita”. (Fonte: VIS del 28.5.2012)

 

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MOSTRE DI SANTINI

 


CAMPOMARINO (CB), 10-12 agosto 2012
2a Mostra del Santino, con una sezione dedicata alla “NATIVITÀ”


Il socio EMILIO ANTONIO BELTOTTO allestisce nel periodo estivo la 2a mostra del Santino. Infatti dal 10 al 12 agosto prossimo nella sede della Coldiretti di Campomarino (CB), C.so Skamderbeg 11, Beltotto esporrà immaginette della propria collezione del periodo Ottovento-Novecento, mentre una sezione dell’esposizione sarà dedicata alle immaginette della Natività di Gesù. L’orario sarà: 19:20-22:30. L’AICIS ha concesso il richiesto Patrocinio e l’utilizzo del logo nelle locandine.

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LICODIA EUBEA (CT), 15 luglio -15 agosto 2012 - Mostra di immagini e immaginette
devozionali “MARGHERITA, PERLA PREZIOSA NELLE MANI DEL SIGNORE”


Il 15 Luglio 2012, S. Ecc. Mons.CALOGERO PERI, Vescovo di Caltagirone, nell’ex Monastero S. Benedetto e S. Chiara ha inaugurato a Licodia Eubea una mostra sul tema: “Margherita, perla preziosa nelle mani del Signore - L’iconografia di Santa Margherita V.M. d’Antiochia di Pisidia nelle stampe e nelle immagini devozionali (XVI-XX secoli)”.
Il nostro nuovo associato prof. ANTONIO BARONE ha commentato la bella esposizione come segue: “La mostra ‘Margherita, perla preziosa nelle mani del vuole presentare un ampio e variegato repertorio iconografico legato all’immagine di S. Margherita d’Antiochia. Repertorio che si snoda lungo un arco temporale di cinque secoli : dagli inizi del ‘500 sino a tutto il ‘900.
La codificazione della figura di S. Margherita si afferma nell’arte figurativa occidentale tra l’XI e il XII secolo; codificazione che porta all’identificazione e alla rappresentazione di determinati attributi iconografici che saranno propri della nostra Santa. La figura e la vita di S. Margherita passarono così ad ispirare artisti, soprattutto pittori, che, a partire dal Basso Medioevo, hanno prodotto molteplici opere artistiche in Italia e in tanti paesi dell’Europa. Sulla scia della grande pittura l’immagine della giovane martire si afferma anche nell’ambito strettamente religioso-devozionale, nei codici miniati, nei “libri d’Ore”, nei santorali, nei libretti di preghiere, per poi ampliarsi ulteriormente, col diffondersi della stampa, nelle immagini devozionali e nei santini.

Il percorso espositivo si articola lungo tre macro-sezioni : la prima è riservata ai pezzi cronologicamente più antichi, con due preziosi fogli di incunaboli dei primi anni del ‘500, alcune incisioni del ‘600 e un foglio di santorale del ‘700 con la “leggenda” di S. Margherita; la seconda sezione presenta una ricca varietà di santini (da metà ‘800 al ‘900) realizzati con diverse tecniche incisorie; infine la terza sezione propone delle cromolitografie e delle cartoline d’epoca che testimoniano come il riscontro iconografico si sia mantenuto nel tempo. Uno spazio espositivo, chiamato “Miscellanea”, raccoglie oggetti di vario genere (reliquiari, icone, libri, prodotti filatelici, medagliette votive, ecc.) sempre legati al culto di S. Margherita.
I vari ambiti espositivi sono accompagnati da pannelli esplicativi che illustrano al visitatore l’affermarsi della figura di S. Margherita nell’immaginario cristiano attraverso le ‘leggende’ agiografiche a lei dedicate, e le diverse tecniche incisorie con le quali sono stati realizzati i pezzi esposti”.


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MONTEDORO (CL), 3-9 agosto 2012 e MILENA (CL) 10-14 agosto 2012
“Mostra di Santini d’Epoca”


Si è inaugurata venerdi 3 Agosto 2012 a Montedoro una mostra di santini d’epoca nel Centro Incontro Balatazza in Piazza Europa; dopo il taglio del nastro da parte di Don Amedeo Duminuco è bastato fare pochi passi per immeggersi in un passato lungo 300 anni con santini a partire dal 1700.
La mostra nasce come tributo a San Giuseppe in occasione della festa patronale che si svolge ogni prima Domenica di agosto richiamando in sede tutti gli emigrati sparsi da tutto il mondo.
La collezione appartiene ad un unico espositore, SALVATORE CARLOTTA, residente a Roma, che ogni anno ritorna in occasione della festa patronale e che quest’anno ha portato con sè la sua collezione di immaginette preziose.

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PERNUMIA (PD), 30 agosto - 8 settembre 2012
Mostra di Santini e altre immagini: “LAVORATORI E DEVOTI”


Il socio DAVID AJÒ e la sig.a MIRIAM MANDIROLA hanno allestito a Pernumia (Padova) dal 30 agosto e continuerà fino all’8 settembre 2012 una mostra di immaginette sacre ed anche altre immagini sul tema: “Lavoratori e Devoti”. La mostra che è stata inaugurata il 30 agosto alle ore 19 rimarrà aperta al pubblico tutti i giorni con il seguente orario: feriale: 19-23 e festivo 9-12 e 17-23.
I visitatori potranno ammirare circa 200 oggetti esposti, dal 1870 ad oggi, corredati da informazioni che riguardano non solo l’immagine in sé ma anche il suo contesto culturale e sociale.


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ALFONSINE (RA), 7-9 settembre 2012
Mostra di Santini e altre immagini:
“MARIA MADRE DI DIO, SPERANZA NOSTRA - L’ORNAMENTO DELL’ANIMA”


Il socio FILIPPO BRICCOLI di Ravenna, nell’ambito di una Mostra filatelica del Circolo Filatelico Vincenzo Monti, Alfonsine (Ra) esporrà dal 7al 9 settembre 60 immaginette originali raggruppate in sottotitoli, dal titolo “Maria Madre di Dio, Speranza nostra – L’ornamento dell’anima”, ed è affiancata da una sezioni di 100 riproduzioni di originali complete di schede tratte dal libro “L’ornamento dell’anima, un percorso tra immagini e oggetti della devozione”.
Le immagini coprono un periodo che va dal secolo XVIII agli inizi del secolo XX. La Mostra verrà allestita all’interno della Chiesa parrocchiale di Santa Maria, Corso della Repubblica, Alfonsine (RA) dalle ore 7,00 alle ore 22,00.

Oltre il santino tematico di Santa Maria Lauretana nella visione di San Francesco d’Assisi - Immagine devozionale su pergamena colorata a mano - Produzione fiamminga, Anversa, fine sec.XVII/inizi sec.XVIII di cm.9,4 x 6,6, riportiamo qui a fianco il libro “L’ORNAMENTO DELL’ANIMA - Un percorso tra immagini e oggetti della devozione - La Collezione di Filippo Briccoli” con schede scritte da Filippo Briccoli, con la collaborazione della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna, edito da Danilo Montanari Editore, Ravenna - uscito recentemente sul mercato. Il libro di 120 pagine a colori contiene circa 200 santini e materiale esposto nel novembre 2010 in una mostra presso le vetrine del Private Banking della Cassa di Risparmio di Ravenna. Il libro è presentato dal Cardinale ACHILLE SILVESTRINI ed è introdotto dalla Prof.ssa ELISABETTA GULLI GRIGIONI:
“L’ornamento dell’anima” è un libro di immediato e coinvolgente impatto visivo per la bellezza, la raffinatezza e la rarità dei contenuti iconografici. Ma poiché non sempre si tratta di immagini a noi familiari, sarà necessario affidarsi alle ricche schede esplicative dell’autore/collezionista per entrare nella dimensione di spiritualità di cui esse sono espressione”. Devo aggiungere che è un’opera interessante per il collezionista esperto, ma anche per l’amatore delle immagini devote ancora alle prime armi. Tutti troveranno “input” interessanti ed utili per una crescita personale e professionale in questo settore amatoriale. (R.M.)

 

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ROSETO DEGLI ABRUZZI (TE), 12-21 settembre 2012
XXII Mostra AICIS di Santini: “SAN GIUSEPPE, PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE E DEI LAVORATORI”


Il 12 settembre verrà inaugurata alle ore 15,30 a Roseto degli Abruzzi (TE) la XXII edizione della Mostra di santini sul tema “San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale e dei lavoratori”.
Con qualche variante, è una riproposizione dell’esposizione 2011 che molti visitatori hanno richiesto con insistenza. La Mostra verrà allestita nella Villa Comunale della città in Via Nazionale Adriatica 250 e rimarrà aperta al pubblico fino al 21 settembre 2012. Grazie all’organizzazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune, del Circolo Filatelico Rosetano e dell’AICIS, continua quindi la bella tradizione dell’allestimento della mostra di santini nell’accogliente Roseto degli Abruzzi.
La mostra 2012 in argomentoè frutto dell’idea, preparazione e realizzazione del Presidente AICIS, GIANCARLO GUALTIERI, che presenta un a serie di immaginette facendo la storia dei “santini” attraverso l’iconografia di S. Giuseppe ed abbracciando un arco di tempo che va dal XVI al XX secolo.
La prima parte riguarda la storia delle principali tecniche di stampa: la xilografia, la calcografia, la litografia, le varie tipologie di santini.
La seconda parte riguarda i momenti più salienti della vita di San Giuseppe raffigurati nei santini:
“Padre putativo” di Nostro Signore Gesù Cristo; il “Natale”, l’“Adorazione dei pastori”, l’“Adorazione dei Magi”; la “Sacra Famiglia”; i “Sette dolori ed allegrezze”; “Patrono della Chiesa Cattolica”; “Patrono dei lavoratori”; “Patrono degli emigranti; “Patrono della buona morte”; S. Giuseppe nei cosiddetti “santini- luttini”; S. Giuseppe nelle ricevute delle “Confraternite”; S. Giuseppe nei “santini-curiosità”.
Oltre ringraziare Giancarlo Gualtieri per il bellissimo allestimento, il Consiglio Direttivo ringrazia il Comune di Roseto nella persona del Dr.Mario Giunco ed Emidio d’Ilario, perché si sono attivati affinché questa 2a edizione di mostra di santini divenisse ancora una volta una concreta realtà.


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ROMA, 7 DICEMBRE-2012-6 GENNAIO 2013 - A.I.C.I.S. 30° ANNIVERSARIO
Mostra di Santini: “PUER NATUS EST - IL NATALE NELLE IMMAGINI DEVOZIONALI
DAL XVII AL XX SECOLO” (NORME PER PARTECIPARE).


Inaugureremo il 7 dicembre p.v. le manifestazioni per il XXX Anniversario dell’A.I.C.S. con una prestigiosa mostra sociale di 30 giorni espositivi di immaginette sacre a tema natalizio al centro di Roma, a pochi metri dal Pantheon.
I soci che desiderano partecipare con immaginette originali dal 1600 al 1900 della propria collezione sono invitati a trasmettere il proprio materiale al Vice Presidente RENZO MANFE’ - Via Merulana 137 - 00137 Roma (Tel.328-69.110.49) entro e non oltre il 19 ottobre p.v. (per via assicurata o raccomandata). L’esposizione sarà allestita nella prestigiosa Sala “S.Caterina da Siena” cui si accede da un magnifico Chiostro restaurato da pochi giorni, del Convento di Santa Maria Sopra Minerva, a Piazza della Minerva 42.
L’inaugurazione sarà alle ore 18.00 del 7 dicembre 2012. Le visite del pubblico saranno dal giorno 8 dicembre 2012 al 6 gennaio 2013, tutti i giorni, con orario 9-12.30 e 16-19, festivi compresi.


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SAN GIACOMO MAGGIORE, APOSTOLO E MARTIRE
Protettore dell’aurea città di Capizzi (ME)
di Francesco SARRA MINICHELLO

 


Giacomo fece parte della ristretta cerchia degli apostoli preferiti da Gesù: in occasione della resurrezione della figlia di Giàiro il Signore “non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo“
(Mc 5,37). Solo a questi tre Apostoli fu concesso di assistere alla Trasfigurazione.
Inoltre, arrivato al Getsemani, ai piedi del Monte degli Ulivi, Gesù chiese ai discepoli di sedersi mentre lui pregava. Poi “prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e cominciò a sentire paura e angoscia.
Gesù disse loro: “La mia animaè triste fino alla morte. Restate qui e vegliate“ (Mc 14,33). Giacomo, insomma, venne scelto come testimone diretto di eventi fondamentali della vita del Maestro.
Il “figlio del tuono“ fu un tipo curioso, qualche volta persino impudente. Come quando assieme al fratello, camminando verso Gerico, chiese a Gesù: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo“. E poi: “Concedici di sedere nella tua Gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra“ (Mc 10,37).
Per onor di cronaca, secondo Matteo, fu invece la madre a chiederlo per loro. Incalzarono Gesù anche sul
Monte degli Ulivi: assieme a Pietro e Andrea, presero in disparte Gesù e gli chiesero quando sarebbe avvenuta la fine del tempo che aveva appena annunciato.
Anche forse per il suo temperamento Giacomo sarà il primo degli apostoli a cadere sotto il martirio. A volere la sua morte fu Erode Agrippa I, chiamato “re” di Giudea per distinguerlo dallo zio, il tetrarca Erode Antipa.
Appena giunto in Palestina, Erode Agrippa I si propose di soffocare i gruppi della comunità ebraica che annunciavano la morte del Figlio di Dio e cercò di mettere in galera e uccidere i loro capi. Fu il primo Apostolo a morire. Erode Agrippa infatti fa uccidere di spada Giacomo nel 42/44.
Fu detto anche “il Maggiore”, per distinguerlo dall’apostolo Giacomo ‘il Minore’. Di professione pescatore, come tanti se ne incontravano in Galilea, era figlio di Zebedeo, originario di Bétsaida, sulle rive del lago di Tiberiade, e di Maria Salomè, una delle donne che diede sepoltura al Salvatore, nonché fratello di Giovanni l’Evangelista, discepolo prediletto da Gesù. Di carattere pronto, impetuoso, appassionato ed impulsivo venne soprannominato da Gesù, insieme a Giovanni suo fratello, “Boanerghes” (figli del tuono).
Secondo il Breviarium Romanum, la salma dell’apostolo venne traslata in Spagna il 25 luglio dello stesso anno e nascosta in Galizia. Ma la vicenda dei resti mortali dell’ Apostolo divenne a dir poco leggendaria e circondata da un alone di mistero.
Giacomo rimase in Spagna e tornò a Gerusalemme al tempo stabilito, dove subì il martirio. I suoi discepoli Teodosio e Anastasio, ne disseppellirono la salma e giunti al mare scorsero un’imbarcazione che li condusse fino al porto romano di Iria Flavia, in Galizia. Lì giunti deposero le spoglie del Santo su di una pietra che si fuse formando un sarcofago intorno al suo corpo. Questo fu posto nella città ove regnava la regina Lupa, in una cappella dove trovarono sepoltura anche i due discepoli Teodosio e Anastasio.
È venerato soprattutto in Spagna a Compostela, dove è sepolto e dove sorge la celebre basilica a lui dedicata meta del celebre pellegrinaggio. Agli Apostoli venne assegnato un luogo diverso del mondo per predicarvi il Vangelo: Giacomo andò in Spagna, ma la sua predicazione ebbe scarso effetto. Quando ormai pensava di tornare a Gerusalemme, gli apparve su di un pilasto la Vergine, che lo esortò a riprendere questa missione e a edificarle una Chiesa della Madonna del Pilar.
La riscoperta avvenne tra l’ 812 e l’814: l’eremita e pastore Pelayo comincia a vedere notte dopo notte, sul monte Libradon, che una luce o una stella, comparivano sul tumulo di quello che era stato un antico cimitero romano (da ciò sembra che derivi il nome di compostela, campus stellae).
L’eremita avvertì il vescovo di Ira Flavia, Teodomiro, di questo suggestivo evento. Rinvenuto un sacello marmoreo con tre scheletri, Teodomiro, vi riconobbe le reliquie di San Giacomo e dei suoi due Discepoli.
Proprio a Capizzi nel cuore della Sicilia, all’interno del parco dei Nebrodi, San Giacomo ha scelto di essere venerato. Non è stato Capizzi ad adottare il suo Santo quanto invece l’Apostolo a scegliere Capizzi.
Il Santuario di San Giacomo il Maggiore di Capizzi è la chiesa Jacobea più antica della Sicilia. Fu edificata dai Normanni, e ingrandita e ornata di stucchi nel periodo Aragonese. All’interno della chiesa si possono ammirare pregevoli affreschi di Giuseppe Crestadoro della scuola di Vito D’Anna raffiguranti alcuni azioni del Santo.
Il Santo Apostolo è il protettore della città: seduto con la mano benedicente, si trova collocato nell’altare principale in una vara o fercolo in foglia d’oro zecchino. Ai lati due angeli che reggono uno la palma e corona del martirio e l’altro il bordone con la conchiglia e borraccia. La festa che si svolge in suo onore richiama numerosi devoti, fedeli e pellegrini sparsi per tutta l’isola. Nel medioevo era una delle mete del pellegrinaggio Jacobeo in Sicilia: il Santuario infatti possiede la Reliquia documentata più antica dell’Isola, consistente in una giuntura di un dito del Santo.

 

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8 settembre: Natività B.V. Maria

Analisi iconografico-teologica dell’immagine
della Natività della B. V. Maria, XVII secolo
di Massimiliano CENZATO

 

Questa immagine devozionale su stampa acquerellata del XVII secolo riproduce l’episodio della Natività della Beata Vergine Maria, come si evince dalla scritta in basso NATIVITAS TUA VIRGO M(a)R(i)A GAUDIUM UNIVERSO MUNDO (est): la tua nascita, vergine Maria, è gioia per tutto l’universo.
Ad una indagine più accurata, questa immaginetta racchiude riferimenti e significati tutt’altro che banali circa le verità dogmatiche riguardanti la Madre del Figlio di Dio e non solo.
La composizione è costruita sostanzialmente su due triangoli che formano una sorta di clessidra: quello superiore è costituito dalle Persone della S. Trinità (Figlio, Padre e la colomba rappresentante Spirito), mentre quello sottostante ha per vertici gli attori umani della vicenda narrata (Anna, Maria in fasce e Gioacchino); questa struttura compositiva crea una sorta di “X” che fa convergere gli occhi verso il centro dove è posta Maria bambina, protagonista dell’evento illustrato; le due figure geometriche si sfiorano solamente nei vertici rappresentati dalla colomba e da Maria, questa vicinanza sembra alludere a un episodio che avverrà molti anni dopo e che è documentato nei Vangeli di Matteo e Luca, il concepimento di Gesù da parte di Maria ad opera dello Spirito Santo, l’Annunciazione del Signore.

Le azioni dei personaggi sono altrettanto importanti: il Padre e il Figlio, con le mani aperte e reciprocamente protese, sembrano donarsi l’un l’altro lo Spirito che, al centro, “procede dal Padre e dal Figlio”; Anna e Gioacchino protendono la figlia verso l’alto quasi come a presentarla a Dio come si faceva allora al Tempio, episodio di cui si fa ancora oggi memoria; Maria sorride quasi potesse, appena nata, avere coscienza di sé e volersi già donare totalmente a Dio.
L’analisi cromatica permette di distinguere perfettamente lo spazio riservato al divino, il cielo, colorato di celeste e giallo dallo spazio terreno dominato dal verde e dal marrone rossastro, una nube bianca che si
estende orizzontalmente per tutta l’immagine segna il confine tra i due mondi ed è lì che si trova Maria, vestita di rosso ma avvolta in una coperta verde come a dire che è ancora celata al mondo ma pronta, in potenza, ad essere la “serva del Signore”.
È utile porre l’attenzione anche ai simboli: la culla, a forma di conchiglia aperta, simbolo di verginità e risurrezione, ricorda un fonte battesimale segno che la vergine è già stata sottratta dal peccato originale ed è per ciò “piena di grazia” e immune da ogni macchia di peccato come la Chiesa ne fa memoria nella
solennità dell’Immacolata Concezione; un altro simbolo rilevante è la posizione di Maria, la quale risulta ben sollevata da terra e sopra i suoi stessi genitori, a metà tra la terra e il cielo, questa posizione può essere prefigurazione della sua assunzione alla gloria celeste in anima e corpo come si ricorda nella solennità dell’Assunzione, tanto più che nella simbologia patristica la “dormitio Virginis” (il momento della fine terrena di Maria) è rappresentata da Gesù risorto che porta in cielo la madre sotto le spoglie di una bambina in fasce.

 

 

LECCE ED I SUOI SANTI
PROTETTORI NEL TEMPO

 

di Carlo Vicenzo GRECO


SANT’ORONZO
- Secondo la leggenda, Oronzo, santo protettore dei leccesi, era un nobile del paese, filosofo e seguace di Pitagora. Un giorno, andando a caccia lungo il mare Adriatico, incontrò un forestiero e da buon meridionale curioso gli domandò da dove venisse, chi fosse e dove andasse.
Costui rispose che si chiamava Giusto, veniva da Corinto, era discepolo di San Paolo e si recava a Roma per motivi religiosi. Da quel giorno Oronzo, il nipote Fortunato e Giusto stettero insieme tanto quanto fu sufficiente al discepolo di San Paolo per convertire i due nobili al cristianesimo; dopo di ciò Giusto partì per Roma. Al suo ritorno trovò Oronzo e fortunato che, non solo avevano convertito tutti i leccesi (anno 43), ma avevano convertito anche l’intera guarnigione romana. San Paolo, in seguito, nominò Oronzo primo vescovo del Salento anche se gli storici riferiscono che Lupiae ebbe la sua prima sede vescovile nel IV secolo.
Il 26 agosto del 68, all’età di 46 anni, Nerone lo rese martire e santo per averlo fatto decapitare assieme a Giusto a circa due miglia fuori dalla città (sulla strada per Torre Chianca lungo la quale vi è un Santuario detto Ronzu”). Fortunato, invece, fu decapitato il 27 aprile dell’anno 77.

Primo vescovo o meno, comunque, Oronzo assieme a Giusto suo maestro e Fortunato suo nipote, rappresentano i pilastri sui quali si è costruita, nel Salento, la salda fede di Cristo.
I loro primi proseliti della nuova religione cristiana furono: EMILIANA, sorella di Oronzo e madre di Fortunato e la matrona PETRONILLA, mentre la città venne suddivisa in tre zone: la prima, sotto il palazzo della nobildonna Petronilla, fu assegnata alle cure di di Oronzo. La seconda, presso la Porta del Nord, detta poi di San Giusto. La terza zona, sotto la casa di Emiliana, vicino la Porta di San Biagio, fu affidata a FORTUNATO. Il culto verso i tre santi, dunque, è molto antico e nel tempo si è rafforzato sempre di più non solo in città, ma in tutto il Salento, tanto che Sant’Oronzo è il protettore della “Pia salentina”; devozione diffusa in modo imponente anche per l’uso dell’olio che arde incessantemente nell’artistica lampada esistente nella cattedrale, nel posto vicino al pregevole altare di sant’Oronzo e degli altri protettori principali: Fortunato, Giusto, Emiliana e Petronilla; queste due ultime compatrone della città per essere state tra le prime proseliti del Cristianesimo.

SANT’ILARIONE - Un temporaneo protettore della città di Lecce fu Sant’ILARIONE, discepolo di Sant’Antonio Abate quando, secondo la tradizione, ma forse leggenda, a Lecce, il rito latino venne intervallato dal rito greco. In seguito, con la ripresa del rito latino e con il governo diretto della diocesi leccese e non più otrantina, fu attuato il patronato di Santa IRENE vergine e martire.

SANTA IRENE - Questa nobile santa fu diretta discendente dei re di Tracia; ancora giovanetta fu educata alla religione cristiana e ben presto si fece battezzare. Ella rifiutò di prendere marito e non nascose la sua nuova fede (era l’anno 304). Dopo un regolare processo, data la nobiltà della sua nascita, fu condannata al rogo. Santa Irene, dopo il suo martirio, fu eletta patrona di Lecce, ove venne conosciuta grazie alla chiesa di rito greco. Tutt’ora la santa viene festeggiata il 13 di agosto, mentre la
chiesa romana la solennizza il giorno 5 aprile. Precisamente, Irene, fu eletta protettrice della città di Lecce tra il 1100 ed il 1200, e si dice che da lei la città abbia preso il primo stemma civico (una torre coronata).

Nel museo “Castromediano” a Lecce si conserva l’effige della Santa che in segno di protezione stende la mano sulla torre, simbolo della città.
Verso la metà del 600, fu posta in dubbio la santità di Oronzo del imbastì un processo per raccogliere testimonianze circa i miracoli operati dal santo e per indurre la Santa Sede a sanzionare l’elezione dello stesso a protettore della città. La popolarità del vescovo Pappacoda giunge sino a noi in una espressione che si suole raccogliere in più di un paese della provincia; espressione nella quale si coglie una nota di rimpianto per il passato: “A manu a Pappacoda”. (Almanacco salentino 1968/69).

SAN DOMENICO DI GUZMAN - Nel frattempo, nel 1641, lo stesso vescovo Luigi Pappacoda consacrò la città a San DOMENICO DI GUZMAN, nato il 24 giugno del 1170 in Calaruega nella vecchia Castiglia. Egli, contemporaneo di San Francesco d’Assisi, istituì la prece del Rosario e quando vennero soppressi gli Ordini religiosi, la Confraternita dei Domenicani trovò sistemazione nella Chiesa del Rosario.

SAN BERNARDINO REALINO -
Altro patrono dei Leccesi fu San Bernardino Realino, nato a Carpi nel 1521, morto a Lecce nel luglio 1616 e canonizzato nel 1949. Lecce lo accolse assieme ai padri Gesuiti nel 1574, in seguito lo salutò taumaturgo e grande protettore della città. Bernardino fu amico dei giovani, lo specchio del clero, il fratello del popolo, il padre di coloro che piangono, che soffrono e che patiscono oppressione e ingiustizia.
Nelle cronache del tempo si legge: “Il Municipio di Lecce, adunatosi in consiglio lo elesse, ancora vivente, protettore della città”, morì circonfuso dell’aureola della santità il 2 luglio del 1616.
Intanto nel 1656, giunse a Lecce la peste e il colera e le vie della città iniziarono ad essere cosparse di cadaveri.
Gli scampati popolavano le chiese scapigliati, piangenti, imploranti misericordia. Fu allora che un prete, certo Schina, scappato da Calabria, rinfocolò gli animi suggerendo di ricorrere alla protezione di Sant’Oronzo che nel frattempo era stato dimenticato, e per le strade si recitava:

“Iddhu (lu colera) è fessa/ ca le porte nui te Lecce l’ìmu chiuse/ e macari tozza forte,/ tocca resta nfrezzulatu/ nu lu passa lu steccatu,/ nu la pigghia la cuccagna;/ Santu Ronzu lu stampagna”. (Traduzione: “Lui, il colera è fesso/ che le porte noi di Lecce le abbiamo chiuse/ e macari bussa forte/ deve restare al freddo,/ non lo supera lo sbarramento,/ non la prende la cuccagna;/ Sant’Oronzo lo sbatacchia”).

Lo Schina, quindi, fece intendere che i corpi di Oronzo, Giusto, Fortunato, Petronilla ed Emiiana si trovassero sepolti sotto la cattedrale ed un’onda di fanatismo invase la città tutta intera e i terribili morbi scomparvero da Lecce e tutta la cittadinanza esultò per lo scampato pericolo e tra feste, luminarie e fuochi d’artificio, fu magnificato il ritorno alla devozione di Sant’Oronzo.
In seguito, la Santa Sede, compenetrata più dalla fede dei leccesi che dalla validità delle prove, sanzionò, il 16 luglio 1658 l’elezione a protettori della città i tre martiri e la relativa festa di precetto.

SAN GAETANO THIENE -
In conseguenza di ciò, tutti gli altri compatroni, tra cui:
San Gaetano Thiene e la VERGINE Ss.ADDOLORATA (24 settembre 1852), passarono in seconda linea.

 

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COME I PICCOLI GIOVANNI E GESÙ SI CONTENDONO LA CROCE

La testimonianza di una scrittrice mistica
di Maria Teresa BISE CASELLA

Non è in questa sede che occorre illustrare la figura della Ven.Giovanna Maria della Croce Floriani (1603-1673), roveretana di grande ingegno, clarissa, mistica e scrittrice, i cui autografi non sono ancora tutti editi (lo sono la Vita e alcuni degli undici libri delle Rivelazioni). Qui mi piace solo riprodurre alcune delle pagine in cui mi sono imbattuta recentemente trascrivendole dal quinto libro, pagine che porteranno il lettore a conoscere la serva di Dio (così lei stessa si chiama) e a riconoscerle il titolo di mistica, cioè di anima totalmente abbandonata a Dio e in lui trasformata, tanto da colloquiare con lui alla pari, con affetto, sì, ma cosciente della propria indegnità.

Conoscerà anche, il lettore, la sua abilità nel riferire i fatti che potrebbero essere di vita quotidiana.
Il 10 dicembre 1645, la seconda domenica di avvento, Cristo parlò a Giovanna “in Dio somersa e alagata” di Giovanni Battista che allora era in prigione come si leggeva nel vangelo del giorno, ne esaltò la persona chiamandolo “più che profeta” e suo “angelo” e giustificò questi titoli da lui conferitigli. Così le ricordò l’incontro tra sua madre, Maria, e la cugina Elisabetta, e come lui, in quel momento nel seno di sua madre, aveva comunicato con Giovanni pure nel seno materno, e come questi sentì la sua presenza ed esultò, e come lui, Cristo, lo amò subito profondamente, e come con lui“tratava altissimi misteri così del cielo come della redenzione”, e come da allora lo rese più santo degli apostoli e dei santi assegnandogli due nuovi titoli, quello di arcangelo in quanto a “messo di Dio” e quello di serafino in quanto a “infocato dela divina carità”, e, infine, come Giovanni si legò a lui da potenti vincoli che poi, materialmente, in carcere, lo legarono.
E Cristo concluse il suo ricordo denominando Giovanni “un Dio in carne” da cui mai aveva avuto “un minimo disgusto”. Una lunga e densa conversazione questa che comprende ben sette pagine del libro quinto della serva di Dio.
Dopo di che Cristo le offrì un excursus con cui volle “ralegrare lo spirito” della “sua sposa” narrandole “un caso che tra noi (lui e Giovanni) ocorse che di ciò ne fece festa la mia santissima madre, e la madre insieme con il padre di Giovanni e il mio padre putativo Gioseppe ne presero gran festa”. Leggiamolo rispettando fedelmente la registrazione che ne fece Giovanna Maria della Croce.
“Sapi dunque come nel partirsi che fece la mia purissima madre da Elisabeta alora che la visitò e Giovani restò santificato, lei invitò gli santi genitori di Giovani a veder il suo Dio nato ed essi con gran giubilo ricevettero l’invito. Or nato che fu il Filiol di Dio, dopo che la sua santissima madre l’ebe tenuto per alcuni giorni nela mangiatoia, mi fece poi fare la cula dal suo sposo Gioseppe, ma prima di quela mi (lì?) fece far una croce grande come il mio corpiciolo e quando mi poneva nela cula mi poneva apreso quela croce e io vicino a quela mi coricava, tanto che sopra di quela prendeva riposo; quando poi mi levava nel suo grembo mi dava nele mani la croce e io con quela faceva tuti gli miei trastuli e lei in quel mentre contemplava la mia pasione, bagniandola sovente di lacrime, aricordandosi di quele volie ardenti che dela croce aveva mentre mi teneva rinchiuso nele sue visere purissime. Or quando venero gli santi genitori di Giovani, Zacaria e Elisabet, portorno seco ancora il fanciulino Giovani: era poco avanti la fuga del’Egito quando venero, e la mia santissima madre gustava quando veniva alcuno a visitarmi farmeli veder così nudarelo, overo coperto se non con un sutil velo, perché vedesero la mirabil composizione del mio corpi cielo e la sua mirabil beleza e, di più, per farle vedere gli gesti miei
amirabili come di caminare, di manegear le mani, ma in particolare gli amirandi gesti che io faceva con la mia cara croce. Ora gionti gli genitori fi Giovani e adoratomi con grande sentimento e gaudio, il bambino Giovani fece il medemo in adorarmi profondissimamente. Dopo l’adorazione, la mia madre li fece sedere e mi prese nel grembo così nudarelo e mi diede la croce. Quando Giovani vide la croce non fu più posibile che la madre in brazo lo potese tenere, ma strideva, si storzeva e lacrimava a tale che la madre fu forzata portarlo apreso la croce. Alora Giovani mi pregò in spirto le dase la mia croce, cioè le facesi grazia di morir in quela; e ciò lo negai; ma Giovani, pur desiderando eser in tuto simile a me, si atacò alla croce e tirava a tuta forza per levarla dale mie mani e io ancora prendeva con ambe le mani la croce e Giovani si pose a stridere e piangere e io alora diedi unos forzo con la mia omini potenza alla croce e la tirai di mani al picolo bambino Giovani e poi, come io fosi adirato, le diedi la croce in su la testa, dinotandole alora che non la croce gl’era asegnata dal divin volere, ma il capo quale per la verità le doveva eser troncato; e in quel toco dela croce le manifestai con visione inteletuale di qual morte doveva morire. Le feci, di più, noto comemi contentava che lui portase la mia croce per insegnia, ponendo intorno di quela il nome suo, perché nela eterna gloria voleva darle la gloria ancora dela mia croce, cioè deli stimatizati, come di sant Francesco e di queli che dopo me sono morti in croce, aciò non fose quasi grado nel cielo che lui non posedese; e per questo si dipingie Giovani con la croce e l’agnelino da canto quale atendeva quela. Di più, io non volsi per due cagioni che Giovani morise in croce: la prima perché era fato un così vivo immitator mio che al vivo rapresentava la mia persona che quasi faceva abaliar la vista umana se lui era Dio; mi contentai tuto si asimiliase a me, ma non già nel morir in croce; e la cagione di questo era per eser quela infame prima che fose dicorata dal sangue mio; ed era maledeto quelo che pendeva nel legnio; e però (perciò) non volsi che Giovani prendesse quele maledizioni, avendo lui prima di tuti per boca dela madre sua benedeto me quando alla madre sua fece esclamare: ‘Benedicta tu inter mulieres et benedictus fructus ventris tui’, non era il dovere che poi lasiasi lui asender il legnio di maledizione; e però (perciò) disi al mio Giovani: no, no, a te conviene dar il capo per mio amore e a Pietro e Andrea e altri nela croce, perché quela sarà decorata
e fata bela da quel fior del campo e da quel fruto dele verginali visere (da Cristo); ma sii certo, seguirai l’agnelo, porterai corona di apostolo, di martire, di profeta, di confesore, di dotore, predicatore, eremita, contemplativo e, di più, goderai la gloria dela mia pasione con queli che sono morti in croce e stimati santi, perché il tuo ardente desiderio non deve andare senza il suo premio. Oh anima sposa mia, quanta, quanta gloria gode il tuo protetore e di angelo o di serafino ancora, poiché l’amor suo ha pasato quelo di ogni altra creatura ecetuando la mia genitrice. Or pensa se la sua gloria deve eser incomprensibile, perché alla misura del’amore si dà la gloria e avendomi lui amato più di ogni altra creatura dunque lui è in magior gloria di tute: pensa se potrà interceder grazie alli suoi divoti. Or eco la cagione perché esendo imprigionato non sentiva gli vincoli materiali che pene le davan alle sue consumate membra, ma si sentiva queli del’amor divino che la gloria di Dio le facevan ricercare. Di più, vederai la cagione perché si dipingie me bambino con il bambino Giovani che mi vole prendere la mia croce”.

Questo excursus non ci rallegra forse lo spirito come l’augurava il narratore alla sua serva, però, ammettiamolo, ci fa sorridere per la sua vivacità e la sua cordialità quando riferisce la gara tra Cristo e Giovanni per appropriarsi la croce; e inoltre suscita in noi l’ammirazione quando sottolinea la precisione con cui Cristo dettaglia, anche teologicamente, la cagione che lo indusse a non volere che Giovanni morisse in croce. Dopo averlo letto come non rievocarlo guardando raffigurato (e tanti sono i santini che lo propongono!) Giovanni Battista bambino trionfante con la croce e l’agnellino?

 

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CURIOSANDO TRA I LIBRI


“PREGAME A LA BARESE” (Preghiamo in dialetto barese)
di VITTORIO POLITO e di ROSA LETTINI TRIGGIANI. Editore: Levante Editore - Bari.


Volumetto di 96 pagine con foto a colori e la riproduzione di diversi santi.
Il libretto raccoglie le preghiere tradizionali dei fedeli cristiani con la traduzione in dialetto barese. Alcune di queste preghiere sono quelle dedicate alla Vergine Santissima ed ai Santi maggiormente venerati dai baresi, primo fra tutti San Nicola. “La preghiera, che è il canto del cuore, giunge alle orecchie di Dio anche se confusa in mezzo alle grida ed ai lamenti di migliaia di voci” (Kahlil Gibran).
Perché questo libretto con il dialetto barese? Gli autori nell’introduzione affermano: “Se in chiesa, ormai da qualche tempo, si prega in italiano, ci piace pensare che ciascuno di noi, nel suo personale e intimo rapporto con Dio, proprio perché la preghiera sgorga dal cuore, possa trovare le giuste espressioni e i toni più autentici per le sue invocazioni al Signore, nella nostra amata ‘lingua barese’”.

 

 

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