AGGIORNAMENTI
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SANTINI E SANTITA'
NOTIZIARIO A.I.C.I.S. N. 5 - 2012
SETTEMBRE - OTTOBRE 2012
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VITA ASSOCIATIVA
11 ottobre 2012: ANNO DELLA FEDE E 50° ANNIVERSARIO DELL’INIZIO DEL CONCILIO VATICANO II
Benedetto XVI, nella sua Lettera Apostolica Porta fidei ha scritto che:
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“Fin dall’inizio del mio ministero
come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce
con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo“.
Alla luce di
questo pensiero, ha indetto un Anno della fede che avrà inizio nella felice coincidenza di due anniversari:
il 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II (1962). L’Anno della fede, anzitutto, intende sostenere la fede
di tanti credenti che nella fatica quotidiana non cessano di affidare con convinzione e coraggio la propria
esistenza al Signore Gesù. Il Papa ha indicato in “Porta fidei” (lettera di indizione dell’Anno della Fede,
11.X.2011) gli obiettivi verso cui indirizzare l’impegno della Chiesa. Ha scritto: “Desideriamo che questo
Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione,
con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede
nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia”.
L’AICIS con la TESSERA 2012 ha voluto sottolineare e celebrare
sia l’ANNO DELLA FEDE che il 50° ann.rio dell’inizio del CONCILIO VATICANO II. |
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VERBALE COMMISSIONE ELETTORALE PER ELEZIONI NUOVI ORGANI SOCIALI AICIS
PER QUINQUENNIO 2012-2016
Dal Verbale della Commissione Elettorale incaricata allo spoglio delle schede di voto (tramite Referendum) pervenute per il
rinnovo delle cariche sociali per il corrente quinquennio 2012-2016:
In data 27 agosto 2012 si è proceduto allo scrutinio delle schede di voto relative al rinnovo delle cariche sociali spedite per
posta dai soci AICIS alla Segreteria entro il 16 luglio 2012.
La Commissione Elettorale, composta dai signori Bernardini Enzo, Fontana Patrizia e Giuliana Casacci, attesta quanto segue:
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Soci iscritti all’ACIS: nr.372; soci minorenni: nr.2; soci aventi diritto al voto: nr.370. Schede pervenute: 219; schede nulle: 4;
schede bianche: 1; schede valide: 214. Dallo spoglio delle schede si è pervenuti ai seguenti risultati:
1 - CONSIGLIO DIRETTIVO: Manfè Renzo, voti 198; Zucco Gianni, voti 156; Alessandroni Maria Gabriella, voti 151; Gualtieri Giancarlo,
voti 142; Mennonna Antonio, voti 140; Perugia Massimiliano, voti 104; Lucioli Reginaldo, voti 74; Macchiaverna Emanuele,
voti 66.
2 - COLLEGIO DEI REVISORI: Faraglia Giuliana, voti 161; Cerini Agostino, voti 128; Belli Enrico, voti 112; Mennonna Antonio,
voti 110; Perugia Massimiliano, voti 108; Macchiaverna Emanuele, voti 66.
3 - COLLEGIO DEI PROBIVIRI: Galanzi Paola, voti 129; Zanot Luigi, voti 117; Cottone Antonino, voti 112; De Santis Roberto, voti
112; Frison Carluccio, n.112; Alessandroni Maria Gabriella, n.101; Gardini Attilio: voti 69; Sangiorgio Agostino, voti 54.
Nel Collegio
dei Probiviri tre candidati hanno riportato il medesimo numero di preferenze. Si è proceduto, quindi, a norma di Regolamento,
ad individuare il soggetto più anziano per iscrizione che risulta essere il socio Cottone Antonino, iscrittosi nel 1997.
Pertanto, gli organismi sociali risultano così composti:
1- CONSIGLIO DIRETTIVO: Manfé Renzo, Zucco Gianni, Alessandroni
Maria Gabriella, Gualtieri Giancarlo, Mennonna Antonio.
2 - COLLEGIO DEI REVISORI: Faraglia Giuliana, Cerini Agostino,
Belli Enrico.
3 - COLLEGIO DEI PROBIVIRI: Galanzi Paola, Zanot Luigi, Cottone Antonino.
Letto, approvato e sottoscritto. La Commissione Elettorale: (firmato) E.Bernardini, P.Fontana, G.Casacci.
4 settembre 2012:
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CONSIGLIO DIRETTIVO: INCARICHI PER VOTAZIONE INTERNA QUINQUENNIO 2012-2016
Nella prima riunione del Consiglio Direttivo formato dai consiglieri votati dai soci AICIS sono presenti
Renzo Manfè, Gianni Zucco, Gualtieri Giancarlo, Mennonna Antonio e Massimiliano Perugia.
Presiede la riunione Renzo Manfé, quale consigliere più votato che, dopo aver letto gli articoli dello
Statuto e del Regolamento attinenti al Consiglio Direttivo e ai compiti di ciascuna carica interna, legge
la lettera della Prof.ssa Maria Gabriella Alessandroni, la quale a causa di seri e recenti motivi familiari
rinuncia al posto di consigliere. Per tale motivo, come da art.12 dello Statuto, entra a far parte del Direttivo
il socio Massimiliano Perugia.
Si passa quindi alle votazioni interne. Sono eletti:
Presidente.
GIANCARLO GUALTIERI; Vice Presidente: RENZO MANFE’; Segretario: MASSIMILIANO PERUGIA;
Tesoriere: GIANNI ZUCCO; Relazioni Pubbliche: ANTONIO MENNONNA.
I presenti unanimemente
propongono e confermano come Presidente Onorario il conte dr. GIAN LODOVICO MASETTI ZANNINI,
che dal 2002 al 2012 ha diretto l’AICIS come Presidente, con la sua esperienza e capacità. A lui
l’augurio di buona salute e attiva partecipazione al nostro lavoro.
L’Assistente Ecclesiastico Padre DAVIDE CARBONARO, OMD
fa parte del Consiglio Direttivo, pur senza diritto di voto.
LIBRO DEI SOCI - VARIAZIONI
1 - FRANCALANCI MARIO - Indirizzo attuale: Via Erbosa 15.
2 - GIANCARLO TORRE - Tematica: “Santi/e, Madonne,Gesù, Servi, Beati, Venerabili e Papi”.
3 - CRISTOFORO Prof.ssa LUCIA - P.za Lazzaro Papi, 1-00179 Roma e-mail: anamosa@libero.it; Tematica: merlettati antichi
con Santi/e e scene sacre. (nuova associata)
4 - BARONE Prof.Antonio - Licodia Eubea (CT) (nuovo associato)
VOTAZIONE DEL RENDICONTO ECONOMICO-FINANZIARIO 2010: APPROVATO DAI SOCI
La commissione indicata dal Consiglio Direttivo il 30.8.2012 ha proceduto allo spoglio delle schede di votazione
del Rendiconto economico-finanziario 2010.
Hanno votato 173 soci; schede bianche nr.1. I voto contrari sono stati
1, i voti favorevoli sono stati 171. Pertanto il Rendiconto 2010 è stato approvato dall’Assemblea dei soci.
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PADRE LUCIO MIGLIACCIO, UOMO DELLA PROVVIDENZA
È trascorso poco
più di un anno dalla
scomparsa di Padre
Lucio Migliaccio, già
XXIX Rettore Generale dell’Ordine dei
Chierici Regolari della Madre di Dio,
avvenuta, quasi per l’elevata simbiosi
mistica e fervente devozione
che alla Madonna lo unì per l’intero
e lungo suo cammino terreno, il 15 di
agosto, giorno dell’Assunzione della
Beata Vergine Maria.
Guida spirituale ed umana di incomparabile
spessore, Padre Lucio è
stato sin dal primo giorno della fondazione
dell’AICIS, avvenuta il 6 luglio
1983, insieme al compianto
comm. Gennaro Angiolino, faro costante
della nostra associazione e
prezioso strumento di carità e di
amore cristiano in aiuto dei dimenticati
e dei più poveri.
Con la collaborazione di alcuni
membri dell’AICIS di Roma (Renzo
Manfè, Gianni Lanchi, Rosa Maria Panisi,
Silvia Lancellotti ed altri soci romani)
per anni fu promotore nel periodo natalizio di una vendita
di beneficienza volta a raccogliere offerte destinate a lenire le
sofferenze e a restituire dignità umana e serenità ad interi e numerosi
nuclei familiari delle aree più disagiate del Cile.
Nel 2001, nell’ambito di un fantastico progetto di alcune decine
di Case-Famiglia, è stato solennemente inaugurato un
nuovo villaggio alla presenza di alte cariche civili e religiose del
luogo a Quinta de Tilcoco (Cile). E, grazie alla risposta entusiasta
e alla generosa e solidale partecipazione dei soci A.I.C.I.S., Padre
Lucio ha realizzato, con immensa sua gioia e commozione, il
sogno di costruire una casa, modesta sì, ma con quel fresco,
buon profumo di pulito che nasce dalle opere buone fatte con il
cuore, per una numerosa famiglia formata da una madre provata
dalla sofferenza e dai sacrifici quotidiani sopportati cristianamente
da sola, senza più un marito al suo fianco, ma sempre
con il dolce sorriso della speranza nella Divina Provvidenza e
per le sue tre piccole bambine rimaste senza padre: la targa al
suo ingresso, il nr.12, reca il nome di “A.I.C.I.S.”.
Ma chi era Padre Lucio Migliaccio?
Nasce a Napoli il 3 agosto 1918 da una distinta famiglia e frequenta
il ginnasio presso l’Istituto Pontano dei Padri Gesuiti. Nel
1933, sull’esempio del fratello, Padre Ugo, entra nell’Ordine dei
Chierici Regolari della Madre di Dio, fondato da S.Giovanni Leonardi.
Dopo alcuni anni passati in Toscana per completare la preparazione
scolastica e il noviziato, viene inviato a Roma per
frequentare la facoltà di filosofia e teologia presso la Pontificia
Università Gregoriana. Il 3 ottobre 1940 emette la professione solenne.
Viene ordinato sacerdote il 12 luglio 1941. In quello stesso
anno è chiamato a Chiusi (Siena), in qualità di segretario del
nuovo vescovo Mons.Carlo Baldini. Con il suo carisma “rivoluziona”
il dormiente mondo giovanile. Organizza l’Azione Cattolica
in tutta la diocesi divenendo poi l’Assistente GIAC e nel 1945 fonda
il primo Reparto Scout dell’ASCI della provincia di Siena. Si adopera
nell’assistenza ai profughi, giungendo con il Vescovo sempre
fra i primi dove c’è il bisogno, per soccorrere i feriti dei bombardamenti.
Organizza con la POA, di cu cui era il direttore diocesano,
i primi rientri dei profughi dalla Toscana. Trasferito a Roma
nel 1946 nella Comunità di S. Maria in Campitelli, nel 1953 è nominato
Assistente e Procuratore Generale dell’Ordine, nello stesso
anno è nominato Commissario
della Congregazione
dei Religiosi.
Nel 1948 con la nascita
dei Comitati Civici ad
opera del Prof. Gedda,
Padre Lucio è scelto
come stretto collaboratore
e Assistente Nazionale.
In soli due mesi,
sono messi in opera
18.000 comitati civici e
preparati 300.000 attivisti. Così, la Democrazia Cristiana vince
quelle elezioni sconfiggendo in buona misura il Fronte Popolare,
guidato da Togliatti e da Nenni. La collaborazione nei Comitati Civici
si protrarrà fino al 1980. Dal 1941 è docente di religione nelle
scuole pubbliche ed insegna al Liceo classico ‘Virgilio’ di Roma
per 22 anni. Nell’agosto del 1968 nel corso del 100° Capitolo Generale
del suo Ordine, viene eletto Rettore Generale, carica che ricoprirà
per due sessenni fino al 1980.
Già nel 1980 è in contatto
con il Comm. G. Angiolino il quale gli sottopone il progetto di fondazione
di una associazione che raccolga gli appassionati di immaginette
sacre. Il 6 luglio 1983 Padre Lucio mette a disposizione
la “Sala Baldini” (sala che prende il nome dal Vescovo di Chiusi,
Mons.Carlo Baldini) e viene fondata l’AICIS. In tale occasione, è
eletto 1° Assistente Ecclesiastico; carica che conserverà fino alla
morte, ad eccezione di un particolare periodo di 18 mesi, durante
il quale è sostituto da Padre Vito Paglialonga, OMD.
17 agosto 2011: l’ultimo saluto
Collegio cardinalizio, durante la messa esequiale celebrata
mercoledì 17 agosto 2011a Roma, nella Chiesa di Santa Maria in
Portico in Campitelli. Al rito funebre ha partecipato il Card.Paolo
Sardi, Patrono del Sovrano militare ordine di Malta, di cui padre
Migliaccio era cappellano.
Con Padre Francesco Petrillo, attuale
Rettore Generale dei Chierici Regolari della Madre di Dio, erano
presenti numerosi sacerdoti di Napoli e di Roma, il Consiglio Direttivo
AICIS e alcuni soci di Roma. “Nelle prime ore della Festa di
Maria Assunta in cielo, il padre Lucio Migliaccio chiudeva i suoi
occhi a questo mondo e li apriva alla luce dell’eternità. Terminava
così una lunga esistenza di ben novantatré anni di vita e di settanta
anni di sacerdozio, vissuto intensamente al servizio della
Chiesa. In realtà egli iniziò il suo sacerdozio nel 1941, in un periodo
tragico della storia dell’umanità e obbedendo alla consegna data
ai cattolici dal Papa Pio XII: “Non lamento ma azione”.
Visse il suo
sacerdozio come servizio alla Chiesa e al mondo, soprattutto ai sofferenti
d’ogni genere. Memorabile è stata pure l’assistenza a molti
ebrei raccolti da lui nella casa del suo Ordine in Piazza Campitelli,
nel cuore di Roma. Terminata la guerra, prestò generosamente la
sua opera per un rinnovamento spirituale dell’Italia, come animatore
dell’Azione Cattolica e dei Comitati Civici e come promotore di
numerose opere di beneficenza. Lo ricordano pure con gratitudine
numerosi alunni del
liceo classico “Virgilio”di Roma.
[…
]. Il Papa Pio XII ebbe
per lui una particolare
predilezione, insieme a
quella che riservò a
tutta quella generazione
di uomini che
contribuirono alla ricostruzione morale e materiale di Roma e dell’Italia
nei difficili anni del dopoguerra. Proverbiale fu poi la devozione
che il padre Lucio Migliaccio manifestò verso i successivi
Sommi Pontefici che venerava con profonda intensità.
L’eucarestia
che celebriamo non è solo una messa di suffragio, secondo la tradizione
della Chiesa, ma è anche una messa di ringraziamento per
il dono che il Signore ha fatto alla sua Chiesa con la vita e le opere
di questo suo sacerdote buono e generoso. L’Ordine della Madre
di Dio poi, che ebbe il padre Lucio come superiore generale per
ben dodici anni, lo ricorda come una guida sicura nel solco della
spiritualità apostolica del Fondatore, san Giovanni Leonardi, che
alla fine del 1500 e all’inizio del 1600, insieme a san Filippo Neri,
si dedicò generosamente al rinnovamento spirituale dell’Urbe.”
In attesa dei festeggiamenti, già in fase di organizzazione con un ricco ed interessante programma di mostre, liete
novità e sorprese, per l’ormai prossimo 30° compleanno della nostra Associazione e della nostra bellissima ed unita
Famiglia A.I.C.I.S. che, in qualità di Socia e Proboviro mi onoro in questo articolo in memoriam di Padre Lucio rappresentare,
invito tutti, soci e simpatizzanti cultori delle belle Immagini devote a raccogliere con umiltà ed
onore l’eredità preziosa del suo esempio di vita condotta nella fede e nella luce del Cristo Risorto e ad invocarne
la protezione e la preghiera per noi tutti e per le nostre famiglie.
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Alla ricerca dello Stabilimento Grafico perduto
LE AGENZIE ECCLESIASTICHE
DI RAVENNA E DI FORLÌ
di Attilio Gardini
Nell’ordinare i propri santini, il filiconico
può imbattersi nelle immaginette distribuite
dalle distinte agenzie
ecclesiastiche ravennate e forlivese.
Nel capoluogo romagnolo bagnato dall’Adriatico, questa
pia organizzazione veniva diretta da don Andrea De Stefani
(Ravenna 1868 – 1947), una figura ancora conosciuta nella
propria città.
Dal 1902 fu rettore della basilica “Sant’Apollinare Nuovo”
e durante la prima guerra mondiale era stato promotore e direttore
della “Casa del Soldato”. Fin dal 1933 svolse il ministero
di cappellano delle Carceri, fino all’ultimo giorno della
sua vita. Medaglia d’argento e di bronzo al valor civile, don
De Stefani fu molto amico dei Salesiani e in più occasioni
aveva espresso il desiderio che la basilica ravennate fosse affidata
alle loro cure (continua)
Vocazione adulta, Corrado Montanari fu scout dell’ASCI forlivese
dal 1923 fino alla soppressione dello scautismo da parte
del regime fascista. Presbitero nella diocesi di Forlì, ebbe il gravoso
compito di costruire una nuova chiesa parrocchiale nella
zona periferica, allora ancora agricola in massima parte. Fu nominato
parroco di “Santa Maria Lauretana”, nota ai cittadini
col nome tipico del sobborgo: Bussecchio. Divenuto Monsignore
si adoperò in tante iniziative pastorali, fra le quali quella di far
conoscere, tramite i santini, la patrona della città: la Madonna
del Fuoco e i santi forlivesi, tra cui San Pellegrino Laziosi (continua).
Le loro cromolitografie fustellate sono di grande qualità,
tanto che vien da pensare che queste agenzie abbiano avuto
solo la responsabilità della distribuzione, mentre la produzione
risiedesse a Milano, con ogni probabilità nello stabilimento artistico
di Achille Bertarelli, che era solito soddisfare gli ordinativi
provenienti da tutta Italia, non rivelando la propria sede
di partenza, anzi a volte, sostituendola con la ragione sociale
del committente.
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PALERMO, 15 luglio 2012
VISITA DEL SINDACO ALLA MOSTRA
OMAGGIO A SANTA ROSALIA NEL 388° FESTINO
L’Avv. LEOLUCA ORLANDO, dal 21 maggio 2012 per la quarta volta a Palazzo delle
Aquile, quale sindaco di Palermo, il 15 luglio 2012 ha visitato la mostra iconografica
su Santa Rosalia nelle sale dei Palazzi Di Napoli e Costantino, siti ai Quattro Canti.
Oltre alle bellissime opere del ‘600 della collezione BILOTTI RUGGI d’ARAGONA,
il novello Sindaco si è soffermato alla esposizione di immaginette sacre costituita dalle
collezioni dei soci
AICIS, FRANCESCA CAMPOGALLIANI C. di Mantova, ANTONINO
COTTONE di Misilmeri, GIANCARLO GUALTIERI di Roma, GIORGIO LOMBARDI di Aulla (MS).
L’esposizione palermitana dedicata a S.Rosalia è stata
un vero successo di pubblico.
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SAN GERARDO: patrono di Muro Lucano (PZ) e della Basilicata
di Chiara Ponte
Ogni anno il 2 settembre Muro Lucano
celebra il suo patrono e cittadino
più illustre: San Gerardo Maiella. Gerardo
era nato in questo pittoresco centro
della Lucania il 6 aprile 1726. La sua
era una famiglia umile, onesta, laboriosa,
ma dotata di molta fede in Dio (il
padre Domenico svolgeva la professione
di sarto mentre la madre Benedetta
Cristina Galella era una
contadina).
Già dall’infanzia Gerardo era attratto
da Dio, spesso in casa e per
strada costruiva altarini e imitava le
funzioni religiose a cui assisteva in
chiesa, non amava i giochi infantili ma istruiva i suoi coetanei
alla dottrina cristiana …. e ben presto si manifestarono in lui i
segni della Grazia Divina.
Percorrendo un sentiero scavato tra le
rocce, conosciuto come via delle Ripe e dei mulini, raggiungeva
il santuario della Madonna Delle Grazie di Capodigiano; qui
Gesù Bambino, sceso dalle braccia della Madonna, si intratteneva
con lui e gli donava un bianco panino, simbolo del pane
eucaristico …
Nel 1734, desideroso di ricevere l’eucarestia, si accostò
all’altare della chiesa di San Marco insieme agli altri fedeli,
ma essendo troppo piccolo, il parroco lo respinse. Il mattino seguente
Gerardo confessò ad una vicina di casa l’accaduto: “Sapete,
ieri il parroco mi ha rifiutato la comunione; questa notte,
invece, me l’ha portata l’Arcangelo San Michele”.
All’età di dodici
anni perse il padre, così per
poter provvedere al sostentamento
della madre e delle tre
sorelle( Brigida, Anna, Elisabetta),
andò a lavorare come
apprendista sarto nella bottega
di mastro Martino Pannuto,
dove subì molti maltrattamenti
dal capo giovane di bottega che
lo percuoteva con una canna di
ferro perché Gerardo spesso si
estraniava in preghiera o arrivava
tardi in bottega dopo aver
dimorato a lungo nelle chiese,
dando l’impressione di avere
poca voglia di lavorare.
Mentre
veniva picchiato, diceva: “vi perdono per l’amore di Gesù Cristo!”.
Nel 1740,dopo aver ricevuto la cresima, seguì il vescovo
Claudio Albini a Lacedonia (Foggia), dove divenne cameriere nel
suo palazzo vescovile. Con l’intercessione di Gesù Bambino, riuscì
a recuperare la chiave dell’episcopio caduta nel pozzo, calando
una statuina; quando tirò la corda nella manina pendeva
la chiave.
Ritornato a Muro quattro anni dopo in seguito alla
morte del vescovo, riprese la professione di sarto aprendo più
volte per conto proprio una sartoria e chiudendola ripetutamente
a causa di problemi economici, divenne così sarto ambulante.
Celebre è rimasta la frase che ripeteva per la ricompensa al suo
lavoro: “ùfate voi”, inoltre riservava solo un terzo del magro guadagno
per la sua famiglia, il resto era destinato ai poveri e alle
anime del purgatorio! Amava immensamente la Madonna;
aveva una profonda devozione per le statue mariane venerate
nelle chiese di Muro: Madonna delle grazie, del Soccorso, della
Neve, del Carmine e soprattutto l’Immacolata della cattedrale,
alla quale infilò al dito un anello esclamando, davanti a una
folla stupefatta, di essersi sposato con una “Gran Dama”. Era un
Mistico sposalizio che segnò per sempre la sua esistenza. Il suo
sogno, infatti, era intraprendere la vita religiosa: bussò più volte
alle porte di vari conventi della zona, ma non venne mai ritenuto
idoneo a prendere i voti essendo troppo gracile e di salute precaria.
Nonostante ciò non si perse d’animo. Nel 1949 giunsero
in paese quattro sacerdoti della Congregazione del Santissimo
Redentore, fondata da Sant’Alfonso Maria de’Liguori pochi anni
prima, per predicare una missione. Gerardo fu immediatamente
attratto dai loro ideali, chiese al superiore padre Cafaro di poter
diventare un Redentorista ma ancora una volta ricevette una risposta
negativa. il giorno della partenza dei missionari la madre
lo rinchiuse in camera ma con un lenzuolo annodato si calò dalla
finestra e raggiunse i missionari. il padre Cafaro, davanti alla
sua insistenza e ostinazione, lo inviò al convento di Deliceto
(Foggia), dove prese i voti nella chiesa della Madonna della Consolazione.
Gerardo, che aveva
quasi 23 anni, prima di fuggire
aveva scritto alla madre un biglietto
:’’Perdonami Mamma, vado
a farmi Santo’’. E così fu…
Furono anni di intenso lavoro e
di apostolato; aveva un intuito infallibile
con cui avvertiva il peccato
e leggeva i segreti delle
coscienze. Correva alla ricerca
delle anime, operò molte conversioni… Fu un grande missionario; nelle prediche trasferiva la foga
del sentimento e l’eloquenza degli
occhi e dei gesti; parlava di mistica
e di teologia senza sforzo, con
naturalezza e con chiarezza, con
parole che illuminavano e persuadevano.
Come scrisse nel Regolamento
di vita, il suo scopo era: “Amare assai Dio, amare tutto
per Dio, fare tutto per Dio, patire assai per Dio, conformarmi in
tutto al suo santo volere”. L’amore al suo Dio richiedeva sempre
nuovi strazi e nuove umiliazioni per riprodurre nella carne la
Passione del Redentore; a tal scopo si flagellava aspramente con
punte di ferro e quando non digiunava, mangiava solo erbe e
radici amare. Da giovane, a Muro, per far divertire l’allegra brigata,
incitava i ragazzi del paese a prendersi gioco di lui; lo bastonavano,
lo gettavano a terra, lo trascinavano sdraiato per le
scale, lo seppellivano quasi completamente nella neve, una volta
lo legarono ad una trave a testa in giù facendogli annusare il
fumo proveniente da stracci che bruciavano sotto di lui … ma
Gerardo era felice; diceva:”dobbiamo soffrire se vogliamo dar
gusto a Gesù Cristo che ha tanto sofferto per noi”. Inoltre aveva
sopportato con umiltà e senza discolparsi le severe punizioni
conseguenti alle accuse mosse da una certa Nerea Caggiano che
lo aveva denunciato ai superiori di avere una relazione amorosa
con Nicoletta Cappucci. Naturalmente era innocente…
Era fondamentale per lui sottomettersi alla Volontà
Divina. Aveva scritto: “molti si preoccupano di fare
molte cose. Seguite il mio esempio: io ho cercato solo di fare la volontà di Dio! Servite Gesù Cristo per amore e obbedite
a lui sempre. Egli vi premierà abbondantemente” e ancora:”
Il Divin Volere vuole che io cammini sott’acqua e sotto
vento …”.
Gerardo, nonostante la salute cagionevole percorse a
piedi, nel corso della sua breve esistenza, tutti i paesi della Val
Sele, parte della Puglia, della Campania e della Basilicata, in
cerca di anime da convertire e di elemosine per il suo convento,
non dimenticando mai i poveri e i bisognosi. Giunse fino a Napoli,
visitò ripetutamente l’ospedale degli Incurabili, entrò nelle
botteghe dove lui stesso modellò con gesso e cartapesta le immagini
di Gesù sofferente. Si conservano ancora oggi dei Crocifissi
e un Ecce Homo da lui realizzati.
La sua fama cresciuta di
giorno in giorno per il suo apostolato e i miracoli che dispensava (anche guarigioni da malattie), raggiunse la vetta dopo aver riportato a riva una barca di pescatori in mezzo alla tempesta,
nel golfo di Napoli: tuffatosi in acqua dopo aver fatto un
segno di croce, la portò in salvo trascinandola con due dita!
Verso la fine di giugno 1754 arrivò al convento di Materdomini
(Caposele, Avellino), ebbe l’incarico di portinaio, compito che gli
permise di dedicarsi totalmente all’assistenza dei poveri durante
il gelido inverno e la carestia del 1755, moltiplicando le provviste.
Il suo profondo amore per Dio lo portava a trascorrere giorni
e giorni in Chiesa a pregare, incurante di fame, freddo, sonno…. una volta a Deliceto rimase tre giorni nascosto in un tino per
pregare più tranquillamente. Un’altra volta invece un prete, entrando
nella sua camera, lo vide in estasi sospeso tre palmi da
terra …
Gerardo spesso si rese protagonista di fenomeni di bilocazione,
cioè fu visto contemporaneamente in due luoghi diversi,
anche molto distanti tra loro ….Una vita intensa la sua, a favore
di tutti i bisognosi.., ma era ormai sfinito e malato, la sua giovane
età era gravata dal peso dei digiuni, delle mortificazioni corporali,
del duro lavoro fisico al quale mai si sottraeva, dalla tisi …
quando tossiva riempiva i fazzoletti di sangue.
La sua salute
peggiorò notevolmente tanto che il 31 agosto 1755 si ritirò definitivamente
a Materdomini. Sulla porta della sua stanza fece
esporre la scritta :”Qui si sta facendo la volontà di Dio, come
vuole Dio e per quanto tempo piace a Dio”.
Gerardo morì la
notte del 16 ottobre
1755, a soli 29 anni,
dopo aver visto la Madonna.
Venne canonizzato
da papa Pio X nel
1904. È il protettore
delle mamme e dei
Bambini, soprattutto
delle partorienti in pericolo, avendo più
volte operato prodigi in
loro favore. In occasione
di una breve visita
ad una famiglia di
Oliveto Citra (SA), dimenticò
il suo fazzoletto.
una ragazza lo
raggiunse per restituirglielo
ma Gerardo le
disse di conservarlo,
perché un giorno le sarebbe
stato utile.
Dopo
qualche anno, il parto
difficoltoso l’aveva portata in fin di vita; si ricordò di fratel Gerardo
e quando tirarono fuori il fazzoletto il miracolo fu immediato:
fu salva lei e anche il suo bambino. La notizia si diffuse
rapidamente valicando i confini cittadini e regionali. Il fazzoletto
del miracolo fu diviso in pezzi sempre più piccoli perché tutti volevano
in casa la preziosa reliquia.
Al santuario di Materdomini,
dove riposano le spoglie mortali del santo, c’è una stanza piena
di fiocchi rosa e azzurri a testimonianza di bambini venuti al
mondo grazie all’intercessione di san Gerardo. A Muro Lucano, i
luoghi visitabili legati al santo sono: la casa natale, la sartoria
,il santuario della Madonna delle grazie (miracolo del panino),
il sentiero delle ripe, le chiese da lui frequentate, una
reliquia (costola) nella chiesa di Sant’Andrea.
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Congregazione delle Cause dei Santi
CHIESA - 2 NUOVI DOTTORI: S. JUAN DE ÁVILA E SANTA ILDEGARDA DI BINGEN
Al termine della Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana, per la Solennità di Pentecoste, il Santo
Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio per recitare il “Regina Caeli” con i fedeli convenuti
in Piazza San Pietro.
Prima del Regina Caeli, il Papa ha annunciato che il 7 ottobre prossimo, all’inizio dell’Assemblea Ordinaria
del Sinodo dei Vescovi, proclamerà Dottori della Chiesa universale San Juan de Avila e santa Ildegarda di
Bingen.
“Questi due grandi testimoni della fede vissero in periodi storici e ambienti culturali assai diversi. Ildegarda
fu monaca benedettina nel cuore del Medioevo tedesco, autentica maestra di teologia e profonda studiosa delle scienze naturali e della musica. Giovanni, sacerdote diocesano negli anni del rinascimento spagnolo,
partecipò al travaglio del rinnovamento culturale e religioso della Chiesa e della compagine sociale
agli albori della modernità”.
“Ma la santità della vita e la profondità della dottrina li rendono perennemente attuali - ha affermato Benedetto
XVI - la grazia dello Spirito Santo, infatti, li proiettò in quell’esperienza di penetrante comprensione
della rivelazione divina e di intelligente dialogo con il mondo che costituiscono l’orizzonte permanente della
vita e dell’azione della Chiesa”.
“Soprattutto alla luce del progetto di una nuova evangelizzazione - ha proseguito il Pontefice - alla quale
sarà dedicata la menzionata Assemblea del Sinodo dei Vescovi, e alla vigilia dell’Anno della Fede, queste
due figure di Santi e Dottori appaiono di rilevante importanza e attualità. Anche ai nostri giorni, attraverso
il loro insegnamento, lo Spirito del Signore risorto continua a far risuonare la sua voce e ad illuminare
il cammino che conduce a quella Verità che sola può renderci liberi e dare senso pieno alla nostra
vita”. (Fonte: VIS del 28.5.2012)
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MOSTRE DI SANTINI
CAMPOMARINO (CB), 10-12 agosto 2012
2a Mostra del Santino, con una sezione dedicata alla “NATIVITÀ”
Il socio EMILIO ANTONIO BELTOTTO allestisce nel periodo estivo la 2a mostra del Santino. Infatti dal
10 al 12 agosto prossimo nella sede della Coldiretti di Campomarino (CB), C.so Skamderbeg 11, Beltotto
esporrà immaginette della propria collezione del periodo Ottovento-Novecento, mentre una sezione dell’esposizione
sarà dedicata alle immaginette della Natività di Gesù. L’orario sarà: 19:20-22:30. L’AICIS ha
concesso il richiesto Patrocinio e l’utilizzo del logo nelle locandine.
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LICODIA EUBEA (CT), 15 luglio -15 agosto 2012 - Mostra di immagini e immaginette
devozionali “MARGHERITA, PERLA PREZIOSA NELLE MANI DEL SIGNORE”
Il 15 Luglio 2012, S. Ecc. Mons.CALOGERO PERI, Vescovo di Caltagirone, nell’ex Monastero S. Benedetto
e S. Chiara ha inaugurato a Licodia Eubea una mostra sul tema: “Margherita, perla preziosa
nelle mani del Signore - L’iconografia di Santa Margherita V.M. d’Antiochia di Pisidia nelle stampe e
nelle immagini devozionali (XVI-XX secoli)”.
Il nostro nuovo associato prof. ANTONIO BARONE ha commentato la bella esposizione come segue: “La mostra ‘Margherita, perla preziosa nelle mani del vuole presentare un ampio e variegato repertorio
iconografico legato all’immagine di S. Margherita d’Antiochia. Repertorio che si snoda lungo un arco
temporale di cinque secoli : dagli inizi del ‘500 sino a tutto il ‘900.
La codificazione della figura di S. Margherita si afferma nell’arte figurativa occidentale tra l’XI e il XII
secolo; codificazione che porta all’identificazione e alla rappresentazione di determinati attributi iconografici
che saranno propri della nostra Santa. La figura e la vita di S. Margherita passarono così ad ispirare
artisti, soprattutto pittori, che, a partire dal Basso Medioevo, hanno
prodotto molteplici opere artistiche in Italia e in tanti paesi dell’Europa. Sulla scia della grande
pittura l’immagine della giovane martire si afferma anche nell’ambito strettamente religioso-devozionale,
nei codici miniati, nei “libri d’Ore”, nei santorali, nei libretti di preghiere, per poi ampliarsi
ulteriormente, col diffondersi della stampa, nelle immagini devozionali e nei santini.
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Il
percorso espositivo si articola lungo tre macro-sezioni : la prima è riservata ai pezzi cronologicamente
più antichi, con due preziosi fogli di incunaboli dei primi anni del ‘500, alcune incisioni del ‘600 e un foglio di santorale del ‘700 con la “leggenda” di S. Margherita; la seconda sezione presenta
una ricca varietà di santini (da metà ‘800 al ‘900) realizzati con diverse tecniche incisorie;
infine la terza sezione propone delle cromolitografie e delle cartoline d’epoca che testimoniano
come il riscontro iconografico si sia mantenuto nel tempo. Uno spazio espositivo, chiamato “Miscellanea”,
raccoglie oggetti di vario genere (reliquiari, icone, libri, prodotti filatelici, medagliette
votive, ecc.) sempre legati al culto di S. Margherita.
I vari ambiti espositivi sono accompagnati da
pannelli esplicativi che illustrano al visitatore l’affermarsi della figura di S. Margherita nell’immaginario cristiano attraverso le ‘leggende’
agiografiche a lei dedicate, e le diverse tecniche incisorie con le quali sono stati realizzati i pezzi esposti”. |
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MONTEDORO (CL), 3-9 agosto 2012 e MILENA (CL) 10-14 agosto 2012
“Mostra di Santini d’Epoca”
Si è inaugurata venerdi 3 Agosto 2012 a Montedoro una mostra di santini d’epoca nel Centro Incontro Balatazza
in Piazza Europa; dopo il taglio del nastro da parte di Don Amedeo Duminuco è bastato fare pochi
passi per immeggersi in un passato lungo 300 anni con santini a partire dal 1700.
La mostra nasce come tributo
a San Giuseppe in occasione della festa patronale che si svolge ogni prima Domenica di agosto richiamando
in sede tutti gli emigrati sparsi da tutto il mondo.
La collezione appartiene ad un unico espositore, SALVATORE CARLOTTA, residente a Roma, che ogni anno
ritorna in occasione della festa patronale e che quest’anno ha portato con sè la sua collezione di immaginette
preziose.
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PERNUMIA (PD), 30 agosto - 8 settembre 2012
Mostra di Santini e altre immagini: “LAVORATORI E DEVOTI”
Il socio DAVID AJÒ e la sig.a MIRIAM MANDIROLA hanno allestito a Pernumia (Padova) dal 30
agosto e continuerà fino all’8 settembre 2012 una mostra di immaginette sacre ed anche altre immagini
sul tema: “Lavoratori e Devoti”. La mostra che è stata inaugurata il 30 agosto alle ore 19 rimarrà
aperta al pubblico tutti i giorni con il seguente orario: feriale: 19-23 e festivo 9-12 e 17-23.
I visitatori potranno ammirare circa 200 oggetti esposti, dal 1870 ad oggi, corredati da informazioni
che riguardano non solo l’immagine in sé ma anche il suo contesto culturale e sociale.
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ALFONSINE (RA), 7-9 settembre 2012
Mostra di Santini e altre immagini:
“MARIA MADRE DI DIO, SPERANZA NOSTRA - L’ORNAMENTO DELL’ANIMA”
Il socio FILIPPO BRICCOLI di Ravenna, nell’ambito di una Mostra filatelica del Circolo Filatelico
Vincenzo Monti, Alfonsine (Ra) esporrà dal 7al 9 settembre 60 immaginette originali
raggruppate in sottotitoli, dal titolo “Maria Madre di Dio, Speranza nostra – L’ornamento
dell’anima”, ed è affiancata da una sezioni di 100 riproduzioni di originali complete di
schede tratte dal libro “L’ornamento dell’anima, un percorso tra immagini e oggetti della devozione”.
Le immagini
coprono un periodo che va dal secolo XVIII agli inizi del secolo XX. La Mostra verrà allestita all’interno
della Chiesa parrocchiale di Santa Maria, Corso della Repubblica, Alfonsine (RA) dalle ore 7,00 alle ore 22,00.
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Oltre il santino tematico di Santa Maria Lauretana nella visione di San Francesco d’Assisi - Immagine devozionale
su pergamena colorata a mano - Produzione fiamminga, Anversa, fine sec.XVII/inizi sec.XVIII di
cm.9,4 x 6,6, riportiamo qui a fianco il libro “L’ORNAMENTO DELL’ANIMA - Un percorso tra immagini e oggetti
della devozione - La Collezione di Filippo Briccoli” con schede scritte da Filippo Briccoli, con la collaborazione
della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna, edito da Danilo Montanari Editore, Ravenna - uscito
recentemente sul mercato. Il libro di 120 pagine a colori contiene circa 200 santini e materiale esposto nel
novembre 2010 in una mostra presso le vetrine del Private Banking della Cassa di Risparmio di Ravenna. Il
libro è presentato dal Cardinale ACHILLE SILVESTRINI ed è introdotto dalla Prof.ssa ELISABETTA GULLI GRIGIONI:
“L’ornamento dell’anima” è un libro di immediato e coinvolgente impatto visivo per la bellezza, la
raffinatezza e la rarità dei contenuti iconografici. Ma poiché non sempre si tratta di immagini a noi familiari,
sarà necessario affidarsi alle ricche schede esplicative dell’autore/collezionista per entrare nella dimensione
di spiritualità di cui esse sono espressione”. Devo aggiungere che è un’opera interessante per il collezionista
esperto, ma anche per l’amatore delle immagini devote ancora alle prime armi. Tutti troveranno “input” interessanti ed utili per una
crescita personale e professionale in questo settore amatoriale. (R.M.) |
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ROSETO DEGLI ABRUZZI (TE), 12-21 settembre 2012
XXII Mostra AICIS di Santini: “SAN GIUSEPPE, PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE E DEI LAVORATORI”
Il 12 settembre verrà inaugurata alle ore 15,30 a Roseto degli Abruzzi (TE) la XXII edizione della Mostra di santini sul tema “San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale e dei lavoratori”.
Con qualche variante, è una riproposizione dell’esposizione 2011 che molti visitatori hanno richiesto
con insistenza. La Mostra verrà allestita nella Villa Comunale della città in Via Nazionale Adriatica 250
e rimarrà aperta al pubblico fino al 21 settembre 2012. Grazie all’organizzazione dell’Assessorato alla
Cultura del Comune, del Circolo Filatelico Rosetano e dell’AICIS, continua quindi la bella tradizione dell’allestimento
della mostra di santini nell’accogliente Roseto degli Abruzzi.
La mostra 2012 in argomentoè frutto dell’idea, preparazione e realizzazione del Presidente AICIS, GIANCARLO GUALTIERI, che presenta
un a serie di immaginette facendo la storia dei “santini” attraverso l’iconografia di S. Giuseppe ed abbracciando
un arco di tempo che va dal XVI al XX secolo.
La prima parte riguarda la storia delle principali
tecniche di stampa: la xilografia, la calcografia, la litografia, le varie tipologie di santini.
La seconda parte riguarda i momenti più salienti della vita di San Giuseppe raffigurati nei santini:
“Padre putativo” di Nostro Signore Gesù Cristo; il “Natale”, l’“Adorazione dei pastori”, l’“Adorazione
dei Magi”; la “Sacra Famiglia”; i “Sette dolori ed allegrezze”; “Patrono della Chiesa Cattolica”; “Patrono
dei lavoratori”; “Patrono degli emigranti; “Patrono della buona morte”; S. Giuseppe nei cosiddetti “santini-
luttini”; S. Giuseppe nelle ricevute delle “Confraternite”; S. Giuseppe nei “santini-curiosità”.
Oltre ringraziare Giancarlo Gualtieri per il bellissimo allestimento, il Consiglio Direttivo ringrazia il Comune di Roseto nella persona
del Dr.Mario Giunco ed Emidio d’Ilario, perché si sono attivati affinché questa 2a edizione di mostra di santini divenisse
ancora una volta una concreta realtà.
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ROMA, 7 DICEMBRE-2012-6 GENNAIO 2013 - A.I.C.I.S. 30° ANNIVERSARIO
Mostra di Santini: “PUER NATUS EST - IL NATALE NELLE IMMAGINI DEVOZIONALI
DAL XVII AL XX SECOLO” (NORME PER PARTECIPARE).
Inaugureremo il 7 dicembre p.v. le manifestazioni per il XXX Anniversario dell’A.I.C.S. con una prestigiosa mostra
sociale di 30 giorni espositivi di immaginette sacre a tema natalizio al centro di Roma, a pochi metri dal Pantheon.
I soci che desiderano partecipare con immaginette originali dal 1600 al 1900 della propria collezione
sono invitati a trasmettere il proprio materiale al Vice Presidente RENZO MANFE’ - Via Merulana 137 - 00137
Roma (Tel.328-69.110.49) entro e non oltre il 19 ottobre p.v. (per via assicurata o raccomandata). L’esposizione
sarà allestita nella prestigiosa Sala “S.Caterina da Siena” cui si accede da un magnifico Chiostro restaurato
da pochi giorni, del Convento di Santa Maria Sopra Minerva, a Piazza della Minerva 42.
L’inaugurazione
sarà alle ore 18.00 del 7 dicembre 2012. Le visite del pubblico saranno dal giorno 8 dicembre
2012 al 6 gennaio 2013, tutti i giorni, con orario 9-12.30 e 16-19, festivi compresi.
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SAN GIACOMO MAGGIORE, APOSTOLO E MARTIRE
Protettore dell’aurea città di Capizzi (ME)
di Francesco SARRA MINICHELLO
Giacomo fece parte della ristretta cerchia
degli apostoli preferiti da Gesù: in
occasione della resurrezione della figlia
di Giàiro il Signore “non permise a nessuno
di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo
e Giovanni, fratello di Giacomo“
(Mc 5,37). Solo a questi tre Apostoli fu
concesso di assistere alla Trasfigurazione.
Inoltre, arrivato al Getsemani, ai
piedi del Monte degli Ulivi, Gesù chiese
ai discepoli di sedersi mentre lui pregava.
Poi “prese con sé Pietro, Giovanni
e Giacomo e cominciò a sentire paura e
angoscia.
Gesù disse loro: “La mia animaè triste fino alla morte. Restate qui e vegliate“
(Mc 14,33). Giacomo, insomma,
venne scelto come testimone diretto di
eventi fondamentali della vita del Maestro.
Il “figlio del tuono“ fu un tipo curioso,
qualche volta persino impudente.
Come quando assieme al fratello, camminando
verso Gerico, chiese a Gesù:
“Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia
quello che ti chiederemo“. E poi: “Concedici
di sedere nella tua Gloria uno alla
tua destra e uno alla tua sinistra“ (Mc
10,37).
Per onor di cronaca, secondo
Matteo, fu invece la madre a chiederlo
per loro. Incalzarono Gesù anche sul
Monte degli Ulivi: assieme a Pietro e Andrea,
presero in disparte Gesù e gli chiesero
quando sarebbe avvenuta la fine del
tempo che aveva appena annunciato.
Anche forse per il suo temperamento
Giacomo sarà il primo degli apostoli a
cadere sotto il martirio. A volere la sua
morte fu Erode Agrippa I, chiamato “re”
di Giudea per distinguerlo dallo zio, il tetrarca
Erode Antipa.
Appena giunto in
Palestina, Erode Agrippa I si propose di
soffocare i gruppi della comunità ebraica
che annunciavano la morte del Figlio di
Dio e cercò di mettere in galera e uccidere
i loro capi. Fu il primo Apostolo a
morire. Erode Agrippa infatti fa uccidere
di spada Giacomo nel 42/44.
Fu detto anche “il Maggiore”, per distinguerlo
dall’apostolo Giacomo ‘il Minore’.
Di professione pescatore, come
tanti se ne incontravano in Galilea, era
figlio di Zebedeo, originario di Bétsaida,
sulle rive del lago di Tiberiade, e di
Maria Salomè, una delle donne che
diede sepoltura al Salvatore, nonché fratello
di Giovanni l’Evangelista, discepolo
prediletto da Gesù. Di carattere pronto,
impetuoso, appassionato ed impulsivo
venne soprannominato da Gesù, insieme
a Giovanni suo fratello, “Boanerghes”
(figli del tuono).
Secondo il Breviarium
Romanum, la salma dell’apostolo venne
traslata in Spagna il 25 luglio dello
stesso anno e nascosta in Galizia. Ma la
vicenda dei resti mortali dell’ Apostolo
divenne a dir poco leggendaria e circondata
da un alone di mistero.
Giacomo rimase in Spagna e tornò a
Gerusalemme al tempo stabilito, dove
subì il martirio. I suoi discepoli Teodosio
e Anastasio, ne disseppellirono la salma
e giunti al mare scorsero un’imbarcazione
che li condusse fino al porto romano
di Iria Flavia, in Galizia. Lì giunti
deposero le spoglie del Santo su di una
pietra che si fuse formando un sarcofago
intorno al suo corpo. Questo fu posto
nella città ove regnava la regina Lupa, in
una cappella dove trovarono sepoltura
anche i due discepoli Teodosio e Anastasio.
È venerato soprattutto in Spagna a
Compostela, dove è sepolto e dove sorge
la celebre basilica a lui dedicata meta
del celebre pellegrinaggio. Agli Apostoli
venne assegnato un luogo diverso del
mondo per predicarvi il Vangelo: Giacomo
andò in Spagna, ma la sua predicazione
ebbe scarso effetto. Quando
ormai pensava di tornare a Gerusalemme,
gli apparve su di un pilasto la
Vergine, che lo esortò a riprendere questa
missione e a edificarle una Chiesa
della Madonna del Pilar.
La riscoperta
avvenne tra l’ 812 e l’814: l’eremita e pastore
Pelayo comincia a vedere notte
dopo notte, sul monte Libradon, che una
luce o una stella, comparivano sul tumulo
di quello che era stato un antico cimitero
romano (da ciò sembra che derivi
il nome di compostela, campus stellae).
L’eremita avvertì il vescovo di Ira Flavia,
Teodomiro, di questo suggestivo evento.
Rinvenuto un sacello marmoreo con tre
scheletri, Teodomiro, vi riconobbe le reliquie
di San Giacomo e dei suoi due Discepoli.
Proprio a Capizzi nel cuore della Sicilia,
all’interno del parco dei Nebrodi, San
Giacomo ha scelto di essere venerato.
Non è stato Capizzi ad adottare il suo
Santo quanto invece l’Apostolo a scegliere
Capizzi.
Il Santuario di San Giacomo il Maggiore
di Capizzi è la chiesa Jacobea più
antica della Sicilia. Fu edificata dai Normanni,
e ingrandita e ornata di stucchi
nel periodo Aragonese. All’interno della
chiesa si possono ammirare pregevoli affreschi
di Giuseppe Crestadoro della
scuola di Vito D’Anna raffiguranti alcuni
azioni del Santo.
Il Santo Apostolo è il protettore della
città: seduto con la mano benedicente, si
trova collocato nell’altare principale in una
vara o fercolo in foglia d’oro zecchino. Ai
lati due angeli che reggono uno la palma
e corona del martirio e l’altro il bordone
con la conchiglia e borraccia. La festa che
si svolge in suo onore richiama numerosi
devoti, fedeli e pellegrini sparsi per tutta
l’isola. Nel medioevo era una delle mete
del pellegrinaggio Jacobeo in Sicilia: il
Santuario infatti possiede la Reliquia
documentata più antica dell’Isola,
consistente in una giuntura
di un dito del Santo.
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8 settembre: Natività B.V. Maria
Analisi iconografico-teologica dell’immagine
della Natività della B. V. Maria, XVII secolo
di Massimiliano CENZATO
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Questa immagine devozionale su stampa acquerellata del
XVII secolo riproduce l’episodio della Natività della Beata Vergine
Maria, come si evince dalla scritta in basso NATIVITAS TUA
VIRGO M(a)R(i)A GAUDIUM UNIVERSO MUNDO (est): la tua nascita,
vergine Maria, è gioia per tutto l’universo.
Ad una indagine più accurata, questa immaginetta racchiude
riferimenti e significati tutt’altro che banali circa le verità
dogmatiche riguardanti la Madre del Figlio di Dio e non solo.
La composizione è costruita sostanzialmente su due triangoli
che formano una sorta di clessidra: quello superiore è costituito
dalle Persone della S. Trinità (Figlio, Padre e la colomba rappresentante
Spirito), mentre quello sottostante ha per vertici gli attori
umani della vicenda narrata (Anna, Maria in fasce e
Gioacchino); questa struttura compositiva crea una sorta di “X”
che fa convergere gli occhi verso il centro dove è posta Maria
bambina, protagonista dell’evento illustrato; le due figure geometriche
si sfiorano solamente nei vertici rappresentati dalla colomba
e da Maria, questa vicinanza sembra alludere a un
episodio che avverrà molti anni dopo e che è documentato nei
Vangeli di Matteo e Luca, il concepimento di Gesù da parte di
Maria ad opera dello Spirito Santo, l’Annunciazione del Signore.
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Le azioni dei personaggi sono altrettanto importanti: il Padre
e il Figlio, con le mani aperte e reciprocamente protese, sembrano
donarsi l’un l’altro lo Spirito che, al centro, “procede dal
Padre e dal Figlio”; Anna e Gioacchino protendono la figlia verso
l’alto quasi come a presentarla a Dio come si faceva allora al
Tempio, episodio di cui si fa ancora oggi memoria; Maria sorride
quasi potesse, appena nata, avere coscienza di sé e volersi già
donare totalmente a Dio.
L’analisi cromatica permette
di distinguere perfettamente lo
spazio riservato al divino, il
cielo, colorato di celeste e giallo
dallo spazio terreno dominato
dal verde e dal marrone rossastro,
una nube bianca che si
estende orizzontalmente per
tutta l’immagine segna il confine
tra i due mondi ed è lì che
si trova Maria, vestita di rosso
ma avvolta in una coperta verde
come a dire che è ancora celata
al mondo ma pronta, in potenza,
ad essere la “serva del Signore”.
È utile porre l’attenzione anche ai simboli: la culla, a forma
di conchiglia aperta, simbolo di verginità e risurrezione, ricorda
un fonte battesimale segno che la vergine è già stata sottratta
dal peccato originale ed è per ciò “piena di grazia” e immune
da ogni macchia di peccato come la Chiesa ne fa memoria nella
solennità dell’Immacolata Concezione; un altro simbolo rilevante è la posizione di Maria, la quale risulta ben sollevata da terra e
sopra i suoi stessi genitori, a metà tra la terra e il cielo, questa
posizione può essere prefigurazione della sua assunzione alla
gloria celeste in anima e corpo come si ricorda nella solennità
dell’Assunzione, tanto più che nella simbologia patristica la “dormitio Virginis” (il momento della fine terrena di Maria) è
rappresentata da Gesù risorto che porta in cielo la madre sotto
le spoglie di una bambina in fasce.
LECCE ED I SUOI SANTI
PROTETTORI NEL TEMPO
di Carlo Vicenzo GRECO
SANT’ORONZO - Secondo la leggenda, Oronzo, santo protettore dei
leccesi, era un nobile del paese, filosofo e seguace di Pitagora.
Un giorno, andando a caccia lungo il mare Adriatico, incontrò un forestiero
e da buon meridionale curioso gli domandò da dove venisse, chi fosse e dove andasse.
Costui rispose che si chiamava Giusto, veniva da Corinto, era discepolo di San Paolo e si recava
a Roma per motivi religiosi. Da quel giorno Oronzo, il nipote Fortunato e Giusto stettero
insieme tanto quanto fu sufficiente al discepolo di San Paolo per convertire i due nobili al cristianesimo;
dopo di ciò Giusto partì per Roma.
Al suo ritorno trovò Oronzo e fortunato che, non solo avevano convertito tutti i leccesi (anno
43), ma avevano convertito anche l’intera guarnigione romana. San Paolo, in seguito, nominò
Oronzo primo vescovo del Salento anche se gli storici riferiscono che Lupiae ebbe la sua prima
sede vescovile nel IV secolo.
Il 26 agosto del 68, all’età di 46 anni, Nerone lo rese martire e santo per averlo fatto
decapitare assieme a Giusto a circa due miglia fuori dalla città (sulla strada per Torre
Chianca lungo la quale vi è un Santuario detto Ronzu”). Fortunato, invece, fu decapitato
il 27 aprile dell’anno 77.
Primo vescovo o meno, comunque, Oronzo assieme a Giusto
suo maestro e Fortunato suo nipote, rappresentano i pilastri sui
quali si è costruita, nel Salento, la salda fede di Cristo.
I loro primi proseliti della nuova religione cristiana furono:
EMILIANA, sorella di Oronzo e madre di Fortunato e la matrona
PETRONILLA, mentre la città venne suddivisa in tre zone:
la prima, sotto il palazzo della nobildonna Petronilla, fu assegnata
alle cure di di Oronzo. La seconda, presso la Porta del
Nord, detta poi di San Giusto. La terza zona, sotto la casa di Emiliana,
vicino la Porta di San Biagio, fu affidata a FORTUNATO.
Il culto verso i tre santi, dunque, è molto antico e nel tempo
si è rafforzato sempre di più non solo in città, ma in tutto il Salento,
tanto che Sant’Oronzo è il protettore della “Pia salentina”;
devozione diffusa in modo imponente anche per l’uso
dell’olio che arde incessantemente nell’artistica lampada esistente
nella cattedrale, nel posto vicino al pregevole altare di
sant’Oronzo e degli altri protettori principali: Fortunato, Giusto,
Emiliana e Petronilla; queste due ultime compatrone
della città per essere state tra le
prime proseliti del Cristianesimo.
SANT’ILARIONE - Un temporaneo
protettore della città di Lecce fu Sant’ILARIONE,
discepolo di Sant’Antonio
Abate quando, secondo la tradizione,
ma forse leggenda, a Lecce, il rito latino
venne intervallato dal rito greco.
In seguito, con la ripresa del rito latino
e con il governo diretto della diocesi
leccese e non più otrantina, fu attuato
il patronato di Santa IRENE vergine e
martire.
SANTA IRENE - Questa nobile santa fu diretta discendente
dei re di Tracia; ancora giovanetta fu educata alla religione cristiana
e ben presto si fece battezzare. Ella rifiutò di prendere
marito e non nascose la sua nuova fede (era l’anno 304). Dopo
un regolare processo, data la nobiltà della sua nascita, fu condannata
al rogo. Santa Irene, dopo il suo martirio, fu eletta patrona
di Lecce, ove venne conosciuta grazie alla chiesa di rito
greco. Tutt’ora la santa viene festeggiata
il 13 di agosto, mentre la
chiesa romana la solennizza il
giorno 5 aprile. Precisamente, Irene,
fu eletta protettrice della città di
Lecce tra il 1100 ed il 1200, e si dice
che da lei la città abbia preso il
primo stemma civico (una torre coronata).
Nel museo “Castromediano”
a Lecce si conserva l’effige della
Santa che in segno di protezione
stende la mano sulla torre, simbolo
della città.
Verso la metà del 600, fu posta in
dubbio la santità di Oronzo del
imbastì un processo per raccogliere testimonianze circa i miracoli
operati dal santo e per indurre la Santa Sede a sanzionare
l’elezione dello stesso a protettore della città.
La popolarità del vescovo Pappacoda giunge sino a noi in
una espressione che si suole raccogliere in più di un paese della
provincia; espressione nella quale si coglie una nota di rimpianto
per il passato: “A manu a Pappacoda”. (Almanacco salentino
1968/69).
SAN DOMENICO DI GUZMAN - Nel
frattempo, nel 1641, lo stesso vescovo
Luigi Pappacoda consacrò la città a San
DOMENICO DI GUZMAN, nato il 24 giugno
del 1170 in Calaruega nella vecchia
Castiglia. Egli, contemporaneo di
San Francesco d’Assisi, istituì la prece
del Rosario e quando vennero soppressi
gli Ordini religiosi, la Confraternita dei
Domenicani trovò sistemazione nella
Chiesa del Rosario.
SAN BERNARDINO REALINO -
Altro patrono dei Leccesi fu San Bernardino
Realino, nato a Carpi nel 1521,
morto a Lecce nel luglio 1616 e canonizzato nel 1949. Lecce lo
accolse assieme ai padri Gesuiti nel 1574, in seguito lo salutò
taumaturgo e grande protettore della città. Bernardino fu amico
dei giovani, lo specchio del clero, il fratello del popolo, il padre
di coloro che piangono, che soffrono e
che patiscono oppressione e ingiustizia.
Nelle cronache del tempo si legge: “Il Municipio di Lecce, adunatosi in
consiglio lo elesse, ancora vivente,
protettore della città”, morì circonfuso
dell’aureola della santità il 2 luglio del
1616.
Intanto nel 1656, giunse a Lecce la
peste e il colera e le vie della città iniziarono
ad essere cosparse di cadaveri.
Gli scampati popolavano le
chiese scapigliati, piangenti, imploranti misericordia. Fu allora
che un prete, certo Schina, scappato da Calabria, rinfocolò gli
animi suggerendo di ricorrere alla protezione di Sant’Oronzo che
nel frattempo era stato dimenticato, e per le strade si recitava:
“Iddhu (lu colera) è fessa/ ca le porte nui te Lecce l’ìmu
chiuse/ e macari tozza forte,/ tocca resta nfrezzulatu/ nu
lu passa lu steccatu,/ nu la pigghia la cuccagna;/ Santu
Ronzu lu stampagna”. (Traduzione: “Lui, il colera è fesso/ che
le porte noi di Lecce le abbiamo chiuse/ e macari bussa forte/
deve restare al freddo,/ non lo supera lo sbarramento,/ non la
prende la cuccagna;/ Sant’Oronzo lo sbatacchia”).
Lo Schina, quindi, fece intendere che i corpi di Oronzo, Giusto,
Fortunato, Petronilla ed Emiiana si trovassero sepolti sotto la cattedrale
ed un’onda di fanatismo invase la città tutta intera e i
terribili morbi scomparvero da Lecce e tutta la cittadinanza esultò
per lo scampato pericolo e tra feste, luminarie e fuochi d’artificio,
fu magnificato il ritorno alla devozione
di Sant’Oronzo.
In seguito, la Santa Sede,
compenetrata più dalla fede dei
leccesi che dalla validità delle
prove, sanzionò, il 16 luglio 1658
l’elezione a protettori della città
i tre martiri e la relativa festa di
precetto.
SAN GAETANO
THIENE -
In conseguenza di ciò,
tutti gli altri compatroni, tra cui:
San Gaetano Thiene e la
VERGINE Ss.ADDOLORATA
(24 settembre
1852), passarono in
seconda linea.
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COME I PICCOLI GIOVANNI E GESÙ
SI CONTENDONO LA CROCE
La testimonianza di una scrittrice mistica
di Maria Teresa BISE CASELLA
Non è in questa sede che occorre illustrare la figura della
Ven.Giovanna Maria della Croce Floriani (1603-1673), roveretana
di grande ingegno, clarissa, mistica e scrittrice, i cui
autografi non sono ancora tutti editi (lo sono la Vita e alcuni
degli undici libri delle Rivelazioni). Qui mi piace solo riprodurre
alcune delle pagine in cui mi sono imbattuta recentemente
trascrivendole dal quinto libro, pagine che porteranno
il lettore a conoscere la serva di Dio (così lei stessa si chiama)
e a riconoscerle il titolo di mistica, cioè di anima totalmente
abbandonata a Dio e in lui trasformata, tanto da colloquiare
con lui alla pari, con affetto, sì, ma cosciente della propria indegnità.
Conoscerà anche, il lettore, la sua abilità nel riferire i
fatti che potrebbero essere di vita quotidiana.
Il 10 dicembre 1645, la seconda domenica di avvento, Cristo
parlò a Giovanna “in Dio somersa e alagata” di Giovanni Battista
che allora era in prigione come si leggeva nel vangelo del
giorno, ne esaltò la persona chiamandolo “più che profeta” e
suo “angelo” e giustificò questi titoli da lui conferitigli. Così le
ricordò l’incontro tra sua
madre, Maria, e la cugina
Elisabetta, e come
lui, in quel momento nel
seno di sua madre,
aveva comunicato con
Giovanni pure nel seno
materno, e come questi
sentì la sua presenza ed
esultò, e come lui, Cristo,
lo amò subito profondamente,
e come con lui“tratava altissimi misteri
così del cielo come della
redenzione”, e come da
allora lo rese più santo
degli apostoli e dei santi
assegnandogli due nuovi titoli, quello di arcangelo
in quanto a “messo di Dio” e quello di serafino in
quanto a “infocato dela divina carità”, e, infine, come Giovanni
si legò a lui da potenti vincoli che poi, materialmente, in carcere,
lo legarono.
E Cristo concluse il suo ricordo denominando
Giovanni “un Dio in carne” da cui mai aveva avuto “un minimo
disgusto”. Una lunga e densa conversazione questa che comprende
ben sette pagine del libro quinto della serva di Dio.
Dopo di che Cristo le offrì un excursus con cui volle “ralegrare
lo spirito” della “sua sposa” narrandole “un caso che tra noi
(lui e Giovanni) ocorse che di ciò ne fece festa la mia santissima
madre, e la madre insieme con il padre di Giovanni e il mio
padre putativo Gioseppe ne presero gran festa”. Leggiamolo
rispettando fedelmente la registrazione che
ne fece Giovanna Maria della Croce.
“Sapi dunque come nel
partirsi che fece la mia purissima
madre da Elisabeta
alora che la visitò e Giovani
restò santificato, lei invitò
gli santi genitori di Giovani
a veder il suo Dio nato ed
essi con gran giubilo ricevettero
l’invito. Or nato che
fu il Filiol di Dio, dopo che
la sua santissima madre
l’ebe tenuto per alcuni
giorni nela mangiatoia, mi
fece poi fare la cula dal suo
sposo Gioseppe, ma prima
di quela mi (lì?) fece far
una croce grande come il
mio corpiciolo e quando mi poneva nela cula mi poneva apreso
quela croce e io vicino a quela mi coricava, tanto che sopra di
quela prendeva riposo; quando poi mi levava nel suo grembo
mi dava nele mani la croce e io con quela faceva tuti gli miei
trastuli e lei in quel mentre contemplava la mia pasione, bagniandola
sovente di lacrime, aricordandosi di quele volie ardenti
che dela croce aveva mentre mi teneva rinchiuso nele sue
visere purissime. Or quando venero gli santi genitori di Giovani,
Zacaria e Elisabet, portorno seco ancora il fanciulino Giovani:
era poco avanti la fuga del’Egito quando venero, e la mia santissima
madre gustava quando veniva alcuno a visitarmi farmeli
veder così nudarelo, overo coperto se non con un sutil velo,
perché vedesero la mirabil composizione del mio corpi cielo e
la sua mirabil beleza e, di più, per farle vedere gli gesti miei
amirabili come di caminare, di manegear le mani, ma in particolare
gli amirandi gesti che io faceva con la mia cara croce.
Ora gionti gli genitori fi Giovani e adoratomi con grande sentimento
e gaudio, il bambino Giovani fece il medemo in adorarmi
profondissimamente. Dopo l’adorazione, la mia madre li
fece sedere e mi prese nel grembo così nudarelo e mi diede la
croce. Quando Giovani vide la croce non fu più posibile che la
madre in brazo lo potese tenere, ma strideva, si storzeva e lacrimava
a tale che la madre fu forzata portarlo apreso la croce.
Alora Giovani mi pregò in spirto le dase la mia croce, cioè le
facesi grazia di morir in quela; e ciò lo negai; ma Giovani, pur
desiderando eser in tuto simile a me, si atacò alla croce e tirava
a tuta forza per levarla dale mie mani e io ancora prendeva
con ambe le mani la croce e Giovani si pose a stridere e piangere
e io alora diedi unos forzo con la mia omini potenza alla
croce e la tirai di mani al picolo bambino Giovani e poi, come
io fosi adirato, le diedi la croce in su la testa, dinotandole alora
che non la croce gl’era asegnata dal divin volere, ma il capo
quale per la verità le doveva eser troncato; e in quel toco dela
croce le manifestai con visione inteletuale di qual morte doveva
morire. Le feci, di più, noto comemi contentava che lui portase
la mia croce per insegnia, ponendo intorno di quela il nome
suo, perché nela eterna gloria voleva darle la gloria ancora dela
mia croce, cioè deli stimatizati, come di sant Francesco e di
queli che dopo me sono morti in croce, aciò non fose quasi
grado nel cielo che lui non posedese; e per questo si dipingie
Giovani con la croce e l’agnelino da canto quale atendeva
quela. Di più, io non volsi per due cagioni che Giovani morise
in croce: la prima perché era fato un così vivo immitator mio
che al vivo rapresentava la mia persona che quasi faceva abaliar
la vista umana se lui era Dio; mi contentai tuto si asimiliase
a me, ma non già nel morir in croce; e la cagione di questo era
per eser quela infame prima che fose dicorata dal sangue mio;
ed era maledeto quelo che pendeva nel legnio; e però (perciò)
non volsi che Giovani prendesse quele maledizioni, avendo lui
prima di tuti per boca dela madre sua benedeto me quando
alla madre sua fece esclamare: ‘Benedicta tu inter mulieres et
benedictus fructus ventris tui’, non era il dovere che poi lasiasi
lui asender il legnio di maledizione; e però (perciò) disi al mio
Giovani: no, no, a te conviene dar il capo per mio amore e a
Pietro e Andrea e altri nela croce, perché quela sarà decorata
e fata bela da quel fior del campo e da quel fruto dele verginali
visere (da Cristo); ma sii certo, seguirai l’agnelo, porterai corona
di apostolo, di martire, di profeta, di confesore, di dotore, predicatore,
eremita, contemplativo e, di più, goderai la gloria dela
mia pasione con queli che sono morti in croce e stimati santi,
perché il tuo ardente desiderio non deve andare senza il suo
premio. Oh anima sposa mia, quanta, quanta gloria gode il tuo
protetore e di angelo o di serafino ancora, poiché l’amor suo
ha pasato quelo di ogni altra creatura ecetuando la mia genitrice.
Or pensa se la sua
gloria deve eser incomprensibile,
perché alla misura
del’amore si dà la
gloria e avendomi lui
amato più di ogni altra
creatura dunque lui è in
magior gloria di tute: pensa
se potrà interceder grazie
alli suoi divoti. Or eco la cagione
perché esendo imprigionato
non sentiva gli
vincoli materiali che pene
le davan alle sue consumate
membra, ma si sentiva
queli del’amor divino
che la gloria di Dio le facevan
ricercare. Di più, vederai
la cagione perché si dipingie me bambino con il bambino
Giovani che mi vole prendere la mia croce”.
Questo excursus non ci rallegra forse lo spirito come l’augurava
il narratore alla sua serva, però, ammettiamolo, ci fa sorridere
per la sua vivacità e la sua cordialità quando riferisce la gara
tra Cristo e Giovanni per appropriarsi la croce; e inoltre suscita in
noi l’ammirazione quando sottolinea la precisione con cui Cristo
dettaglia, anche teologicamente, la cagione che lo indusse a non
volere che Giovanni morisse in croce. Dopo averlo letto come non
rievocarlo guardando raffigurato (e tanti sono i santini che lo propongono!)
Giovanni Battista bambino trionfante con la croce e
l’agnellino?
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CURIOSANDO TRA I LIBRI
“PREGAME A LA BARESE” (Preghiamo in dialetto barese)
di VITTORIO POLITO e di ROSA LETTINI TRIGGIANI. Editore: Levante Editore - Bari.
Volumetto di 96 pagine con foto a colori e la riproduzione di diversi santi.
Il libretto raccoglie le preghiere tradizionali dei fedeli cristiani con la traduzione in dialetto
barese. Alcune di queste preghiere sono quelle dedicate alla Vergine Santissima ed ai Santi
maggiormente venerati dai baresi, primo fra tutti San Nicola. “La preghiera, che è il canto del cuore, giunge alle orecchie di Dio anche se confusa in mezzo
alle grida ed ai lamenti di migliaia di voci” (Kahlil Gibran).
Perché questo libretto con il dialetto barese? Gli autori nell’introduzione affermano: “Se in
chiesa, ormai da qualche tempo, si prega in italiano, ci piace pensare che ciascuno di
noi, nel suo personale e intimo rapporto con Dio, proprio perché la preghiera sgorga
dal cuore, possa trovare le giuste espressioni e i toni più autentici per le sue invocazioni
al Signore, nella nostra amata ‘lingua barese’”.
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